L’attività giornalistica, anche televisiva, che si ponga come manifestazione del diritto di critica, pur esprimendosi attraverso la formulazione di giudizi o, più genericamente, di opinioni – che, come tali, non possono che esser fondate su un’interpretazione dei fatti e, quindi, non possono che esser soggettive -, non deve eccedere i limiti di quanto sia strettamente necessario per il pubblico interesse e, per ciò stesso, presuppone, da un lato, che il fatto o conportamento oggetto della critica corrisponda a verità, sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze oggettive, e, dall’altro, che la narrazione, pur potendosi manifestare con l’uso di un linguaggio colorito o pungente, non trascenda mai in affermazioni ingiuriose e denigratorie o in attacchi puramente offensivi.

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Tribunale|Firenze|Sezione 2|Civile|Sentenza|18 agosto 2022| n. 2348

Data udienza 17 agosto 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Massimo Donnarumma, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al N. R.G. 9217/2020, avente ad oggetto “azione di risarcimento danni per diffamazione”.

Tra

(…), rappresentato e difeso, unitamente e disgiuntamente, come da mandato a margine dell’atto di citazione, dall’Avv. (…) dall’Avv. (…) e dall’Avv. (…) elettivamente domiciliato presso lo studio dell’Avv. (…) in Firenze, in (…)

ATTORE

e

(…) C.F. (…), rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, dagli Avv.ti (…) e (…) presso lo studio di quest’ultimo elettivamente domiciliato, in Barberino del Mugello, in (…) in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta

CONVENUTO

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1 – In fatto

Con atto di citazione ritualmente notificato, (…) adiva questo Tribunale per sentir condannare (…) al risarcimento del danno da lesione dell’onore e della reputazione, (danno) dichiaratamente subito per effetto di talune affermazioni pronunciate dal convenuto nell’ambito di una trasmissione televisiva.

Nello specifico, in citazione si deduceva che, in data 20.2.2020, nel corso della trasmissione “(…)” andata in onda sull’emittente a diffusione nazionale “(…)”, il convenuto, giornalista ed opinionista, ospite del programma, si era lanciato in un’invettiva contro l’attore, al tempo senatore della Repubblica e già Presidente del Consiglio.

A detta dell’attore, il convenuto aveva pronunciato affermazioni denigratorie, esorbitanti dalla continenza espositiva e non scriminate dal diritto di critica, in quanto integranti mero attacco alla persona.

Chiedeva, pertanto, l’istante che il convenuto fosse condannato al risarcimento del danno non patrimoniale, quantificato in Euro 500.000,00.

Si costituiva il convenuto (…) concludendo per il rigetto della domanda attorea.

Il convenuto non contestava il fatto storico, ma lo contestualizzva facendo riferimento a quanto accaduto prima e dopo nella trasmissione, oltre che alle vicende politiche del momento.

Invocando l’esimente della critica politica, il convenuto sosteneva la liceità del discorso censurato, per aver espresso opinioni adeguatamente motivate, non gratuite, non sovrabbondanti né costituenti argumenta ad hominem.

Concludeva, pertanto, per il rigetto della domanda attorea, oltre che per la condanna dell’attore ex art. 96, comma 3, c.p.c..

L’istruttoria della causa passava attraverso le produzioni documentali delle parti

2 – Sulle affermazioni contestate

Che le affermazioni di cui si duole l’attore siano state effettivamente pronunciate dal convenuto nel corso della trasmissione televisiva “(…)” del 20.2.2020 è un dato pacifico e documentato.

Nello specifico, costituivano oggetto delle affermazioni censurate le condotte politiche del senatore (…) che nei giorni precedenti aveva minacciato di far cadere il governo allora in carica, c.d. (…) Dopo aver chiesto al prof. (…) un’opinione su tali fatti, la conduttrice (…) si rivolgeva a (…) chiedendo conto del titolo di apertura del “(…)” di quel giorno (quotidiano diretto dall’odierno convenuto), ove (…) veniva definito “mitomane”.

