in tema di appalto di opere pubbliche, l’obbligatoria devoluzione al giudizio arbitrale delle controversie insorte fra amministrazione appaltante e appaltatore, salva apposita clausola di esclusione inserita nel bando o nell’invito di gara oppure nel contratto (in caso di trattativa privata), secondo la testuale previsione della L. n. 741 del 1981, articolo 16 – che ha sostituito l’articolo 47 del capitolato generale approvato con Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962 – e’ venuta meno a seguito della declaratoria di illegittimita’ costituzionale del predetto articolo 16 L. cit., che ha comportato la reviviscenza dell’originario contenuto precettivo del menzionato articolo 47 Decreto del Presidente della Repubblica cit., il quale, pur in presenza del principio di normale devoluzione agli arbitri delle controversie in materia di lavori pubblici, fissato dal precedente articolo 43 stesso D.P.R., stabilisce una preferenza per il rimedio giurisdizionale, attribuendo alle parti la facolta’ di agire davanti al giudice ordinario anziche’ davanti agli arbitri, e consentendo al convenuto nel caso di promozione del giudizio arbitrale di chiedere entro il termine di trenta giorni dalla domanda di arbitrato la decisione della controversia da parte del giudice ordinario.

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Corte di Cassazione|Sezione 1|Civile|Ordinanza|12 gennaio 2023| n. 704

Data udienza 24 giugno 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere

Dott. REGGIANI Eleonora – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso R.G. n. 9522/2017 promosso da:

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via del Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) s.p.a., in amministrazione straordinaria, in persona del Commissario straordinario pro tempore, in proprio e quale procuratrice speciale della (OMISSIS) s.p.a., in liquidazione (mandataria dell’ATI costituita da quest’ultima con (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) s.a.s.), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avv. (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avv. (OMISSIS), in virtu’ di procura speciale a margine del controricorso contenente ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

nei confronti di:

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via del Portoghesi 12, presso l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente al ricorso incidentale –

avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 100/2017, pubblicata il 09/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 24/06/2022 dalla Dott.ssa ELEONORA REGGIANI;

letti gli atti del procedimento in epigrafe.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 100/2017, pubblicata il 09/01/2017, la Corte di appello di Roma dichiarava inammissibile l’impugnazione proposta da (OMISSIS) contro il lodo n. 145/2009, sottoscritto in Roma il 29/10/2009, depositato presso la Camera arbitrale per i contratti pubblici il 09/11/2009, con condanna dell'(OMISSIS) alla rifusione delle spese di lite sostenuta da (OMISSIS) s.p.a. in amministrazione straordinaria (di seguito, (OMISSIS)), in proprio e in qualita’ di procuratrice speciale della (OMISSIS) s.p.a. (mandataria dell’ATI costituita da quest’ultima con (OMISSIS) s.p.a. e (OMISSIS) s.a.s.).

Il lodo, previo rigetto dell’eccezione di (OMISSIS) sul difetto di competenza arbitrale, aveva ritenuto l’Amministrazione statale debitrice di ingenti somme a vario titolo, in relazione al contratto di appalto del (OMISSIS), avente ad oggetto l’esecuzione di lavori di ammodernamento di un tratto stradale della SS (OMISSIS).

In particolare, per quanto d’interesse, la Corte di merito, dopo aver precisato che, nella specie, si applicava ratione temporis il testo previgente dell’articolo 829 c.p.c., respingeva il primo motivo di impugnazione, con il quale l'(OMISSIS) aveva dedotto l’intervenuta declinatoria della competenza degli arbitri, eccepita anche nel corso del procedimento arbitrale.

Secondo l'(OMISSIS), gli arbitri non avevano potere di decidere la controversia, a fronte della formulata eccezione, perche’ l’articolo 21 del Capitolato speciale d’appalto, allegato al contratto del 27/05/1991, faceva espresso rinvio al Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, che prevedeva, appunto, la possibilita’ di declinare la competenza arbitrale.

La Corte di appello, facendo propri gli argomenti dell’ (OMISSIS), rilevava che – in base a quanto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 47, comma 2 (in virtu’ del quale la convenuta nel giudizio arbitrale ha facolta’ di escludere la competenza arbitrale entro 30 giorni dalla notifica della domanda di arbitrato) – l'(OMISSIS) era decaduta dalla facolta’ di contestare la competenza arbitrale. Dalla lettura del lodo si evinceva, infatti che l’ (OMISSIS) aveva notificato la domanda di arbitrato il 29/02/2008 e che l'(OMISSIS) aveva declinato la competenza arbitrale con atto notificato soltanto il 13/06/2008, ovvero dopo il prescritto termine di 30 giorni.

