L’atto di “consegna” va distinto dall'”accettazione”: la prima costituisce un atto puramente materiale che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente, mentre l'”accettazione” esige che il committente esprima (anche per facta concludentia) il gradimento dell’opera, con una manifestazione negoziale che comporta effetti ben determinati, quali l’esonero dell’appaltatore da ogni responsabilità per i vizi e le difformità dell’opera occulti o non conoscibili con l’ordinaria diligenza, e il conseguente diritto al pagamento del prezzo, e che spetta al committente dimostrare. 

Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Ordinanza|21 giugno 2023| n. 17711

Data udienza 23 maggio 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere

Dott. AMATO Cristi – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25135-2018 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) S.R.L., elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

nonche’ contro

(OMISSIS) SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 745/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 20/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/05/2023 dal Consigliere CRISTINA AMATO.

RILEVATO CHE:

1. Con sentenza n. 392 del 2016, il Tribunale ordinario di Torino respingeva l’opposizione proposta dalla (OMISSIS) s.r.l. avverso il decreto ingiuntivo n. 9105/2012 del medesimo Tribunale, pronunciata a seguito di ricorso della s.a.s. (OMISSIS) e C.; venivano disattese, altresi’, le domande riconvenzionali avanzate dalla societa’ opponente, condannata a rimborsare alla convenuta e alla terza chiamata, (OMISSIS) s.p.a. (ora (OMISSIS) s.p.a.), le spese processuali del grado.

1.1. A sostegno delle sue pretese la s.a.s. (OMISSIS) chiedeva il pagamento della complessiva somma di Euro5.694,64 rappresentata da tre fatture emesse dalla ricorrente, e rimaste insolute, a titolo di corrispettivo per la gommatura di partite di pulegge per autoveicoli.

1.2. Contrastando la pretesa della convenuta e allegando l’inadempimento di quest’ultima, la (OMISSIS) s.r.l. riferiva di avere come oggetto della sua attivita’ la produzione e il commercio di ricambi e accessori per automezzi, tra cui le pulegge smorzanti realizzate mediante assemblaggio delle singole componenti acquistate e lavorate oltre che rifinite da terzi, e quindi gommate con apposito procedimento di stampaggio, nel caso di specie abitualmente affidato alla s.a.s. (OMISSIS); dettagliava la (OMISSIS) s.r.l. di aver onorato una prima commessa risalente al dicembre-gennaio 2011 ma non la seconda risalente al giugno-luglio 2011, essendo state nel frattempo riscontrate gravissime anomalie della lavorazione (difetti alla composizione della gomma e rottura della stessa), che avevano determinato i resi da parte degli acquirenti finali della (OMISSIS) s.r.l. e che erano state segnalate all’appaltatrice, con avvertimento della momentanea sospensione dei pagamenti in attesa della verifica; aggiungeva che all’esito di quest’ultime (compiute da esperti del settore) era emersa la responsabilita’ della convenuta in ordine alla fase di stampaggio-vulcanizzazione.

2. Avverso la sentenza del tribunale di Torino proponeva appello la (OMISSIS) s.r.l. nei confronti dei soci accomandanti e accomandatario, posto che la s.a.s. (OMISSIS) nel frattempo era stata cancellata dal registro delle imprese. La Corte d’Appello di Torino accoglieva parzialmente l’opposizione, condannando (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) a pagare in favore della (OMISSIS) s.r.l. la somma di Euro851,88 per ciascuno; accoglieva in parte anche la domanda riconvenzionale avanzata dalla s.r.l. (OMISSIS) pronunciando la risoluzione dei contratti di appalto per inadempimento dell’appaltatrice; condannava (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) a pagare in favore delle s.r.l. (OMISSIS) la somma di Euro35.203,88 (questi ultimi due sino alla concorrenza del minore importo di Euro3.523,00 ciascuno) a titolo di inadempimento contrattuale.

3. (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS) impugnavano la suddetta pronuncia per la cassazione, affidando il ricorso a quattro motivi.

Si difendeva la (OMISSIS) s.r.l. depositando controricorso.

Restava intimata (OMISSIS) s.p.a..

In prossimita’ dell’adunanza entrambe le parti depositavano memorie.

