E’ nota la giurisprudenza di questa Corte sulla prova del nesso di causalità e dunque sulla regola secondo cui il nesso di causa è provato quando la tesi a favore (del fatto che un evento sia causa di un altro) è più probabile di quella contraria (che quell’evento non sia causa dell’altro): il che si esprime con la formula del “più probabile che no”. Nel caso di concorso di cause, che è ciò che si tratta di accertare qui, ossia nel caso in cui si tratta di verificare se la cosa ha contribuito causalmente all’evento insieme ad altre concause, quel principio di diritto è specificato nel modo seguente: qualora l’evento dannoso sia ipoteticamente riconducibile a una pluralità di cause, si devono applicare i criteri della “probabilità prevalente” e del “più probabile che non”; pertanto, il giudice di merito è tenuto, dapprima, a eliminare, dal novero delle ipotesi valutabili, quelle meno probabili (senza che rilevi il numero delle possibili ipotesi alternative concretamente identificabili, attesa l’impredicibilità’ di un’aritmetica dei valori probatori), poi ad analizzare le rimanenti ipotesi ritenute più probabili e, infine, a scegliere tra esse quella che abbia ricevuto, secondo un ragionamento di tipo inferenziale, il maggior grado di conferma dagli elementi di fatto aventi la consistenza di indizi, assumendo così la veste di probabilità prevalente.

Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Sentenza|26 aprile 2023| n. 10978

Data udienza 30 marzo 2023

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SPIRITO Angelo – Presidente

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere

Dott. Spa ZIANI Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 37131-2019 proposto da:

(OMISSIS), in proprio ed in qualita’ di esercente la responsabilita’ genitoriale sul minore (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS) Spa con Unico Socio – Gestione Fondo Garanzia Vittime della Strada;

– intimati –

nonche’ contro

(OMISSIS) Spa, in persona del procuratore speciale e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS) presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende;

-controricorrente –

avverso la sentenza n. 752-2019 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 01/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30/03/2023 da CRICENTI GIUSEPPE.

Ritenuto che

1.- (OMISSIS) ha perso la vita in un incidente stradale, alla guida della sua motocicletta, mentre tentava un sorpasso non riuscito: il (OMISSIS), infatti, avvedutosi del fatto che dalla corsia opposta sopraggiungeva un autoarticolato, ha frenato per rinunciare al sorpasso, ma e’ caduto ed e’ andato ad urtare contro il parafango del camion.

Gli eredi del (OMISSIS), ossia (OMISSIS), in proprio e quale rappresentante del figlio minore (OMISSIS), hanno citato in giudizio, davanti al Tribunale di Novara, sia l'(OMISSIS) che la (OMISSIS): la prima in ragione del fatto che era emerso che nel punto in cui il (OMISSIS) era caduto vi era una anomalia del manto stradale, dovuta alle pessime condizioni del giunto, cosi’ che tale anomalia era assunta dagli attori quale concausa dell’incidente; la seconda in quanto sarebbe emerso che dietro all’autocarro circolava un veicolo non identificato che avrebbe avuto una certa parte nel causare l’incidente, veicolo rimasto ignoto, cosi che la (OMISSIS) era citata quale compagnia designata per il Fondo.

2.-In quel giudizio si sono costituiti entrambi i convenuti: l'(OMISSIS) ha chiesto il rigetto della domanda assumendo come esclusiva la responsabilita’ della vittima, mentre la (OMISSIS) ha eccepito che non vi era alcuna ragione per ritenere la presenza di un ulteriore veicolo non identificato.

3.-Il Tribunale di Novara ha accolto la domanda, accertando che l’incidente si era verificato sia per l’imprudenza del (OMISSIS), che aveva inciso al 60%, sia per un difetto del manto stradale, che invece aveva inciso per il rimanente 40%. Ha escluso vi fosse un veicolo non identificato.

Contro questa decisione ha proposto appello incidentale la (OMISSIS), sia in proprio che per conto del figlio minore, per contestare la percentuale di responsabilita’ attribuita alla vittima nonche’ l’ammontare del risarcimento riconosciuto in primo grado (160 mila Euro). Ha proposto altresi’ ricorso incidentale (OMISSIS), al fine di far riconoscere, per contro, la responsabilita’ esclusiva della vittima.

La Corte di Appello di Torino ha accolto l’appello incidentale, rigettando quello principale, ed ha dunque ritento la esclusiva responsabilita’ del (OMISSIS), disponendo la restituzione delle somme incassate eventualmente dall’attrice per effetto della sentenza di primo grado.