Il dialogo si svolgeva nei termini qui di seguito riportati:

(…) “Tu, oggi, definisci (…) un mitomane?””

(…) “Si, è una forma di mitomania molesta che, probabilmente, risale a fattori prepolitici che andrebbero studiati da specialisti clinici. Probabilmente vuole farci pagare colpe ataviche, non so se lo prendevano in giro da bambino, non so se vuole farci pagare il fatto che gli italiani non lo hanno capito e lo hanno bocciato più volte, che il mondo non comprende il suo genio. Sia di fatto che lo spettacolo penoso di ieri sera denota, secondo me, una svolta che non può essere nemmeno definita più uno show, è una cosa penosa. Secondo me per l’igiene della politica bisognerebbe cominciare a fare una specie di silenzio stampa, cioè una moratoria nel continuare a mettere il microfono davanti a una persona che chiaramente non è compos sui, non è in sé. Ha appiccato il fuoco al governo (…) lo ha fatto cadere, poi ha silurato se stesso. Sta cercando di silurare (…) e ieri ha proposto una soluzione per rafforzare il premier, eleggendolo direttamente. Cosa che non accade in nessun paese del mondo tranne che in Israele, credo. Voleva abolire la prescrizione e adesso vuole sfiduciare il ministro (…) che l’ha, in parte, abolita. Diffida l’attuale maggioranza dal cercare altre maggioranze e poi lui, ieri, ha proposto un’altra maggioranza con il centrodestra, che non se lo è filato di pezza, per fare il sindaco di Italia. Non si capisce neanche di che stia parlando, dovrebbe cambiare venti o trenta articoli della Costituzione per farlo, in una situazione in cui già non si riescono a far passare le leggi ordinarie, figurarsi se passerebbero leggi costituzionali. Bisognerebbe cominciare a trattarlo come un caso umano e dirgli, va bene, quando fai cadere il governo avvertici, per il momento ci siamo stufati.

Perché, poi queste cose, come diceva il professor (…) i pagano. Nel senso che lo spread si era abbassato quando c’era una parvenza di stabilità. C’è un governo che sta cercando di fare delle cose importanti e che tutti i giorni si ritrova di fronte ai ricatti di uno che dice sempre il contrario degli altri a prescindere, contraddicendo tutta la sua storia quotidianamente, quindi un minimo di moratoria, secondo me, sarebbe igienica”.

Proprio questo discorso costituisce oggetto delle censure attoree, ritenendosi ristante diffamato da taluni contenuti e segnatamente:

– dall’utilizzo dell’epiteto “Mitomane”;

– dalla qualificazione del suo comportamento come “penoso” e dall’uso delle locuzioni “Mitomania molesta”, “non è neppure più uno show, ma una cosa penosa”, “non è compos sui”, “non è in sé”;

– dalle affermazioni (sempre riferite a (…) secondo le quali “bisognerebbe cominciare a trattarlo come un caso umano” ed occorrerebbe silenziarlo per “l’igiene della politica”.

3 – In diritto, sul diritto di critica

A) Ai fini del decidere, occorre stabilire se le affermazioni censurate dall’attore integrino illecito diffamatorio punibile oppure no, avendo ben chiaro che la soluzione del caso passa attraverso un’operazione di bilanciamento tra il diritto dell’attore a non esser leso nella sfera del decoro, dell’onore e dell’immagine pubblica ed il diritto del giornalista ad esprimere la propria opinione.

Nell’ambito dei cc.dd. diritti della personalità umana trova sicura collocazione il diritto alla reputazione personale, che costituisce diritto soggettivo perfetto, il quale va inquadrato nel sistema di tutela costituzionale della persona umana ed, in particolare, negli artt. 2 e 3 della Cost., ove si riconoscono come meritevoli di tutela i diritti inviolabili della persona e si fa riferimento alla dignità sociale dell’individuo ed al pieno sviluppo della persona umana.

