in materia di corrispettivo dovuto per l’appalto privato, laddove il committente contesti l’entità del dovuto, la fattura emessa dall’appaltatore è utilizzabile come prova scritta ai soli fini della concessione del decreto ingiuntivo, ma non costituisce idonea prova dell’ammontare del credito nell’ordinario giudizio di cognizione che si apre con l’opposizione trattandosi di documento di natura fiscale proveniente dalla stessa parte, né costituisce idonea prova del credito dell’appaltatore la contabilità redatta dal direttore dei lavori, a meno che non risulti che essa sia stata portata a conoscenza del committente e che questi l’abbia accettata senza riserve, pur senza aver manifestato la sua accettazione con formule sacramentali, oppure che il direttore dei lavori per conto del committente abbia redatto la relativa contabilità come rappresentante del suo cliente e non come soggetto legato a costui da un contratto di prestazione d’opera professionale, che gli fa assumere la rappresentanza del committente limitatamente alla materia tecnica.

Tribunale|Torino|Sezione 1|Civile|Sentenza|4 aprile 2023| n. 1509

Data udienza 4 aprile 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO

Prima Sezione Civile

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Alberto La Manna ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 15965/2020 promossa da:

(…) e (…), con il patrocinio degli avv.ti (…); elettivamente domiciliati in piazza (…) presso il difensore avv. (…).

ATTORI

contro

(…) S.R.L., con il patrocinio degli avv.ti (…), elettivamente domiciliata presso gli indirizzi PEC (…) e (…) dei difensori avv.ti (…).

CONVENUTA

CONCLUSIONI

Parte attrice opponente

Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, disattesa ogni contraria eccezione, deduzione e domanda: I – In via principale e pregiudiziale, in rito:

– accertato il difetto di competenza per territorio, ai sensi dell’art. 637, comma 1, c.p.c., del Tribunale di Torino quale Giudice adito in sede monitoria, per essere competente il Tribunale di Pavia, dichiarare

nullo, annullare e/o revocare con la migliore formula il decreto ingiuntivo opposto, con ogni ulteriore e conseguente provvedimento di rito.

II – In via subordinata, nel merito, nel caso in cui fosse ritenuta la competenza territoriale del Giudice adito in sede monitoria e salvo gravame:

1) previo accertamento della carenza di prova e, comunque, infondatezza del credito azionato in via monitoria dalla ricorrente (…) S.r.l., per tutte le ragioni in fatto e in diritto dedotte dagli attori opponenti, accertare e dichiarare la totale insussistenza del credito stesso nei confronti dei signori (…) e (…), e dare atto che nulla è da questi dovuto a saldo;

2) per l’effetto, dichiarare nullo, annullare e/o revocare con la migliore formula il decreto ingiuntivo opposto e comunque respingere ogni domanda di adempimento e condanna di pagamento proposta da (…) S.r.l. nel giudizio di opposizione;

3) in via riconvenzionale, sempre subordinatamente alla eccezione preliminare di incompetenza del Giudice adito in sede monitoria e di conseguente nullità del decreto ingiuntivo: – previo accertamento della responsabilità contrattuale ed extracontrattuale della convenuta opposta (…) S.r.l. ai sensi degli artt.1667-1668 c.c., 1669 c.c., 1218 c.c. e 2043 c.c. per i difetti delle opere eseguite e per tutti gli ulteriori inadempimenti e fatti imputati e dedotti;

– previo conseguente accertamento della risoluzione del rapporto contrattuale d’appalto intercorso con i signori (…) e (…) ai sensi dell’art. 1668, comma 2, c.c. o di altra disposizione applicabile, e/o comunque previo accertamento del minore valore delle opere eseguite dall’appaltatrice (…) S.r.l., con proporzionale riduzione del corrispettivo anche ex art. 1668, comma 1, c.c. in ragion dei difetti e carenze delle opere;

– previo accertamento, in ogni caso, ai sensi degli artt.1667-1668 c.c., 1669 c.c., 1218 c.c. e 2043 c.c., del diritto dei signori (…) e (…) al risarcimento di tutti i danni patiti e patiendi cagionati dai difetti delle opere e dagli ulteriori inadempimenti e fatti dedotti, da liquidarsi nella misura risultante all’esito dell’istruttoria e dagli elementi acquisiti al giudizio anche con il concorso di valutazione equitativa ex artt. 1226 e 2056 c.c., con rivalutazione monetaria e interessi di legge;

– previo accertamento che l’importo di complessivi Euro 356.792,02 più Iva, per un totale di Euro 392.471,29, versato a titolo di anticipazione e di acconti a (…) S.r.l. dai signori (…) e (…) nel corso del rapporto inter partes in ragione del 50% ciascuno, estingue ed eccede il credito legittimamente maturato a titolo di corrispettivo dalla convenuta opposta, anche a seguito di compensazione atecnica o di compensazione giudiziale con le poste creditorie accertate a titolo di risarcimento o a diverso titolo in favore degli attori opponenti:

3.1) accertare e dichiarare che (…) S.r.l., oltre a non avere titolo per esigere alcun credito a saldo, è tenuta alla restituzione degli importi indebitamente percepiti, nella misura che si è già indicata, in base alle verifiche tecniche di parte dedotte, come non inferiore a Euro 71.385,59 più Iva 10%, ovvero nella diversa misura, anche minore, quantificabile all’esito dell’istruttoria, in base non solo alla CTU ma pure agli ulteriori elementi acquisiti al giudizio;

3.2) condannare pertanto (…) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento della complessiva somma che risulterà dovuta in favore dei signori (…) e (…), a titolo sia restitutorio che risarcitorio, in via solidale tra loro o pro quota per quanto di ragione, con rivalutazione monetaria e interessi di legge dal dovuto al saldo.