4.-Contro questa decisione propone ricorso per Cassazione la (OMISSIS), sempre in proprio e per conto della figlia, con due motivi, di cui chiede il rigetto (OMISSIS) spa, con controricorso. Non e’ costituita la (OMISSIS), rimasta contumace anche in appello.

Entrambe le parti hanno depositato memoria. Il PG ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

Considerato che

4.1.- Va preliminarmente valutata l’eccezione fatta da (OMISSIS), controricorrente, che assume il difetto di legittimazione attiva della (OMISSIS), (moglie della vittima) in proprio e quale rappresentante del figlio.

L’idea di (OMISSIS) e’ che, asserendo di agire in proprio e per conto del figlio, la (OMISSIS) non ha specificato di essere erede, o meglio, di agire iure hereditatis: solo in tale qualita’ avrebbe potuto agire in giudizio, ma non l’ha esplicitata. E cio’ in quanto i soli danni che l’erede puo’ chiedere solo quelli, per l’appunto, iure hereditatis.

L’eccezione presuppone che, avendo la (OMISSIS) dichiarato di agire in proprio, e’ come se non lo facesse quale erede, il che e’ errato: in proprio qui significa che fa valere diritti propri che sono sia quelli in cui subentra come erede della vittima, che quelli (il risarcimento dei danni iure proprio) che puo’ far valere direttamente. E lo stesso discorso vale per il figlio, nel cui conto agisce l’attrice.

E’ evidente che la ricorrente ha agito quale erede della vittima, sul piano processuale, ma per far valere sia diritti propri (in cui e’ subentrata o che siano personali) sia, allo stesso modo, diritti in cui e’ subentrato il figlio o che sono propri di quest’ultimo.

La tesi e’ frutto, ossia, di una confusione: quella tra legittimazione ad agire, che spetta agli eredi indubbiamente, e tali sono la moglie ed il figlio del defunto, da un lato, e, dall’altro, il tipo di danno che costoro possono far valere, che puo’ essere sia iure hereditatis che iure proprio.

Nel merito.

5.- Il primo motivo denuncia violazione degli articoli 2051 e 2697 c.c., oltre che dell’articolo 1227 c.c..

La tesi e’ la seguente.

Si discuteva, nei giudizi di merito, sul ruolo della cosa, ossia del difetto di manutenzione della cosa, quale concausa del danno: vale a dire che era assunto dall’attrice, ed oggetto altresi’ di indagine peritale, che l’incidente era dovuto prevalentemente alle condizioni del manto stradale.

La premessa da fare e’ che e’ pacifico che per potersi affermare responsabilita’ da cose in custodia il danneggiato deve dimostrare che il danno da lui subito e’ in relazione causale con la cosa: che quest’ultima, in altri termini, ha causato il danno, restando poi a carico del custode la prova liberatoria.

La Corte di Appello ha ritenuto non provata la prima condizione, ossia non provato che la cosa (le condizioni del manto stradale) ha concorso a causare il danno: ha ritenuto sulla base degli elementi emersi che non era ne’ certo ne’ altamente probabile che la cosa avesse contributo al danno.

La ricorrente ritiene che, nel compiere questo accertamento, ossia del nesso di causa, la Corte di Appello ha violato il criterio, piu’ volte ribadito da questa Corte, secondo cui il nesso di causa deve ritenersi accertato quando la tesi a suo favore e’ piu’ probabile di quella contraria (“piu’ probabile che no”).

La Corte di appello, per contro, avrebbe preteso non gia’ una probabilita’ superiore alla tesi contraria, ma la certezza o l’elevata probabilita’.

A questa ratio decidendi, la Corte di appello e’ giunta, peraltro, dopo avere vagliato gli indizi a favore dell’una e della opposta soluzione.

E questo accertamento e’ oggetto del secondo giudizio di censura, che e’ dunque legato logicamente al primo.

6.- Infatti con il secondo motivo, la ricorrente denuncia violazione degli articoli 2727 e ss. poiche’ assume che la Corte di merito non ha posto a base della presunzione, secondo la quale la cosa non ha inciso causalmente sul danno, elementi indiziari gravi precisi e concordanti: piuttosto ha assunto a base di tale sua conclusione elementi che erano di mero sospetto o assolutamente dubbi, come la velocita’ tenuta dalla vittima.

Con cio’ ha violato dunque la regola per la quale una conclusione puo’ essere assunta su base presuntiva solo facendo ricorso ad indizi gravi, precisi e concordanti.

