La norma contenuta nell’art. 534 c.c. stabilisce che l’acquisto effettuato dall’erede apparente è fatto salvo purché l’acquirente provi la buona fede e, con riferimento ad alienazioni aventi ad oggetto beni immobili, sia stato trascritto anteriormente all’acquisto dall’erede vero o alla trascrizione della domanda giudiziale contro l’erede apparente. Il requisito della buona fede, non presunta, come nel caso di cui all’art. 1147, comma terzo, c.c., in tema di possesso, deve essere oggetto di prova specifica e puntuale da parte del terzo che si concreta, nella dimostrazione dell’idoneità del comportamento dell’alienante ad ingenerare la ragionevole convinzione di trattare con il vero erede nonché dell’esistenza di circostanze indicative dell’ignoranza incolpevole dell’acquirente circa la realtà della situazione ereditaria al momento dell’acquisto

Tribunale|Roma|Sezione 8|Civile|Sentenza|2 febbraio 2023| n. 1749

Data udienza 21 gennaio 2023

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

SEZIONE OTTAVA CIVILE

Il Tribunale, in composizione collegiale, composto dai signori magistrati

dott. Luigi Argan – Presidente

dott. Alfredo Matteo Sacco – Giudice

dott.ssa Maria Luparelli – Giudice rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al r.g. …/2017 promossa da

G.M., rappresentato e difeso dagli Avv.ti …

attore

contro

M.A., M.B., M.F., rappresentati e difesi dagli Avv.ti …

convenuti

C.S.

S.A.

convenuti contumaci

e

G.E. e G.M.G.

Chiamati in causa

contumaci

Oggetto: impugnazione di testamento, azione di petizione di eredità

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con atto di citazione ritualmente notificato l’attore in epigrafe, fratello di F.G., deceduta in Roma in data 28/01/2014, conveniva in giudizio S.C. – erede testamentario della defunta – e gli acquirenti dell’appartamento proveniente dall’eredità , da lui alienato, A.M., F.M., B.M. e A.S. al fine di accertare la falsità del testamento olografo pubblicato con verbale a cura del Notaio F.R. di A. in data (…) (rep.n. (…) e racc.n. (…)) e, conseguentemente, accertare e dichiarare la propria qualità di erede legittimo di G.F.; chiedeva, all’esito, che fosse dichiarata l’invalidità dell’atto di compravendita a rogito Notaio M.P. del (…) – Repertorio n.(…), Raccolta n. (…) – con il quale S.C. aveva alienato l’immobile a non domino agli altri convenuti nonché la condanna degli acquirenti alla restituzione del bene; in via subordinata chiedeva la condanna del C. al risarcimento del danno pari al prezzo del valore del bene oggetto di alienazione.

In via ulteriormente subordinata chiedeva che venisse accertata la natura simulata dell’atto traslativo del bene ereditario.

Si costituivano in giudizio A.M., F.M. e B.M., contestando le domande avversarie e dispiegando, in via subordinata, domanda riconvenzionale trasversale risarcitoria nei confronti di S.C. – in caso di accoglimento della domanda principale restitutoria del bene compravenduto – per l’inadempimento del venditore all’obbligazione di garanzia prevista dall’art. 1476 c.c..

Disposta la mediazione obbligatoria – non intentata prima della pendenza della lite – concessi i termini dell’art. 183, comma sesto c.p.c., ammessa ed espletata una c.t.u. grafologica, volta ad accertare l’autenticità della scheda testamentaria, la causa veniva assegnata alla decisione del Collegio, il quale, rilevata l’unitarietà della posizione derivante dall’accertamento della qualità di erede, ne disponeva la rimessione sul ruolo istruttorio al fine di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i soggetti del rapporto successorio , segnatamente degli altri chiamati legittimi, fratelli della defunta, E.G. e G.M.G., i quali, regolarmente citati in giudizio, rimanevano contumaci.

La causa veniva infine rimessa alla decisione del Collegio per la decisione, con la concessione dei termini dell’art. 190 c.p.c. per il deposito di memorie conclusionali e di replica.

