L’attraversamento con il rosso da parte del pedone in spregio al divieto di cui all’art. 41 co. 5 lett. a) Cod. Strada costituisce senz’altro condotta colposa grave, ma non tale da essere causa esclusiva del sinistro, tenuto conto che non era imprevedibile da parte della convenuta l’attraversamento di pedoni con il rosso, tanto più nell’imminenza della successione al giallo di tale segnale. Facendo applicazione degli artt. 1227 co. 1 e 2056 c.c. si ritiene pertanto di poter diminuire il risarcimento dovuto dai convenuti ai sensi dell’art. 2054 commi 1 e 3 c.c., tenuto conto della gravità del concorso colposo del pedone e dell’entità delle conseguenze che ne sono derivate che portano ad attribuire alla stessa attrice una quota di responsabilità del 50%.

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Tribunale|Milano|Sezione 10|Civile|Sentenza|11 gennaio 2023| n. 153

Data udienza 10 gennaio 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI MILANO

SEZIONE X CIVILE

In composizione monocratica, nella persona del Giudice dott.ssa Grazia Fedele ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio R.G. n. 49497/2017 promosso da:

(…) C.F. (…) E (…) C.F. (…) (Avv. (…))

-attori-

contro

(…) C.F. (…) E (…) C.F. (…) (Avv. (…))

-convenuti-

con la chiamata in causa di (…) S.P.A. P I. (…) (Avv. (…))

-terza chiamata-

Oggetto: RISARCIMENTO DANNI DA SINISTRO STRADALE – LESIONE PERSONALE

Conclusioni: come da fogli depositati per via telematica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con atto di citazione regolarmente notificato i signori (…) e (…) esponevano: che in data 12.7.2016, giornata piovosa,

alle ore 7,50 la sig.ra (…), mentre si recava sul luogo di lavoro in Milano, scesa dal tram linea 15 proveniente da piazza Fontana, nell’attraversare l’incrocio di via Pezzotti in direzione via Bonghi, veniva investita dall’autovettura Peugeot 208 Tg. (…), condotta dalla sig.ra (…) e di proprietà del sig. (…); che la sig.ra (…), vedendo il semaforo verde per l’attraversamento pedonale della corsia del tram, vedendo le auto ferme in colonna per la svolta a sinistra e nella convinzione che fosse verde anche il tratto di attraversamento successivo, procedeva con il completamento dell’attraversamento, quando veniva colpita e scagliata a distanza di diversi metri dalla Peugeot 208, sopraggiunta all’improvviso ed a forte velocità, che non attuava alcuna manovra o frenata, né dava segnalazione acustica; che nell’occorso l’attrice perdeva conoscenza e veniva trasportata d’urgenza presso il P.S. del Policlinico di Milano, ove veniva ricoverata con diagnosi di trauma cranio-encefalico, frattura del bacino e politraumatismi, e sottoposta a diversi interventi chirurgici; che alla stabilizzazione del quadro clinico veniva dimessa in data 1.8.2016 e trasferita presso Villa Beretta a Costa Masnaga (LC) per essere sottoposta alle necessarie cure di riabilitazione cognitiva e motoria; che in data 13.10.2016 veniva dimessa e proseguiva il trattamento riabilitativo neuromotorio in regime ambulatoriale; che solamente in data 13.1.2017, dopo 185 giorni dall’incidente, veniva chiusa la pratica di infortunio dall’INAIL e veniva consentita la ripresa dell’attività lavorativa; che la consulenza medico-legale di parte della dott.ssa Garavaglia aveva valutato i postumi permanenti residuati nella misura del 33%; che, a seguito del sinistro, anche il marito della sig.ra (…), sig. (…), aveva subito un peggioramento delle proprie condizioni di vita, non solo per l’assistenza prestata e da prestarsi alla moglie, ma anche per l’alterazione della serenità dei rapporti familiari conseguente all’alterazione della condizione psicofisica ed umorale della signora.