CONSIDERATO CHE:

1. Con il primo motivo si denuncia l’improcedibilita’ dell’appello per mancato deposito dell’atto di citazione in appello. Violazione di legge, o falsa applicazione, degli articoli 347, 348 c.p.c., L. 53 del 1994, articolo 9, comma 1-bis e 1-ter, Decreto Legislativo n. 82 del 2005, articolo 23, Decreto Legge n. 179 del 2012, articolo 16 bis, comma 1-bis, ai sensi del n. 3) dell’articolo 360 c.p.c., comma 1 L’appellante, pur avendo notificato l’atto di citazione in appello a mezzo PEC, ha poi depositato una copia analogica, in violazione di quanto disposto dalla L. 21 gennaio 1994, n. 53, articolo 9, comma 1-bis, che prevede tale modalita’ di deposito soltanto nei casi in cui non sia possibile il deposito telematico.

Disposizione suffragata anche dall’articolo 19-bis del Provvedimento del 16.04.2014 del responsabile per i sistemi informatici automatizzati del Ministero della Giustizia. In altri termini, dalle norme citate si deduce che ove non sia possibile fornire con modalita’ telematiche la prova dell’avvenuta notifica effettuata a mezzo PEC, solo allora l’avvocato notificatore potra’ fornirla mediante deposito cartaceo: in tutti gli altri casi, essendo possibile il deposito telematico degli atti introduttivi il difensore avra’ l’obbligo, non la facolta’, di fornirla con modalita’ telematiche. In sintesi, i ricorrenti lamentano che l’appellante, nel costituirsi nelle forme tradizionali, non abbia fornito la prova della notifica dell’atto di appello: il procedimento deve, quindi, ritenersi improcedibile ai sensi e per gli effetti dell’articolo 348 c.p.c.

Ne’ vale obiettare a tal proposito, proseguono i ricorrenti, che la nullita’ della notifica dell’impugnazione sarebbe sanata, in quanto l’atto avrebbe raggiunto il suo scopo ai sensi dell’articolo 156 c.p.c., posto che l’appellata non aveva eccepito la nullita’ della notifica dell’impugnazione di (OMISSIS) s.r.l., quanto l’omessa costituzione in giudizio dell’appellante nelle forme imposte dalle vigenti disposizioni normative. Ne’ ha pregio il richiamo da parte della sentenza impugnata, per analogia di situazione, della prassi invalsa in tempi di deposito cartaceo della “velina”, con possibilita’ di successivo deposito dell’originale entro l’udienza di comparizione, poiche’ nel caso in esame l’appellante non ha mai prodotto l’originale della notifica telematica, neppure nella prima udienza di trattazione ai sensi dell’articolo 350 comma 2, c.p.c., ne’ successivamente.

1.1. Il motivo e’ infondato. Deve rammentarsi che la sanzione di improcedibilita’ e’ ricollegata soltanto all’inosservanza del termine di costituzione e non anche all’inosservanza delle sue forme, e che opera il principio della generale sanabilita’ dei vizi di nullita’ per raggiungimento dello scopo; principio che incontra, tuttavia, il limite per il quale dagli atti presenti nel fascicolo deve risultare il momento della notifica dell’atto di appello. Cio’ in quanto l’articolo 347 c.p.c., in combinato disposto con l’articolo 165 c.p.c., esige che la costituzione dell’appellante avvenga entro i dieci giorni (o i cinque, nel caso di riduzione) dalla notificazione; termine che decorre dal perfezionamento della notificazione nei riguardi dell’appellato. Se l’appellato non produce la copia della citazione a lui notificata, cosi’ evidenziando quando la notificazione si e’ perfezionata nei suoi riguardi, risulta impossibile per il giudice, che deve procedere d’ufficio al relativo controllo, accertare se la costituzione dell’appellante sia avvenuta tempestivamente. In questo caso, l’inosservanza della forma della costituzione rappresentata dal deposito dell’originale non e’ sanata dal comportamento di costituzione dell’appellato (Cass. Sez. 3, n. 9269 del 04.04.2023; Cass. n. 16598 del 2016; Cass. 09/02/2017, n. 3527).

Nel caso di specie, non si e’ verificata la situazione di mancata prova, al momento di celebrazione dell’udienza di prima comparizione e trattazione, della notifica dell’atto di appello: parte appellante, infatti, ha depositato copia analogica della notifica dell’appello effettuata con posta elettronica certificata, munita di attestazione di conformita’ (v. anche p. 16 del ricorso).

