l’interesse alla stipulazione di un contratto di assicurazione vada ravvisato in relazione non soltanto alla proprietà o altro diritto reale, ma anche a qualsiasi rapporto economico per il quale il soggetto sopporti il danno patrimoniale per effetto di un evento dannoso.

 

Per ulteriori approfondimenti in merito al contratto di assicurazione si cosiglia la lettura dei seguenti articoli:

Il contratto di assicurazione principi generali

L’assicurazione contro i danni e l’assicurazione per la responsabilità civile.

L’assicurazione sulla vita

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 19 maggio 2004, n. 9469

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. Gaetano Fiduccia – Presidente

Dott. Italo Purcaro – Consigliere

Dott. Alberto Talevi – Consigliere

Dott. Gianfranco Manzo – Consigliere

Dott. Giacomo Travaglino – Consigliere Relatore

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Si. It. Assicurazioni Riassicurazioni S.p.A., corrente in Ge., in persona del suo Vice Direttore Generale e legale rappresentante pro tempore Dott. Ba. Ba., Ea. St. In. Co. Ltd. Rappresentanza Generale per l’Italia in liquidazione, corrente in Mi., in persona del suo liquidatore pro tempore Sig. Vi. Ga., nonché Assitalia S.p.A., corrente in Ro., in persona del suo Direttore Generale legale rappresentante pro tempore Dott. Cl. Ca., elettivamente domiciliati in Ro. Via Pr. 42, presso lo studio dell’avvocato En. Fo., che li difende anche disgiuntamente all’avvocato Co. Br., le prime due per delega in atti e l’ultima per procura speciale per Notar Gi. Pe. Pe. di Ro. del 15/05/00 Rep. n. 105305;

ricorrenti

contro

Gi. Ge. In. Co. S.p.A.;

intimata

e sul 2° ricorso n. 13759/00 proposto da:

Gi. Ge. In. Co. S.p.A., con sede in Em., in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione Sig.ra Ma. Lu. Ce., elettivamente domiciliata in Ro. Via Ce. 38, presso lo studio dell’avvocato Be. Pi. Pa., che la difende anche disgiuntamente all’avvocato St. Ar., giusta delega in atti;

controricorrente e ricorrente incidentale

contro

Si. It. Assicurazioni Riassicurazioni S.p.A., Ea. St. In. Co. Ltd. Li. Li, Assitalia S.p.A.;

intimati

avverso la sentenza n. 886/99 della Corte d’Appello di Genova, Sezione III Civile, emessa il 10/11/99 e depositata il 30/11/99 (R.G. 89/96);

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/06/03 dal Consigliere Dott. Giacomo Travaglino;

udito l’avvocato En. Fo.;

udito l’avvocato Be. Pa.;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Fulvio Uccella che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e l’assorbimento di quello incidentale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione dell’8 luglio 1993 la Ge. In. Co. S.p.A. (d’ora in avanti Gi.) convenne in giudizio la Si. As. S.p.A., l’Assitalia/Le Assicurazioni d’Italia S.p.A. (d’ora in poi As.) e la Ea. In. Co. Ltd/rappresentanza generale per l’Italia, in liquidazione (d’ora in poi, Ea.), asserendo:

– che essa attrice aveva stipulato con la Si., che agiva tanto in proprio quanto in nome e per conto delle altre due compagnie assicuratrici, una polizza con la quale assicurava merci di sua proprietà durante il relativo trasporto;

– che la polizza, regolata da condizioni generali prestampate, era ulteriormente integrata da clausole specifiche, tra cui la “pieno rischio”, nonché da Patti Speciali;

– che essa aveva poi affidato ad una ditta specializzata il trasporto di detta merce (consistente in numerosi capi di abbigliamento);

– che il vettore aveva optato per il trasporto su gomma, ma, il 22.02.1991, il portellone del camion utilizzato per l’incombente era stato forzato, ed asportata merce per il valore di circa 61 milioni di lire;

– che due giorni dopo il trasportatore era stato rapinato della restante merce, per un valore di £ 41.883.400, dopo che due uomini armati gli avevano sottratto il veicolo per circa due ore;

– che, fornita alla Si. la documentazione necessaria attraverso la società Le., nella sua qualità di agente di polizza, essa attrice aveva ricevuto, anziché l’integrale risarcimento, una quietanza per l’importo di £ 41.883.400, non accettata.