Avverso detta sentenza, l'(OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.

L’intimata si e’ difesa con controricorso, formulando anche un motivo di ricorso incidentale.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex articolo 380 bis.1 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il motivo di ricorso principale e’ dedotta la violazione e la falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica 16 luglio 1962, n. 1063, articolo 47, comma 2, della L. n. 741 del 1981, articolo 16 e dell’articolo 829 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), Decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, per avere la Corte di appello ritenuto che l'(OMISSIS) avrebbe dovuto esercitare la facolta’ di declinare la competenza arbitrale nel termine di 30 giorni dalla notifica della domanda di arbitrato, mentre la previsione di termine non era piu’ applicabile ratione temporis, perche’ era stato sostituto dalla L. n. 741 del 1981, articolo 16, il quale, poi, era stato dichiarato costituzionalmente illegittimo (Corte Cost., sentenza n. 152 del 09/05/1996), nella parte in cui non stabiliva che la competenza arbitrale potesse essere derogata anche con atto unilaterale di ciascuno dei contraenti.

Secondo parte ricorrente, la menzionata sentenza della Corte costituzionale costituisce una pronuncia additiva di garanzia, che integra la norma censurata con una ulteriore previsione, implicita nell’ordinamento, necessaria al fine di rimuovere un’altrimenti inevitabile lesione dei sovraordinati principi costituzionali di cui agli articoli 24 e 102 Cost., che consente di declinare unilateralmente alla competenza arbitrale senza alcun termine di decadenza, come pure si evince dal considerando in diritto n. 5 (ove si afferma che l’arbitrato puo’ ritenersi non obbligatorio quando, anche dopo l’aggiudicazione dell’appalto e fino alla nomina degli arbitri per la decisione della controversia, sia consentita la facolta’, all’una o all’atra parte del rapporto, di scegliere ancora la competenza ordinaria). E’ attribuito rilievo anche al fatto che la norma non e’ stata dichiarata illegittima nei suoi effetti abrogativi e sostitutivi della precedente lettera del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 47, ma solo in quanto, nel suo nuovo portato normativo, non prevede anche la facolta’ di declinatoria unilaterale.

2. Nel costituirsi, (OMISSIS) ha preliminarmente eccepito l’inammissibilita’ del ricorso sotto due profili.

In primo luogo, ha affermato che, ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c., la Corte d’appello aveva deciso la questione oggetto di ricorso principale in modo conforme alla giurisprudenza di legittimita’ maturata sul punto, mentre la censura non aveva offerto elementi che potessero giustificare un mutamento dell’orientamento.

In secondo luogo, ha prospettato un difetto di autosufficienza dello stesso motivo di ricorso, ritenendo che l'(OMISSIS) non avesse indicato gli atti e i documenti dai quali desumere che la facolta’ di declinatoria della competenza arbitrale fosse stata esercitata nel temine da lei indicato, specificando data e sede di deposito.

La stessa parte ha, comunque, illustrato anche le ragioni di infondatezza del motivo, richiamando i precedenti di legittimita’ che hanno ritenuto ripristinato, per effetto della decisione della Corte costituzionale, il previgente Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 47.

3. Con l’unico motivo di ricorso incidentale, (OMISSIS) ha, poi, censurato la decisione impugnata, deducendo la falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 47, nel testo risultante dall’intervento della Corte costituzionale sopra richiamata, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per non avere la Corte d’appello considerato che, essendo l'(OMISSIS) soggetto pubblico diverso dallo Stato, la disciplina dell’arbitrato di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, non si applicava per legge, ma trovava origine nella convenzione intercorsa tra le parti, che aveva rinviato al menzionato D.P.R., cosi’ come vigente al tempo della stipula. Pertanto, essendo l’appalto stipulato il 27/05/1991, doveva ritenersi richiamato il Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 47, come modificato dalla L. n. 741 del 1981, articolo 16, nel testo vigente prima dell’intervento della Corte costituzionale, in forza del quale era esclusa ogni possibilita’ di deroga alla competenza arbitrale.

