il dolo omissivo rileva quale vizio della volontà, idoneo a determinare l’annullamento del contratto, solo quando l’inerzia della parte si inserisca in un complesso comportamento adeguatamente preordinato, con malizia o astuzia, a realizzare l’inganno perseguito; pertanto, il semplice silenzio e la reticenza, anche su situazioni di interesse della controparte, non immutando la rappresentazione della realtà, ma limitandosi a non contrastare la percezione di essa alla quale sia pervenuto l’altro contraente, non costituiscono causa invalidante del contratto. Integrano gli estremi del dolo omissivo rilevante ai sensi dell’art. 1439 c.c. il silenzio serbato da una delle parti in ordine a situazioni di interesse della controparte e la reticenza che si inserisca in un complesso comportamento adeguatamente preordinato, con malizia e astuzia, a realizzare un inganno idoneo a determinare l’errore del deceptus.

Tribunale Milano, Sezione 5 civile Sentenza 25 marzo 2019, n. 2912

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO

QUINTA CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Margherita Monte

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 18464/2017 promossa da:

(…) SPA (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. ME.AN. e dell’avv. MA.GI. ((…)) VIA (…) 09128 CAGLIARI; elettivamente domiciliato in VIA (…) 20123 MILANO presso il difensore avv. ME.AN.

ATTRICE

contro

(…) S.N.C. (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. PI.FR., elettivamente domiciliato in VIA (…) 08045 LANUSEI presso il difensore avv. PI.FR.

CONVENUTA

(…) (C.F. (…))

(…) (C.F. (…))

CONVENUTI CONTUMACI

OGGETTO: Prestazione d’opera intellettuale

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

(…) S.P.A. ((…)), in persona del presidente e legale rappresentante pro tempore dr. (…), ha citato in giudizio (…) Snc ((…)) di (…) s.n.c. in persona del legale rappresentante pro tempore (…), la sig.ra (…) ed il sig. (…) quali soci, deducendo vizi del consenso- dolo omissivo e in subordine errore essenziale – invalidanti il contratto di consulenza stipulato in data 12.9.2016 con (…), negoziato tra il dr (…) per (…) ed il signor (…) per (…)

L’attrice ha premesso in sintesi: di essere società operante nel settore delle realizzazioni immobiliari di grande rilevanza; di detenere allora in proprietà una partecipazione del 49,05% del capitale sociale de (…) S.p.a. mentre la restante partecipazione del 50,95% apparteneva al socio dr. (…);

che (…) spa era socio unico della società editrice (…) S.p.a., titolare della testata giornalistica e omonimo giornale (…);

che Presidente del C.d.A. e legale rappresentante di (…) S.p.a. era il dr. (…), il quale era anche Presidente del C.d.A., Amministratore delegato e legale rappresentante, di (…) spa.

Nelle date del 10-12 settembre 2016 era intervenuta la revoca della nomina del Sig. (…) quale direttore responsabile del quotidiano (…) con contestuale accordo di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro all’esito di una normale e bonaria negoziazione, accordo in forza del quale era prevista la corresponsione dell’importo complessivo di Euro 275.000,00 in favore di (…).

Nello stesso periodo, in base al persistente rapporto fiduciario, (…) e (…) avevano negoziato anche il contratto di consulenza tra (…) e (…) oggetto di causa. In data 6 ottobre 2016 (…) S.p.a. aveva ricevuto la notifica dell’atto di precetto relativo alla sentenza n. 478/2016 emessa dal Tribunale di Nuoro, con la quale la società (…) spa era stata condannata al risarcimento dei danni nei confronti del Sig. (…), giornalista e vicecaposervizio, per un asserito incidente (caduta dalla sedia in ufficio) che si sarebbe verificato in data 22 agosto 2007 durante l’orario di lavoro, all’interno dei locali della redazione di Nuoro.

