L’art. 2054, comma 2, c.c. prevede una presunzione di responsabilità di entrambi i conducenti dei veicoli coinvolti in un incidente e trova applicazione anche nel caso in cui vengano a collisione un’autovettura e una bicicletta, in quanto nella categoria dei veicoli sono compresi i velocipedi stessi.

 

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Tribunale Rovigo, civile Sentenza 16 luglio 2018, n. 489

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROVIGO

SEZIONE CIVILE

In composizione monocratica, nella persona del Giudice, dott. Barbara Vicario ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta nel ruolo generale affari contenziosi sotto il numero d’ordine 583 dell’anno 2010

TRA

Mu.Ir. e Mu.Ma., elettivamente domiciliate alla via (…) in Rovigo presso lo studio dell’Avv. Ro.Bu., rappresentate e difese dall’Avv. En.Mi. del Foro di Torino e dall’Avv. Ro.Bu. del Foro di Rovigo, come da mandato a margine dell’atto introduttivo del giudizio;

attori

CONTRO

Un. S.p.A. in persona dei lrpt, e Fe.Li., elettivamente domiciliate alla Via (…) in Badia Polesine presso lo studio dell’Avv. Vi.Du., dal quale sono rappresentate e difese, come da mandato in calce ai rispettivi atti di citazione;

convenute

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente la presente sentenza viene redatta applicando gli artt. 132 c.p.c. e 118 c.p.c. nel testo novellato con L. 18 giugno 2009, n. 69, entrata in vigore il 04.07.2009; tali disposizioni sono immediatamente applicabili anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data per cui il giudice nel motivare concisamente la sentenza secondo i dettami di cui all’art. 118 disp. att. non è affatto tenuto ad esaminare specificamente ed analiticamente tutte le questioni sollevate dalle parti, ben potendosi egli limitare alla sola trattazione delle questioni – di fatto e di diritto – “rilevanti ai fini della decisione” concretamente adottata e che in effetti, le restanti questioni non trattate non andranno necessariamente ritenute come “omesse” (per effetto dell’error in procedendo) ben potendo esse risultare semplicemente assorbite (ovvero superate) per incompatibilità logico giuridica con quanto concretamente ritenuto provato dal giudicante.

Con atto di citazione depositato il 13 marzo 2010 Mu.Ir. e Mu.Ma. convenivano in giudizio Fe.Li. e la società Un. s.p.a..

Le attrici esponevano che in data 28 marzo 2008 il proprio congiunto Mu.Ad., mentre con la propria bicicletta attraversava l’incrocio regolato da semaforo lampeggiante giallo tra Via (…) e Via (…) nel Comune di Lendinara, veniva investito dall’auto targata (…) condotta da Fe.Li. e gettato a terra. Veniva poi trasportato presso il nosocomio di Rovigo ed ivi ricoverato con la diagnosi di trauma cranico commotivo. Successivamente era trasferito nella cura “(…)”, presso la quale decedeva in data 23 aprile 2008. In sede penale il gup dichiarava il non luogo a procedere “perché il fatto non costituisce reato”.

Le odierne attrici invocando la regola della presunzione di colpevolezza di cui all’art. 2054, comma 2, c.c. concludevano come in epigrafe.

Si costituivano congiuntamente Fe.Li. e Un. S.p.A. quest’ultima in persona dei lrpt, affermando che l’incidente era avvenuto per esclusiva responsabilità di Mu.Ad. così come accertato dal rapporto redatto dalla Polizia della Strada, dalla perizia tecnica esperita su incarico della Procura della Repubblica e dalla sentenza pronunciata sui medesimi fatti dal G.U.P. presso il Tribunale di Rovigo, con conseguente inoperatività della presunzione di responsabilità ex art. 2054 c.c. Contestavano anche la quantificazione del danno richiesto dalle attrici, ed evidenziavano in ogni caso che la richiesta dei danni fosse ingiustificata attesa l’inesistenza dei rapporti tra le attrici e Mu.Ad..

Concludevano come in epigrafe.

La causa è stata istruita documentalmente e mediante assunzione di prove testimoniali e fissata per precisazione delle conclusioni alla udienza del 14 febbraio 2018 ove la stessa veniva trattenuta in decisione, con l’assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. alle parti.

In diritto.

L’art. 2054, comma 2, c.c. prevede una presunzione di responsabilità di entrambi i conducenti dei veicoli coinvolti in un incidente e trova applicazione anche nel caso in cui vengano a collisione un’autovettura e una bicicletta, in quanto nella categoria dei veicoli sono compresi i velocipedi stessi (Cass. Civ., 5.5.2009, n. 10304; Cass. Civ., 19.12.2008, n. 29883).

La norma ha una funzione meramente sussidiaria, operando solo quando è impossibile determinare la concreta misura delle rispettive responsabilità (Cass. Civ., Sez. 3, Sentenza n. 18631 del 22/09/2015 – Rv. 636981 – 01)

L’art. 2054, comma 2, c.c. non configura un’ipotesi di responsabilità oggettiva, ma una responsabilità presunta da cui il conducente può liberarsi dando la prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero dimostrando non l’impossibilità di una condotta diversa o la diligenza massima, bensì di avere osservato, nei limiti della normale diligenza, un comportamento esente da colpa e conforme alle regole del codice della strada, da valutarsi dal giudice con riferimento alle circostanze del caso concreto “quali: l’assenza di infrazioni alle norme del codice della strada, la ridottissima velocità di marcia, il luogo della strada in cui era avvenuto l’impatto ed il punto di collisione tra i veicoli” (cfr Cass. Civ., Sez. 6-3, Ordinanza n. 4130 del 16/02/2017).