Tanto premesso, la Gi. chiese la condanna di tutte le compagnie assicuratrici interessate alla vicenda nelle rispettive percentuali di assicurazione.

Nel costituirsi, le società convenute eccepirono:

– che la Gi. difettava di legittimazione attiva, avendo trasmesso agli acquirenti il diritto all’azione risarcitoria nella specie esercitata;

– che il diritto vantato dall’attrice doveva, comunque, ritenersi prescritto;

– che non risultava, nella specie, tutelato il proprio diritto di surrogarsi nei confronti del vettore;

– che, nel merito, il danno risarcibile non superava la cifra di £ 29.625.400.

Il Tribunale di Genova, con sentenza n. 3080 del 1995, disattesa la prima e la seconda eccezione, accolse la terza, per non avere la società attrice interrotto il corso della prescrizione nei confronti del vettore, impedendo così alle convenute di surrogarsi nei confronti di quest’ultimo, giusta disposto dell’art. 1916 comma 3 c.c.

Nell’appellare la sentenza, in via principale la Gi., ed in via incidentale le società assicuratrici, la prima esponeva:

– che la surroga prevista dall’art. 1916/3 c.c. postula l’avvenuto pagamento dell’indennità assicurativa, cosa non avvenuta nella specie, atteso che la mancata attivazione dell’avente diritto all’indennizzo per consentire la surroga verso il vettore comporta responsabilità nei confronti dell’assicuratore e non decadenza dal diritto al risarcimento;

– che il vettore aveva, comunque, espressamente rinunciato a far valere la prescrizione, come da dichiarazione prodotta in giudizio;

mentre le appellate assicurazioni asserivano:

– che, con la consegna la vettore, l’appellante si era liberata dall’obbligo di consegnare le merci, con ciò spogliandosi della titolarità dei diritti sui beni, con ciò conseguentemente perdendo ogni legittimazione all’azione risarcitoria relativa ad essi;

– che non rispondeva a verità la circostanza, pur asserita dal giudice di primo grado, che la merce non era giunta a destinazione;

– che, nonostante l’art. 6 dei patti speciali della convenzione di assicurazione, doveva ritenersi che le merci viaggiassero a rischio del compratore;

– che la prescrizione del diritto al risarcimento nei confronti delle compagnie assicuratrici non poteva considerarsi interrotta dalla comunicazione effettuata alla Le. in qualità di agente di polizza, atteso che: 1) si trattava di telefax e non di lettera, la cui ricezione non era provata; 2) essa non conteneva un atto di messa in mora in senso tecnico; 3) era stata indirizzata a soggetto privo di capacità rappresentative; 4) (al più) l’effetto interruttivo era limitato alla Si. e non estensibile alle coassicuratrici; 5) la rinuncia del vettore alla prescrizione – oltre che tardiva, perché effettuata solo in corso di giudizio di secondo grado – non poteva comunque giovare alla Gi.;

– che era comunque indimostrato che il vettore non fosse responsabile della perdita della merce, o che, comunque, la sua responsabilità fosse a contenersi entro i limiti di cui alla legge n. 450 del 1995.

