Corte di Cassazione, Sezione 5 penale Sentenza 5 aprile 2018, n. 15279

risponde di bancarotta preferenziale e non di bancarotta fraudolenta per distrazione l’amministratore che ottenga in pagamento di suoi crediti verso la societa’ in dissesto, relativi a compensi e rimborsi spese, una somma congrua rispetto al lavoro prestato.

 

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Corte di Cassazione, Sezione 5 penale Sentenza 5 aprile 2018, n. 15279

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUINTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VESSICHELLI Maria – Presidente

Dott. SCARLINI Enrico V. S – Consigliere

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere

Dott. BORRELLI Paola – rel. Consigliere

Dott. BRANCACCIO Matilde – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI AREZZO;

nei confronti di:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso l’ordinanza del 30/01/2017 del TRIB. LIBERTA’ di AREZZO;

sentita la relazione svolta dal Consigliere Dr. IRENE SCORDAMAGLIA;

lette/sentite le conclusioni del PG Dr. FERDINANDO LIGNOLA che conclude per l’annullamento con rinvio.

RITENUTO IN FATTO

E’ impugnata l’ordinanza, in data 30 gennaio 2017, con la quale il Tribunale per il riesame delle misure cautelari reali di Arezzo, decidendo in sede di rinvio da questa Corte – che, con sentenza Sez. 5, n. 575/2017, aveva annullato l’ordinanza dello stesso Tribunale, che aveva dichiarato inammissibile l’impugnazione cautelare di cui appresso – ha rigettato l’appello proposto dal Pubblico Ministero di Arezzo avverso il decreto del 11 aprile 2016 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale indicato, che, accogliendo solo in parte la richiesta di emissione di decreto di sequestro preventivo in relazione alla contestazione del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, aveva disposto la misura cautelare reale nella misura di Euro 474.974,80 – corrispondente all’importo della c.d. “indennita’ supplementare” – sulla somma di Euro 714.604,70, corrisposta a (OMISSIS), direttore generale di Banca (OMISSIS), quale “incentivo all’esodo”, per effetto dell’accordo transattivo deliberato dal CdA della banca in sede di risoluzione del rapporto di lavoro.

Nel provvedimento richiamato si da’ atto che la vicenda si colloca nell’ambito della situazione di insolvenza in cui versava l’istituto di credito in parola, da riconnettersi alle gravi criticita’ riscontrate dagli organi ispettivi della Banca di Italia a conclusione delle verifiche eseguite, tra il 2012 e il 2013.

In effetti, secondo i richiami alle conclusioni di tali accertamenti inseriti nel corpo della decisione, i controlli amministrativi espletati avevano portato in luce carenze di funzionalita’ degli organi di governance della banca, con ricadute sulla qualita’ del portafoglio crediti, sulla redditivita’ e sul patrimonio di vigilanza, che imponevano un esteso ricambio negli organi medesimi.

Nondimeno, per effetto di tali comportamenti pregiudizievoli incidenti sulla salute finanziaria dell’ente creditizio era stato avviato, nel corso del primo semestre del 2014, un procedimento per l’irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie a carico, tra gli altri organi, anche del direttore generale (OMISSIS), che aveva portato, nel settembre dello stesso anno, alla proposta di irrogazione nei confronti di questi delle indicate sanzioni. In presenza di tali situazioni ed in pendenza del procedimento amministrativo, nel giugno 2014, il CdA della banca aveva deliberato la revoca di tutti i poteri conferiti al (OMISSIS) e il presidente (OMISSIS) aveva trattato un accordo per la risoluzione contrattuale del rapporto di lavoro, approvato con Delib. 30 giugno 2014, che prevedeva il riconoscimento al ex direttore generale di un incentivo all’esodo, sostitutivo dell’indennita’ di preavviso e dell’indennita’ supplementare, ritenuto conforme sia alle politiche di remunerazione ed incentivazione approvate dall’assemblea dei soci il 4 maggio 2014, sia conveniente per la banca, alla stregua del parere richiesto dal (OMISSIS) al Prof. (OMISSIS).