Il dr. (…) aveva così avuto conoscenza della causa promossa nove anni prima da (…) contro (…) spa. Di tale causa nulla era stato riferito a (…) da (…) in occasione della nomina a direttore responsabile e neppure in occasione della risoluzione consensuale del rapporto di lavoro. In data 9.10.2016 il dr. (…) aveva chiesto spiegazioni all’avv. (…), difensore di (…) S.p.a., circa i motivi per i quali lo stesso (…) non era stato reso edotto della causa;

successivamente l’Avv. (…), in uno scambio di sms, aveva informato (…) di un’altra rilevante circostanza di fatto: “(…) non è caduto dalla sedia in redazione, ma nella doccia a casa sua”.

Dopo aver avuto conoscenza di tali circostanze, con mandato difensivo del 24.10.2016 (…) S.p.a. aveva incaricato un legale dell’esecuzione di indagini difensive preventive ex artt. 327-bis e 391-nonies c.p.p.;

i soggetti sentiti dal legale concordemente avevano dichiarato di non aver mai avuto contezza di un infortunio sul lavoro occorso ad alcuno dei giornalisti operanti presso la redazione di Nuoro nel corso del mese di agosto 2007;

alcuni avevano anzi riferito che la mattina del 22 agosto 2007 il (…) era presente in redazione e stava male in quanto, per sua stessa ammissione, la mattina era caduto mentre si faceva la doccia; il manutentore aziendale aveva riferito di non essere stato interpellato per la rottura di una sedia, né per la sostituzione con riferimento all’anno 2007. (…) spa aveva proposto appello contro la sentenza del Tribunale di Nuoro e ricorso davanti al Giudice del Lavoro per l’annullamento del contratto di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.

Sulla base di queste premesse l’attrice ha dedotto che nel medesimo periodo in cui il dr. (…) aveva negoziato col signor (…) il contratto di consulenza, fondato sull’intuitus personae, stipulato da (…) con (…), lo stesso (…) non era consapevole del fatto “di avere di fronte il soggetto che, per ben 9 anni, nonostante il rapporto fiduciario che egli riteneva sussistere, gli aveva sostenuto giudizialmente contro l’accusa di essere, in altra società del medesimo gruppo, datore di lavoro non rispettoso delle norme di sicurezza e salute dei lavoratori assunti nei rispettivi luoghi di lavoro”. L’attrice ha allegato, quindi, il dolo omissivo di (…), quale causa di annullamento del contratto di consulenza e, in subordine, l’errore sull’affidabilità della persona di (…) quale vizio del consenso.

L’attrice ha formulato, quindi, al Tribunale le seguenti conclusioni:

1) Accertare e dichiarare, per i motivi dedotti in atti, che il consenso prestato dal committente al momento della conclusione del contratto personale di consulenza è stato viziato da dolo omissivo e/o errore essenziale; 2) Per l’effetto, annullare il suddetto contratto, con tutte le conseguenze di legge, ivi inclusa la condanna della (…) snc e dei soci illimitatamente responsabili Signora (…) e Signor (…) alla restituzione, a favore di (…) SPA, della somma di Euro 61.000,00 (IVA di legge e oneri inclusi), versata da parte attrice a titolo di acconto, con bonifico ordinato in data 30.09.2016 ed eseguito dalla Banca in data 4.10.2016, oltre interessi di legge fino al saldo effettivo”.

Si è costituita (…) snc, replicando che: destinataria dell’incarico di consulenza oggetto di causa e parte obbligata ad adempierlo era la società come soggetto giuridico distinto dalle persone dei soci; né il dr. (…), né (…) risultavano sottoscrittori del contratto; l’incarico di consulenza non aveva ad oggetto la prestazione personale di (…), in quanto in base alla clausola n. 3 del contratto l’incarico professionale sarebbe stato svolto da giornalisti o comunque da esperti nella comunicazione esterna e, quindi, non si trattava di un contratto basato sulle qualità personali di (…). La convenuta ha ribadito che il Tribunale di Nuoro aveva accertato l’accadimento dell’incidente sul lavoro sulla base di testimonianze, ha contestato l’asserita simulazione dell’incidente e l’idoneità dei fatti allegati dall’attrice ad integrare i vizi del consenso giuridicamente rilevanti. La convenuta ha chiesto, quindi, al Tribunale: “ogni altra avversa domanda ed eccezione respinta, previo ogni accertamento e declaratoria in ordine alla validità del contratto di consulenza siglato fra le parti in data 12 settembre 2016, voglia rigettare la domanda di annullamento del contratto e di restituzione delle somme pagate, a quella domanda conseguente, spiegate nell’avverso atto di citazione”.