Con sentenza depositata il 30 novembre 1999 la Corte d’Appello di Genova, in accoglimento dell’appello principale, condannò ciascuna delle società assicuratrici al pagamento pro quota dell’intero indennizzo assicurativo, affermando, per quanto ancora rileva nel presente giudizio di legittimità:

che, quanto alla legittimazione attiva dell’appellante, l’ art. 1510 comma 2 c.c. contiene una semplice presunzione che, nella vendita delle cose da trasportare da un luogo ad un altro, l’obbligazione del venditore (consegna della cosa) possa ritenersi adempiuta all’atto dell’affidamento al vettore (con la conseguenza che, da quel momento, diritti e rischi relativi alla res tradita si trasferiscono all’acquirente), presunzione derogabile dalla contraria volontà delle parti, come, in realtà, verificatosi nel caso di specie;

che, quanto alla legittimazione a ricevere la denuncia di sinistro, questa era indiscutibilmente a riconoscersi in capo alla società Le., agente di polizza espressamente indicata come tale all’art. 10 e 15 delle condizioni generali di contratto, nonché all’art. 14 e 21 dei patti speciali;

che, quanto all’effettivo e tempestivo inoltro della denuncia, questo era provato dal telefax del 07.01.1992, prodotto in primo grado e mai contestato, mentre l’allegazione secondo cui l’interruzione della prescrizione avrebbe operato soltanto nei confronti della Si. era del tutto infondata, avendo quest’ultima negoziato, ex art. 20 dei patti speciali, a titolo di delegataria delle coassicuratrici;

che, quanto al preteso vulnus inferto dal comportamento negligente dell’appellante al diritto di surroga dell’assicuratore ex art. 1916 comma 3 c.c., esso era del pari insussistente, atteso che l’invocata disposizione postula, per la sua corretta applicazione, che un pregiudizio per l’avente diritto si sia già verificato e sia stato conseguentemente accertato: intanto il diritto di surrogazione spetta all’assicuratore, in quanto questi abbia, dunque, effettivamente pagato. Il comma 3 del citato articolo, difatti, limita l’esclusione del diritto dell’assicurato al risarcimento alla sola ipotesi che questi abbia disposto del diritto stesso verso il danneggiante, ovvero non lo abbia esercitato con diligenza, ciò che non può dirsi dell’assicurato che abbia dato tempestivo avviso all’assicuratore;

che, potendo il pregiudizio subito dall’assicuratore essere risarcito nei limiti del danno subito solo dopo il pagamento dell’indennizzo, nessun “pregiudizio” poteva nella specie ipotizzarsi in danno dell’assicuratore stesso, avendo il vettore rinunciato alla prescrizione;

che, con riferimento al quantum debeatur della pretesa indennitaria, il contenuto delle produzioni processuali (bolle di accompagnamento; fatture merci; denunce penali per furto e rapina; mancato recupero, sia pur parziale, della merce trafugata) erano tali da comportare la condanna delle appellate, nelle percentuali di loro rispettiva competenza, all’integrale ristoro del danno lamentato dalla Gi..

Impugnano la sentenza del giudice ligure le società assicuratrici con ricorso articolato in quattro motivi.

Resiste con controricorso la Gi., che presenta altresì ricorso incidentale sostenuto da un solo motivo.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso principale e quello incidentale, diretti avverso la medesima sentenza, vanno preliminarmente riuniti.

Il ricorso principale è, in ogni sua parte, infondato e va rigettato.

A tale rigetto consegue l’assorbimento del ricorso incidentale.

Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1260, 1264, 1362, 1363, 1378, 1510 comma II, 1689, 1891, 1904, 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c., error in procedendo, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione con riferimento al punto della sentenza di merito che ha riconosciuto la legittimazione attiva della Gi. all’esercizio della azione risarcitoria nei confronti delle compagnie assicuratrici.

La censura non merita accoglimento.