La vicenda trae origine dalla successione a causa di morte di F.G., sorella dell’odierno attore, di E.G. e G.M.G. – e la controversia investe la contestazione della falsità del testamento olografo datato 20/03/2011 con il quale la defunta aveva nominato erede universale il compagno, S.C..

A seguito dell’apertura della successione testamentaria, occorsa, come premesso, il 28/01/2014, C. accettava l’eredità e vendeva, sei mesi dopo, agli odierni convenuti l’immobile appartenuto in vita alla defunta e, segnatamente, l’appartamento sito in R., in via T. C., n.26, dettagliatamente descritto nell’ atto pubblico di compravendita.

L’azione di petizione di eredità dispiegata è stata intentata da parte dell’erede ex lege sul presupposto della falsità del testamento e mira, all’esito dell’accertamento della qualità di erede, ad ottenere la restituzione dei beni contro gli aventi causa dell’erede apparente.

La domanda volta all’annullamento del testamento dispiegata nei confronti di C.S. è fondata.

Va dichiarata la falsità del testamento olografo attribuito a F.G. per apocrifia (art. 606 c.c.): la consulenza tecnica espletata nel presente giudizio, metodologicamente corretta, al cui contenuto integralmente si rinvia, compiuta un’approfondita analisi della scrittura della defunta sulla scheda testamentaria olografa impugnata e delle scritture di comparazione, ha concluso ritenendo il testamento in oggetto non attribuibile alla predetta.

Accertata l’apocrifia della scrittura, occorre quindi dichiararne la nullità, ai sensi dell’art. 606 c.c. e, per l’effetto, dichiarare aperta la successione legittima di G.F., con conseguente vocazione e delazione dell’eredità in favore dei fratelli della defunta che, ai sensi dell’art. 570 c.c., in assenza di prole e di ascendenti, succedono alla germana in parti uguali.

Ciascuno dei chiamati all’eredità avrà diritto a conseguire un terzo del patrimonio ereditario.

Vanno per contro rigettate le domande dispiegate dall’attore nei confronti dei terzi acquirenti.

Con riguardo ai profili concernenti gli effetti della pronuncia di nullità della delazione testamentaria a favore di C.S. sul negozio di alienazione posto in essere, rileva il Collegio che impropriamente l’attore ha invocato la dichiarazione di invalidità dell’atto di compravendita dell’immobile compreso nell’asse ereditario e, all’esito, il diritto alla restituzione del bene, trovando applicazione nel caso in esame la disciplina degli acquisti dall’erede apparente, che giace negli artt. 534 c.c., comma 2 e 535 c.c..

La norma contenuta nell’art. 534 c.c. stabilisce che l’acquisto effettuato dall’erede apparente è fatto salvo purché l’acquirente provi la buona fede e, con riferimento ad alienazioni aventi ad oggetto beni immobili, sia stato trascritto anteriormente all’acquisto dall’erede vero o alla trascrizione della domanda giudiziale contro l’erede apparente.

Il requisito della buona fede, non presunta, come nel caso di cui all’art. 1147, comma terzo, c.c., in tema di possesso, deve essere oggetto di prova specifica e puntuale da parte del terzo che si concreta, seguendo l’insegnamento della Suprema Corte (cfr. Cass. sent. n. 2653/2010) nella dimostrazione dell’idoneità del comportamento dell’alienante ad ingenerare la ragionevole convinzione di trattare con il vero erede nonché dell’esistenza di circostanze indicative dell’ignoranza incolpevole dell’acquirente circa la realtà della situazione ereditaria al momento dell’acquisto.

Evidenziato che la trascrizione dell’acquisto è anteriore a quella della domanda giudiziale, avvenuta tre anni dopo la conclusione dell’atto di alienazione (stipulato il 1 luglio 2014 e registrato l’8 luglio 2014 – all.9 all’atto di citazione -), si rileva che nel caso sottoposto all’odierno esame, ad avvalorare la buona fede degli acquirenti depone la circostanza che al momento dell’acquisto S.C. risultasse unico erede testamentario, in forza di un testamento olografo valido ed efficace, non impugnato, regolarmente pubblicato con verbale notarile e richiamato nell’atto di compravendita, nel quale si menzionava l’ accettazione espressa dell’eredità da parte del C., trascritta in data 05.02.2014 (cfr doc 4 atto di citazione), sicché, a cospetto di tali atti, ragionevolmente gli acquirenti poterono confidare nella corretta acquisizione del cespite per successione da parte del venditore.