III – In ogni caso:

– dichiarare in via preliminare inammissibile la domanda di condanna proposta “in via subordinata riconvenzionale” da (…) S.r.l. con la comparsa di costituzione nel giudizio di opposizione per il pagamento dell’importo di Euro 172.223,76, oltre che in considerazione dell’eccezione pregiudiziale di nullità del decreto ingiuntivo per incompetenza, idonea a definire in rito il presente giudizio, comunque in quanto la domanda è nuova e diversa rispetto a quella fatta valere in sede monitoria;

– respingere comunque per infondatezza in fatto e in diritto tutte le domande della convenuta opposta che il Giudice dell’opposizione ritenesse ammissibili e suscettibili di cognizione nel merito.

IV – In ogni caso:

– condannare controparte alla rifusione di spese e compensi di causa, oltre a rimborso forfettario delle spese generali al 15% ex art. 2, D.M. n. 55/2014, Cpa e Iva di legge;

– porre a carico di controparte le spese di CTU, tanto del Consulente d’Ufficio che dell’ausiliario, e condannare altresì l’opposta a rifondere le spese di CTP in favore degli opponenti nella misura di Euro 6.868,00. (Euro 3.434,00 ciascuno) come da fatture che si depositano in allegato.

In via istruttoria: (omissis)

Per parte convenuta opposta

Voglia l’Ecc.mo Tribunale adito, previa ogni opportuna declaratoria del caso e di legge, ogni diversa e contraria istanza ed eccezione rigettata, in via preliminare, di merito, nonché istruttoria ed incidentale, in via pregiudiziale:

– rigettare l’avversaria eccezione di incompetenza per territorio, confermando la competenza dell’adito Tribunale di Torino;

in via preliminare:

– accogliere l’istanza ex art. 648 c.p.c. di esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo opposto, formulata dalla convenuta opposta, non essendo l’opposizione ex adverso proposta fondata su prova scritta, né di pronta soluzione;

nel merito, in via principale:

– confermare il decreto ingiuntivo n. 3723/2020 concesso in data 10 giugno 2020 dal Tribunale di Torino, in ogni sua parte, rigettando l’opposizione ex adverso proposta, dichiarando in ogni caso i signori (…) e (…) tenuti e quindi condannandoli, in via solidale fra loro, al pagamento nei confronti della conchiudente della somma di Euro 146.108,78 o di quell’altra somma che risulterà dovuta all’esito del giudizio, oltre agli interessi dalla mora fino al saldo effettivo;

nel merito, in via subordinata riconvenzionale:

– condannare gli opponenti alla corresponsione della somma complessiva di euro 172.223,76 od altra veriore, così come risultante all’esito del presente giudizio;

– in ogni caso, assolvere la conchiudente da tutte le domande avversarie; in via istruttoria: (omissis)

In ogni caso:

– con vittoria di spese e compensi della pregressa procedura monitoria e del presente giudizio, nonché successivi all’emananda sentenza, conseguenti ed accessori, oltre rimborso forfettario spese generali, C.P.A., I.V.A. come per legge e rimborso del contributo unificato corrisposto in sede monitoria. Salvis juribus.

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

Con atto di citazione ritualmente notificato (…) e (…) proponevano opposizione al decreto ingiuntivo n. 3723 del 2020 e convenivano in giudizio (…) srl riferendo di aver acquistato la proprietà di un complesso immobiliare a uso residenziale, con caratteristiche di pregio storico e architettonico, costituito da una villa di circa trenta vani complessivi e aree esterne situata in Scaldasole (PV), in forza di due susseguenti atti di compravendita rispettivamente del 6.10.2017 (acquirente (…)) e del 11.6.2018 (acquirente (…)); che il sig. (…) è un noto fotografo e acquistava l’immobile, oltre che per esercitarne il godimento, con la futura prospettiva di una messa a reddito, sia pure non professionale, di parti della villa quale location di eventi, come ricevimenti nuziali e cerimonie, e di ospitalità temporanee: ciò in relazione alle caratteristiche di immagine, di dotazione di ampie sale interne e stanze, di disponibilità di un grande giardino esterno; che, ai fini delle necessarie opere di ristrutturazione e riqualificazione edilizia, che interessavano in particolare le parti esterne, le facciate, i tetti ed alcune porzioni interne, gli attori stipulavano un contratto d’appalto, in qualità di committenti, con la convenuta (…) S.r.l. (scrittura privata datata 25.2.2019);

che tale contratto stabiliva un termine di 180 giorni quale tempo utile per l’ultimazione di tutti i lavori appaltati, e stimava in origine come “importo contrattuale’ complessivo la somma di Euro 587.810,00 più Iva 10%, “a corpo” (artt. 2 e 4 del contratto d’appalto);