Con articolata e puntuale motivazione la Corte genovese ha, difatti, chiarito come la norma di cui all’art. 1510 comma 2 c.c. (contenente una praesumptio iuris tantum di attribuzione di proprietà di un bene quoad tempus) fosse stata, nella specie, derogata per volontà delle parti, alla luce, da una canto, di una ricostruzione del complessivo contenuto del tessuto negoziale (con riferimento anche ai patti speciali del contratto di assicurazione) del tutto scevra da vizi logico-giuridici – e, pertanto, incensurabile in sede di legittimità -, dall’altro, di una puntuale analisi ed ermeneusi del comportamento tenuto dalla stessa ricorrente Si. – che, all’indomani del verificarsi del danno, ebbe a inviare quietanza per somma inferiore sì a quella richiesta, ma pur sempre destinata a soddisfare il diritto all’indennizzo vantato da controparte -. Né è corretto sostenere che la sentenza di II grado contenga un’interpretazione del contratto di assicurazione per inferirne (indebitamente) il regime del contratto di compravendita ad esso collegato, essendosi, per converso, il giudice del merito limitato ad interpretare, nel suo complesso, il contratto di assicurazione onde stabilire la reale volontà delle parti, e cioè di assicurare la merce anche se la stessa avesse, in ipotesi, viaggiato a rischio del compratore (ed è finanche superfluo a tal proposito rammentare come l’interesse alla stipulazione di un contratto di assicurazione vada ravvisato in relazione non soltanto alla proprietà o altro diritto reale, ma anche a qualsiasi rapporto economico per il quale il soggetto sopporti il danno patrimoniale per effetto di un evento dannoso: Cass. 30 maggio 1981, n. 3541). Il lamentato vizio di error in procedendo è, pertanto, del tutto insussistente, avendo il giudice di II grado ritenuto, con accertamento di fatto incensurabile in questa sede, che la merce viaggiasse a rischio del venditore, desumendo ciò, si ripete, dal comportamento complessivo tenuto dalle parti, e attraverso una corretta interpretazione dell’intero tessuto contrattuale (è di particolare rilevanza, in proposito, il riferimento della Corte genovese alla emissione di note di credito sulle fatture relative alla merce prima trafugata e poi rapinata; senza dimenticare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel trasporto di cose la sostituzione del destinatario al mittente nei diritti nascenti dal contratto ha luogo, nel caso di perdita delle cose consegnate al vettore, soltanto dal momento in cui, scaduto il termine legale o convenzionale della consegna, il destinatario sia venuto a conoscenza di tale evento a seguito della richiesta di riconsegna della merce, con la conseguenza che, in assenza di tale richiesta, la legittimazione all’azione di risarcimento del danno contro il vettore, permane in capo al mittente Cass. 19.12.2000, n. 15946).

Con il secondo motivo di ricorso, le ricorrenti censurano, sub specie del vizio di violazione di legge e di omessa motivazione, la decisione della Corte genovese che attribuisce efficacia di messa in mora delle compagnie assicuratrici alla denuncia di sinistro del 25.02.1991 ed alla comunicazione 07.01.1992 indirizzata dalla Gi. alla Le. (supra, p. 4, sub 2, parte espositiva).

La censura non merita accoglimento.