Ciò premesso, e dopo aver argomentato sulla presunzione iuris tantum di colpa che l’art. 2054 co. 1 c.c. pone a carico del conducente di un veicolo senza guida di rotaie nel caso di investimento di un pedone, nonché sulla responsabilità solidale del proprietario dell’auto, gli attori convenivano in giudizio innanzi all’intestato Tribunale i sig.ri (…) e (…) per sentirli condannare in via solidale, previo accertamento della responsabilità esclusiva (o, in via subordinata, concorrente) della prima, al risarcimento di tutti i danni da loro patiti a seguito del sinistro per cui è causa, quantificati in Euro 164.392,00 quanto alla sig.ra (…) (pari al danno differenziale, determinato detraendo dal danno biologico calcolato secondo le Tabelle milanesi l’indennizzo riconosciuto da INAIL limitatamente al valore capitale del danno biologico), nonché in Euro 30.000,00 quanto al sig. (…), a titolo di danno “parentale”.

Si costituivano tempestivamente i convenuti per contestare le domande attoree, deducendo l’esclusiva responsabilità dell’attrice sig.ra (…) nella causazione del sinistro, per aver attraversato la strada di corsa, pur in presenza di segnale semaforico pedonale rosso nella propria direzione, per di più al di fuori delle strisce pedonali, come confermato dai testi oculari sentiti dalla Polizia Locale. Concludevano quindi per il rigetto delle domande attoree, in quanto infondate in fatto e in diritto. In ogni caso, per l’ipotesi di accertamento anche parziale di responsabilità in capo alla sig.ra Incorvaia, chiedevano di essere manlevati e tenuti indenni dalla compagnia assicuratrice per la RCA del veicolo Peugeot 208 tg. (…), (…) s.p.a., previa autorizzazione alla chiamata in causa di quest’ultima. Chiedevano inoltre disporsi la sospensione ex art. 295 c.p.c. del presente giudizio in attesa della definizione del giudizio R.G. n. 16112/2017 pendente innanzi al Giudice di Pace ed introdotto dal sig. (…) nei confronti della sig.ra (…) per sentirla dichiarare tenuta e condannare a risarcire il danno materiale subito dal veicolo di sua proprietà. Autorizzatane la chiamata in causa, si costituiva (…) s.p.a., aderendo in punto di fatto all’esposizione del proprio assicurato, opponendo la responsabilità esclusiva, o quanto meno largamente prevalente, del pedone investito, contestando il quantum delle avverse pretese, nonché il danno riflesso asseritamente patito dal coniuge, e dando atto della rivalsa azionata da INAIL.

Assegnati alle parti i richiesti termini di cui all’art. 183 co. 6 c.p.c., la causa veniva istruita mediante la parziale ammissione dei capitoli di prova dedotti dalle parti, sui quali venivano escussi i testi indicati all’udienza del 26.10.2020 (a seguito di rinvii d’ufficio disposti nel corso della pandemia Covid-19), nonché mediante la disposizione di CTU medico-legale sulla persona dell’attrice, all’esito della quale veniva ritenuta matura per la decisione. All’udienza del 17.3.2022 fissata per la precisazione delle conclusioni la causa veniva quindi trattenuta in decisione, previa assegnazione dei termini massimi di legge per conclusionali e repliche, termini dei quali si avvalevano tempestivamente gli attori e la terza chiamata, mentre i convenuti depositavano in data 18.5.2022, tardivamente rispetto al termine scaduto lunedì 16.5.2022, la sola comparsa conclusionale, della quale non può tenersi conto ai fini della decisione.

Preliminarmente va rilevato che la sentenza del Giudice di Pace di Milano n. 6403/2019 (v. allegato alla nota di deposito attorea del 14.10.2019), pacificamente ormai definitiva, che ha accertato “la responsabilità presuntiva concorsuale delle parti”, condannando l’odierna attrice sig.ra (…) al pagamento in favore del sig. (…) del 50% della somma di Euro 2.302,76 a titolo di danni materiali al veicolo Peugeot 208, non può avere valenza di giudicato nel presente giudizio, che non verte tra le medesime parti, ma vede la partecipazione della terza chiamata (…) s.p.a. (v. Cass. n. 4241/2013).

