in caso di inesatto adempimento della prestazione commissionata, grava sull’appaltatore (di servizi o di opera) sia l’onere di dimostrare la particolare difficolta’ della prestazione, sia l’onere di provare che il risultato della stessa, non rispondente a quello convenuto, e’ dipeso da fatto a se’ non imputabile in quanto non ascrivibile alla propria condotta conforme alla diligenza qualificata, dovuta in relazione alle specifiche circostanze del caso concreto.

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: L’appalto privato aspetti generali.

Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Sentenza|3 settembre 2019| n. 21971

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente

Dott. CIGNA Mario – Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. FIECCONI Francesca – rel. Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21652-2017 proposto da:

(OMISSIS) SRL, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1578/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 11/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/02/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCA FIECCONI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso notificato l’11 settembre 2017 la societa’ (OMISSIS) Srl ricorre per la cassazione della sentenza numero 1578-2016 della Corte d’appello di Venezia, pubblicata l’11 luglio 2016, con la quale e’ stato rigettato l’appello promosso dalla medesima avverso la sentenza emessa il 20 luglio 2010 dal Tribunale di Treviso, e depositata in pari data, in un giudizio avviato il 13 gennaio 2004 nei confronti della societa’ di vigilanza (OMISSIS) S.p.A., concernente la richiesta di risarcimento danni in relazione a un furto verificatosi all’interno dei locali della societa’ -cliente, in cui la societa’ di vigilanza (OMISSIS) S.p.A. aveva installato un ponte radio collegato alla propria centrale operativa, in esecuzione di un contratto di vigilanza mediante il quale era previsto il servizio di pronto intervento e di ispezione notturna dell’immobile da parte di guardie giurate.

Nella notte i ladri erano penetrati nell’immobile dopo avere isolato il ponte radio; le guardie giurate, in sede di sopralluogo non avevano dato rilievo al fatto che la porta d’ingresso risultasse socchiusa e vi fosse una scala mal riposta vicino all’edificio.

2. Alla societa’ attrice era stato riconosciuto sin dal primo grado di giudizio il risarcimento del danno per l’inadempimento della societa’ di vigilanza nei limiti della penale convenuta, pari a una rata del canone annuale convenuto, mentre era stata respinta la deduzione di nullita’ della clausola penale ex articolo 1229 c.c., eccepita sulla base della irrisorieta’ del danno in rapporto alla responsabilita’ civile che intende coprire.

3. Per quanto qui di interesse, la Corte d’appello, nel rigettare l’impugnazione rilevava che la clausola penale non potesse considerarsi nulla ex articolo 1229 c.c. perche’

i) l’intento elusivo del divieto di cui all’articolo 1229 c.c. non puo’ essere desunto dal raffronto tra la misura della penale e l’entita’ presumibile dell’eventuale futuro danno da risarcire che nella fattispecie non e’ stato allegato e che non era “all’orizzonte della trattativa” alla base del contratto, ove si prevedeva anche che il cliente stipulasse un’assicurazione contro il furto,

ii) l’inadempimento accertato non aveva un connotato di colpa grave, elemento che influirebbe sull’applicazione della clausola penale ove la si ritenesse elusiva della norma di cui all’articolo 1229 c.c..

4. Il ricorso e’ affidato a 4 motivi. Il pubblico ministero ha concluso come in atti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo ex articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 la societa’ ricorrente deduce violazione degli articoli 1229, 1384 e 1374 c.c. e dell’articolo 3 Cost., non potendo sussistere dubbi sulla nullita’ della clausola penale convenuta intesa a limitare preventivamente la responsabilita’ del debitore per dolo o per colpa grave.

Denuncia che la Corte ha errato nel giudicare infondata tale deduzione, per mancanza di allegazione del danno riscontrato, poiche’ la natura irrisoria della penale convenuta e’ sufficiente per il rilievo di nullita’.