Il Tribunale per il riesame, dopo avere evidenziato che le politiche di remunerazione ed incentivazione, di cui al documento richiamato, non prevedevano per gli anni 2013 e 2014 sistemi di incentivazione ne’ patti di stabilita’ relativi alle figure di vertice aziendale, dovendosi, quindi, far riferimento alla normativa contrattuale nazionale, la quale prevede, per il licenziamento in tronco senza giusta causa (ex articoli 28 e 30 CCNL) l’indennita’ di preavviso, e, nel caso di licenziamento arbitrario, l’ulteriore indennita’ detta “supplementare”, individuava la questione posta dall’appello del Pubblico Ministero nella spettanza dell’indennita’ di preavviso, in relazione all’ammontare della quale era stato negato il sequestro, alla stregua sia delle predette “politiche di remunerazione ed incentivazione” che della sussistenza dei presupposti per il licenziamento in tronco per giusta causa.

Il decidente riteneva, con riguardo alle politiche di remunerazione ed incentivazione, che queste non fossero necessariamente interpretabili come ostative ad una transazione con una delle figure apicali della banca, finalizzata, per un verso, al rapido ricambio degli organi di governance chiesto dalla Banca di Italia e, per altro verso, ad evitare possibili code giudiziarie di una unilaterale risoluzione del rapporto di lavoro, tanto piu’ che il provvedimento della Banca di Italia del 1 marzo 2016, di applicazione delle sanzioni amministrative ai componenti del CdA, “senza entrare nel merito delle valutazioni concernenti la presenza o meno di cause legittime di licenziamento” aveva dato atto della spettanza al (OMISSIS) dell’indennita’ di mancato preavviso nella misura di sette mensilita’. Con riguardo, poi, alla sussistenza dei presupposti del licenziamento in tronco per giusta causa rilevava come gli stessi fossero tutti da verificare, escludendo cio’ il fumus, quantomeno sul piano dell’elemento soggettivo, del delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale, anche tenuto conto della consulenza del Prof. (OMISSIS) fatta eseguire dal presidente del CdA.

Il ricorso per cassazione del Pubblico ministero e’ affidato a due motivi.

2.1. Il primo motivo denuncia il vizio di violazione di legge, in relazione all’articolo 125 c.p.p., comma 3 e articolo 325 c.p.p., per mancanza assoluta di motivazione o per motivazione apparente in ordine a punti decisivi per l’accertamento del fatto.

A ragione dell’interposta impugnazione assume il ricorrente che il titolo della dazione delle somme di denaro al (OMISSIS) non fosse costituito dalle indennita’ – di preavviso e supplementare – previste per il recesso, invero utilizzate solo come parametri per la quantificazione delle dette elargizioni, ma nella transazione stipulata con l’ex direttore generale approvata dal CdA della banca, da considerarsi illecita, perche’ in contrasto con il divieto di incentivo all’esodo sancito nel regolamento della BPEL approvato il 4 maggio 2014; perche’ indifferente alle gravissime carenze della prestazione del direttore generale, riscontrate dalla Banca di Italia, rispetto alle quali il (OMISSIS) non avrebbe potuto opporre serie ragioni ad un eventuale licenziamento; perche’ contrassegnata dalle modalita’ sospette di sua stipulazione (tempi, passaggi fittizi e di mera copertura).

Donde era dato concludere che l’ordinanza avesse frainteso il tema dell’appello, avendolo circoscritto alla questione della illegittimita’ anche della indennita’ di preavviso e che avesse stigmatizzato come “frettolosa” l’interpretazione, secondo cui il regolamento della banca che vietava gli incentivi all’esodo fosse ostativo ad una transazione, senza, pero’, fornire la dimostrazione del miglior valore della propria opzione interpretativa e senza considerare le ulteriori fonti citate nell’appello che impongono di valutare la performance del dirigente (Disposizioni del 2011 in materia della Banca d’Italia, circolari Consob).