Circa la dinamica del sinistro vengono in rilievo anzitutto le risultanze del rapporto della Polizia Locale del Comune di Milano (doc. 4 att.), ove, all’esito dell’audizione dei testi presenti sul posto e dei rilievi fotoplanimetrici, si legge la seguente descrizione e sintetica ricostruzione: “Lo scrivente accertava, sia all’arrivo che durante la sua permanenza in luogo, il regolare funzionamento sui colori dell’impianto semaforico. L’intersezione teatro dell’evento è costituita dalla via Pezzotti e dalla via Bonghi. La via Pezzotti, strada rettilinea suddivisa in tre carreggiate separate da spartitraffico in rilievo a verde, le due esterne unidirezionali sono destinate alla circolazione promiscua. La carreggiata interessata al sinistro in trattazione misura m. 5,62, mentre la centrale, larga m. 10,02 è inserita una sede tramviaria. Sulla base delle notizie acquisite e dei rilievi effettuati, veniva determinato che nella fase remota del sinistro il veicolo “A” percorreva la via Pezzotti in direzione di viale Tibaldi, e, giunto in prossimità dell’intersezione semaforizzata con la via Bonghi, all’improvviso, investiva un pedone che giungeva dalla sua sinistra in direzione di via Spadolini.”.

Occorre quindi esaminare le deposizioni testimoniali assunte nel presente giudizio. Quanto alla teste (…), che nelle circostanze di tempo e di luogo del sinistro per cui è causa si trovava di fianco alla Peugeot condotta dalla convenuta Incorvaia, e che non ha visto l’impatto tra quest’ultima e l’attrice, in quanto intenta a guardare il navigatore, la stessa in risposta al capitolo 3 della terza chiamata ha dichiarato quanto segue: “oggi dopo 4 anni non ricordo la circostanza relativa al semaforo verde per la Peugeot, ma se nella immediatezza dei fatti ho dichiarato alla Polizia Locale che il semaforo era verde vuol dire che era così.”. In effetti sul rapporto della Polizia Locale si legge la seguente dichiarazione resa dalla sig.ra (…) all’Agente verbalizzante: “Quello di cui sono sicurissima è che al momento dell’urto il semaforo di svolta a sinistra era rosso, mentre quello per andar dritto era verde.”

Quanto alla deposizione resa dalla sig.ra (…), non si ritiene che la sua attendibilità possa essere messa in discussione in base alla risposta data al capitolo 1 di parte attrice (“preciso che il pedone stava correndo verso il tram della fermata di via Pezzotti”), essendo al contrario pacifico tra le parti che il senso dell’attraversamento sia stato dalla fermata del tram verso la parte opposta di via Pezzotti: trattasi di imprecisione che può essere dovuta ad un ricordo non nitido a distanza di anni dall’evento, ma che non può inficiare la restante parte della deposizione in questione.

Meritano invece di essere sottolineate le seguenti precise dichiarazioni della sig.ra (…): “nelle circostanze di tempo e di luogo indicate nel capitolo mi trovavo nella macchina dietro a quella della convenuta. (…) confermo che il pedone ha attraversato fuori dalle strisce pedonali e con semaforo rosso ed ostruiva la strada al veicolo Peugeot. (…) confermo l’investimento, ma la Peugeot aveva semaforo verde e stava andando piano.”. Inoltre la teste, in risposta al capitolo 5 di parte convenuta, ha confermato la seguente dichiarazione da lei resa alla Polizia Locale: “Giunta in prossimità dell’intersezione semaforizzata tra via Pezzotti e via Bonghi, notavo che la palina semaforica per chi doveva andare dritto era verde, mentre quella della freccia a sinistra era rossa. All’improvviso notavo che, come l’autovettura che mi precedeva si immetteva nell’incrocio, una signora, correndo, passava davanti all’autovettura ferma per la svolta e nonostante il conducente cercasse di frenare per evitare l’impatto non vi riusciva, investendola. (…) quello di cui sono sicurissima è che il pedone impegnava l’incrocio molto lontano dalle strisce pedonali, al centro della carreggiata, e per di più correndo, incurante dei colori del semaforo; io sono riuscita a vedere tutta la scena proprio perché ero arretrata rispetto all’autovettura che l’ha investita.”.