che l’oggetto originario dei lavori era riportato e stimato in un computo metrico all’atto della stipula del contratto; che, tuttavia, in corso d’opera, l’ambito e l’oggetto dei lavori inizialmente previsti veniva consensualmente modificato, con soppressione di opere, da un lato, e con varianti (cd. 1A e 2A variante), dall’altro lato;

che sul piano economico il contratto (art. 9) prevedeva che, alla firma, i committenti versassero un’anticipazione pari al 15% del valore complessivo stimato inizialmente delle opere, e che in seguito venissero pagati acconti in ragione dell’avanzamento dei lavori da contabilizzarsi mensilmente;

che la progettazione e la direzione lavori, oltre alla direzione di cantiere, erano contrattualmente prerogative riservate in via esclusiva all’appaltatrice a propria cura e spese (cfr. art. 6, capi 5-6-9); che, a latere, gli attori affidavano autonomamente i lavori di realizzazione di una piscina esterna a un’altra impresa;

che alla stipula del contratto e successivamente in corso d’opera veniva via via richiesto dalla convenuta, a titolo di anticipazione e di acconto sul corrispettivo per lavorazioni contabilizzate, il versamento complessivo di Euro 356.792,02 più Iva 10%, per un totale di Euro 392.471,29, interamente e prontamente pagato dagli attori su presentazione di fatture;

che mano a mano che l’esecuzione dei lavori appaltati progrediva gli attori prendevano consapevolezza, anche ad una percezione non specialistica delle cose, di una serie di insufficienze realizzative – in particolare, denotavano l’incapacità dell’impresa (e dei suoi subappaltatori) di curare una ristrutturazione di quello standard, su un immobile di quelle caratteristiche;

che la situazione assumeva visibilità soprattutto nel mese di maggio 2019, motivo per cui dapprima gli attori invitavano invano la convenuta ad emendare taluni risultati;

che da maggio a luglio 2019 le maestranze in cantiere erano presenti solo sporadicamente, in una condizione di sostanziale abbandono dei lavori; che secondo gli attori il termine di ultimazione dei lavori di 180 giorni non avrebbe potuto rispettarsi, essendo preventivabili tempi notevolmente superiori;

che di fronte a tale situazione, nonché ulteriori criticità – come il farsi avanti di subappaltatori che reclamavano pagamenti non ricevuti dalla committente, nonostante i cospicui acconti versati dagli attori – questi ultimi nel luglio 2019 chiedevano tutela ad un legale;

che con comunicazione pec in data 31.07.2019, inviata anche al direttore dei lavori arch. (…), gli attori tramite il proprio difensore denunciavano i gravi inadempimenti, lamentando altresì il ritardo esecutivo, la carenza di S.A.L. realmente approvati in contraddittorio a giustificazione degli importi pagati dai medesimi, oltre alla mancata consegna della documentazione sia progettuale che amministrativa predisposta a cura della convenuta, intimando di conseguenza la risoluzione del contratto e invitando quindi la convenuta a rendere urgentemente libera da attrezzature e materiali l’area già interessata dal cantiere, da tempo in stato di abbandono;

che alla denuncia-diffida del 31.07.2019 rispondeva la società convenuta (non invece il D.L., per quanto di competenza) con comunicazione del 6.8.2019; che la convenuta respingeva ogni addebito e non dichiarava alcuna disponibilità allo sgombero dell’area, inviava inoltre in allegato una “contabilità relativa al 4° stato di avanzamento lavori”, quale preteso consuntivo finale, accludendo inoltre a corredo quattro fatture emesse ex novo in pari data – 6.08.2020 -, definite “fatture del 3° e del 4° SAL”, dunque fatte risalire a pretese lavorazioni non contabilizzate in maggio e in giugno, intestate per quote del 50% al sig. (…) ed alla sig.ra (…), per una somma totale reclamata a saldo di ben Euro 146.108,48 – le quali sono appunto le fatture azionate in sede monitoria, e secondo gli attori trattasi di fatturazione postuma di sapore ritorsivo, non supportata dalla realtà dei lavori, né da alcuna verifica/approvazione in contraddittorio di alcun 3° o 4° SAL); che la convenuta riceveva replica, con contestazione delle contabilizzazioni e delle fatture;

che gli attori demandavano una verifica tecnica completa ad uno studio di ingegneria e architettura;

che intanto la stagione “all’aperto” degli eventi, estivo-autunnale, del 2019 spirava senza che gli attori potessero sfruttarla, a causa dei lavori da rifare e completare; che la prima Relazione peritale dell’ing. (…) in data 19.2.2020 evidenziava il catalogo delle gravi problematiche – vizi, difformità, contabilizzazioni incongrue per lavori in realtà ineseguiti -, facendo acquisire agli attori la cognizione dei difetti nella loro natura e derivazione tecnica;

che, sulla scorta della Relazione acquisita, gli attori, tramite i propri difensori, inviano alla convenuta in data 24.2.2020 comunicazione pec di contestazione e denunzia dei vizi; che, a una prima stima, sul piano delle conclusioni contabili conseguenti all’accertamento, emergeva (anziché un’esposizione debitoria residua) una cospicua posizione a credito degli attori non inferiore a Euro 40.000,00 oltre al risarcimento dei danni da quantificare, pur con ampia riserva di integrazione delle verifiche; che tale stima si sarebbe tuttavia rivelata riduttiva, con l’emersione di ulteriori problematiche nel corso dei mesi successivi, come analizzato nella Relazione tecnica integrativa in data 11.09.2020;