La stessa (OMISSIS) ha poi dedotto che la declinatoria della competenza arbitrale dell'(OMISSIS) doveva ritenersi inefficace, perche’, dopo la sua notifica, aveva tenuto comportamenti contrastanti con la volonta’ ivi manifestata, procedendo alla nomina dell’arbitro di fiducia dopo che era stato avviato il procedimento ex articolo 810 c.p.c., e difendendosi nel procedimento arbitrale senza eccepire l’incompetenza del collegio.

4. Nel controricorso al ricorso incidentale, l'(OMISSIS) ha eccepito l’inammissibilita’ dell’impugnazione avversaria, per essere carente dei requisiti di autosufficienza, chiarezza, unicita’ e completezza, chiedendone comunque il rigetto nel merito.

5. E’ infondata l’eccezione d’inammissibilita’ del ricorso principale per difetto di autosufficienza, riferito all’allegazione del momento in cui la ricorrente principale ha esercitato la facolta’ di deroga alla competenza arbitrale, tenuto conto che dalla lettura del ricorso, nel suo complesso, emerge reiterata indicazione del compimento di tale attivita’ e delle modalita’ con cui essa e’ stata manifestata (p. 2, 6 e 12 del ricorso principale per cassazione).

6. E’, invece, fondata l’eccezione di inammissibilita’ del ricorso per violazione dell’articolo 360 bis c.p.c..

6.1. Com’e’ noto, in tema di ricorso per cassazione per violazione o falsa applicazione di norme di diritto (sostanziali o processuali), il principio di specificita’ dei motivi, di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4), deve essere letto in correlazione al disposto dell’articolo 360 bis c.p.c., n. 1), essendo dunque inammissibile, per difetto di specificita’, il motivo di ricorso che, nel denunciare la violazione di norme di diritto, ometta di raffrontare la ratio decidendi della sentenza impugnata con la giurisprudenza della S.C. e, ove la prima risulti conforme alla seconda, ometta di fornire argomenti per mutare orientamento (Cass., Sez. 6-2, Ordinanza n. 5001 del 02/03/2018).

In tale ottica, non puo’ pertanto ritenersi sufficiente la mera dichiarazione, espressa nel motivo, di porsi in contrasto con la giurisprudenza di legittimita’, laddove non vengano individuate le decisioni e gli argomenti sui quali l’orientamento contestato si fonda (Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 28070 del 05/11/2018).

6.2. Nel caso di specie, parte ricorrente ha prospettato la questione interpretativa del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 47, cosi’ come sostituito dalla L. n. 741 del 1981, articolo 16, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 156 del 1996, discostandosi dalle soluzioni adottate da numerose pronunce di questa Corte (v. Cass., Sez. U., Sentenza n. 5200 del 25/05/1998, in sede di regolamento di giurisdizione, riqualificato come regolamento di competenza; nello stesso senso, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 11048 del 10/11/1997; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6243 del 23/06/1998; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6956 del 26/05/2000; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 1494 del 02/02/2001; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 10922 del 08/08/2001; per alcuni casi particolari, v. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22834 del 29/09/2017; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 1166 del 17/01/2013; Cass., Sez. U., Sentenza n. 10873 del 30/04/2008; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 10850 del 10/07/2003; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 5240 del 21/04/2000), che hanno affermato la reviviscenza del vecchio testo del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 47, a seguito della menzionata pronuncia della Corte costituzionale, senza neppure farne menzione.

Tale mancanza determina, dunque, l’inammissibilita’ del motivo.

7. Tale motivo e’ comunque infondato, sia pure nei termini che vengono di seguito evidenziati.

7.1. E’ incontestato tra le parti che, nella specie, l’articolo 21 del Capitolato speciale dell’appalto, allegato al contratto stipulato il 27/05/1991, preveda il deferimento al giudizio arbitrale di tutte le controversie tra l’Amministrazione appaltante e l’impresa che non si siano potute definire in via amministrativa ai sensi e nei modi previsti dal Capo VI del capitolato generale per l’appalto delle opere che si eseguono per conto del Ministero dei lavori pubblici.

7.2. Si deve, prima di tutto, tenere presente che, alla data dell’appalto, in virtu’ della L. n. 59 del 1961, articolo 32, comma 2, ai fini della per la gestione dei lavori di competenza dell'(OMISSIS), si applicavano le norme in vigore per l’Amministrazione dei lavori pubblici, tra cui, dunque, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962.