Infine, il teste (…) ha riferito quanto segue: “nelle circostanze di tempo e di luogo indicate nel capitolo avevo appena attraversato il semaforo con luce gialla sulle strisce pedonali; in quel momento io stavo dando le spalle, quando mi sono girato ho visto che il semaforo per i pedoni era rosso, l’auto ferma poco dopo il semaforo con le ruote posteriori sulle strisce, il pedone l’ho visto per terra dopo quando mi sono avvicinato perché era di fianco all’auto.”

Va poi rimarcato che la convenuta Incorvaia in sede di interrogatorio formale, in risposta al capitolo 1 di parte attrice, ha precisato che “la signora (…) ha attraversato all’altezza del semaforo sulla linea di arresto delle auto e con semaforo rosso, io avevo il verde”, ragion per cui dal raffronto con le foto del luogo del sinistro eseguite dalla Polizia Locale e prodotte al do. 16 att. è possibile concludere che l’attraversamento dell’attrice sia avvenuto non al centro dell’incrocio, bensì in prossimità delle strisce pedonali poste in corrispondenza dell’attraversamento semaforico, precisamente sulla linea di arresto delle auto che è strettamente adiacente a tali strisce, a nulla rilevando che dopo l’impatto la stessa attrice, a causa della violenza dell’urto, sia stata sbalzata a circa un paio di metri di distanza dopo l’attraversamento pedonale (v. parte finale della deposizione del teste (…)).

Così stando le cose, sulla scorta delle emergenze della prova orale in atti e del rapporto di incidente non può revocarsi in dubbio che l’attrice sia stata investita mentre attraversava con il semaforo rosso, e più precisamente poco dopo che il segnale di arresto per i pedoni era scattato, visto che il teste (…) ha dichiarato di essere appena passato con il giallo, circostanza questa confermata dalla stessa convenuta, che in sede di interrogatorio formale ha ricordato di aver visto passare prima dell’attrice un ragazzo correndo.

Ed allora, non apparendo del tutto superata da parte convenuta la presunzione di responsabilità di cui all’art. 2054 co. 1 c.c., devono qui richiamarsi i condivisibili principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in casi sovrapponibili o analoghi a quello di specie:

“L’accertamento del comportamento colposo del pedone investito da veicolo non è sufficiente per l’affermazione della sua esclusiva responsabilità, essendo pur sempre necessario che l’investitore vinca la presunzione di colpa posta a suo carico dall’art. 2054, comma 1, c.c., dimostrando di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno e tenendo conto che, a tal fine, neanche rileva l’anomalia della condotta del primo, ma occorre la prova che la stessa non fosse ragionevolmente prevedibile e che il conducente avesse adottato tutte le cautele esigibili in relazione alle circostanze del caso concreto, anche sotto il profilo della velocità di guida mantenuta.” (Cass. n. 8663/2017).

“La presunzione di colpa del conducente di un veicolo investitore, prevista dall’art. 2054, comma 1, c.c., non opera in contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito, fondata sul rapporto di causalità fra evento dannoso e condotta umana, e, dunque, non preclude, anche nel caso in cui il conducente non abbia fornito la prova idonea a vincere la presunzione, l’indagine sull’imprudenza e pericolosità della condotta del pedone investito, che va apprezzata ai fini del concorso di colpa, ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c., ed integra un giudizio di fatto che, come tale, si sottrae al sindacato di legittimità se sorretto da adeguata motivazione.” (Cass. n. 842/2020).

“In caso di investimento pedonale, la circostanza che il pedone abbia repentinamente attraversato un incrocio regolato da semaforo per lui rosso non vale ad escludere la responsabilità dell’automobilista, ove tale condotta anomala del pedone fosse – per le circostanze di tempo e di luogo, che avrebbero consigliato una maggiore prudenza e in particolare una minore velocità – ragionevolmente prevedibile. (Nella specie, il conducente si trovava in pieno centro città, in una zona di attraversamento pedonale e in una giornata piovosa).” (Cass. n. 3964/2014).

Orbene, nel caso di specie l’attraversamento con il rosso da parte dell’attrice in spregio al divieto di cui all’art. 41 co. 5 lett. a) Cod. Strada costituisce senz’altro condotta colposa grave, ma non tale da essere causa esclusiva del sinistro, tenuto conto che non era imprevedibile da parte della convenuta Incorvaia l’attraversamento di pedoni con il rosso, tanto più nell’imminenza della successione al giallo di tale segnale.