che sul piano contabile la Relazione aggiornata accerta nell’importo di ben Euro 204.211,49 il totale delle deduzioni da operare sul consuntivo globale dell’appalto, con il risultato di una posizione a credito di oltre Euro 70.000,00 in favore degli attori, per l’eccedenza degli anticipi in fiducia versati all’impresa – con la precisazioni che tali deduzioni dipendono anche da lavorazioni poi rilevatasi non eseguite; che a fine 2019, confidando in una possibilità di definizione stragiudiziale della vertenza, gli attori, assistiti dai loro difensori e dai consulenti tecnici, si erano resi bensì disponibili a una riunione e a un sopralluogo congiunto presso l’edificio; che riunione e sopralluogo si tenevano in effetti a Scaldasole il 14.01.2020;

che vi partecipavano i titolari dell’impresa (…), signori (…), i loro tecnici ed il direttore dei lavori nominato da (…), arch. (…); che, nel corso del sopralluogo – essendo lo stato dei luoghi immutato rispetto ai lavori eseguiti dalla convenuta – venivano fatte constare in contraddittorio agli esponenti dell’impresa e al D.L. le problematiche;

che dopo il sopralluogo congiunto, la trasmissione della prima relazione e della denuncia, rimaneva l’intesa che gli esponenti dell’impresa avrebbero svolto eventuali controdeduzioni, anche nell’ottica di un estremo tentativo conciliativo; che, tuttavia, da febbraio 2020 la relazione e la denuncia non hanno ricevuto alcuna forma di contestazione, alcun barlume di confutazione tecnica da parte della convenuta;

che intanto si protraeva un’ulteriore situazione illegittima e fonte di danno, ossia che nonostante la cessazione del rapporto contrattuale a far data dal 31.07.2019 la convenuta si asteneva dallo sgomberare l’area già adibita a cantiere da alcune attrezzature – e in particolare da un grande silo-betoniera installato sul giardino della villa; con il risultato di mantenere una condizione di pericolo per persone e cose, e impedire la realizzazione dei programmati lavori di sistemazione del giardino, essenziale per l’organizzazione di eventi all’aperto; che gli attori si vedevano costretti a ricercare e individuare il referente competente della (…), società risultata nelle more proprietaria del silo abbandonato dalla convenuta, la quale riteneva doveroso attivarsi anche a scongiurare rischi, e procedeva in autonomia all’asporto in data 4.05.2020, dopo ben nove mesi di illecita occupazione dell’area;

che, complice, purtroppo, il fattore della nota emergenza epidemiologica e delle restrizioni normative subentrate a far tempo dal marzo 2020, gli attori vedevano ancora rinviata la possibilità di far eseguiti i lavori necessari per il rifacimento ed il completamento delle opere;

che dopo che per quattro mesi e mezzo gli odierni opponenti avevano atteso invano gli annunciati rilievi sulla Relazione del 19.02.2020 all’esito del sopralluogo congiunto, il difensore della convenuta con comunicazione del 30.06.2020 riprendeva contatto lamentando lo sgombero del silo e annunciando: “((…)) si vede costretta al recupero coattivo” del presunto credito (intanto il ricorso monitorio si rivelava già presentato il 27.05.2020);

che, la vicenda ha procurato e sta causando ingenti danni economici, sotto vari profili, agli attori – i quali, in particolare, derivano: dai maggiori costi che gli opponenti devono affrontare per rimediare ai difetti ed alle carenze esecutive e progettuali imputabili alla convenuta; dai maggiori oneri determinati dalla necessità di sostituire a proprie spese le figure professionali designate dalla convenuta; dalla protrazione dei tempi di restauro, che sta tuttora limitando la possibilità di normale godimento del bene; dal lucro cessante per l’impossibilità di messa a reddito del complesso che avrebbe dovuto ospitare eventi sin dal settembre 2019; dall’occupazione senza titolo di una porzione esterna; dalle spese di assistenza tecnica sostenute per le verifiche ed indagini peritali.

Per tutte queste ragioni, gli attori opponenti preliminarmente si opponevano alla concessione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto e, in via principale e pregiudiziale, chiedevano l’accertamento del difetto di competenza per territorio del Tribunale di Torino, quale giudice adito in sede monitoria, per essere competente il Tribunale di Pavia. Nel merito, domandavano la revoca e/o l’annullamento del decreto ingiuntivo opposto e la reiezione di tutte le domande avversarie. In via riconvenzionale subordinata domandavano di condannare la convenuta alla restituzione degli importi indebitamente percepiti nella misura non inferiore a Euro 71.385,59 più iva 10%, con riserva di più compiuta quantificazione anche all’esito dell’istruttoria.

Si costituiva (…) srl e contestava le pretese avversarie. In particolare, contestava la fondatezza dell’eccezione di nullità del decreto ingiuntivo per difetto di competenza territoriale del giudice adito in sede monitoria. Nel merito, eccepiva l’infondatezza delle ragioni ex adverso promosse dagli attori opponenti, affermando in particolare la piena validità probatoria della documentazione prodotta e contestando l’esistenza di gravi difetti, carenze progettuali ed esecutive e riferiva che le lavorazioni ineseguite sono effetto della comunicazione di risoluzione del contratto da parte degli attori. Affermava, infine, che il credito nei confronti degli attori ammonta a Euro 172.223,76.