1.2. L’argomento trae conferma dalle seguenti norme:

– Il Decreto Legislativo 7 marzo 2005, n. 82, articolo 23, prevede che: “l. Le copie su supporto analogico di documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformita’ all’originale in tutte le sue componenti e’ attestata da un pubblico ufficiale a cio’ autorizzato”.

– La L. n. 53 del 1994, articolo 9, commi 1 e 1-bis, recitano: “1. Nei casi in cui il cancelliere deve prendere nota sull’originale del provvedimento dell’avvenuta notificazione di un atto di opposizione o di impugnazione, ai sensi dell’articolo 645 del codice di procedura civile e dell’articolo 123 delle disposizioni per l’attuazione, transitorie e di coordinamento del codice di procedura civile, il notificante provvede, contestualmente alla notifica, a depositare copia dell’atto notificato presso il cancelliere del giudice che ha pronunciato il provvedimento. 1-bis Qualora non si possa procedere al deposito con modalita’ telematiche dell’atto notificato a norma dell’articolo 3-bis, l’avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformita’ ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, articolo 23, comma 1”.

– Il Decreto Legge n. 119 del 2018, articolo 16, come conv., il quale, introducendo il Decreto Legislativo n. 31 dicembre 1992, n. 546, articolo 25-bis, ha previsto, al comma 1, lettera b), n. 3: “3. La copia informatica o cartacea munita dell’attestazione di conformita’ ai sensi dei commi precedenti equivale all’originale o alla copia conforme dell’atto o del provvedimento detenuto ovvero presente nel fascicolo informatico”.

1.3. In sintesi, chiarita la ratio degli articoli 347 e 165 c.p.c. (accertare se la costituzione dell’appellante sia avvenuta tempestivamente v. supra, punto 1.1.), la lettera della L. n. 53-94, articolo 9 non preclude all’avvocato di procedere in via alternativa a norma dell’articolo 9, comma 1-bis, non avendo egli un obbligo di produrre la notifica in modalita’ telematica, purche’ la copia analogica sia corredata dall’attestazione di conformita’ (argomento da Cass. Sez. Trib., n. 981 del 16.01.2023).

2. Con il secondo motivo si lamenta la tardivita’ della denuncia dei vizi in violazione, o falsa applicazione, degli articoli 1667 c.c. e 115 c.p.c., ai sensi del n. 3) dell’articolo 360 c.p.c., comma 1 I ricorrenti affermano che la consegna delle pulegge e’ avvenuta nel luglio 2011: stante l’evidenza e la riconoscibilita’ dei difetti lamentati da (OMISSIS) s.r.l., il termine per la denuncia dei vizi decorre dalla verifica effettuata da quest’ultima sulle pulegge, al ricevimento delle stesse. In ogni caso, la committente ha avuto conoscenza dei vizi al piu’ tardi l’08.09.2011, quando la (OMISSIS) s.r.l. sostiene di aver ricevuto il primo reso, mentre la denuncia e’ avvenuta tardivamente a 63 giorni di distanza, ossia il 10.11.2011, data di spedizione della mail con la quale la (OMISSIS) s.r.l. dichiarava di sospendere il pagamento delle tre fatture a seguito delle denunce dei vizi pervenute dai clienti. Ne’ e’ possibile ritenere tale circostanza non contestata ai sensi dell’articolo 115 c.p.c., posto che la (OMISSIS) s.a.s. ha espressamente contestato, fin dalla comparsa di costituzione, la circostanza della visita di (OMISSIS) presso la (OMISSIS) s.r.l. nel mese di novembre, e non di settembre. Pertanto, l’onere di contestazione e’ assolto dall’affermazione di un fatto incompatibile con quello che si vuole contestare: affermazione che vale per tutto il giudizio, e non deve essere ripetuta ogni volta che controparte ribadisce il fatto contestato.