1.1. Il motivo e’ fondato.

1.2. Nella specie la clausola contrattuale dispone testualmente che l’Istituto di vigilanza non si assume alcuna ulteriore responsabilita’ per eventuali danni e che, in genere, per pregiudizi subiti dal Committente per il comprovato inadempimento nell’esecuzione del servizio e la comprovata riferibilita’ dei danni a tale inadempimento, l’Istituto sara’ tenuto unicamente a versare all’Utente, a titolo di penale fissa, una somma pari ad una mensilita’ del canone in corso, esclusa ogni risarcibilita’ di eventuale danno ulteriore subito dal Committente (v. p.13 del ricorso ove si riporta il contenuto della clausola penale, inserita nel contratto prodotto nel primo grado di giudizio).

1.3. Questa Corte, relativamente a un caso analogo, ha precisato che la irrisorieta’ del risarcimento del danno pattuito preventivamente sotto forma di clausola penale viene a costituire elemento sintomatico dell’aggiramento del divieto di limitazione di responsabilita’ stabilito dall’articolo 1229 c.c., comma 1, (cfr. Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 18338 del 12/07/2018; Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7061 del 28/07/1997, richiamata dalla ricorrente.).

Nella specie, la clausola contrattuale che non soltanto delimita l’ammontare del danno patrimoniale risarcibile, cagionato dal mancato od inesatto adempimento della prestazione di vigilanza, ma esclude la risarcibilita’ di ogni danno ulteriore, in difetto di alcuna diversa indicazione, deve intendersi quale clausola che intende escludere la responsabilita’ anche alle ipotesi di responsabilita’ per dolo o colpa grave.

Pertanto detta clausola evidenzia la volonta’ della societa’ prestatrice del servizio di vigilanza di sottrarsi a qualsiasi responsabilita’ per i danni derivanti da furto, con cio’ venendo ad interrompere proprio il nesso funzionale – sul quale e’ fondato l’interesse dedotto in contratto del committente – tra la corretta esecuzione del servizio e la prevenzione della commissione di furti ai danni del cliente.

1.4. Pertanto, nella combinazione di entrambi gli elementi indicati – quello della limitazione del danno risarcibile ad importo del tutto irrisorio rispetto al danno patrimoniale verificatosi e quello della estensione della limitazione dalla misura del “quantum” alla integrale responsabilita’ per inadempimento ex articoli 1218 e 1229 c.c. – la clausola in questione deve ritenersi inficiata dal vizio di nullita’ per violazione della norma imperativa di cui all’articolo 1229 c.c., comma 1.

2. Con il 2 motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione dell’articolo 1322 c.c. e articolo 41 Cost. in relazione all’articolo 1374 e 1384 c.c. ex articolo 360 c.p.c., n. 3, correlato al mancato rilievo della nullita’ della clausola anche sotto il profilo di una eccessiva estensione applicativa del principio di autonomia contrattuale.

Si deduce che la Corte, nel confermare la validita’ della clausola, ha dato rilievo eccessivo all’obbligo di coprirsi adeguatamente per i rischi connessi alla sua attivita’ e che pertanto la clausola limitativa trovasse la sua ragione nelle pattuizioni intercorse tra le parti che hanno inteso limitare la responsabilita’ dell’Istituto.

La ricorrente deduce che in tale modo si e’ data un’eccessiva estensione applicativa del principio di autonomia contrattuale, dando rilievo alla intenzione delle parti di limitare la responsabilita’ dell’Istituto, posto che la Corte “non per questo poteva esimersi dal sottoporre le pattuizioni a un giudizio – equitativo- di validita’”.

2.1. Il motivo e’ fondato in base alle medesime argomentazioni di cui al punto 10.

3. Con il 3 motivo si deduce violazione degli articoli 1229 e 1384 c.c. in relazione agli articoli 1362, 1363, 1366, 1370 e 1371 c.c. ex articolo 360 c.p.c., n. 3 e l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio ex articolo 360 c.p.c., n. 5.