Chiedeva, pertanto, in via preliminare, di accogliere l’istanza ex art. 648 cpc. Nel merito, in via principale, di confermare il decreto ingiuntivo opposto. Nel merito, in via subordinata riconvenzionale, di condannare gli opponenti alla corresponsione della somma complessiva di Euro 172.223,76 o altra veriore così come risultante all’esito del giudizio.

A scioglimento della riserva assunta all’udienza del 25.2.2021, il Giudice, ritenuto doversi riservare al merito la decisione sull’eccezione di incompetenza territoriale sollevata dagli attori opponenti, ritenuto che la documentazione posta a base delle contestazioni sollevate da parte opponente in relazione ai vizi e difetti denunciati e alle opere non eseguite sia tale da non consentire la concessione della richiesta provvisoria esecutività del decreto opposto, vista la richiesta delle parti, respingeva l’istanza di concessione della provvisoria esecutività del decreto opposto concedendo alle parti i termini ex art. 183 c. 6 cpc.

Con successiva ordinanza del 20.9.2021, il Giudice, respingeva i capi di prova dedotti da parte opponente in memoria 4.6.2021 in quanto irrilevanti alla luce della documentazione in atti e valutativi nonché quelli dedotti da parte convenuta in memoria 7.6.2021 in quanto irrilevanti e disponeva CTU nominando l’arch. (…) ponendo il seguente quesito: “Il CTU, esaminati gli atti di causa, eseguiti tutti gli accertamenti necessari e acquisita la documentazione prodotta dalle parti con autorizzazione ad acquisire altresì la necessaria documentazione presso i pubblici uffici; – descriva lo stato dei luoghi e le opere oggetto del contratto intervenuto tra le parti; – dica quali opere, tra quelle preventivate, sono state poste in essere dall’impresa (…) srl; – dica se le opere sono state eseguite conformemente al progetto, se sono state eseguite a regola d’arte e se sussistono i vizi e i difetti complessivamente lamentati dalla parte opponente, indicandone specificamente le cause; – determini l’ammontare del danno lamentato dagli attori in relazione ai costi necessari per l’eliminazione dei vizi e difetti eventualmente riscontrati; – determini, quindi, il valore delle opere complessivamente eseguite e l’ammontare dell’eventuale residuo credito in capo all’impresa; -fornisca ogni altro elemento utile alla determinazione dei rapporti dare/avere tra le parti; – tenti la conciliazione della lite”.

In data 21.10.2022 il consulente tecnico d’ufficio depositava telematicamente la consulenza e con decreto del 24.10.2022 il Giudice provvedeva alla liquidazione ponendo provvisoriamente il pagamento a carico delle parti in via solidale.

All’udienza del 9.11.2022, il Giudice, ritenuto doversi riservare al merito le osservazioni alla CTU formulate dalle parti non essendo ad oggi necessaria una convocazione del CTU a chiarimenti alla luce del contenuto dell’elaborato peritale anche in relazione alle risposte già formulate dallo stesso CTU alle osservazioni dei CTP, fissava udienza di precisazione conclusioni.

All’udienza del 21.12.2022, il Giudice tratteneva la causa a decisione assegnando alle parti il termine ex art. 190 cpc.

L’opposizione risulta parzialmente fondata, pertanto va accolta nei limiti e per le ragioni di cui alla motivazione della presente sentenza.

In primo luogo, è opportuno rilevare fin da subito che l’eccezione di incompetenza del giudice monitorio non può essere accolta. Come rilevato dagli attori, infatti, nel ricorso monitorio parte convenuta aveva dedotto che “l’adito Tribunale di Torino è competente per territorio in virtù del combinato disposto degli artt. 1182, comma 3°, c.c. e 20 c.p.c.”. Gli attori opponenti hanno tuttavia eccepito la loro qualità di “consumatori”, attribuendo invece a parte convenuta quella di “professionista”, con conseguente applicazione del Codice del consumo e in particolare dell’art. 33 sul foro esclusivo inderogabile del consumatore (il quale per l’appunto coincide con il luogo di residenza che i convenuti avevano al tempo della proposizione della domanda monitoria, ossia Garlasco (PV), foro di Pavia). In particolare, hanno specificato che la qualità di soggetto professionale della convenuta (…) srl (impresa commerciale in forma societaria) e l’ascrivibilità del contratto d’appalto alla propria attività di impresa è pacifica e che, per contro, gli stessi attori hanno stipulato il contratto in veste di privati proprietari, agendo al di fuori di qualsiasi attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale, che essi non esercitano (cfr. art. 3 Codice).

Inoltre, gli attori opponenti hanno eccepito che contrariamente a quanto indicato nel ricorso, il luogo di adempimento dell’obbligazione pecuniaria andrebbe identificato nel domicilio degli attori opponenti, ai sensi del quarto comma dell’art. 1182, non essendo applicabile la previsione del terzo comma della disposizione, poiché si tratta di obbligazione illiquida (tale domicilio era ed è pacificamente in Garlasco). Infine, sempre ai sensi dell’all’art. 20 c.p.c., il luogo in cui sarebbe sorta l’obbligazione dedotta in giudizio conduce parimenti al foro di Pavia, in quanto la scrittura privata per mezzo della quale è stato stipulato il contratto fu sottoscritta presso l’abitazione dei committenti in Garlasco (PV), via (…), dalle parti firmatarie ivi appositamente riunitesi (a pochi chilometri dall’edificio da ristrutturare), a nulla rilevando che la scrittura riporti graficamente in calce la parola “Torino” accanto alla data (luogo di predisposizione materiale del testo stampato, proveniente dagli uffici torinesi della società).