Vuota ed inconsistente era, del pari, la motivazione resa dal giudice censurato sul punto della convenienza della transazione per (OMISSIS), posto che il rilievo secondo il quale il licenziamento del (OMISSIS) fosse un’eventualita’ tutta da verificare era radicalmente privo di qualsivoglia capacita’ dimostrativa rispetto alla tesi che, in quest’ottica, l’accordo transattivo fosse funzionale ad evitare possibili, se non addirittura probabili, code giudiziarie. Ne’ maggiore valenza argomentativa rispetto alla impossibilita’ di sussumere l’accordo transattivo in un segmento della condotta distrattiva o dissipativa addebitata agli indagati era da ascrivere alle affermazioni contenute nel provvedimento impugnato secondo le quali le sanzioni amministrative erano state irrogate non solo al (OMISSIS) ma anche al CdA; come nessun significato sul piano dell’elisione del dolo poteva essere riconosciuto alla circostanza che la deliberazione del Cda avesse tenuto conto della consulenza (OMISSIS), atteso che questa era stata riconosciuta dallo stesso giudice delle indagini preliminari come un artificio per dare parvenza di legittimita’ all’erogazione della somma di denaro nei confronti dell’ex direttore generale.

2.1. Il secondo motivo eccepisce il vizio di violazione di legge, in relazione agli articoli 321, 322-bis e 325 c.p.p., per il mancato esame della richiesta subordinata di qualificare il fatto nei termini del delitto di bancarotta preferenziale, sul rilievo che, pur a fronte di un inquadramento del direttore generale come lavoratore subordinato, il titolo del pagamento (“incentivo all’esodo”) non rientra tra quelli di lavoro previsti dall’articolo 2751 bis c.c..

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ fondato nei termini appresso indicati.

Il primo motivo dell’atto di impugnazione e’ infondato. Avuto riguardo al tenore dei rilievi censori formulati, che attingono la consistenza dell’apparato argomentativo posto dal Tribunale del riesame a corredo della statuizione di conferma del diniego, da parte del Giudice delle indagini preliminari, di sottoposizione a sequestro preventivo dell’indennita’ di preavviso corrisposta dalla (OMISSIS) al suo ex direttore generale (OMISSIS), in esecuzione dell’accorso transattivo deliberato dal CdA in data 30 giugno 2014, deve riconoscersi che, alla stregua dei parametri ermeneutici fissati da questa Corte per distinguere la motivazione illogica da quella apparente’, l’impianto giustificativo della statuizione assunta non puo’ dirsi un vuoto simulacro privo di qualsivoglia idoneita’ rappresentativa delle ragioni poste dal giudicante a fondamento della decisione adottata, sottraendosi, cosi’, allo scrutinio di questa Corte.

1.1. Giova rammentare, in proposito, che le Sezioni Unite, nella sentenza n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710, hanno affermato il principio di diritto a mente del quale: “In tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di “violazione di legge” per cui soltanto puo’ essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’articolo 325 c.p.p., comma 1, rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicita’ manifesta, la quale puo’ denunciarsi nel giudizio di legittimita’ soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’articolo 606, lettera e)”.

L’enunciazione di cui alla massima riportata costituisce, peraltro, lo sviluppo del principio di diritto gia’ affermato dalle stesse Sezioni Unite, con la sentenza n. 25080 del 28/05/2003, Pellegrino S, Rv. 224611, a tenore del quale:” Qualora il ricorso per cassazione sia ammesso esclusivamente per violazione di legge, e’ comunque deducibile la mancanza o la mera apparenza della motivazione, atteso che in tal caso si prospetta la violazione della norma che impone l’obbligo della motivazione nei provvedimenti giurisdizionali”.

Sulla scia di tali autorevoli approdi, si e’, dunque, precisato da parte della giurisprudenza di legittimita’ che: “La motivazione apparente e, dunque, inesistente e’ ravvisabile soltanto quando sia del tutto avulsa dalle risultanze processuali o si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioe’, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e percio’ sostanzialmente inesistente” (Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014 – dep. 05/03/2015, P.G. in proc. Vassallo, Rv. 263100; Sez. 5, n. 24862 del 19/05/2010, Mastrogiovanni, Rv. 247682) e si e’ concluso che la parvenza di motivazione, integrando l’inosservanza della norma processuale di cui all’articolo 125 c.p.p., comma 3, che impone, a pena di nullita’, l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, non dismette la sua intrinseca consistenza di vizio di violazione di legge, e si differenzia, pertanto, in ragione di tale sua sostanziale caratterizzazione, dai vizi logici della motivazione, specificamente tipizzati nella struttura della disciplina dettata dall’articolo 606, comma 1, che hanno assunto nella lettera e) piena autonomia nell’elencazione dei motivi di ricorso per cassazione.

