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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 8 febbraio 2018, n. 3026
la natura del bene dedotto ad oggetto del rapporto contrattuale in esame non presentasse alcun requisito suscettibile di evidenziarne, in termini di assorbente rilevanza, aspetti di potenziale capacita’ produttiva, non essendo l’immobile stato considerato come uno degli elementi costitutivi di un complesso di beni mobili ed immobili, legati tra di loro da un vincolo di interdipendenza e complementarita’ per il conseguimento di un determinato fine produttivo, bensi’ nella sua individualita’ giuridica, ancorche’ con accessori collegati all’immobile funzionalmente, in posizione di subordinazione e coordinazione, in tal senso ritenendo prevalenti i diversi profili di riconducibilita’ del rapporto allo schema della locazione in ragione della concreta configurazione (comunque non produttiva) del bene concesso in godimento.
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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 8 febbraio 2018, n. 3026
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CHIARINI Maria Margherita – Presidente
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere
Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28334-2015 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS) in proprio e quale socio accomandatario della societa’, elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SRL;
– intimata –
avverso la sentenza n. 709/2015 della CORTE D’APPELLO di CATANIA, depositata il 27/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/09/2017 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. MISTRI Corrado, che ha concluso chiedendo la parziale inammissibilita’ e comunque il rigetto del ricorso proposto da (OMISSIS);
RILEVATO
che, con sentenza resa in data 27/4/2015, la Corte d’appello di Catania, in parziale riforma della sentenza di primo grado: a) ha confermato la decisione con la quale il primo giudice ha accolto la domanda proposta dalla societa’ (OMISSIS) s.r.l. per la condanna della societa’ (OMISSIS). s.a.s. al risarcimento dei danni subiti dalla societa’ attrice a seguito dell’illegittimo recesso della societa’ convenuta dal contratto di affitto (cosi’ definito) intercorso tra le parti;
che, a sostegno della decisione assunta, la corte territoriale ha confermato la correttezza della qualificazione giuridica del rapporto operata dal primo giudice, la’ dove ha escluso la riconducibilita’ dello stesso alla fattispecie del contratto di affitto di azienda, trattandosi, viceversa, della concessione in godimento (al piu’ di natura atipica) di un immobile accessoriato, nella specie destinato ad utilizzazione per l’allestimento di banchetti;
che, peraltro, la corte d’appello, pur confermando l’illegittimita’ del recesso anticipato della societa’ concedente, b) ha ridimensionato l’ammontare della condanna risarcitoria pronunciata dal primo giudice, valorizzando l’aspetto concernente la concreta possibilita’, per la societa’ originaria attrice, di limitare il danno provocato dall’illegittimo recesso della controparte;
che, avverso la sentenza d’appello, la societa’ (OMISSIS). s.a.s., nonche’ personalmente (OMISSIS), propongono ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi d’impugnazione;
che la societa’ (OMISSIS) s.r.l. non ha svolto difese in questa sede;
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, i ricorrenti si dolgono della nullita’ della sentenza impugnata per carenza di motivazione, per come desumibile (anche) dall’omessa indicazione, nel testo del provvedimento impugnato, del nominativo di una delle parti appellanti (e, segnatamente, di (OMISSIS) “personalmente”) che pur aveva proposto appello avverso la sentenza di primo grado;
che la censura e’ fondata;
che, al riguardo, osserva il Collegio come la corte territoriale abbia totalmente trascurato la considerazione dell’appello che dagli atti risulta esser stato effettivamente proposto (anche) da (OMISSIS) personalmente, omettendo di trascriverne il nominativo nell’intestazione della sentenza, di menzionarne l’iniziativa impugnatoria nel contesto della motivazione e, infine, di estendere nei confronti di entrambe le parti appellanti (la societa’ (OMISSIS) s.a.s. e (OMISSIS) personalmente) la riduzione della sorte capitale portata dalla condanna pronunciata dal primo giudice;