Concorrono altresì indici significativi idonei a provare l’incolpevole acquisto da parte dei convenuti aventi causa dall’erede apparente, le emergenze processuali evidenziando che il venditore e gli acquirenti non si conoscessero anteriormente alla data di acquisto dell’immobile, né che tra gli stessi intercorressero pregressi rapporti di credito – debito.

Il prezzo della vendita, pari ad Euro 230.000,00, integralmente versato, secondo la menzione fatta dal Notaio nell’atto di compravendita, che ha puntualmente indicato i mezzi di pagamento, appare congruo rispetto alle dimensioni dell’immobile, tenuto conto del valore di mercato di immobili in condizioni e dimensioni simili nella medesima zona.

Deve inoltre rilevarsi che l’atto di vendita menziona che le parti si avvalsero, per la conclusione del contratto, dell’opera di un mediatore immobiliare, la cui provvigione è stata interamente corrisposta dalla sola parte acquirente.

La buona fede degli acquirenti è stata accertata in primo grado anche in sede penale, con sentenza del Tribunale di Roma del 19 marzo 2022 resa nel proc. pen. R.G. …/2015, che ha condannato C.S. per il reato di truffa aggravata in danno del Notaio e dell’acquirente M.A. perché, “con artifizi e raggiri consistiti nel formare un falso testamento olografo apparentemente riconducibile alla convivente G.F. – deceduta in data 28/01/2014, facendone uso mediante presentazione al Notaio F.R. e chiedendone la pubblicazione dopo aver dichiarato allo stesso che l’atto era stato redatto dalla defunta, facendo quindi uso dell’atto di pubblicazione del testamento così ottenuto al fine di vendere l’immobile sito in R., Via T. C. n. 26, traeva in errore circa la legittima titolarità del bene, gli acquirenti in buona fede S.A., M.A., M.B. e M.F., che acquistavano l’appartamento, ed il Notaio M.P., che perciò indotto in errore – formava atto di compravendita dell’immobile in questione (Rep. (…) – atto n. (…)) trasferendo la proprietà del bene a S.A., M.A., M.B. e M.F., e ne incassava il prezzo” (cfr. sentenza depositata dalla difesa dei convenuti in data 22.04.2022).

Ritiene il Collegio che il quadro probatorio descritto è idoneo a fondare il convincimento in ordine alla ricorrenza della buona fede degli acquirenti al momento dell’acquisto dell’immobile in oggetto.

I medesimi elementi probatori concorrono ad escludere la configurabilità della fattispecie simulatoria dedotta dall’attore in via subordinata, risultando per contro che tra le parti si perfezionò un negozio tipico di compravendita e che il prezzo fu effettivamente pagato.

Ritenuto che ricorrono i presupposti normativi della fattispecie di cui all’art. 534 comma 2 c.c., va respinta la domanda volta alla rimozione dell’atto ed alla restituzione della cosa oggetto dell’alienazione a non domino.

Deve per contro accogliersi la domanda risarcitoria ex art. 2043 c.c. dispiegata dall’attore nei confronti di S.C., in ragione della indebita disposizione del bene alienato, non più recuperabile all’asse ereditario, avendo diritto gli eredi a conseguire il valore del bene sottratto all’eredità, che può ragguagliarsi, in difetto di ulteriori elementi probatori offerti dalla parte onerata, al prezzo di vendita indebitamente incassato, pari ad Euro 230.000,00. Infine, in difetto di allegazione e prova del maggiore danno, nulla può riconoscersi a titolo di lucro cessante.

Sulla somma, oggetto di un debito di valore, spettano gli interessi, nella misura legale, dalla domanda al saldo (Cass. civ., sez. III, sent., 21 dicembre 2015 n. 25615).

Deve evidenziarsi che l’attore ed i fratelli concorrono ciascuno per la quota di 1/3, in ragione della quale essi partecipano alla successione della defunta G.F..