L’idoneità di un atto a costituire in mora il debitore, con conseguente ed automatico effetto interruttivo della prescrizione (art. 2943, comma 4 c.c.), costituisce accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimità se, come nella specie, sorretto da congrua motivazione, sia sotto il profilo dell’an – il telefax inviato dalla Gi. conteneva tutti gli estremi dell’atto di esercizio del sotteso diritto – che del quis – la Le. è stata, del tutto correttamente, definita rappresentante delle compagnie assicuratrici dal giudice ligure, con riferimento all’inequivoco contenuto degli artt. 10 e 15 delle condizioni generali di contratto e degli artt. 14 e 21 dei patti speciali, il primo dei quali, in particolare, stabiliva l’obbligo di segnalare i sinistri “alla Le. e non ad altri”, mentre gli artt. 20 e 21 degli stessi patti ne scolpiva il ruolo non equivoco di rappresentante anche delle compagnie coassicuratrici: (p. 13 della sentenza d’appello, che adduce e ricostruisce circostanze di fatto secondo un’ermeneutica contrattuale contestata dalle ricorrenti del tutto inammissibilmente, prima ancora che infondatamente, non avendo le stesse riprodotto, in ricorso, il contenuto delle clausole che si assumono erroneamente interpretate, e delle quali si invoca, ciononostante, una lettura del relativo contenuto di tenore diverso è più gradito alle ricorrenti stesse). Va rilevato, in proposito, come inconferente si appalesi, nel caso di specie, il riferimento a quella giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la clausola di “delega” e di “guida” che suole essere inserita nei contratti di coassicurazione ha per oggetto l’incarico conferito dai coassicuratori ad uno solo di essi di compiere gli atti relativi allo svolgimento del rapporto assicurativo, ma non elimina la caratteristica saliente della coassicurazione e cioè l’assunzione pro quota – e non solidale – dell’obbligazione indennitaria, né conferisce, salvo patto contrario, al delegato la rappresentanza processuale degli altri coassicuratori. Ne consegue che la citazione in giudizio del delegato per il pagamento dell’intero indennizzo non interrompe la prescrizione del diritto all’indennità nei confronti degli altri coassicuratori (Cass. 22.05.1992, n. 61471, ovvero secondo cui l’interruzione della prescrizione derivante dalla proposizione di una domanda giudiziale configura un’unica causa di interruzione, con effetto (eventualmente) permanente per tutta la durata del processo, a favore e in danno dei soli soggetti del rapporto processuale e limitatamente al diritto specificamente dedotto in causa: ne consegue che, nel contratto di coassicurazione, la domanda di indennizzo proposta nei confronti del coassicuratore delegato alla gestione della polizza per effetto della cosiddetta clausola “di guida” o “di delega” non interrompe la prescrizione nei confronti degli altri assicuratori, sia perché l’assicuratore delegato non ha la rappresentanza processuale degli altri assicuratori ove ciò non sia espressamente convenuto mediante rilascio di procura ad lites, ai sensi dell’art. 77 c.p.c., sia perché in tema di coassicurazione non è applicabile la disposizione dell’art. 1310 c.c. dettata per le obbligazioni solidali, in quanto, per effetto della norma contenuta nell’art. 1911 c.c., ciascun assicuratore è tenuto al pagamento dell’indennità assicurata soltanto in proporzione della rispettiva quota, anche se è unico il contratto sottoscritto da tutti gli assicuratori (Cass. 13.02.1980, n. 1038). È invece vero, con riferimento al caso di specie, che, in tema di assicurazione contro i danni, l’atto scritto, con cui l’assicurato dà notizia del verificarsi dell’evento coperto dalla garanzia e reclama il pagamento dell’indennità, è riconducibile fra le comunicazioni inerenti al contratto, in quanto esprime la volontà di esercitare i diritti in esso previsti, sul presupposto del determinarsi delle relative condizioni. Pertanto, in ipotesi di coassicurazione, l’espressa attribuzione ad uno dei coassicuratori, in aggiunta ai compiti di gestione della polizza conferiti con “clausola di delega”, anche della rappresentanza dell’altro coassicuratore in ordine a tutte le “comunicazioni contrattuali”, è idonea a comprendere, in assenza di deroghe o limitazioni, l’abilitazione alla ricezione del suddetto atto, con la conseguenza che l’atto medesimo interrompe la prescrizione pure con riferimento alla quota dell’indennizzo a carico di quell’altro coassicuratore (Cass. 05.08.1993, n. 8551), con l’unica differenza (irrilevante, in parte qua, in punto di diritto) che l’attribuzione della rappresentanza di tutti i coassicuratori era, nella specie, attribuita non ad una delle compagnie assicuratrici, ma all’agenzia di polizza Le. (si veda anche, in argomento, Cass. 20.04.1990, n. 3302, indicata dalla stessa ricorrente, che limita, peraltro, la citazione della relativa massima alla sola parte di sua convenienza, “dimenticandone” la prosecuzione contenutistica ed il connesso principio di diritto ulteriormente affermato dalla S.C.: la costituzione in mora del debitore mediante intimazione o richiesta fatta per iscritto, ai sensi dell’art. 1219 comma 1 codice civile, è idonea ad interrompere la prescrizione, secondo il disposto dell’art. 2943 ult. comma codice civile, in quanto sia rivolta e comunicata al debitore o al suo rappresentante. Pertanto, con riguardo ad ipotesi di coassicurazione, la costituzione in mora rivolta al coassicuratore delegato alla gestione della polizza per effetto della cosiddetta clausola “di guida” o “di delega” è idonea ad interrompere la prescrizione del diritto all’indennità anche nei confronti del coassicuratore delegante solo ove quest’ultimo, con l’atto di delega, abbia conferito al primo anche l’incarico di pagare l’intero importo dell’indennità: nella specie, l’art. 20 dei patti speciali conferiva, comunque, alla delegataria Si. e solo ad essa, ad intrattenere “tutti i rapporti inerenti il contratto”, come correttamente evidenziato dal giudice di seconde cure).

Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1916 comma 1 e 3, 2939 c.c., nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul punto per non avere il giudice di seconde cure, confermando in parte qua quanto statuito dal tribunale, pronunciato la decadenza dal diritto all’indennizzo in capo alla Gi. per avere la medesima pregiudicato l’azione di rivalsa spettanti alle compagnie assicuratrici, non avendo interrotto la prescrizione dell’azione risarcitoria nei confronti del vettore.

La censura non merita accoglimento.

Nel lamentare una falsa ed erronea interpretazione della norma di cui all’art. 1916 c.c., difatti, le ricorrenti, ancora una volta, pretendono di sostituire a quanto correttamente sancito, in punto di diritto, dal giudice di appello, l’interpretazione del non equivoco dettato legislativo secondo i propri desiderata.

Sennonché, è proprio l’interpretazione da esse divisata che non regge ad un serio e rigoroso esame ermeneutico, quale quello compiuto, nella specie, dal giudice d’appello. Ratio sottesa alla norma in parola, difatti, è quella non già di provocare automaticamente la decadenza dal diritto al risarcimento del danno in capo all’assicurato negligente, ma solo quello di conservare integro il diritto di rivalsa dell’assicuratore, diritto il cui esercizio (di per sé evento futuro ed incerto) postula il mancato conseguimento di quanto a lui dovuto dal danneggiante per fatto e colpa dell’assicurato affinché l’assicuratore stesso possa su di lui rivalersi in concreto ex post. Va, in proposito, rammentato, di fatti, come la surrogazione dell’assicuratore, prevista dall’art. 1916 c.c., integra una successione a titolo particolare nei credito risarcitorio, fino alla concorrenza dell’ammontare dell’indennizzo, la quale si verifica nel momento in cui l’assicuratore dà notizia al terzo responsabile del pagamento effettuato all’assicurato, esprimendo la volontà di avvalersi della citata norma, ed implica l’opponibilità all’assicuratore delle eccezioni invocabili contro l’assicurato alla suddetta data, per effetto del subingresso dell’uno nella stessa posizione dell’altro. Pertanto, con riguardo alla prescrizione, si deve ritenere che l’inerzia dei danneggiato, protrattasi fino alla scadenza del termine prescrizionale, può essere fatta valere dal terzo responsabile nei confronti dell’assicuratore, in surrogazione quale causa estintiva del diritto, solo se tale scadenza sia anteriore all’esercizio della surrogazione, mentre, in caso contrario, essendosi trasferita in capo all’assicuratore la titolarità del credito prima della maturazione della prescrizione, e valendo inoltre la menzionata comunicazione quale atto interruttivo, l’estinzione per prescrizione del credito trasferito può discendere esclusivamente da successiva inattività dell’assicuratore medesimo (Cass. 27.11.1989, n. 5146). È evidente, pertanto, che condizione di “attivazione” del disposto normativo in esame sia il pagamento dell’indennizzo all’assicurato, e che, per converso, nessuna tutela, quand’anche solo conservativa, è riconosciuto all’assicuratore prima di tale momento (adde, ancora, in argomento, Cass. 01.09.1987, n. 7154, secondo la quale il diritto dell’assicuratore che abbia pagato l’indennità allo assicurato danneggiato, di surrogarsi a quest’ultimo per la rivalsa delle somme corrisposte, ai sensi dell’art. 1916 c.c. – espressamente applicabile anche alle assicurazioni sociali contro gli infortuni sul lavoro – nasce non già dall’evento dannoso ma dal pagamento dell’indennizzo e dalla relativa comunicazione ai temi responsabilità, ed è soggetto, come tale, al termine prescrizionale ordinario ex art. 2946 c.c., suscettibile di interruzione anche per effetto di atti idonei compiuti dal danneggiato prima del sorgere del diritto dell’assicuratore di agire in surrogazione, mentre del tutto tranchant, in argomento, si appalesa il recente dictum di Cass. 25.03.2002, n. 4211, secondo cui il diritto di surroga nelle ragioni dell’assicurato di cui all’art. 1916 c.c. non sorge in modo automatico, per effetto del pagamento dell’indennità assicurativa. essendo, per converso, sottoposto alla condizione che l’assicuratore richieda al danneggiante il rimborso dell’indennità).