L’interesse individuale all’onore, alla reputazione ed al decoro deve essere bilanciato e comparato con quello alla libera manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.), di cui il diritto di cronaca, di informazione e di critica costituiscono esplicitazioni.

In tema di azione di risarcimento dei danni da diffamazione per notizie diffuse a mezzo stampa (o con il mezzo televisivo), presupposti per il legittimo esercizio del diritto di critica, come per il diritto di cronaca, rispetto al quale il primo consente l’uso di un linguaggio più pungente ed incisivo, sono:

– l’interesse al racconto, ravvisabile anche quando non si tratti di interesse della generalità dei cittadini, ma di quello generale della categoria di soggetti ai quali si indirizza la pubblicazione di stampa;

– la correttezza formale e sostanziale dell’esposizione dei fatti, nel che propriamente si sostanzia la continenza, nel senso che l’informazione non deve trasmodare in “argumenta ad hominem” né assumere contenuto lesivo dell’immagine e del decoro;

– la corrispondenza tra la narrazione ed i fatti realmente accaduti, nel senso che deve essere assicurata l’oggettiva verità del racconto, la quale tollera, solo, inesattezze irrilevanti, riferite a particolari di scarso rilievo e privi di valore informativo (Cass. Civ., III, 18.10.2005, N. 20140).

È sufficiente che anche uno di questi requisiti manchi, perché la causa di giustificazione non operi.

B) Quanto ai tratti differenziali tra cronaca e critica, è il caso di precisare che l’una è narrazione obbiettiva dei fatti accaduti, l’altra è attività di tenore valutativo, diretta ad esprimere giudizi o a manifestare opinioni sui fatti accaduti o sull’operato delle persone coinvolte.

La critica è un elemento di comunicazione additivo rispetto alla diffusione della notizia ed assolve alla funzione di garantire pluralità di punti di vista sul medesimo fatto, così da illuminarlo e meglio comprenderlo.

Ma, pur essendo doxa – e non episteme -, la critica non è affiancata dall’osservanza dei tre canoni sopra indicati

Semmai, non può esigersi che essa sia rigorosamente obbiettiva ed asettica, ma v’è un limite fondamentale ed immanente, tanto nell’esercizio del diritto di cronaca quanto nell’esercizio del diritto di critica, che è quello del rispetto della dignità altrui, non potendo, né l’uno né l’altro, costituire occasione per gratuiti attacchi alla persona ed arbitrarie aggressioni al suo patrimonio morale (Cass. Civ., V, 28.10.2010, N. 4938).

La manifestazione di opinioni e considerazioni deve, comunque, rimanere nell’alveo della formulazione di un motivato dissenso, senza risolversi in gratuita aggressione distruttiva dell’onore e della reputazione altrui

L’opinione sfavorevole deve essere, in qualche modo, giustificata da un ragionamento.

E, non solo.

Il tema del motivato dissenso e della continentia si correla intimamente con altri.

L’attività giornalistica, anche televisiva, che si ponga come manifestazione del diritto di critica, pur esprimendosi attraverso la formulazione di giudizi o, più genericamente, di opinioni – che, come tali, non possono che esser fondate su un’interpretazione dei fatti e, quindi, non possono che esser soggettive -, non deve eccedere i limiti di quanto sia strettamente necessario per il pubblico interesse e, per ciò stesso, presuppone, da un lato, che il fatto o conportamento oggetto della critica corrisponda a verità, sia pure non assoluta, ma ragionevolmente putativa per le fonti da cui proviene o per altre circostanze oggettive, e, dall’altro, che la narrazione, pur potendosi manifestare con l’uso di un linguaggio colorito o pungente, non trascenda mai in affermazioni ingiuriose e denigratorie o in attacchi puramente offensivi (Cass. Civ., III, 7.6.2018, N. 14727; Cass. Civ., ord., 26/10/2017, N. 25420; Cass. Civ., 6/04/2011, N. 7847; Cass. Pen, 27/09/2013, N. 40930).