2.1. Il motivo e’ infondato. L’atto di “consegna” va distinto dall'”accettazione”: la prima costituisce un atto puramente materiale che si compie mediante la messa a disposizione del bene a favore del committente (nel caso di specie, avvenuta il 21.07.2011), mentre l'”accettazione” esige che il committente esprima (anche per facta concludentia) il gradimento dell’opera, con una manifestazione negoziale che comporta effetti ben determinati, quali l’esonero dell’appaltatore da ogni responsabilita’ per i vizi e le difformita’ dell’opera occulti o non conoscibili con l’ordinaria diligenza, e il conseguente diritto al pagamento del prezzo, e che spetta al committente dimostrare (Cass. Sez. 2, n. 39599 del 13/12/2021 – Rv. 663254 – 02; Cass. 5131/2007). La prova dell’accettazione coincidente a detta della (OMISSIS) s.a.s. con la verifica a campione delle pulegge effettuata da (OMISSIS) s.r.l. presumibilmente entro giugno 2011 – non e’ stata ritenuta idonea a fondare alcuna accettazione dal giudice di seconde cure, il quale – con un’accurata ricostruzione (pp. XXIV- XXVII della sentenza impugnata) – e’ giunto a diversa conclusione: la denuncia del difetto sarebbe stata effettuata agli inizi di settembre 2011, quindi entro il termine dei 60 giorni previsto dall’articolo 1667 c.c., allorche’ il primo cliente di (OMISSIS) s.r.l. aveva riscontrato i difetti. In via presuntiva, aggiunge il giudice, deve arguirsi che i difetti in parola evidenziati dalla clientela siano stati a stretto giro riferiti alla (OMISSIS) s.a.s., tanto che (OMISSIS), nel corso dello stesso mese di settembre, si era recato presso la sede di (OMISSIS) s.r.l. per verificare personalmente i lamentati difetti delle pulegge. Nessun rilievo acquista, invece, nella ricostruzione del giudice, la missiva inviata dalla (OMISSIS) s.r.l. il 10.11.2011 tramite posta elettronica, con la quale si comunicava la sospensione del pagamento della riba in scadenza a causa dei ritorni in massa delle pulegge.

2.2. Del resto, la prova dell’esistenza dei vizi rientra nei poteri di accertamento del giudice del merito, incensurabili in questa sede: la Corte d’Appello di Torino ha esaustivamente argomentato tale esistenza, rendendo una motivazione scevra da vizi logico giuridici e del tutto plausibile.

3. Con il terzo motivo si denuncia l’errata ripartizione dell’onere della prova – violazione, o falsa applicazione, dell’articolo 2697 c.c., ai sensi del n. 3) dell’articolo 360 c.p.c., comma 1 Deducono i ricorrenti che per il principio di vicinanza della prova l’onere di dimostrare l’esistenza dei vizi e’ a carico della committente che ha trattenuto sia i pezzi che gli stampi, e non e’ stato adempiuto, nel senso che non e’ stato provato che i pezzi difettosi siano stati prodotti dalla (OMISSIS) s.a.s. La decisione della Corte d’appello che ritiene provata tale circostanza e’ errata e viola l’articolo 116 c.p.c., poiche’ si basa sulla semplice affermazione di una dipendente della (OMISSIS) s.r.l., impiegata amministrativa posta al di fuori degli ambienti di produzione, la quale escludeva che gli stampi di proprieta’ della (OMISSIS) s.r.l. fossero utilizzati nuovamente, in proprio o tramite terzi fornitori. Dette affermazioni della teste si pongono oltre il plausibile e oltre la ragionevolezza, posto che anche le altre risultanze agli atti fanno pensare a tutto l’opposto, ossia al riutilizzo degli stampi, essendo questi di proprieta’ di (OMISSIS) s.r.l., ed essendo previsto per accordo l’obbligo di restituzione degli stessi presso lo stabilimento di quest’ultima.

3.1. Il motivo e’ infondato. Poste le premesse di cui al punto 2.1., e’ decisivo considerare che – a prescindere dall’accettazione – ove sia stata comunque raggiunta la prova dell’esistenza dei vizi, la colpa dell’appaltatore si presume, sicche’ spetta a quest’ultimo in base alle regole generali sulla responsabilita’ del debitore (articolo 1218 c.c.), non solo dimostrare di avere adoperato la diligenza e la perizia tecnica dovute, ma anche il fatto specifico, a lui non imputabile, che abbia causato il difetto (cfr., in tal senso, esplicitamente, Cass. Sez. 2, n. 7267 del 13.03.2023; Cass. 19146/2013).