Facendo applicazione degli artt. 1227 co. 1 e 2056 c.c. si ritiene pertanto di poter diminuire il risarcimento dovuto dai convenuti ai sensi dell’art. 2054 commi 1 e 3 c.c., tenuto conto della gravità del concorso colposo dell’attrice e dell’entità delle conseguenze che ne sono derivate (non si dimentichi che la teste (…) ha dichiarato che la sig.ra (…) ha attraversato correndo), che portano ad attribuire alla stessa attrice una quota di responsabilità del 50%.

La responsabilità delle parti convenute per l’investimento per cui è causa deve pertanto essere limitata alla residua quota del 50%.

Non rimane che concentrarsi sugli aspetti del quantum debeatur.

Sul punto le considerazioni medico-legali del CTU dott. (…), da condividersi in quanto congruamente ed esaustivamente motivate dal punto di vista logico e metodologico, oltre che non contestate, sono le seguenti:

“In data 12 luglio 2016, in conseguenza dell’evento lesivo per cui è causa, la sig.ra (…) riportò:

Trauma cranio-encefalico con Ematoma sottodurale acuto traumatico temporo-parietale destro con necessità di evacuazione neurochirurgica tramite craniotomia.

Trauma toracico sinistro con Fratture costali IV alla X a sinistra di cui la VIII e la IX scomposte e frattura del tratto laterale della clavicola con sublussazione dell’articolazione acromion-claveare

Trauma del bacino con fratture complesse (fracasso):

Frattura dell’aletta sacrale destra.

Frattura composta della branca ischiatica destra.

Frattura pluriframmentaria scomposta della branca ischiatica sinistra e delle branche ileo-ischio-pubica sinistra a livello della sinfisi.

Frattura pluriframmentaria della branca ileopubica destra a livello della giunzione con l’osso iliaco.

Lesione arteriosa e sanguinamento attivo in corrispondenza delle fratture prossime alla sinfisi pubica con ematoma.

A seguito di tali lesioni, derivò un periodo di invalidità temporanea assoluta di 93 (novantatré) giorni, un periodo di invalidità temporanea parziale, mediamente al 75%, di 60 (sessanta) giorni, nonché un periodo di invalidità temporanea parziale, mediamente al 50%, di 30 (trenta) giorni.

Nel periodo indicato quale invalidità assoluta le condizioni cliniche documentate e/o attendibilmente sussistenti furono tali, per impegno terapeutico per la necessita di interventi chirurgici in anestesia generale, trattamenti fisioterapici principalmente volti alla rieducazione della deambulazione, dolore con costante terapia antidolorifica e ampia preclusione sul “fare quotidiana”, da poter qualificare lo stato di sofferenza psicofisica di grado elevato-elevatissimo; nel periodo di malattia indicata in forma parziale mediamente al 75 e 50%, è da ritenere che le condizioni di salute della perizianda, in considerazione della consapevolezza delle ripercussioni negative sul fare quotidiano, limitazione nello svolgimento delle attività quotidiane e restrizione degli aspetti dinamico relazionale della vita, legati alle difficoltà soprattutto deambulatorie con necessità di uso di stampelle, aiuto parziale di terzi, assunzione di terapia antidolorifica e riabilitazione fisioterapica, fossero tali da determinare uno stato di sofferenza psicofisica tra il moderato e l’elevato. Residua una riduzione della preesistente integrità psicofisica della sig.ra (…) quantificabile, in termini di danno biologico/dinamicorelazionale, in quanto espressione di invalidità permanente, nella misura del 30% (trenta percento).

L’attrice presenta una costante sintomatologia soggettiva come meglio spiegato in narrativa, incidente sul fare quotidiano, limitandone in maniera lieve talune comprensibili attività quotidiane, anche per la presenza frequente di dolore che, allorché si riacutizzi necessita della saltuaria assunzione di antidolorifici; la menomazione complessiva risulta evidente all’osservazione di terzi solo occasionalmente;

Vi è la necessità occasionale di terapie, non vi è necessità di presidi protesici e/o dell’ausilio di terzi.

Lo stato menomante nel suo complesso determina un disturbo della cenestesi lavorativa per maggiore affaticamento negli spostamenti e nel mantenimento di posizioni coatte.