4 – Sull’an debeatur

A) Per applicare al caso di specie i suddetti principi di diritto, occorre compiere una conplessa attività valutativa, facendo, per un verso, un’analisi atomistica” delle singole affermazioni e locuzioni ceasurate e, per altro verso, allargando lo sguardo per interpretarne il significato e saggiarne l’attitudine diffamatoria alla luce del contesto spaziale, temporale, sociale e culturale nel quale le affermazioni stesse si collocano.

L’analisi “atomistica” è necessaria per verificare se alcune espressioni integrino, ex se, ingiurie o contumelie, tali da infrangere sempre e comunque qualsivoglia causa di giustificazione, in quanto palesemente esorbitanti dai confini della continenza.

Un’analisi a più ampio spettro è, invece, necessaria nella misura in cui, al di là della portata semantica di alcune parole ed espressioni, queste possano assumere una connotazione di offensività in ragione del contesto in cui si collocano.

Al contempo, proprio alla luce di una valutazione complessiva del discorso in esame, può delinearsi un diverso livello di “copertura” sul piano delle scriminanti ex art. 21 Cost., stabilendosi, per esempio, se si tratti di cronaca o di critica o di satira: s’è detto, infatti, che il diritto di critica consente un margine di tolleranza maggiore rispetto al diritto di cronaca (cfr., da ultimo, Cass. Civ., III, 12/04/2022, N. 11767).

B) Nel caso di specie, il discorso censurato integra indubbiamente un’invettiva, dai toni forti e graffianti.

Trattasi di discorso che non ha contenuto e carattere informativo, risolvendosi nella formulazione di giudizi, opinioni e commenti sulla situazione politica e sui comportamenti dell’attore, per cui devono applicarsi i principi in materia di critica, non omettendosi di considerare che nell’ambito del discorso si inseriscono anche passaggi che hanno un carattere lato sensu satirico.

A livello strutturale, il discorso può essere scomposto, idealmente, in due parti.

B1) Una prima parte dell’invettiva muove direttamente dalla domanda della conduttrice sulle ragioni per cui (…) era definito ed il discorso del giornalista (…) si connota immediatamente per l’impiego di lemmi attinti dalla psicologia e dalla psichiatria, al fine di caratterizzare, ironicamente, il comportamento politico dell’attore come affetto da una sorta di egotismo.

Tant’è che si afferma che egli sarebbe turbato da una “mitomania molesta” che “probabilmente, risale a fattori prepolitici che andrebbero studiati da specialisti clinici”; poi, si fa un riferimento al vissuto personale di (…) evocando “colpe ataviche” che spiegherebbero il suo comportamento.

Addirittura, prima di passare alle vicende politiche, che avrebbero visto (…) “bocciato” dall’elettorato, il convenuto formula sarcasticamente una proposizione dubitativa: “non so se lo prendevano in giro da bambino”.

Dopodiché, il discorso si sposta sull’episodio politico della sera precedente ovvero sulla minaccia di far cadere il governo, definito come “spettacolo penoso”, neanche “più. uno show, una cosa penosa”.

Per finire, il convenuto invoca la necessità di una “igiene della politica” ovvero uno sforzo collettivo, da parte dei giornalisti e dell’opinione pubblica, a non prestare attenzione a quanto detto da una persona affetta dalle suddette manie, persona che “chiaramente non è compos sui, non è in sé”.

B2) La seconda parte dell’invettiva si incentra sulle condotte politiche del (…) che il giornalista segnala come contraddittorie, incoerenti, nonché divergenti dagli stessi obiettivi politici perseguiti dall’attore.

Con ciò, il convenuto si riallaccia alla prima parte del discorso, affermando che tali comportamenti troverebbero spiegazione nella già detta “mitomania molesta” dell’attore e seguitando col dire che “Bisognerebbe cominciare a trattarlo come un caso umano” e che “un minimo di moratoria … sarebbe igienica”, proprio perché tali condotte politiche, motivate e determinate dal soddisfo cimento del proprio ego, minerebbero la stabilità del governo, che è difeso dal giornalista perché “sta cercando di fare delle cose importanti”.