che, conseguentemente, in accoglimento del primo motivo di ricorso, dev’essere pronunciata la cassazione sul punto della sentenza impugnata;
che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ritiene il Collegio di poter provvedere, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., all’adozione dei necessari provvedimenti integrativi del dispositivo della sentenza pronunciata dal giudice d’appello, secondo le indicazioni di cui al dispositivo della presente ordinanza;
che, con il secondo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione degli articoli 2555 e 2556 c.c., nonche’ per illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione ed omessa valutazione di fatti decisivi controversi, avendo la corte territoriale erroneamente escluso la qualificazione giuridica del rapporto contrattuale intercorso tra le parti in relazione al tipo dell’affitto d’azienda, nonostante la natura produttiva del bene concesso in godimento, con la conseguente erroneita’ della mancata pronuncia della nullita’ di detto contratto per difetto della necessaria forma scritta;
che, in particolare, la corte territoriale avrebbe trascurato di considerare o di attribuire un esatto significato alle circostanze di fatto specificamente indicate in ricorso al fine della piu’ corretta qualificazione giuridica del rapporto intercorso tra le parti;
che la censura e’ manifestamente infondata, quando non inammissibile;
che, al riguardo, e’ appena il caso di evidenziare come, attraverso le censure indicate (sotto entrambi i profili di cui all’articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5), i ricorrenti si siano sostanzialmente spinti a sollecitare la corte di legittimita’ a procedere a una rilettura nel merito degli elementi di prova acquisiti nel corso del processo, in contrasto con i limiti del giudizio di cassazione e con gli stessi limiti previsti dall’articolo 360 c.p.c., n. 5 sul piano dei vizi rilevanti della motivazione;
che, in particolare, sotto il profilo della violazione di legge, i ricorrenti risultano aver prospettato le proprie doglianze attraverso la denuncia di un’errata ricognizione della fattispecie concreta, e non gia’ della fattispecie astratta prevista dalle norme di legge richiamate (operazione come tale estranea al paradigma del vizio di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 3), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica dei ricorrenti, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in se’ incontroverso, insistendo propriamente gli stessi nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa (con particolare riguardo all’identificazione della natura concreta del bene dedotto ad oggetto del contratto in esame), rispetto a quanto operato dal giudice a quo;
che, quanto al profilo del vizio di motivazione, i ricorrenti risultano essersi spinti a delineare i tratti di un vaglio di legittimita’ esteso al riscontro di pretesi difetti o insufficienze motivazionali (nella prospettiva dell’errata interpretazione o configurazione del valore rappresentativo degli elementi di prova esaminati) del tutto inidonei a soddisfare i requisiti imposti dal nuovo testo dell’articolo 360 c.p.c., n. 5;
che, con il terzo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione degli articoli 1323 e 1350 c.c., nonche’ per carenza assoluta, o comunque vizio di motivazione, avendo la corte territoriale erroneamente escluso il requisito della forma scritta in relazione all’accordo contrattuale intercorso tra le parti, pur quando qualificato alla stregua di un contratto atipico, in ragione della piu’ esatta applicazione analogica delle norme di legge nella specie rilevanti, tenuto conto della prevalente rilevanza dei profili concernenti la dimensione produttiva dell’attivita’ dedotta in contratto (in correlazione all’impiego del bene concesso in godimento), rispetto allo schema della locazione;
che il motivo e’ manifestamente infondato;