Il rinvio alla disciplina di tale Decreto del Presidente della Repubblica cit., contenuto nell’articolo 21 del Capitolato speciale d’appalto non esprimeva, dunque, la volonta’ dei contraenti, ma recepiva una previsione normativa comunque applicabile.

Non si e’ trattato, in sintesi, di una fattispecie in cui l’obbligatorieta’ dell’arbitrato e’ stata concordata con clausola compromissoria, perche’ non e’ la volonta’ dei contraenti a escludere la facolta’ di rivolgersi al giudice statale, ma la legge stessa.

7.3. Tra le norme in questa sede rilevanti del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, devono senza dubbio richiamarsi gli articoli 43, 46 e 47.

In particolare, l’articolo 43 Decreto del Presidente della Repubblica cit., nel testo originario ha previsto quanto segue:

“Salvo il disposto del successivo articolo 47, tutte le controversie tra l’Amministrazione e l’appaltatore, cosi’ durante l’esecuzione come al termine del contratto, quale che sia la loro natura tecnica, amministrativa o giuridica, che non si sono potute definire in via amministrativa a norma del precedente articolo 42, sono deferite, giusta gli articoli 806 c.p.c. e segg., e 349 della L. Lavori Pubblici 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F), al giudizio di cinque arbitri”.

Il successivo articolo 46, ha cosi’ stabilito:

“L’istanza per l’arbitrato deve essere notificata a mezzo di ufficiale giudiziario, nel termine di sessanta giorni da quello in cui fu notificato il provvedimento dell’Amministrazione che ha risolto la controversia in sede amministrativa ai sensi del precedente articolo 42. La notificazione deve essere fatta presso l’ufficio della Avvocatura generale dello Stato, ai sensi e per gli effetti del Testo Unico 30 ottobre 1933, n. 1611, articolo 11, modificato dalla L. 25 marzo 1958, n. 260”.

Infine, l’articolo 47, ha previsto:

“In deroga alle disposizioni degli articoli 43 e segg., la parte attrice ha facolta’ di escludere la competenza arbitrale, proponendo, entro il termine di cui all’articolo precedente, la domanda davanti al giudice competente a norma delle disposizioni del Codice di procedura civile e del Testo Unico 30 ottobre 1933, n. 1611. La parte convenuta nel giudizio arbitrale a sensi dell’articolo precedente, ha facolta’, a sua volta, di escludere la competenza arbitrale. A questo fine, entro trenta giorni dalla notifica della domanda di arbitrato, deve notificare la sua determinazione all’altra parte, la quale, ove intenda proseguire il giudizio, deve proporre domanda al giudice competente a norma del comma precedente. Nei casi di deroga alla competenza arbitrale, la decisione prevista dell’articolo 44, u.c., spetta al giudice competente”.

La L. n. 741 del 1981, articolo 16 (ulteriori norme per l’accelerazione delle procedure per l’esecuzione di opere pubbliche) ha sostituito il disposto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 47, con le seguenti previsioni:

“In deroga alle disposizioni degli articoli 43 e segg., la competenza arbitrale puo’ essere esclusa solo con apposita clausola inserita nel bando o invito di gara, oppure nel contratto in caso di trattativa privata. Quando sia esclusa la competenza arbitrale, la domanda e’ proposta, entro il termine di cui all’articolo precedente, davanti al giudice competente a norma delle disposizioni del codice di procedura civile e del Testo Unico 30 ottobre 1933, n. 1611, e successive modifiche.”

E’, poi, intervenuta la sentenza della Corte costituzionale n. 152 del 1996 (Corte Cost., sentenza n. 152 del 09/05/1996), che ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale della L. n. 741 del 1981, articolo 16, che ha sostituito il Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 47, nella parte in cui non stabilisce che la competenza arbitrale puo’ essere derogata anche con atto unilaterale di ciascuno dei contraenti.

Sono, poi, intervenute ulteriori disposizioni normative, che in questa sede non assumono rilievo.

7.4. Ai fini della decisione si deve, invece, tenere conto che, al momento in cui (OMISSIS) ha notificato la domanda di arbitrato (29/02/2008), era stata gia’ adottata la L. n. 741 del 1981, che aveva modificato il Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, richiamato articolo 47, ma era anche intervenuta la pronuncia della Corte costituzionale appena ricordata, la quale, dunque, spiegava i suoi effetti sul rapporto in corso.

