Indice dei contenuti

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 19 aprile 2018, n. 9640

l’articolo 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilita’ che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicche’ incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosita’ o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima; il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, e’ connotato da imprevedibilita’ ed inevitabilita’, da intendersi pero’ da un punto di vista oggettivo e della regolarita’ causale (o della causalita’ adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode: quando e’ rappresentato dalla condotta del danneggiato, e’ connotato dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento e non occorre che essa sia eccezionale o imprevedibile; a tal fine, deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarieta’ espresso dall’articolo 2 Cost.

 

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 19 aprile 2018, n. 9640

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – rel. Consigliere

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6256/2015 proposto da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

COMUNE DI TERNI, in persona del suo Sindaco Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 593/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 16/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/01/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLA DI FLORIO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. VITIELLO Mauro, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata, senza rinvio.

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che:

(OMISSIS) evoco’ in giudizio il Comune di Terni chiedendo che, in qualita’ di custode di un parco locale, fosse condannato al risarcimento dei danni da lui subiti a seguito di una caduta a terra verificatasi mentre praticava la corsa sportiva all’interno dell’area verde ed era inciampato su un irrigatore non funzionante, reso invisibile dall’erba.

Il Tribunale respinse la domanda.

La Corte d’Appello di Perugia ha rigettato l’impugnazione.

Il ricorso all’odierno esame e’ affidato a due motivi.

Il Comune di Terni si e’ difeso con controricorso e memorie ex articolo 380 bis c.p.c..

Il Procuratore Generale ha presentato conclusioni scritte.

Il Collegio ha deliberato che la motivazione sia redatta in forma semplificata.

Considerato che:

Con il primo motivo, il ricorrente deducendo, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 113 c.p.c., e articolo 2051 c.c., lamenta che la Corte perugina, mal interpretando le norme richiamate, aveva escluso la colpa dell’ente locale in totale assenza della prova del caso fortuito da ascrivere alla sua condotta: assume che attraverso le prove raccolte era stato dimostrato che l’irrigatore sul quale era inciampato non era visibile perche’ non in funzione, rimasto nascosto dall’erba malgrado fosse fori della sua sede,non segnalato e, soprattutto,che non sussisteva alcun divieto di praticare la corsa sul prato.

Con il secondo motivo, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, si duole dell’omesso esame di fatti decisivi per l’affermazione della responsabilita’ del Comune, e cioe’ la destinazione del prato e la posizione dell’irrigatore, fuori dell’alloggiamento, nonche’ quella in cui egli si trovava al momento dell’incidente.

I motivi devono essere esaminati congiuntamente in quanto sono strettamente connessi.

Entrambe le censure sono fondate.

Deve premettersi che questa Corte ha affermato, con orientamento ormai consolidato, che l’articolo 2051, esonera il danneggiato di provare il nesso causale tra la cosa in custodia e danno, ossia di dimostrare che l’evento si e’ prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva, posseduta dalla cosa, mentre resta a carico del custode, offrire la prova contraria alla presunzione “iuris tantum” della sua responsabilita’, mediante la dimostrazione positiva del caso fortuito, cioe’ del fatto estraneo alla sua sfera di custodia, avente impulso causale autonomo, idoneo ad escluderla; ed e’ stato altresi’ affermato, con gli orientamenti piu’ recenti volti a ricostruire la fattispecie in esame, che “il caso fortuito puo’ essere integrato dalla stessa condotta del danneggiato (che abbia usato un bene senza la normale diligenza o con affidamento soggettivo anomalo) quando essa si sovrapponga alla cosa al punto da farla recedere a mera occasione o teatro della vicenda produttiva di danno, assumendo efficacia causale autonoma e sufficiente per la determinazione dell’evento lesivo, cosi’ da escludere qualunque rilevanza alla situazione preesistente”. (cfr. Cass. 2478/2018; Cass. 2481/2018; Cass. 2480/2018; Cass. 2482/2018).

Nel caso in esame, la sentenza impugnata, da un lato, ha dato incongruamente rilievo alla condotta del custode, per escluderne la colpa e la responsabilita’ (pag. 3 sentenza:”in un prato di un parco le attivita’ che non si possono compiere sono molteplici e sarebbe assurdo onerare l’ente gestore di elencare cio’ che non si puo’ fare in un prato e cio’ che non si deve”)e, d’altro canto,ha omesso di valutare un fatto decisivo e cioe’ la destinazione del prato, se non alla corsa, almeno ad essere calpestato; tale circostanza e’, infatti, decisiva ai fini della possibilita’ di configurare o meno la condotta dell’attore quale causa autonoma ed adeguata dell’evento.

La sentenza deve essere cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione che, nel riesaminare la controversia, dovra’ attenersi ai seguenti principi di diritto:

“l’articolo 2051 c.c., nel qualificare responsabile chi ha in custodia la cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione della responsabilita’ che prescinde da qualunque connotato di colpa, sicche’ incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosita’ o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima; il caso fortuito, rappresentato da fatto naturale o del terzo, e’ connotato da imprevedibilita’ ed inevitabilita’, da intendersi pero’ da un punto di vista oggettivo e della regolarita’ causale (o della causalita’ adeguata), senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode: quando e’ rappresentato dalla condotta del danneggiato, e’ connotato dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento e non occorre che essa sia eccezionale o imprevedibile; a tal fine, deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole cautela riconducibile al principio di solidarieta’ espresso dall’articolo 2 Cost.”.

La Corte territoriale provvedera’ anche in ordine alle spese del giudizio di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia per un nuovo esame della controversia alla Corte d’Appello di Perugia in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimita’.

Per ulteriore giurisprudenza in merito alla responsabilità da cose in custiodia si segnalano le seguenti sentenze:

Cassazione n. 10938/2018

Cassazione n. 7926/2018Cassazione n. 10154/2018Cassazione n. 7527/2018

Cassazione n. 8393/2018Cassazione n. 4495/2018Cassazione n. 6703/2018

Cassazione n. 6141/2018Cassazione n. 6034/2018Cassazione n. 5957/2018 

Cassazione n. 3305/2018Cassazione n. 2478/2018Cassazione n. 2477/2018

Cassazione n. 2479/2018Cassazione n. 2481/2018  Cassazione n. 1561/2018

Cassazione n. 2480/2018Cassazione n. 861/2018Cassazione n. 1064/2018

Cassazione n. 2483/2018Cassazione n. 2482/2018Cassazione n. 1257/2018

Cassazione n. 29891/2017Cassazione n. 22839/2017Cassazione n. 25856/2017

Cassazione n. 25837/2017Cassazione n. 22419/2017Cassazione n. 18954/2017

Cassazione n. 18856/2017Cassazione n. 12027/2018 Cassazione n. 11785/2017

Cassazione n. 11526/2017Cassazione n. 11225/2017Cassazione n. 10916/2017

Cassazione n. 10520/2017Cassazione n. 7805/2017Cassazione n. 13262/2016

Cassazione n. 18317/2015Cassazione n. 999/2014

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.