C) Ora, andando a compiere il primo livello di analisi, quello che abbiamo definito “atomistico”, mette conto rilevare come, pure tra le espressioni più forti ed incisive, non si riscontrino ingiurie, contumelie od epiteti scurrili né affermazioni che aggrediscano in termini universalmente oltraggiosi il patrimonio morale dell’attore.

Nella prima parte dell’invettiva, infatti, le espressioni più forti, tratte per lo più dal campo semantico della psicologia e della psichiatria, non risultano offensive di per sé.

Similmente, può dirsi per aggettivi ed epiteti come “penoso”, che non hanno contenuto di per sé oltraggioso né, tampoco, possono dirsi scurrili.

Nella seconda parte, invece, salvo il ricorrere di alcune espressioni afferenti sempre alla dimensione clinica e per le quali può valere il metro di giudizio testé indicato, non si riscontrano altri passaggi di rilievo, tant’è che lo stesso attore non ha mosso specifiche censure sulle espressioni che si inseriscono in questa seconda parte, a conferma del fatto che i passaggi più ruvidi sono, piuttosto, quelli che rientrano nella prima parte del discorso.

D) Venendo, quindi, al secondo, più complesso, livello di analisi, si possono individuare tre diversi nuclei tematici attorno ai quali ruota l’intero discorso censurato:

– quello più propriamente politico, di critica politica strido sensu intesa;

– quello di carattere “clinico”;

– infine, quello sostanzialmente personale, che investe cioè il profilo personale di (…)

D1) Nella pars “politica” dell’invettiva possono ricomprendersi tutti quei passaggi che si agganciano o comunque si riferiscono direttamente alle condotte politiche del (…)

Trattasi, quasi per intero, della seconda parte dell’invettiva, ove si definisce il comportamento dell’attore della sera precedente alla trasmissione come uno “spettacolo penoso”, per invocare poi l'”igiene della politica” non prestando più attenzione a chi abbia assunto condotte politiche – a dire del (…) – altalenanti e contraddittorie.

Questo livello del discorso ricade certamente sotto la copertura della scriminante del diritto di critica, formulando il convenuto giudici critici sulla condotta politica, che viene qualificata come contraddittoria, divergente dagli stessi obiettivi politici perseguiti dall’attore, frutto del suo ego e, comunque, deleteria per il Paese, mettendo in pericolo la tenuta del governo.

Trattasi di opinioni argomentate e che non trasmodano in attacchi gratuiti alla persona.

Il linguaggio utilizzato è colorito e pungente, ma il dissenso espresso è motivato ed afferisce ad una condotta politica (la minaccia di far cadere il governo) rispetto alla quale l’attore non ha mosso specifiche contestazioni sotto il profilo della veridicità del fatto storico.

L’espressione “Spettacolo penoso”, in tale contesto, è espressione forte, che tuttavia, per i motivi indicati, non oltrepassa il perimetro della continenza secondo la soglia di tolleranza che può ragionevolmente assumersi nell’ambito della critica politica.

Analoghe considerazioni si posson fare sulla “moratoria” invocata nei confronti di (…) che costituisce una sorta di chiosa della critica politica mossa fino a quel punto e che, a sua volta, non integra un attacco personale nei confronti dell’attore: trattasi, piuttosto, di un invito a non dar credito ad un soggetto che, secondo il giornalista, ha assunto condotte politiche incoerenti e lesive del bene comune.

È un attacco politico, non personale, che, come tale, va ricondotto nell’alveo della critica politica e che, comunque, risponde al canone della continentia valevole in tale ambito, per cui, con riferimento a tutta la parte del discorso che è stata sin qui esaminata, non si ravvisano profili di illiceità.