La materia del contendere si incentra tutta sulla precisa individuazione di tali effetti e in particolare sulla configurabilita’ di una reviviscenza della disciplina previgente alle modifiche apportate dalla L. n. 741 del 1981, articolo 16, dichiarato costituzionalmente illegittimo.

7.5. Senza dubbio, in conseguenza della sentenza della Corte costituzionale, e’ tornata ad essere consentita la declinatoria della competenza arbitrale anche per volonta’ di una sola delle parti legate dal contratto di appalto.

Il giudice delle leggi ha, infatti, rilevato il contrasto della L. n. 741 del 1981, articolo 16, con gli articoli 24 e 102 Cost., in quanto, prevedendo che la competenza arbitrale potesse essere derogata esclusivamente per effetto di una clausola inserita nel bando o nell’invito di gara oppure contenuta nel contratto (in caso di trattativa privata), finiva col rendere obbligatorio l’arbitrato per il contraente diverso dalla P.A., in spregio al principio secondo cui solo a fronte della concorde e specifica volonta’ delle parti (liberamente formatasi) possono essere consentite deroghe alla giurisdizione statale.

Com’e’ noto, le sentenze additive (al pari di quelle sostitutive) presuppongo l’esistenza di un’unica soluzione idonea a rendere la norma incostituzionale compatibile con la Carta fondamentale. Si danno, tuttavia, ipotesi in cui l’accertamento dell’incostituzionalita’ si scontra con la necessita’ di rispettare la discrezionalita’ del legislatore ordinario nell’individuazione di una tra le possibili soluzioni idonee a rendere la norma compatibile con la Costituzione.

In tali ipotesi la Corte, a partire dalla seconda meta’ degli anni ottanta, dichiarata l’illegittimita’ costituzionale della disposizione oggetto del giudizio “nella parte in cui non”, indica il principio generale cui rifarsi nel riempire di contenuti la lacuna riscontrata.

In tal modo, la Corte instaura un dialogo, non solo con il legislatore, chiamato a colmare il difetto di normazione, ma anche con i giudici, sui quali ricade, nelle more dell’intervento legislativo, il compito di dar seguito, nella concretezza dei rapporti giuridici, al principio enunciato nella decisione di illegittimita’ costituzionale.

Nel caso di specie, la Corte ha consapevole lasciato in mano all’interprete e al legislatore il completamento della disciplina applicabile, perche’, dopo aver previsto la necessita’ di consentite la deroga alla competenza arbitrale anche per atto unilaterale, non ha specificato in che modo tale attivita’ possa essere compiuta, richiamando le scelte gia’ fatte e da fare dal legislatore.

Si legge infatti quanto segue: “… In effetti, va in primo luogo osservato che il silenzio serbato dalla pubblica amministrazione riguardo alla deroga alla competenza arbitrale – pur a fronte di un rinvio ricognitivo al Capitolato generale presente nel bando di gara – o l’inserimento di una clausola compromissoria nella proposta di appalto a trattativa privata, attribuiscono, di fatto, alla sola pubblica amministrazione la scelta in favore della competenza arbitrale, che la controparte, se vuole partecipare alla gara, e’ tenuta ad accettare. In altri termini, esigendosi l’accordo delle parti per derogare alla competenza arbitrale, si rimette pur sempre alla volonta’ della sola parte che non voglia tale accordo derogatorio, l’effetto di rendere l’arbitrato concretamente obbligatorio per l’altro soggetto che non l’aveva voluto. Sarebbe infatti sufficiente la mancata intesa sulla deroga della competenza arbitrale per vanificare l’apparente facoltativita’ bilaterale dell’opzione. L’arbitrato puo’ invece ritenersi non obbligatorio quando – come prevedeva l’originaria formulazione dell’articolo 47 – anche dopo l’aggiudicazione dell’appalto e fino alla nomina degli arbitri per la decisione sull’insorta controversia, sia consentita la facolta’, all’una o all’altra parte del rapporto, di scegliere ancora la competenza ordinaria. Risulta pertanto evidente il contrasto della norma impugnata con gli invocati parametri costituzionali in quanto questa, con il prevedere che la competenza arbitrale puo’ essere derogata solo con una clausola inserita nel bando o invito di gara oppure nel contratto nel caso di trattativa privata, finisce con il rendere obbligatorio l’arbitrato, in spregio al principio, piu’ volte ribadito, secondo cui solo a fronte della concorde e specifica volonta’ delle parti (liberamente formatasi) sono consentite deroghe alla regola della statualita’ della giurisdizione. Lo stesso legislatore, d’altronde, ha dimostrato recentemente di cercare giuste soluzioni al problema perche’, nel regolare ex novo la materia degli appalti pubblici (con la L. 11 febbraio 1994, n. 109), aveva previsto (all’articolo 32) che la competenza sulle controversie fosse attribuita al giudice ordinario, con esplicito divieto di deferire la controversia agli arbitri; successivamente, con il Decreto Legge 3 aprile 1995, n. 101, convertito in legge con la L. 2 giugno 1995, n. 216, articolo 1, comma 1, la competenza arbitrale e’ stata nuovamente introdotta, pero’ con il richiamo della disciplina contenuta al riguardo nel codice di procedura civile. La legislazione potrebbe ancora evolversi tenendo conto, oltre che del coordinamento con la legislazione comunitaria, del principio essenziale della effettiva libera volonta’ di ciascuna parte sulla scelta della competenza nei casi in cui il contratto sia predisposto dalla pubblica amministrazione”.