Tale stato menomante, tenuto conto di quanto obiettivato e di quanto anamnesticamente riferito, configura uno stato di sofferenza menomazione correlata attendibilmente di grado lieve.

Dagli atti di causa NON risultano spese mediche, sostenute in proprio dall’attrice, relative a prestazioni mediche esclusivamente connotate in senso diagnostico terapeutico e risultate necessarie e congrue in quanto giustificate dalla natura e dall’entità delle lesioni subite, in quanto sostenute dal SSN e dall’INAIL; non si delinea la necessità di spese future. Eventualmente spese di tipo fisiatrico potranno essere sostenute dal SSN.”

Ed allora, circa gli aspetti del quantum debeatur, le lesioni riportate dall’attrice a seguito del sinistro del 12.7.2016 hanno comportato, secondo la valutazione espressa dal C.T.U., un periodo di inabilità temporanea di 93 giorni al 100%, di 60 al 75% e di 30 al 50%. Il CTU ha peraltro valutato che il danno temporaneo subito dall’attrice ha determinato una sofferenza soggettiva di grado elevato-elevatissimo nei 93 giorni di inabilità assoluta e tra il moderato e l’elevato nel restante periodo, quindi si stima confacente ad un integrale ristoro un importo giornaliero per l’invalidità temporanea assoluta pari a Euro 130,00. Complessivamente si ottiene dunque l’importo di Euro 19.890,00.

Circa la liquidazione del danno biologico permanente del 30%, tenuto conto della gravità delle lesioni e dell’entità dei postumi permanenti (per i quali è stata stimata una sofferenza soggettiva di grado lieve), avuto riguardo ai criteri di liquidazione del danno alla persona indicati dall’Osservatorio sulla giustizia civile di Milano Edizione 2021, nell’ottica di una liquidazione unitaria del danno non patrimoniale biologico e di ogni altro danno non patrimoniale connesso alla lesione della salute, può essere riconosciuto per i postumi permanenti, avuto riguardo all’età dell’attrice all’epoca della stabilizzazione dei postumi permanenti (48 anni), l’importo in moneta attuale di Euro 158.785,00. Si precisa che per i postumi permanenti si è applicata una personalizzazione nella misura del 10% (quella massima prevista è del 29%), tenuto conto che il CTU ha specificato che vi è la presenza frequente di dolore con occasionale assunzione di antidolorifici e che lo stato menomante nel suo complesso determina un disturbo della cenestesi lavorativa per maggiore affaticamento negli spostamenti e nel mantenimento di posizioni coatte. A tale importo va aggiunto il superiore importo di Euro 19.890,00 per invalidità temporanea, così ottenendosi l’importo complessivo in moneta attuale di Euro 178.675,00, in cui è già ricompresa la componente del danno morale, denominazione tradizionale del danno non patrimoniale conseguente alle lesioni in termini di sofferenza soggettiva, in quanto da presumersi in base all’entità ed agli effetti delle lesioni patite, anche per le già viste ripercussioni in termini di sofferenza psico-fisica e di maggiore usura lavorativa.

Alla predetta somma va applicata la riduzione del 50% in ragione del concorso di colpa dell’attrice, così ottenendosi l’importo di Euro 89.337,50.

Va poi considerato che trattasi di infortunio in itinere verificatosi prima del 1.1.2019, dovendosi quindi applicare i principi espressi dalla Suprema Corte, secondo cui in tema di liquidazione del danno biologico cd. differenziale, di cui il datore di lavoro (o in questo caso il responsabile del sinistro) è chiamato a rispondere nei casi in cui opera la copertura assicurativa INAIL in termini coerenti con la struttura bipolare del danno-conseguenza, va operato un computo per poste omogenee, sicché, dall’ammontare complessivo del danno biologico, va detratto non già il valore capitale dell’intera rendita costituita dall’INAIL, ma solo il valore capitale della quota di essa destinata a ristorare, in forza dell’art. 13 del D.Lgs. n. 38 del 2000, il danno biologico stesso, con esclusione, invece, della quota rapportata alla retribuzione ed alla capacità lavorativa specifica dell’assicurato, volta all’indennizzo del danno patrimoniale (Cass. n. 20807/2016).