Anche questo motivo, concernente il fatto che la sentenza sia sindacabile in piu’ punti in quanto disattende gli ordinari criteri di interpretazione del contratto predisposto da uno dei contraenti rimane assorbito da quanto rilevato sopra al punto 1.

4. Con il 40 motivo la ricorrente deduce violazione o falsa applicazione dell’articolo 1218 c.p.c., articolo 1176 c.p.c., comma 1 articolo 132 c.p.c., n. 4 e articolo 111 Cost. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3 e l’omesso esame di fatti decisivi pregiudizi ex articolo 360 c.p.c., n. 5, nella parte in cui la Corte ha ritenuto di dover escludere l’imputabilita’ della colpa grave alla societa’ resistente, e cio’ in relazione ai fatti di inadempimento rilevati, consistenti nel non essere intervenuti in seguito all’anomalia di sistema rilevabile dalla centrale operativa dopo che era stato neutralizzato l’impianto di segnalazione del ponte radio, e nel non aver rilevato, nel corso della successiva ordinaria ispezione notturna delle guardie giurate, che il cancello d’ingresso era socchiuso e una scala la era stata lasciata per terra in posizione anomala.

Il motivo e’ assorbito perche’ la clausola esclude, nei fatti, l’istituto da ogni responsabilita’, come sopra rilevato al punto 1 e non si rende applicabile perche’ nulla, e non perche’ l’inadempimento non sia inscrivibile nel perimetro della colpa grave.

4.2. Preme tuttavia sottolineare che l’adempimento contrattuale relativo a prestazioni di servizi, integranti un contratto di appalto, rese da societa’ commerciali ai propri committenti, deve valutarsi non tanto in relazione al parametro della “diligenza media richiesta alla maggioranza degli individui”, come indicato dalla Corte di merito nel rilevare la insussistenza di un’ ipotesi di colpa grave, ma in relazione alle obbligazioni complessivamente convenute.

In riferimento alla prestazione di un servizio che per l’adempimento richiede l’utilizzo di attrezzature idonee e di personale specializzato e addestrato ai fini della prevenzione del rischio di furto o di danneggiamento dei beni dei committenti, il corretto criterio per valutare la diligenza dovuta nell’adempimento e’ dunque rinvenibile nell’articolo 1176 c.c., comma 2, riferito all’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’ attivita’ professionale, ove la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attivita’ esercitata, e non al parametro della diligenza del buon padre di famiglia valevole per altri tipi di obbligazioni, con la conseguenza che il debitore si trova a dover rispondere per non avere esercitato la propria attivita’ mediante l’impiego di adeguate nozioni o strumenti tecnici correlati alla natura dell’obbligazione, indipendentemente dalla sua capacita’ soggettiva dimostrata.

4.3. Ne consegue che, in caso di inesatto adempimento della prestazione commissionata, grava sull’appaltatore (di servizi o di opera) sia l’onere di dimostrare la particolare difficolta’ della prestazione, sia l’onere di provare che il risultato della stessa, non rispondente a quello convenuto, e’ dipeso da fatto a se’ non imputabile in quanto non ascrivibile alla propria condotta conforme alla diligenza qualificata, dovuta in relazione alle specifiche circostanze del caso concreto (v. Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 15732 del 15/06/2018, in riferimento a un appalto d’opera; Cass., n. 15255 del 20/07/2005; Cass., 8/02/2005, n. 2538; Cass., n. 15789 del 22/10/2003; Cass., n. 15124 del 28/11/2001; Cass. n. 4245 del 21/06/1983).

5. Di conseguenza, il ricorso trova accoglimento quanto al primo e secondo motivo, con assorbimento degli altri motivi; la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio della causa alla Corte d’appello di Venezia, in altra composizione, che provvedera’ a rinnovare il giudizio, nonche’ a liquidare anche le spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso con riferimento al 1 e 2 motivo, assorbiti gli ulteriori motivi, cassa e rinvia alla Corte d’appello di Venezia, in diversa composizione, anche per le spese.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.