I due motivi possono valutarsi insieme e sono fondati.

E’ nota la giurisprudenza di questa Corte sulla prova del nesso di causalita’ e dunque sulla regola secondo cui il nesso di causa e’ provato quando la tesi a favore (del fatto che un evento sia causa di un altro) e’ piu’ probabile di quella contraria (che quell’evento non sia causa dell’altro): il che si esprime con la formula del “piu’ probabile che no”.

Nel caso di concorso di cause, che e’ cio’ che si tratta di accertare qui, ossia nel caso in cui si tratta di verificare se la cosa ha contribuito causalmente all’evento insieme ad altre concause, quel principio di diritto e’ specificato nel modo seguente: “qualora l’evento dannoso sia ipoteticamente riconducibile a una pluralita’ di cause, si devono applicare i criteri della “probabilita’ prevalente” e del “piu’ probabile che non”; pertanto, il giudice di merito e’ tenuto, dapprima, a eliminare, dal novero delle ipotesi valutabili, quelle meno probabili (senza che rilevi il numero delle possibili ipotesi alternative concretamente identificabili, attesa l’impredicabilita’ di un’aritmetica dei valori probatori), poi ad analizzare le rimanenti ipotesi ritenute piu’ probabili e, infine, a scegliere tra esse quella che abbia ricevuto, secondo un ragionamento di tipo inferenziale, il maggior grado di conferma dagli elementi di fatto aventi la consistenza di indizi, assumendo cosi’ la veste di probabilita’ prevalente”. (Cass. 25885 del 2022).

Naturalmente la probabilita’ riguarda il grado dell’inferenza, ossia: dai determinati indizi e’ probabile (piu’ probabile che no) che la causa sia quella indicata dal danneggiato, ma non riguarda la rilevanza degli stessi indizi, che invece devono essere non gia’ probabili, ma gravi, precisi e concordanti.

Con la conseguenza che il giudice di merito deve porre a base della decisione fatti che siano gravi, precisi e concordanti, e non meramente ipotetici o supposti come probabili, e da quei fatti deve indurre ipotesi ricostruttive del nesso di causa escludendo quelle meno probabili, e scegliendo, tra quelle rimaste, l’ipotesi che spiega il fatto con maggiore probabilita’, sulla base degli indizi raccolti.

Non serve dunque ne’ la certezza, ne’ una elevata probabilita’, come assunto dalla Corte di merito, bensi’ una valutazione delle ipotesi alternative e la scelta di quella piu’ probabile, anche se di poco, rispetto alle altre, che non necessariamente si ponga come di elevata probabilita’.

Cio’ si spiega per il fatto che le probabilita’ numeriche di un fatto (che la cosa abbia concorso al danno) non necessariamente ammontano al 100%, ossia: data la tesi X e quella contraria Y, non necessariamente la loro somma porta al 100% (nel senso che la prima e’ data al 60% e l’altra al 40%, ad esempio).

Cio’ accade perche’ c’e’ sempre spazio per altre spiegazioni, molto meno probabili, che sono date ad una percentuale minore. Cosi che, scartate queste ultime (come indicato da Cass. 25885-2022), puo’ accadere che le rimanenti, ad esempio quella sostenuta dall’attore e quella sostenuta dal convenuto, abbiano l’una il 30% e l’altra il 20%: la regola del piu’ probabile che no, porta ad affermare come fondata la prima delle due, anche se non caratterizzata da una elevata probabilita’, come ha preteso la corte di merito, quanto piuttosto di una probabilita’ maggiore dell’altra ipotesi.

Per contro, la corte di merito, nel ritenere provato, da parte del custode, il fatto liberatorio, costituito dal concorso di colpa del danneggiato, ha violato il principio di diritto affermato da questa Corte secondo cui il custode deve fornire la prova del ruolo causale della condotta del danneggiato, che deve essere tale da incidere sul nesso di causalita’ escludendolo (Cass. 9315-2019; Cass. 2480-2018). Invece, dalla motivazione della sentenza impugnata risulta, come evidenziato dal Pubblico Ministero, che viene data per provata l’incidenza causale della condotta del danneggiato sulla base di una valutazione meramente ipotetica ricavata dalla CTU, e non nei termini dell’efficienza causale richiesta per potersi considerare fatto liberatorio.

Il ricorso va pertanto accolto in questi termini.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Torino, in diversa composizione, anche per le spese.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.