Sul punto è bene precisare che la Suprema Corte di Cassazione ha affermato il principio di diritto secondo il quale: “ai fini dell’assunzione della veste di consumatore l’elemento significativo non è il ‘non possesso’, da parte della ‘persona fisica’ che ha contratto con un’operatore commerciale’, della qualifica ‘imprenditore commerciale ‘, bensì lo scopo (obiettivato o obiettivato), avuto di mira dall’agente nel momento in cui ha concluso il contratto, con la conseguenza che la stessa persona fisica svolgente attività imprenditoriale o professionale deve considerarsi ‘consumatore’ quando conclude un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all’esercizio di dette attività.” (Cass., 10/03/2021 n. 6578).

Ciò posto, sulla base dei principi suesposti, dal tenore degli atti e dalla narrativa della stessa parte attrice (in particolare, v. p. 2 atto di citazione) risulta che lo scopo avuto di mira dagli attori opponenti nel momento in cui hanno concluso il contratto è stato anche quello di mettere a reddito tutto o parte del complesso immobiliare oggetto della ristrutturazione come location di eventi.

Ancora, l’ulteriore eccezione sollevata risulta infondata, stante l’applicabilità del terzo comma dell’art. 1182 cc. (e non del comma quarto, come eccepito dagli attori opponenti).

Infatti, come rilevato dagli attori opponenti, la giurisprudenza di legittimità è pacifica nel ritenere che le obbligazioni pecuniarie da adempiersi al domicilio del creditore, secondo il disposto dell’art. 1182, terzo comma, c.c., sono – agli effetti della determinazione del forum destinatae solutionis ai sensi dell’art. 20, ultima parte, c.p.c. – esclusivamente quelle liquide, delle quali, cioè, il titolo determini l’ammontare, oppure indichi i criteri per determinarlo senza lasciare alcun margine di scelta discrezionale.

Infatti, la convenuta ha prodotto in sede monitoria il contratto d’appalto, in cui all’art. 2 è stato pattuito “l’importo definitivo contrattuale”. In particolare, pertanto, si rileva che l’ammontare del credito vantato trova titolo nel contratto di appalto prodotto dalla Società in sede monitoria, dal momento che la quantificazione è il frutto di calcoli aritmetici effettuati in base a criteri prestabiliti in contratto, essendo le varianti quantificate anche sulla base di importi desumibili dal capitolato allegato al contratto e sottoscritto dagli odierni attori in opposizione. Per tali ragioni, il credito deve considerarsi liquido con conseguente applicazione dell’art. 1182 c. 3 cc (cd. debito portable) e dell’art. 20 cpc in merito al forum executionis come foro facoltativo delle obbligazioni.

Pertanto, tenuto conto delle argomentazioni svolte, non può trovare accoglimento l’eccezione di incompetenza territoriale del giudice monitorio.

Passando all’analisi del merito, si rileva che gli attori opponenti hanno chiesto di rilevarsi la totale insussistenza del credito e della domanda proposta dalla convenuta opposta in ragione del difetto di efficacia probatoria delle fatture azionate e della documentazione di formazione unilaterale proveniente dalla convenuta nonché per i gravi difetti, difformità, carenze progettuali ed esecutive (le lavorazioni contabilizzate nel consuntivo dell’impresa risultano ineseguite, anche alla luce delle contestazioni e delle denunce già fatte valere in sede stragiudiziale), nonché per il mancato adempimento dell’onere della prova gravante sull’appaltatore che ha agito per il pagamento ai sensi dell’art. 1218 cc. Inoltre, gli attori hanno chiesto di accertare la responsabilità contrattuale ed extracontrattuale della convenuta ex art. 1667, 1668, 1669, 1218 e 2043 cc con conseguente accertamento di minor valore e/o riduzione del corrispettivo e risarcimento danni.

Infine, hanno rilevato che l’impostazione concettuale della perizia e della relazione di CTU sono corrette e condivisibili nell’impianto, precisando che la CTU ha avvalorato glia addebiti tecnici già messi a fuoco dal perito di parte ing. (…) e osteggiati da parte convenuta, nonché già denunciata anteriormente alla causa in oggetto, osservando tuttavia che il CTU non ha fornito risposta alle osservazioni del CTP circa i costi ancora da sostenere dagli attori opponenti per “Attività professionali e tecniche per progettazione, direzione lavori, coordinamento sicurezza riguardanti le opere in sanatoria tettoia 3 e apertura nuove porte’ e per “Sanzioni + diritti’, nonché per “Attività professionali e tecniche per progettazione, direzione lavori, coordinamento sicurezza riguardanti le opere in sanatoria relative alla demolizione con ricostruzione del nuovo muro di cinta non conforme alla normativa vigente’.