Si rammenta al riguardo anche quanto statuito dalle Sezioni Unite della Suprema Corte, secondo cui “l’importo della rendita per l’inabilità permanente, corrisposta dall’INAIL per l’infortunio “in itinere” occorso al lavoratore, va detratto dall’ammontare del risarcimento dovuto, allo stesso titolo, al danneggiato da parte del terzo responsabile del fatto illecito, in quanto essa soddisfa, neutralizzandola in parte, la medesima perdita al cui integrale ristoro mira la disciplina della responsabilità risarcitoria del terzo al quale sia addebitabile l’infortunio, salvo il diritto del lavoratore di agire nei confronti del danneggiante per ottenere l’eventuale differenza tra il danno subìto e quello indennizzato.” (Cass. Sez. U -, Sentenza n. 12566 del 22/05/2018)

Dal prospetto di calcolo acquisito ex art. 213 c.p.c., fatto pervenire da INAIL al dicembre 2021, risulta che il valore della rendita annua capitalizzata che sarà versata all’attrice è pari a Euro 64.700,30 per danno biologico e a Euro 129.801,63 per danno patrimoniale. Risulta inoltre che alla stessa data la sig.ra (…) aveva già percepito da INAIL una somma complessiva pari a Euro 38.764,45. In relazione a quest’ultima somma, in assenza di diverse indicazioni dell’Ente, si ritiene possibile applicare la medesima proporzione tra le due voci di danno riconosciute a titolo di rendita futura. Alla luce di tale criterio l’importo già percepito al 24.12.2021 da parte dell’attrice a titolo di danno biologico è pari a Euro 12.894,84. Non si ritiene di dover rivalutare tale importo ad oggi, stante la non apprezzabile svalutazione monetaria. Sommando l’importo di Euro 64.700,30 e l’importo di Euro 12.894,84 si ottiene l’importo complessivo di Euro 77.595,14, da detrarre dall’importo come sopra calcolato di Euro 89.337,50. Residua così l’importo di Euro 11.742,36, da corrispondersi a titolo di danno non patrimoniale dalle parti convenute in solido all’attrice.

Tale somma, prima devalutata e poi via via rivalutata (cfr. Cass. SS.UU. n. 1712/1995), va maggiorata di interessi compensativi al tasso legale (stimato equo da questo Tribunale) a far tempo dalla data del sinistro (12.7.2016) fino alla data della presente pronuncia, nonché dei soli interessi legali da quest’ultima data al saldo.

Venendo alle domande dell’altro attore sig. (…), ad avviso del Tribunale non merita accoglimento la domanda avente ad oggetto il risarcimento del danno riflesso per asserita grave lesione del rapporto parentale. A prescindere, invero, dalla percentuale di invalidità permanente riconosciuta al coniuge direttamente leso, che risulta essere ai limiti della soglia minima al di sopra della quale il danno in questione è stato riconosciuto al familiare (v. Cass. n. 2788/2019, che concerne però una fattispecie particolare, in cui il danno biologico permanente del 30% subito dalla moglie era tale da comprometterne la vita sessuale), troppo vaghe al riguardo appaiono infatti le deduzioni attoree, che non sarebbero state utilmente corroborate neppure dalla eventuale conferma in sede testimoniale dei capitoli di prova 12 e 13, non ammessi proprio per la loro genericità. In tali capitoli si deduceva infatti la circostanza che fino al 12.7.2016 i coniugi (…)-(…) frequentassero circa due volte alla settimana amici e parenti e che avessero interrotto tali uscite serali fino a dopo l’estate del 2018.