In conclusione, accertata – nel caso concreto – l’esistenza dei difetti delle opere, la prova liberatoria competeva all’appaltatore, non potendo richiedersi al committente di dimostrare che i pezzi, pur di sua proprieta’, non fossero stati utilizzati ne’ da (OMISSIS) s.r.l. ne’ da terzi, non avendo piu’ alcun rilievo l’accettazione espressa o tacita – da parte della committente (Cass. Sez. 2, n. 7267 del 13.03.2023).

3.2. In assenza di tale prova liberatoria, la conclusione cui perviene il giudice d’appello – in via presuntiva – e’ del tutto plausibile e ragionevole: esaminati i plurimi rapporti tra le parti, la comparsa di costituzione della (OMISSIS) s.a.s., le prove testimoniali; valutata la stretta contiguita’ temporale tra la consegna delle ultime partite e le rimostranze formulate dai terzi acquirenti ed utilizzatori dei prodotti (effettuati le prime nel luglio del 2011 ed iniziate a pervenire le seconde nel settembre dello stesso anno), si deve escludere che gli esemplari consegnati dalla s.r.l. (OMISSIS) alla clientela fossero stati in realta’ lavorati da altri appaltatori diversi dalla s.a.s. (OMISSIS), e per di piu’ durante il periodo feriale estivo. Utilizzando anche nozioni di comune esperienza e consuetudini di rapporti in ambito imprenditoriale note, il giudice di seconde cure ha ritenuto risolutivo il fatto che – come emerge anche da risultanze testimoniali – ad ogni codice corrisponda uno specifico stampo, e che quindi ogni stampo venga progettato e costruito per un solo determinato prodotto, caratterizzato, quindi, da codice univoco. Questi stampi progettati e costruiti da (OMISSIS) s.a.s. sono in realta’ di proprieta’ di (OMISSIS) s.r.l.: infatti, la prima ha anche restituito gli stampi insieme alla consegna delle pulegge. E’ proprio questa corrispondenza biunivoca fra prodotto e stampo, che fa escludere che essi siano stati utilizzati da (OMISSIS) s.r.l., o da altri suoi subfornitori, per produrre diverse partite di pulegge aventi gli stessi codici.

4. Con il quarto motivo i ricorrenti denunciano l’errata quantificazione del danno. Violazione di legge, o falsa applicazione, degli articoli 1218, 1223, 2697 c.c., ai sensi del n. 3) dell’articolo 360 c.p.c., comma 1 I ricorrenti censurano la sentenza nella parte in cui ha quantificato il danno sulla base di semplici dichiarazioni del danneggiato, supportate soltanto da documentazione proveniente dallo stesso ad uso interno e predisposta appositamente in giudizio. Cio’ e’ vero sia per il dettaglio dei resi, sia per le rimanenze di magazzino, sia per i costi extra subi’ti dai clienti, sia per l’invenduto; ne’ e’ stata fornita prova che le pulegge giacenti presso i magazzini di (OMISSIS) s.r.l. siano difettose, e quindi non piu’ vendibili. Nel caso in esame, quindi, assistiamo non ad una valutazione errata di prove, come tale non censurabile in Cassazione, ma ad uno stravolgimento dell’onere della prova, poiche’ la Corte d’Appello, benche’ non abbia ritenuto provati gli elementi di quantificazione del danno, tuttavia ha proceduto alla liquidazione basandosi su di essi.

4.1. Il motivo e’ infondato. Il giudice di seconde cure ha scrutinato i documenti contabili da cui risultano danno emergente e lucro cessante, premurandosi di riscontrarne i contenuti tramite testimonianze; di escludere talune voci (di danno emergente) incomprensibili (pp. XLV-XLVI). Del tutto plausibile risulta il ragionamento della Corte in merito alle rimanenze di magazzino: una volta accertati i vizi, sia pure a campione, sarebbe del tutto inopportuna, per elementari esigenze di cautela, la vendita a terzi, anche, ma non solo, ai fini di preservare l’immagine commerciale della committente.

4.2. In definitiva, la doglianza si traduce in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito, tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione. Come e’ noto, invero, in tema di procedimento civile sono riservate al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilita’ e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonche’ la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento (Cass. sez. 2, n. 19717/2022; Sez. 2, n. 21127 dell’8 agosto 2019).

5. Il Collegio rigetta il ricorso, liquida le spese come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, in favore del controricorrente, che liquida in Euro3.400,00 per compensi, oltre Euro200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge nella misura del 15%.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: aspetti generali del contratto di appalto

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.