Chiedevano, pertanto, al giudice di emendare tale incongruenza logica dell’elaborato. Hanno inoltre riferito, anche considerato di avere diritto ad essere risarciti per ulteriori e autonome voci di danno in relazione a fatti e profili esulanti dai temi che sono stati oggetto di CTU, ossia, in particolare: i danni derivanti dalla limitata fruibilità dell’immobile protrattasi a causa dei vizi costruttivi e progettuali (nella duplice dimensione del godimento personale diretto e della mancata possibilità di messa a reddito di porzioni – godimento indiretto); i danni causati dal mancato sgombero dell’area di cantiere da attrezzature e materiali e, in particolare, di un silo-betoniera verticale che ha occupato abusivamente una porzione del giardino; i danneggiamenti materiali provocati dall’impresa durante l’esecuzione di lavori a parti dell’immobile e a beni di corredo; il pregiudizio economico delle spese che gli opponenti sono stati costretti a sostenere per le verifiche tecniche e le perizie stragiudiziali necessitate dai vizi (necessitate anche per individuare gli interventi rimediali più urgenti, al fine di sanare i problemi strutturali).

Dal canto suo, parte convenuta opposta ha riferito che il consulente tecnico d’ufficio non ha replicato esaustivamente e motivatamente alle osservazioni formulate dal suo consulente tecnico, dal momento che non ha esplicitato il criterio tecnico per l’esatta valutazione delle opere oggetto di causa. In particolare, la risposta del CTU ai quesiti: “dica se le opere sono state eseguite conformemente al progetto, se sono state eseguite a regola d’arte e se sussistono i vizi e i difetti complessivamente lamentati dalla parte opponente, indicandone specificamente le cause’ e “determini, quindi, il valore delle opere complessivamente eseguite e l’ammontare dell’eventuale residuo credito in capo all’impresa”; appare fondata su un errore metodologico, in quanto il CTU individua il valore delle opere detraendo valori fra loro non omogenei. Per tali ragioni, parte convenuta ha chiesto al Tribunale di convocare il CTU a chiarimenti nel contraddittorio dei consulenti delle parti affinché egli riveda il totale dei costi sulla base delle osservazioni e suddivida le quantificazioni in base alle separate responsabilità professionali (Progettista e Direttore dei Lavori) da un lato, ed esecutive (Impresa Appaltatrice), dall’altro, nonché in modo che chiarisca e rettifichi la sua relazione.

Ciò posto, è opportuno preliminarmente richiamare i principi espressi dalla Suprema Corte secondo i quali “in materia di corrispettivo dovuto per l’appalto privato, laddove il committente contesti l’entità del dovuto, la fattura emessa dall’appaltatore è utilizzabile come prova scritta ai soli fini della concessione del decreto ingiuntivo, ma non costituisce idonea prova dell’ammontare del credito nell’ordinario giudizio di cognizione che si apre con l’opposizione trattandosi di documento di natura fiscale proveniente dalla stessa parte, né costituisce idonea prova del credito dell’appaltatore la contabilità redatta dal direttore dei lavori, a meno che non risulti che essa sia stata portata a conoscenza del committente e che questi l’abbia accettata senza riserve, pur senza aver manifestato la sua accettazione con formule sacramentali, oppure che il direttore dei lavori per conto del committente abbia redatto la relativa contabilità come rappresentante del suo cliente e non come soggetto legato a costui da un contratto di prestazione d’opera professionale, che gli fa assumere la rappresentanza del committente limitatamente alla materia tecnica” (già Cass. n. 10860 del 11/05/2007) ed ancora più di recente “la fattura commerciale ha non soltanto efficacia probatoria nei confronti dell’emittente, che vi indica la prestazione e l’importo del prezzo, ma può costituire piena prova nei confronRGenfam$P$52 parti dell’esistenza di un corrispondente contratto allorché risulti accettata dal contraente destinatario della prestazione che ne è oggetto” (Cass. n. 26801 del 21/10/2019).

Nel caso di specie, non vi è dubbio che l’impresa appaltatrice abbia fornito adeguata prova della fonte contrattuale del proprio diritto al pagamento del saldo del corrispettivo di cui al contratto di appalto stipulato in data 25.02.2019.

Sul punto, si rileva che il decreto ingiuntivo opposto è stato ottenuto dall’impresa appaltatrice sulla base delle fatture commerciali nn. 16, 17, 18 e 19 datate 06.08.2019 (cfr. doc. nn. 2, 3, 4 e 5 e fascicolo monitorio).

Dagli atti del presente giudizio non vi è prova dell’accettazione di tali fatture da parte dei committenti bensì si rileva la contestazione delle stesse da parte dei committenti opponenti (cfr. doc. 26 parti attrici opponenti) a cui seguiva la prima Relazione peritale dell’Ing. (…) (cfr. doc. 27 parte attrici opponenti), nella quale si evidenziavano ed elencavano le gravi problematiche, i vizi, le difformità e le contabilizzazioni incongrue per i lavori in realtà ineseguiti, comunicata con pec del 24.02.2020 (cfr. doc. 33 parte attrici opponenti). Pertanto, per gli attori opponenti emergeva una propria posizione a credito anziché un’esposizione debitoria residua oltre al risarcimento dei danni da quantificare.