Nel caso in esame, il risarcimento come determinato, sostituendosi ad un bene ereditario ormai non più conseguibile dalla massa, assimilabile ad un credito ereditario, del quale segue la disciplina giuridica, legittimamente è stato richiesto dall’attore nell’interesse di tutti i chiamati. Costituisce principio di diritto consolidato (Cassazione civile sez. un. – 28/11/2007, n. 24657; Cassazione civile sez. VI – 20/11/2017, n. 27417) quello secondo cui “…i crediti del de cuius, a differenza dei debiti, per i quali è prevista la ripartizione automatica (art. 752 cod. civ.) non si dividono automaticamente tra i coeredi in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria. La diversa disciplina per i crediti risulta dal precedente art. 727 c.c., il quale, stabilendo che le porzioni debbano essere formate comprendendo anche i crediti, presuppone che gli stessi facciano parte della comunione, nonché dal successivo art. 757 c.c., il quale, prevedendo che il coerede al quale siano stati assegnati tutti o l’unico credito succede nel credito al momento dell’apertura della successione, rivela che i crediti ricadono nella comunione, ed è, inoltre, confermata dall’art. 760 c.c., che escludendo la garanzia per insolvenza del debitore di un credito assegnato a un coerede, necessariamente presuppone che i crediti siano inclusi nella comunione; né, in contrario, può argomentarsi dagli artt. 1295 e 1314 dello stesso codice, concernendo il primo la diversa ipotesi del credito solidale tra il “de cuius” ed altri soggetti e il secondo la divisibilità del credito in generale”. Prosegue la Corte affermando che “…ciascuno dei partecipanti alla comunione ereditaria può agire singolarmente per far valere l’intero credito comune, o la sola parte proporzionale alla quota ereditaria, senza necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di tutti gli altri coeredi, ferma la possibilità che il convenuto debitore chieda l’intervento di questi ultimi in presenza dell’interesse all’accertamento nei confronti di tutti della sussistenza o meno del credito”.

In accoglimento della domanda di risarcimento del danno dispiegata per fare valere l’intero credito comune, il convenuto C.S. deve essere condannato al risarcimento del danno corrispondente alla somma ricavata dalla compravendita, con interessi dalla domanda al saldo.

Passando al governo delle spese, alcuna pronuncia, anche in punto di spese, deve rendersi sulla domanda riconvenzionale trasversale dispiegata dai convenuti acquirenti nei confronti di C.S., subordinata all’accoglimento della domanda restitutoria, rigettata.

Le spese di lite seguono la soccombenza del convenuto S.C. e si liquidano, sulla base dei parametri previsti dal D.M. n. 44 del 2014 e succ. mod. per le cause di valore indeterminabile di complessità media a favore dell’attore, in dispositivo.

Il rigetto della domanda di annullamento dell’atto e di restituzione del cespite dispiegata dall’attore nei confronti dei convenuti giustifica che questi rifonda ad essi le spese di lite, liquidate in favore dei costituiti M.A., M.B. e M.F., sulla base del valore della domanda, ex D.M. n. 55 del 2014 e succ. mod., come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

Dichiara la falsità del testamento del testamento olografo pubblicato con verbale a cura del Notaio F.R. di A. in data (…) (rep.n. (…) e racc.n. (…)) ai sensi dell’art. 606 c.c. e per l’effetto:

Dichiara aperta la successione di F.G., deceduta in Roma in data 28/01/2014 a favore dei chiamati fratelli G.M., G.E. e G.M.G.;

Rigetta la domanda di restituzione dell’immobile avanzata dall’attore nei confronti dei convenuti M.A., M.B., M.F., S.A.;

Condanna S.C. al risarcimento del danno commisurato al prezzo ricavato dalla compravendita pari ad Euro 230.000,00 oltre interessi nella misura legale a far data dalla domanda giudiziale al saldo;

Condanna S.C. al pagamento delle spese processuali in favore di G.M., liquidate in Euro 12.163,84, inclusi compensi professionali e spese di consulenza, oltre accessori come per legge;

Condanna G.M. al pagamento delle spese processuali in favore di A.M., B.M. e F.M., liquidate in complessivi Euro 9.054,40, inclusi compensi professionali e spese, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 21 gennaio 2023.

Depositata in Cancelleria il 2 febbraio 2023.

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Avv. Umberto Davide

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