Si e’, quindi, affermato, che: “In tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di “violazione di legge” per cui soltanto puo’ essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’articolo 325 c.p.p., comma 1, rientrano la totale mancanza di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicita’ o la incompletezza di motivazione le quali non possono denunciarsi nel giudizio di legittimita’ nemmeno tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’articolo 606 c.p.p., lettera e), posto che questo richiede la “mancanza, contraddittorieta’ o manifesta illogicita’” della motivazione” (Sez. 5, n. 8434 del 11/01/2007, Ladiana ed altro, Rv. 236255).

1.2. Tanto chiarito in ordine alla latitudine del vizio di violazione di legge da deficit motivazionale sindacabile ai sensi dell’articolo 325 c.p.p., va subito evidenziato che, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, il Tribunale del riesame ha avuto cura di puntualizzare che il titolo della dazione, asseritamente distrattiva, effettuata da (OMISSIS) nei confronti di (OMISSIS) fosse da individuare nella transazione intercorsa tra l’ente creditizio e il suo ex direttore generale e non nelle indennita’ di preavviso e supplementare, cui la somma oggetto dell’accordo era stata solo parametrata.

Quanto agli ulteriori profili di censura, va riconosciuto che il Collegio decidente ha escluso l’illiceita’ della dazione al (OMISSIS) della somma corrispondente a sette mensilita’ di retribuzione, pari all’indennita’ di preavviso, prevista dalla normativa contrattuale nazionale per il caso di licenziamento in tronco senza giusta causa, richiamandosi alle conclusioni rassegnate dalla Banca di Italia nel provvedimento di applicazione delle sanzioni amministrative ai componenti del Consiglio di amministrazione, nelle quali si era valutata come dovuta l’elargizione indicata, e ha ritenuto dubbia l’integrazione dell’ipotizzato delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, quantomeno per l’evanescenza dell’elemento soggettivo, sul rilievo che, all’epoca dell’accordo transattivo, non solo non era dimostrata la ricorrenza dei presupposti del licenziamento in tronco del tronchi per giusta causa, ma l’utilita’ per l’ente della sottoscrizione del detto patto, se non altro per evitare strascichi giudiziari, era stata asseverata dal parere di un esperto. Donde, alla stregua di un tale costrutto, la motivazione resa e’ suscettibile di essere qualificata, al piu’, come illogica (a fronte delle tesi alternative prospettate dal Pubblico Ministero), ma non certo come apparente, sottraendosi, percio’, alle censure che le sono state mosse.

Coglie, invece, nel segno la doglianza che attiene alla mancanza di motivazione quanto alla richiesta di qualificare l’elargizione della somma di denaro corrispondente all’indennita’ di preavviso in favore del (OMISSIS) come condotta di bancarotta preferenziale, per essere stato il direttore generale dell’ente inquadrato come lavoratore subordinato. Invero, non essendo il motivo di appello manifestamente infondato, atteso che per affermata giurisprudenza di questa Corte, risponde di bancarotta preferenziale e non di bancarotta fraudolenta per distrazione l’amministratore che ottenga in pagamento di suoi crediti verso la societa’ in dissesto, relativi a compensi e rimborsi spese, una somma congrua rispetto al lavoro prestato (Sez. 5, n. 48017 del 10/07/2015, Fenili, Rv. 266311; Sez. 5, n. 21570 del 16/04/2010, Di Carlo, Rv. 247964), il Tribunale del riesame avrebbe dovuto esaminare la questione postagli, se non altro per respingerla in maniera argomentata.

Si impone, pertanto, l’annullamento del provvedimento impugnato affinche’ il giudice del rinvio colmi la lacuna motivazionale appena indicata.

P.Q.M.

Annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Arezzo per nuovo esame.

 

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Avv. Umberto Davide

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