In tale quadro, si muove l’attivita’ interpretativa del giudice, nel ricostruire il sistema a seguito dell’intervento della Corte costituzionale, che, nella specie, in assenza di un intervento del legislatore non puo’ non tenere conto del fatto che la norma dichiarata costituzionalmente illegittima e’ una norma che ha abrogato una precedente disposizione normativa e, nel contempo, ha introdotto una nuova disciplina, sostituendosi a quella abrogata.

Numerosi sono i precedenti di questa Corte, che hanno affermato la reviviscenza del previgente Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, articolo 47, a seguito della menzionata sentenza della Corte costituzionale (v. Cass., Sez. U., Sentenza n. 5200 del 25/05/1998, in sede di regolamento di giurisdizione, riqualificato come regolamento di competenza; nello stesso senso, Cass., Sez. 1, Sentenza n. 11048 del 10/11/1997; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6243 del 23/06/1998; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6956 del 26/05/2000; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 1494 del 02/02/2001; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 10922 del 08/08/2001; per alcuni casi particolari, v. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 22834 del 29/09/2017; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 1166 del 17/01/2013; Cass., Sez. U., Sentenza n. 10873 del 30/04/2008; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 10850 del 10/07/2003; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 5240 del 21/04/2000).

Tale orientamento e’ condiviso da questo Collegio.

Non puo’ scindersi, infatti, il disposto dell’articolo 16 L. cit., distinguendo la parte che ha abrogato la vecchia disposizione da quella che ha introdotto la nuova disciplina, nella parte in cui e’ ritenuta costituzionalmente illegittima.

La disposizione in questione e’ una sola e si e’ sostituita alla norma previgente ma, ormai, senza effetto, perche’ e’ stata dichiarata incostituzionale.

La sostituzione, dunque, non opera piu’ e la nuova disposizione, oltre a non avere piu’ effetti in termini di disciplina, non puo’ piu’ sostituirsi alla disciplina previgente, nella parte in cui ha consentito solo all’accordo delle parti di derogare alla competenza arbitrale, perche’ la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale la disposizione proprio per la parte in cui non e’ consentito, come prevedeva il testo previgente della norma, la deroga con atto unilaterale.

Ne’ puo’ ritenersi, come pure sostenuto dalla ricorrente, che, nell’effettuale tale operazione interpretativa si debba tenere conto del fatto che la Corte costituzionale ha espressamente escluso la reviviscenza della disposizione previgente, risultando, invece il contrario, tenuto conto che, come sopra riportato, il previgente articolo 47 Decreto del Presidente della Repubblica cit., e’ richiamato come esempio di arbitrato non obbligatorio conforme alla Costituzione.

In sintesi, per effetto della pronuncia delle Corte costituzionale, deve ritenersi che, come gia’ previsto nella disciplina previgente, la parte attrice ha facolta’ di agire, anziche’ davanti agli arbitri, davanti al giudice ordinario nel termine indicato dall’articolo 46 Decreto del Presidente della Repubblica cit. e la parte convenuta puo’ chiedere, entro trenta giorni dalla notifica della domanda di arbitrato, che la controversia venga decisa dall’autorita’ giurisdizionale.