I convenuti (…) e (…) sono rimasti contumaci.

Dopo il deposito delle memorie ex art. 183, VI comma c.p.c., la causa è stata assunta in decisione sulla base degli atti e documenti.

Ciò premesso si rileva che le domande dell’attrice vanno respinte, per quanto di seguito rilevato.

1- L’attrice ha dedotto in via principale il dolo omissivo, quale causa di annullamento del contratto di consulenza avente decorrenza dal 1 settembre 2016, stipulato da (…) spa, in persona del vicepresidente dr. (…), come committente, con (…) snc in persona dell’amministratore dr.ssa (…), moglie del socio (…).

L’attrice ha affermato che “non vi è dubbio alcuno che il totale silenzio mantenuto dal Sig. (…), durante tutta la negoziazione e la conclusione del contratto per cui è causa, in ordine ai fatti inerenti la società collegata (…) S.p.a. (di cui, si ricorda, il Dott. (…) personalmente e (…) Spa detenevano, attraverso la società (…) S.p.a., l’intero capitale sociale), ma, principalmente, inerenti, come detto, il rapporto tra editore e direttore responsabile del quotidiano, sia stato voluto e preordinato dallo stesso Sig. (…) a indurre nell’altro contraente la falsa rappresentazione della realtà in ordine alla sussistenza del vincolo di piena affidabilità e lealtà del consulente, invece inesistente”.

Secondo le allegazioni dell’attrice, alla data della negoziazione- ossia delle trattative- per la conclusione del contratto di consulenza, nel settembre del 2016, il dr. (…) era ignaro del fatto che nel 2009 il sig. (…) avesse promosso la causa davanti al Tribunale di Nuoro contro (…) spa per ottenere ex artt. 2051 e 2043 c.p.c. il risarcimento del danno subito, a suo dire, in conseguenza della caduta dalla sedia in ufficio in data 22 agosto 2007, durante l’orario di lavoro.

In tale giudizio la Corte d’Appello di Cagliari – Sezione di Sassari ha emesso in data 10.1.2019 sentenza con la quale ha confermato la sentenza di primo grado di condanna de (…) spa al risarcimento del danno in favore di (…) (Euro 6.447,82 oltre accessori), avendo confermato l’accertamento dell’incidente allegato in causa dall’attore: la caduta dalla sedia mentre lavorava alla scrivania in qualità di dipendente, quale giornalista e capo servizio, in data 22 agosto 2007, con conseguenti lesioni quantificate nel 6% d’invalidità permanente.

La Corte d’Appello non ha ammesso la produzione di nuovi documenti, vale a dire dei verbali delle sommarie informazioni raccolte dall’appellante (…) spa in sede d’indagini difensive preventive ex artt. 327-bis e 391-nonies c.p.p., volte a dimostrare che in realtà (…), per sua ammissione, era caduto nella doccia nella sua abitazione.

La Corte d’Appello ha ritenuto, infatti, insussistenti i presupposti per l’ammissione di nuove prove ex art. 345, III comma cpcp (applicabile ratione temporis) “atteso che, nel corso del giudizio di primo grado, l’istruttoria svolta in ordine agli accadimenti e al fatto storico veniva ricostruito dai testi escussi ((…) e (…)) in maniera concorde e lineare, senza alcuna incertezza sulla dinamica dell’incidente, ovvero la caduta del (…) dalla poltrona girevole in dotazione agli addetti dell’ufficio a causa del distacco di una rotella della sedia stessa”.

Nel presente giudizio l’attrice ha prodotto le medesime videoregistrazioni con la trascrizione delle dichiarazioni rese da alcune persone davanti al legale incaricato delle indagini difensive preventive, finalizzate alla verifica dalla “eventuale emergenza di elementi di natura penale a carico del (…) e dei possibili concorrenti o autori di reati connessi o collegati, per fatti che vedessero il datore di lavoro nella veste penalistica di persona offesa” (v. atto di citazione pag. 9).