D2) Più complesse ed articolate sono le considerazioni da farsi con riferimento a quelle espressioni che attengono all’ambito semantico clinico e che ruotano attorno alla definizione del (…) come “mitomane” (“risale a fattori prepolitici che andrebbero studidli da specialisti cinici”, “chiaramente non è compos sui, non è in sé”; “Bisognerebbe cominciare a trattarlo come un caso umano”).

V’è da rilevare, per un verso, che la tematica della mitomania non costituisce una monade nell’ambito dell’invettiva, essendo indiscutibilmente collegata, sul piano logico, alla critica politica, che si concentra, come detto, soprattutto nella seconda parte del discorso.

Nell’economia dell’intero discorso la “mitomania” è la causa e, quindi, la spiegazione della condotta politica di (…) in chiave sarcastica, è presentata come l’unica spiegazione possibile delle condotte descritte.

Per altro verso, è indubitabile come il registro linguistico usato dal giornalista porti questa parte del discorso su una dimensione più personale e come le stesse espressioni mutuate dalla psicologia e dalla psichiatria abbiano l’effetto di presentare la “mitomania” come una vera e propria patologia.

Insistendo il convenuto sulla relazione tra il profilo psicologico/psichiatrico e quello politico, introduce elementi che esorbitano dalla critica e che non sono strettamente funzionali alla formulazione del dissenso.

Si va sul personale e, quindi, in relazione a questi elementi del discorso non opera la scriminante della critica politica.

D3) Tale considerazione trova, a ben vedere, conferma anche nell’analisi del terzo nucleo tematico dell’invettiva censurata, ove, con tono ironico, il convenuto allude a “fattori prepolitici”, a “colpe ataviche” e formula un’ipotesi freudiana sulle cause più recondite del comportamento di “lo prendevano in giro da bambino”.

Si tratta, con ogni evidenza, di spunti che si collocano fuori dal perimetro della critica politica e non resta che ribadire e concludere che le parti dell’invettiva esaminate sub (…) e (…) non ricadono sotto l’egida di quella causa di giustificazione che è il legittimo esercizio del diritto di critica.

E) Ciò assodato, per poter predicare la configurabilità del prospettato illecito, occorre, comunque, accertare se le espressioni censurate abbiano idoneità lesiva.

In altri termini, indipendentemente dal fatto che, a vale, le suddette espressioni non siano scriminate dal diritto di critica, si deve accertare, a monte, se l’impiego delle espressioni in oggetto abbia integrato un illecito diffematorio sotto tutti i profili costitutivi, soggettivi ed oggettivi.

Trattasi di un’operazione che, non a caso, la giurisprudenza di legittimità segnala come indispensabile – al di là dell’accertamento della operatività delle scriminanti ex art. 21 Cost. – proprio al fine di sancire l’illiceità del fatto (Cass. Civ., III, 09/06/2022, N. 18631; Cass. Civ., III, 28/02/2019, N. 5811; Cass. Civ., III, 14/03/2018, N. 6133).

E1) Prima di esaminare il punto decisivo – afferente, per l’appunto, alla idoneità lesiva – è, tuttavia, opportuno sgomberare il campo dal tema dell’applicabilità della scriminante del diritto di satira, che pure è invocata dalla difesa del convenuto.

Sebbene alcune espressioni, tra quelle in oggetto, abbiano un innegabile carattere sarcastico e, comunque, ironico, è altrettanto pacifico in fatto che il convenuto non è un comico, ma un importante giornalista ed opinionista politico, così come è pacifico che la trasmissione televisiva di cui trattasi non ha contenuto né connotazioni satiriche od umoristiche, proponendo dibattiti su temi politici ed istituzionali.

Del resto, è ampiamente emerso che le espressioni di cui si discute – pur se ironiche ed a tratti sarcastiche – si inseriscono nell’ambito di un discorso che aveva finalità di critica politica ed, oltretutto, sono state pronunciate a fronte di una domanda della conduttrice che sollecitava un commento del giornalista (…) sulla condotta politica dell’odierno attore.