7.6. In conclusione, il motivo di ricorso principale risulta comunque infondato, dovendosi dare applicazione al principio secondo cui “in tema di appalto di opere pubbliche, l’obbligatoria devoluzione al giudizio arbitrale delle controversie insorte fra amministrazione appaltante e appaltatore, salva apposita clausola di esclusione inserita nel bando o nell’invito di gara oppure nel contratto (in caso di trattativa privata), secondo la testuale previsione della L. n. 741 del 1981, articolo 16 – che ha sostituito l’articolo 47 del capitolato generale approvato con Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962 – e’ venuta meno a seguito della declaratoria di illegittimita’ costituzionale del predetto articolo 16 L. cit., che ha comportato la reviviscenza dell’originario contenuto precettivo del menzionato articolo 47 Decreto del Presidente della Repubblica cit., il quale, pur in presenza del principio di normale devoluzione agli arbitri delle controversie in materia di lavori pubblici, fissato dal precedente articolo 43 stesso D.P.R., stabilisce una preferenza per il rimedio giurisdizionale, attribuendo alle parti la facolta’ di agire davanti al giudice ordinario anziche’ davanti agli arbitri, e consentendo al convenuto nel caso di promozione del giudizio arbitrale di chiedere entro il termine di trenta giorni dalla domanda di arbitrato la decisione della controversia da parte del giudice ordinario”.

8. Come sopra evidenziato, il motivo di ricorso incidentale contiene due censure.

8.1. E’ infondata la censura con la quale e’ prospettata la fonte negoziale della convenzione di arbitrato, con conseguente applicazione della disciplina richiamata dalle parti, e contenuta nel Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962, novellato articolo 47, nel testo precedente all’intervento della Corte costituzionale.

Si deve, infatti, tenere presente che, alla data dell’appalto, in applicazione della L. n. 59 del 1961, articolo 32, comma 2, alla gestione dei lavori di competenza dell'(OMISSIS), si applicavano le norme in vigore per l’Amministrazione dei lavori pubblici, tra cui, il Decreto del Presidente della Repubblica n. 1063 del 1962 (cosi’ Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6921 del 07/05/2003).

Il rinvio a quest’ultima disciplina, nella specie contenuto nell’articolo 21 del Capitolato speciale d’appalto, non esprime, dunque, una volonta’ negoziale delle parti, ma recepisce la normativa comunque applicabile.

Non si tratta, in sintesi, di una fattispecie in cui l’obbligatorieta’ dell’arbitrato e’ stata concordata dai contraenti, perche’ non stata la volonta’ delle parti ad escludere la facolta’ di rivolgersi al giudice statale, ma la legge.

Cio’ significa che alla convenzione, a prescindere dal richiamo, si applica la disciplina in tema di arbitrato vigente al momento dell’accorso, la quale puo’ essere influenzata da pronunce dichiarative della illegittimita’ costituzionale delle relative norme, ove interessino rapporti non definiti.

8.2. La seconda censura, riferita alla tenuta di un comportamento nel corso del procedimento ex articolo 810 c.p.c., e poi del giudizio arbitrale incompatibile con la conservazione della volonta’ di declinare la competenza del collegio degli arbitri, e’ inammissibile per due ordini di motivi.

In primo luogo, la parte ricorrente non ha specificamente illustrato di avere formulato questa stessa eccezione gia’ nel corso del procedimento arbitrale e in quello davanti alla Corte di appello, avendo solo dedotto di avere eccepito davanti a quest’ultimo l’intervenuta rinuncia della controparte, senza fornire ulteriori e circostanziate indicazioni.

In secondo luogo, si tratta di valutazioni che attengono al merito della vertenza, non consentite in questa sede.

9. In conclusione, il motivo di ricorso principale deve essere dichiarato inammissibile e quello di ricorso incidentale deve essere respinto.

10. Le spese devono essere compensate tra le parti in ragione della reciproca soccombenza.

11. In applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente e della resistente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte

dichiara inammissibile il ricorso principale;

rigetta il ricorso incidentale;

compensa le spese di lite tra le parti;

da’ atto che, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente e della resistente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione proposta, se dovuto.

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: aspetti generali del contratto di appalto

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.