Questi atti delle indagini difensive preventive ex artt. 327-bis e 391-nonies c.p.p. sono utilizzabili nel presente giudizio art. 116, I comma c.p.c., considerato che “nell’ordinamento processuale vigente manca una norma di chiusura sulla tassatività dei mezzi di prova”, sicché il giudice può porre a base del proprio convincimento anche prove cd. atipiche (Cass. n. 1593/2017).

Come risulta dalle video-registrazioni e trascrizione delle dichiarazioni, una delle persone sentite dal legale, la sig.ra (…), ha riferito di un colloquio con Moroni nella mattina del 22 agosto 2007 e ha affermato: “Ci siamo salutati. Ho visto che aveva un’espressione sofferente e mi disse che era caduto nella doccia. Ho espresso quindi la mia vicinanza perché avevo avuto un’esperienza simile sbattendo il coccige e capivo disagi e dolori”.

La sig.ra (…) ha spiegato, perché era sicura della data dell’episodio: “Ho un ricordo familiare legato a questa data perché mio fratello, (…), ha avuto un incidente in campagna con una motosega”.

Anche il sig. (…) ha confermato che quella mattina non era in redazione, che aveva ricevuto una telefonata al cellulare aziendale da (…), il quale lo avvisava che il fratello della collega (…) si era fatto male in campagna con una motosega e che la stessa collega era corsa in ospedale; (…) ha inoltre dichiarato : “Mi diceva anche, il sig. (…), che lui non stava bene perché era caduto mentre si faceva la doccia a casa sua. Anzi preciso che mi ha detto che era caduto mentre si faceva la doccia, ma non ha aggiunto dove”.

Da queste dichiarazioni si desume che il giorno stesso del fatto (…) ha riferito a due colleghi di essere dolorante, perché era caduto mentre faceva la doccia.

L’attrice ha avvalorato l’attendibilità della ammissione resa da (…) a (…) e (…), evidenziando come gli altri due colleghi sentiti come testimoni nel giudizio risarcitorio, pur asserendo di avere visto che (…) era caduto dalla sedia in ufficio, non abbiano riferito di avere visto la rotella della sedia distaccata e come il (…) non avesse segnalato al datore di lavoro dell’asserito sinistro.

Il fatto che (…) possa avere promosso nel 2009 il giudizio risarcitorio nei confronti di (…) spa, affermando falsamente di essersi procurato lesioni a causa della caduta dalla sedia dell’ufficio, non implica tuttavia l’accertamento del dolo omissivo allegato da (…) spa con riferimento alla conclusione del contratto di consulenza nel 2016 con (…) Snc.

Per giurisprudenza costante, “il dolo omissivo rileva quale vizio della volontà, idoneo a determinare l’ annullamento del contratto, solo quando l’inerzia della parte si inserisca in un complesso comportamento adeguatamente preordinato, con malizia o astuzia, a realizzare l’inganno perseguito; pertanto, il semplice silenzio e la reticenza, anche su situazioni di interesse della controparte, non immutando la rappresentazione della realtà, ma limitandosi a non contrastare la percezione di essa alla quale sia pervenuto l’altro contraente, non costituiscono causa invalidante del contratto” (Cass. Ord. n. 11009/2018);

integrano gli estremi del dolo omissivo rilevante ai sensi dell’art. 1439 c.c. “il silenzio serbato da una delle parti in ordine a situazioni di interesse della controparte e la reticenza che si inserisca in un complesso comportamento adeguatamente preordinato, con malizia e astuzia, a realizzare un inganno idoneo a determinare l’errore del “deceptus” (Cass. Sez. L – , Sentenza n. 8260/2017).

Nel caso in esame- secondo le allegazioni dell’attrice- in occasione della negoziazione del contratto di consulenza col dr. (…), nel settembre del 2016, (…) ha omesso di riferire che era pendente dal 2009 nei confronti della società collegata la causa risarcitoria nella quale lo stesso (…) aveva falsamente dedotto di avere subito un incidente sul lavoro, cadendo dalla sedia in ufficio.