Ciò ha appunto indotto ad utilizzare la consulenza tecnica d’ufficio, per una verifica dello stato dei luoghi, delle opere oggetto del contratto intervenuto tra le parti e per una determinazione dei rapporti dare/avere tra le parti.

Sul punto, il consulente tecnico d’ufficio, effettuando sopralluoghi presso l’immobile e dall’analisi della documentazione presente in atti, sentiti i consulenti di parte, tentando una soluzione transattiva tra le stesse, ha verificato quali opere, tra quelle preventivate, sono state realizzate dall’impresa appaltatrice e se le stesse sono state eseguite conformemente al progetto, eseguite a regola d’arte, se affette dai vizi e difetti complessivamente lamentati dagli attori opponenti, indicandone specificamente le cause. Ancora, il consulente tecnico d’ufficio ha quantificato l’ammontare del danno lamentato dagli attori opponenti in relazione ai costi necessari per l’eliminazione dei vizi e difetti eventualmente riscontrati, il valore delle opere complessivamente eseguite e l’ammontare dell’eventuale residuo credito in capo all’impresa appaltatrice.

Il consulente tecnico d’ufficio ha provveduto a quantificare i costi di ripristino/eliminazione dei vizi e difetti rilevati durante le operazioni peritali utilizzando il prezzario regionale opere edili vigente, Regione Lombardia luglio 2022, o eventuali detrazioni di spesa sulla base delle quantità e dei prezzi contrattualmente pattuiti, cosicché “Sulla scorta delle valutazioni tecniche sopra riportate, si rileva che i costi per l’eliminazione dei vizi e difetti riscontrati ammonta complessivamente ad Euro. 80.687,22 Euro. 80.647,84 oltre IVA e spese tecniche per complessivi Euro. 9.500,00 Euro. 11.000,00 oltre IVA ed accessorie, oltre oneri sanzionatori e diritti vari qui valutati in via prudenziale in circa Euro. 1.500,00 minimo (da valutarsi comunque in dettaglio a seconda del tipo di iter in sanatoria prescelto).” (cfr. pg. 83 CTU). Successivamente il consulente tecnico d’ufficio riportava il conteggio del valore delle opere eseguite dall’impresa appaltatrice detratti i costi necessari all’eliminazione dei vizi riscontrati, cosicché “…emerge che il valore delle opere complessivamente eseguite dall’impresa (…) (detratti i costi per l’eliminazione dei vizi riscontrati) ammonta ad Euro. 383.063,89 + IVA. Dall’esame degli atti risultano corrisposti a favore di (…) da parte dei signori (…), (…) somme per complessivi Euro. 356.792,02 + IVA. Sulla scorta dei conteggi effettuati resta un saldo a favore dell’impresa esecutrice di complessivi Euro. 26.271,87 + IVA” (cfr. pg. 101 CTU).

Per di più, si ritiene che il CTU nominato abbia dato accurata risposta sul piano tecnico alle osservazioni formulate dai consulenti tecnici di parte (cfr. CTU pagg. da 105 a 116), attenendosi peraltro al quesito affidatogli ed utilizzando la documentazione presente in atti.

Ciò posto e alla luce delle considerazioni conclusive di cui alla CTU, l’opposizione è parzialmente fondata e deve trovare accoglimento nei termini e con i limiti di cui sopra.

Per quanto poi attiene le ulteriori voci di danno lamentate dalla parte opponente, si rileva che le stesse non risultano fornite di sufficiente prova con particolare riferimento al danno per mancato godimento ordinario o indiretto non essendo documentazione atta a dimostrare l’avvenuto sostenimento di spese conseguenti la mancata disponibilità dell’immobile né il fatto che vi fossero effettive e concrete possibilità di una locazione delle stesso a terzi sì che possa parlarsi della perdita di una concreta possibilità di guadagno e non meramente eventuale. Né risultano forniti elementi di prova relative alle ulteriori voci di danno lamentate e, con riferimento, alle richieste relative agli importi spesi per le consulenze stragiudiziali non si ritiene di accollarli alla controparte essendo risultato comunque un inadempimento anche da parte degli opponenti.

Le spese sono poste a carico dell’opponente in relazione all’importo entro cui la domanda dell’opposta è risultata fondata.

La CTU è posta per il 70% a carico di parte convenuta e per il 30% a carico di parte attrice in ragione della misura entro cui è risultata fondata la domanda inizialmente proposta.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

Revoca il Decreto Ingiuntivo opposto n. 3723/2020.

Condanna parti attrici opponenti al pagamento in favore di parte convenuta opposta della somma di Euro 26.271,87 + IVA oltre interessi di legge dalla domanda al saldo.

Condanna parte opponente al pagamento, in favore della parte opposta delle spese di lite che si liquidano nell’intero in Euro 7.616,00 (di cui Euro 1.701,00 per fase studio, Euro 1.204,00 per fase introduttiva, Euro 1.806,00 per fase istruttoria, Euro 2.905,00 per fase decisionale), oltre i.v.a., c.p.a. e 15,00 % per spese generali.

Spese di CTU per il 70% a carico di parte convenuta opposta e per il 30% a carico di parte attrice opponente.

Torino, 4 aprile 2023

Depositata in Cancelleria il 4 aprile 2023.

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di appalto, con particolare rifeferimento alla natura agli effetti ed all’esecuzione si consiglia il seguente articolo: aspetti generali del contratto di appalto

 

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.