Orbene, nel caso di specie, la presunzione di pari responsabilità ex art. 2054 può ritenersi superata in quanto, in base alle risultanze della istruttoria, la convenuta ha fornito la prova liberatoria richiesta dalla predetta norma.

In primo luogo giova fare riferimento al verbale redatto dalla Polizia Stradale di Badia Polesine in data 24.04.2008 dal quale si evincono chiaramente le concrete modalità del sinistro.

Sul punto, è utile ricordare che la Cassazione Civile ha statuito che “l’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, solo delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti come avvenuti in sua presenza, mentre, per quanto riguarda le altre circostanze di fatto che egli segnali di avere accertato nel corso dell’indagine, per averle apprese da terzi o in seguito ad altri accertamenti, si tratta di materiale probatorio liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, unitamente alle altre risultanze istruttorie raccolte o richieste dalle parti.” (Cass. Civ., Sez. III, Sentenza n. 38 del 03.01.2014).

Ciò premesso, dal suddetto rapporto si evince che Fe.Li. “giunta nei pressi dell’intersezione con via (…), posta alla sua destra secondo il senso di marcia e regolata da impianto semaforico al momento del sinistro a luce gialla lampeggiante, veniva a collisione con velocipede condotto da Mu.Ad., proveniente da Via (…) posta sulla sinistra, con l’intenzione di attraversare l’incrocio, con segnaletica imponente l’obbligo di dare la precedenza (…) pur spostandosi il più possibile sulla sua destra non riusciva ad evitare l’urto con il velocipede”.

Tali circostanze trovano riscontro nelle dichiarazioni rese da Mi.Gi., teste presente sul luogo del sinistro, il quale ha confermato che Mu.Ad., obbligato a dare la precedenza in forza del semaforo giallo lampeggiante, attraversava l’incrocio dopo il suo passaggio e collideva con l’autovettura della convenuta. Ha precisato altresì che Fe.Li. stava procedendo sulla carreggiata con una velocità presumibilmente contenuta (cfr. verbale del 26.3.2015).

Assume rilevanza anche il materiale probatorio acquisito nel processo penale, il quale, pur costituendo prova atipica rappresenta, in ogni caso, elemento di prova e di valutazione che può essere sottoposto al prudente apprezzamento del giudice (cfr., proprio in riferimento alle prove del processo penale, Cass. Civ., Sez. III, 06.04.2006, n. 8096; Cass. Civ., Sez. III, 9.8.2007, n. 17477).

Ciò premesso, la relazione tecnica di consulenza resa dal P.I. Ce.Ro. nel procedimento penale evidenzia che “la velocità della (…) era contenuta entro i limiti vigenti su quel tratto di strada e che la sagoma della vettura condotta dal teste Mi., nella fase di incrocio con la (…), ha interferito con la possibilità d’avvistamento del ciclista, che aveva iniziato l’attraversamento dell’incrocio non appena gli era transitata davanti la vettura del teste Mi.” (cfr. pag. 15 ct in atti).

Le dichiarazioni rese dagli altri testi non sono dirimenti sotto il profilo della ricostruzione della dinamica dell’incidente.

Pertanto, dalla valutazione complessiva delle risultanze istruttorie, emerge che la convenuta ha provato di avere tenuto un comportamento diligente sotto il profilo della velocità imposta nel dato tratto di carreggiata ove è avvenuto il sinistro e si è inoltre adoperata per non arrecare danni all’attore, tentando di evitare la collisione mediante un repentino movimento verso destra.

La condotta non diligente del Mu. che, in violazione dell’obbligo di precedenza, ha attraversato l’incrocio in presenza di un semaforo lampeggiante assume carattere assorbente.

Ne discende che nessuna responsabilità possa essere attribuita alla parte convenuta nemmeno a titolo presuntivo ex art. 2054 comma 2 c.c.

La questione afferente i danni deve ritenersi assorbita dall’accertamento della mancata responsabilità della convenuta.

La domanda deve dunque essere rigettata.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, ed in base al criterio del disputatum (Cass. civ., ss.uu., 11.07.2007, n. 19014), con applicazione dei valori medi ivi previsti relativi alle fasi di studio, introduttiva, istruttoria ridotta in relazione all’attività svolta e fase decisionale, importo aumentato del 10% in considerazione del numero delle parti attrici nella medesima posizione processuale.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa istanza, domanda ed eccezione, così dispone:

rigetta la domanda attorea;

condanna Mu.Ir. e Mu.Ma. in solido alla rifusione in favore di Fe.Li. e di Un. s.p.a., delle spese di lite, che liquida complessivamente in Euro 7.000 per compenso e 500 per esborsi, nonché al 15% spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Rovigo il 7 luglio 2018.

Depositata in Cancelleria il 16 luglio 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.