Anche ciò induce ad escludere che si possa invocare il diritto di satira, quand’anche – si ripete – alcune espressioni, tra quelle censurate, abbiano un carattere lato sensu satirico sul piano sostanziale.

E2) Andando, ora, al cuore del problema poc’anzi prospettato, fa d’uopo rilevare che le espressioni in esame, pur connotandosi a tratti per un sarcasmo pungente, teso a dileggiare la figura del senatore (…) non risultano concretamente idonee a ledere la reputazione e l’onore di quest’ultimo.

Trattasi di affermazioni e locuzioni che, a ben vedere:

– non hanno alcuna pretesa di veridicità;

– pur investendo (come si è visto) la dimensione personale del (…) sono disancorate da riferimenti specifici a fatti od episodi afferenti.

Di conseguenza, nessun telespettatore può, ragionevolmente, prendere sul serio le espressioni che rimandano genericamente alla “mitomania” o la proposizione dubitativa per cui “lo prendevano in giro da bambino”.

Ed è chiaro che lo stesso convenuto non ha detto ciò con l’intento di convincere ere qualcuno circa il fondamento delle espressioni pronunciate, ma al solo fine di ironizzare sulle condotte e sulla figura di (…).

Ciò si evince, non solo dal tenore complessivo del discorso, ma anche dalla circostanza che le espressioni in oggetto sono spesso formulate in forma ipotetica (“andrebbero studiati da specialisti clinici”; “non so se lo prendevano in giro da bambino”).

Come si è già detto, peraltro, le affermazioni in esame sono decontestualizzate, scevre da qualsivoglia riferimento a vicende od esperienze concrete del vissuto personale dell’attore, per cui risulta evidente che trattasi di una sorta di invenzione scenica ovvero di un espediente comunicativo che il giornalista ha utilizzato per attirare l’attenzione degli ascoltatori, colorendo il proprio discorso ed introducendo i predetti al nucleo del proprio intervento, che afferisce per l’appunto alla critica politica.

Detto in altri termini, il registro linguistico sin qui esaminato, pur essendo a tratti graffiante e pur colorandosi di sarcasmo, è di fatto innocuo, non avendo – come si è detto – concreta idoneità lesiva rispetto all’onore ed alla reputazione dell’attore, proprio perché trattasi di espressioni, per un verso, prive di disvalore intrinseco, quali, ad esempio, le ingiurie, le contumelie, gli epiteti scurrili o le affermazioni che aggrediscono in termini universalmente oltraggiosi il patrimonio morale del destinatario; per altro verso, anche quando investono la dimensione personale, sono affermazioni, locuzioni e proposizioni scevre da riferimenti specifici e contestualizzanti

Per tutte le ragioni esposte, la domanda attorea non può trovare accoglimento.

5 – Sulle spese di lite

Ritiene questo giudice che, nel caso di specie, le spese di lite debbano essere compensate integralmente tra le parti.

Pur a fronte della formale soccombenza dell’attore, le peculiari ragioni, che sorreggono la statuizione di rigetto della domanda attorea, inducono a richiamare ed a valorizzare il c.d. principio di causalità, che, per consolidata giurisprudenza di legittimità, può giustificare una diversa regolamentazione delle spese di lite – rispetto a quella che consegue alla rigida applicazione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c. – nelle ipotesi in cui la parte vittoriosa, con il proprio comportamento, abbia in quale modo dato causa alla instaurazione del processo.

Nella specie, è chiaramente emerso come, al di là della inidoneità lesiva in concreto delle espressioni utilizzate dal convenuto nei confronti dell’attore, alcune affermazioni e locuzioni, tra quelle censurate, non siano strettamente funzionali alla critica politica.

Ciò giustifica l’esperimento del rimedio giudiziale da parte dell’attore.

P.Q.M.

Il Tribunale di Firenze, definitivamente pronunciando, così provvede:

a) respinge la domanda attorea;

b) compensa integralmente tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Firenze il 17 agosto 2022.

Depositata in Cancelleria il 18 agosto 2022.

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Avv. Umberto Davide

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