In definitiva, come ha rilevato nella conclusionale il difensore della convenuta, l’attrice pone alla base della domanda di annullamento del contratto per dolo omissivo il fatto che (…) non abbia informato il dr. (…) “di essere un imbroglione” rispetto alla società datrice di lavoro, collegata a (…).

Tale condotta di (…) nella fase della trattativa negoziale si prospetta come un mero silenzio, in quanto non s’inserisce in un più complesso comportamento di (…) finalizzato a trarre in inganno il dr. (…) per giungere alla stipulazione del contratto di consulenza e, pertanto, non concretizza l’ipotesi del dolo omissivo ex art. 1439 c.c.

Il difetto di “dolo omissivo” di per sé impone il rigetto della domanda di annullamento del contratto di consulenza e della domanda restitutoria.

2- La medesima condotta omissiva è stata allegata dall’attrice a fondamento della domanda di annullamento del contratto di consulenza per errore essenziale sulla persona di (…), ritenuto dal dr. (…) affidabile prima di aver appreso nell’ottobre del 2016 da un sms dell’avv. (…), l’ammissione di (…) riguardo alla causa della caduta.

Ai fini dell’annullabilità del contratto l’errore essenziale dev’essere anche riconoscibile dall’altro contraente, a norma degli art. 1428 c.c. ed art. 1431 c.c.; “in tema di annullamento del contratto per errore è necessario accertare, da un lato, se la parte caduta in errore si sia indotta alla stipula del contratto in base ad una distorta rappresentazione della realtà, determinante ai fini della conclusione del negozio e, dall’altro, se con l’uso della normale diligenza l’altro contraente avrebbe potuto rendersi conto dell’altrui errore, non essendo richiesto che l’errore sia stato riconosciuto in concreto, bensì l’astratta possibilità di tale riconoscimento, in una persona di media avvedutezza” (Cass. n. 24738/2017).

Il contratto di consulenza è stato stipulato da (…) spa non col (…), ma con (…) Snc della quale è socia anche la sig.ra (…), la quale ha sottoscritto il contratto come legale rappresentante della società.

Il requisito della riconoscibilità dell’errore essenziale fatto valere dall’attrice dev’essere valutato, quindi, rispetto alla sig.ra (…), la quale ha espresso per la società la volontà negoziale.

Al riguardo mancano elementi oggettivi per dedurre che (…) avesse reso partecipe la moglie del fatto di avere affermato nella causa risarcitoria contro (…) spa un falso incidente sul luogo di lavoro, non potendosi tale deduzione inferire solo dal rapporto coniugale fra (…) e la legale rappresentante di (…) snc.

Di conseguenza l’attrice non ha assolto l’onere di provare che (…), alla data di stipulazione del contratto di consulenza, si potesse render conto che il dr. (…) aveva condotto le trattative con (…) sull’erroneo convincimento che fosse persona affidabile.

La mancanza di prova del requisito della riconoscibilità dell’errore di per sé impone il rigetto della domanda di annullamento del contratto di consulenza oggetto di causa e della connessa domanda restitutoria.

Per il principio della soccombenza l’attrice dev’essere condannata a pagare alla convenuta le spese processuali, liquidate nel dispositivo in base al valore della causa e all’attività difensiva svolta.

P.Q.M.

Il Tribunale di Milano, Quinta Sezione civile, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe indicata, così provvede:

1 – Respinge le domande proposte da (…) S.P.A. nei confronti di (…) Snc di (…) s.n.c., della sig.ra (…) e del sig. (…);

2 – Condanna l’attrice a pagare a (…) Snc di (…) S.n.c. le spese processuali che liquida in Euro 13.000.00,00 per compenso oltre il rimborso del 15% ex art. 2 D.M. n. 55 del 2014 ed oneri accessori di legge.

Così deciso in Milano il 25 marzo 2019.

Depositata in Cancelleria il 25 marzo 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.