Ad abundantiam, la Corte di merito rileva ancora (con ciò fornendo una seconda e parimenti corretta ratio decidendi alla statuizione in contestazione, ciò che renderebbe, a rigore, superflua la disamina e la motivazione precedente) che – del tutto legittimamente, quoad tempus -, era stata prodotta in giudizio, da parte della Gi., la rinuncia del vettore alla prescrizione, ciò che consentiva di ritenere, in concreto, inconfigurabile alcuna sorta di pregiudizio in capo alle compagnie assicuratrici (non merita, in proposito, alcuna considerazione la pretestuosa ed incomprensibile affermazione delle ricorrenti secondo la quale la prescrizione, potendo essere opposta “da chiunque vi abbia interesse”, essa avrebbe potuta essere opposta … anche da sé stesse, con ciò ipotizzando la surreale situazione processuale di un creditore in surroga che eccepisca la prescrizione a sé stesso!). Quanto alla pretesa modificabilità e/o revocabilità della rinuncia de qua, va rammentato come tale effetto di modifica/revoca possa ritenersi legittimamente conseguibile con riferimento al negozio di rinuncia abdicativa pura, e non anche a quello che abbia prodotto irrevocabilmente effetti sostanziali e/o processuali nella sfera giuridica di terzi.

Con il quarto ed ultimo motivo di ricorso, le ricorrenti censurano, infine un preteso vizio di motivazione della sentenza impugnata per avere quest’ultima ritenuto provato l’ammontare del danno sulla base di fatture emesse dal venditore – di per sé inidonee, in qualità di documento unilaterale proveniente da quest’ultimo, ad assurgere a prova legale del valore intrinseco ed effettivo della merce – ovvero delle dichiarazioni rilasciate dal vettore in sede di denuncia penale.

La censura risulta, al pari di quelle che la precedono, del tutto immeritevole di accoglimento.

La motivazione adottata dalla Corte genovese con riferimento al quantum debeautur non è, difatti, né insufficiente né erronea.

La prova dell’ammontare del danno risulta, difatti, dedotta dalla copiosa documentazione all’uopo prodotta ed acquisita in sede di giudizio di merito, nonché dalle stesse difese ed ammissioni delle ricorrenti, correttamente valutate in punto di fatto senza che, nella relativa motivazione, sia dato scorgere errori o vizi logico-giuridici che ne inficino la validità.

Al totale rigetto del ricorso principale consegue l’assorbimento del ricorso incidentale.

La condanna alle spese, che segue la soccombenza, è quantificato come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale, e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi € 3600,00, di cui 100,00 per spese.

 

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.