che, sul punto, osserva il Collegio come la corte territoriale abbia correttamente evidenziato come la natura del bene dedotto ad oggetto del rapporto contrattuale in esame non presentasse alcun requisito suscettibile di evidenziarne, in termini di assorbente rilevanza, aspetti di potenziale capacita’ produttiva, non essendo l’immobile stato considerato come uno degli elementi costitutivi di un complesso di beni mobili ed immobili, legati tra di loro da un vincolo di interdipendenza e complementarita’ per il conseguimento di un determinato fine produttivo, bensi’ nella sua individualita’ giuridica, ancorche’ con accessori collegati all’immobile funzionalmente, in posizione di subordinazione e coordinazione, in tal senso ritenendo prevalenti i diversi profili di riconducibilita’ del rapporto allo schema della locazione in ragione della concreta configurazione (comunque non produttiva) del bene concesso in godimento, con la conseguente esclusione, tanto di alcuna violazione di legge (segnatamente sotto il profilo della sussunzione della fattispecie concreta), quanto di alcun vizio motivazionale, non essendo emerse omissioni o vizi logici di macroscopica entita’ concretamente rilevabili ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5;
che, con il quarto motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione degli articoli 2721 e 2725 c.c., nonche’ per carenza assoluta, o comunque vizio di motivazione, avendo la corte territoriale erroneamente ammesso la prova testimoniale poi acquisita nel corso del giudizio, in contrasto con il divieto di ammissione della prova testimoniale in relazione ai rapporti contrattuali richiedenti il requisito della forma scritta o, in ogni caso, in contrasto con gli altri divieti di ammissione della prova testimoniale previsti dall’articolo 2721 c.c.;
che, sotto altro profilo, la corte territoriale avrebbe erroneamente interpretato gli elementi di prova testimoniale comunque acquisiti, trascurando l’esame delle doglianze sul punto sollevate dagli appellanti in relazione alla corretta applicazione dei canoni legali di apprezzamento e di valutazione della prova;
che la censura e’ manifestamente infondata, quando non inammissibile, in relazione a tutti gli aspetti critici sollevati;
che, al riguardo, la corte territoriale risulta aver correttamente applicato le norme di legge relative all’ammissione delle prove testimoniali, avendo escluso trattarsi, nella specie, di un contratto di affitto in ogni caso richiedente il requisito della forma scritta ai fini della relativa valida conclusione;
che, sotto altro profilo, in nessuna ulteriore violazione dei canoni legali di ammissione o di valutazione delle prove testimoniali risulta essere incorsa la corte territoriale, avendo quest’ultima esercitato i propri poteri di ammissione e di valutazione delle prove nel pieno rispetto delle prerogative discrezionali alla stessa spettanti, per loro natura non sindacabili in questa sede di legittimita’, in assenza, come nella specie, di errori d’indole logica o giuridica in questa sede adeguatamente apprezzabili;
che, sulla base delle considerazioni sin qui richiamate, in accoglimento del primo motivo di ricorso, e disattesi i restanti, dev’essere pronunciata la cassazione della sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, disposta la riduzione della condanna pronunciata dal giudice di primo grado anche nei confronti di (OMISSIS) personalmente, con la conferma della regolazione delle spese del grado cosi’ come disposto nella sentenza impugnata;
che, non ricorrono i presupposti per l’adozione di statuizioni in ordine alla regolazione delle spese del presente giudizio di legittimita’, non avendo la societa’ (OMISSIS) s.r.l. svolto difese in questa sede.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso; rigetta il secondo, il terzo e il quarto motivo; cassa in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, in parziale accoglimento dell’appello proposto dalla societa’ (OMISSIS). s.a.s. e da (OMISSIS) personalmente nei confronti di (OMISSIS) s.r.l. avverso la sentenza resa in data 2/3/2010 dal Tribunale di Ragusa, riduce ad Euro 85.242,5 la sorte capitale per cui e’ condanna anche nei confronti di (OMISSIS) personalmente. Condanna dette parti in solido al pagamento del 50% delle spese del grado d’appello che liquida, per l’intero, ai sensi del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, in Euro 1.417,5 per la fase di studio, Euro 910,00 per la fase introduttiva ed Euro 2.430,00 fase la decisoria, oltre IVA e CPA e rimborso spese forfettario ex articolo 1, comma 2, nella percentuale del 15% del compenso totale per la prestazione.