L’asserito “danno parentale” del sig. (…) viene da ultimo, riprendendo le deduzioni svolte nei precedenti atti, così prospettato in comparsa conclusionale (v. pag. 26): “A seguito del sinistro occorso alla moglie, il sig. (…) ha vissuto dal 12/07/2016 al 13/01/2017 un vero e proprio calvario per assistere la moglie durante la fase di degenza a causa delle ricadute e per i molteplici ricoveri, i trasferimenti, gli interventi, la riabilitazione…ancora oggi il Sig. (…), in rispetto ai doveri propri di marito, spende tutto il tempo extra lavorativo con la propria moglie -precludendosi tutte le attività ludiche o ricreative – ed accudendola nella vita quotidiana. Sono quindi notevoli le conseguenze lesive dal punto di vista esistenziale occorse anche al marito, che sin dal giorno 12/07/2016 ha subito un grave peggioramento delle proprie condizioni di vita non solo per la necessaria assistenza che ha dovuto prestare, presta e presterà nei confronti della moglie ma soprattutto per l’alterazione della condizione psicofisica ed umorale della signora che hanno alterato la serenità ed integrità dei rapporti familiari. Infatti, il sig. (…) non può più godere della vicinanza e della compagnia della moglie neppure in tutte quelle attività che per la maggioranza delle persone sono semplici attività ordinarie, ma che di certo contribuiscono a dare un senso ed una gioia alla vita coniugale: le passeggiate quotidiane dopo cena, le gite fuori Milano nel fine settimana, la cena fuori casa, le vacanze.”.

Se non che tale prospettazione non appare congruente rispetto alle condizioni fisiche della sig.ra (…) a seguito della stabilizzazione dei postumi del sinistro del 12.7.2016, atteso che, come si legge nella CTU medico-legale (v. pag. 39), “l’attrice presenta una costante sintomatologia soggettiva come meglio spiegato in narrativa, incidente sul fare quotidiano, limitandone in maniera lieve talune comprensibili attività quotidiane, anche per la presenza frequente di dolore che, allorché si riacutizzi necessita della saltuaria assunzione di antidolorifici; la menomazione complessiva risulta evidente all’osservazione di terzi solo occasionalmente; Vi è la necessità occasionale di terapie, non vi è necessità di presidi protesici e/o dell’ausilio di terzi. Lo stato menomante nel suo complesso determina un disturbo della cenestesi lavorativa per maggiore affaticamento negli spostamenti e nel mantenimento di posizioni coatte. Tale stato menomante, tenuto conto di quanto obiettivato e di quanto anamnesticamente riferito, configura uno stato di sofferenza menomazione correlata attendibilmente di grado lieve.”. Non sembra quindi che l’attuale quadro clinico-sintomatico, pur comportante un maggiore affaticamento negli spostamenti, sia tale da impedire alla sig.ra (…) di svolgere la sua vita coniugale con il marito, sia pure con qualche limitazione rispetto al passato, tenuto peraltro conto che non sono state specificamente dedotte e dimostrate abitudini di vita anteriori diverse da quelle ordinarie, costituite da passeggiate dopo cena, gite fuori Milano nel fine settimana e vacanze. In definitiva non può affermarsi che il sig. (…) abbia subito uno sconvolgimento delle sue normali abitudini di vita o abbia dovuto compiere scelte di vita radicalmente diverse, dovendosi piuttosto ritenere che le maggiori attenzioni da rivolgere alla moglie rientrino nei reciproci obblighi di assistenza morale e materiale gravanti sui coniugi. La domanda del sig. (…) relativa alla lesione del rapporto coniugale va quindi respinta.

Quanto al danno patrimoniale emergente e da lucro cessante vantato dal sig. (…), la relativa domanda va dichiarata inammissibile in quanto tardiva, atteso che nelle conclusioni e nel corpo dell’atto di citazione è stata articolata domanda per il risarcimento del solo danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale. Soltanto a pag. 3 della prima memoria ex art. 183 co. 6 c.p.c. è stato genericamente dedotto da un lato che durante il tempo di ricovero della moglie presso l’Ospedale Valduce a Costa Masnaga (LC) il sig. (…) ha dovuto sostenere spese di trasporto e di alloggio per starle vicino, e d’altro lato che lo stesso (…), di professione tassista, ha dovuto ridurre il proprio impegno lavorativo per assistere la moglie.

Si rammenta che secondo la Suprema Corte a Sezioni Unite “la modificazione della domanda ammessa ex art. 183 cod. proc. civ. può riguardare anche uno o entrambi gli elementi oggettivi della stessa (“petitum” e “causa petendi”), sempre che la domanda così modificata risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio” (Cass. Sez. U, n. 12310/2015), requisito che non appare rispettato nel caso in oggetto, in cui sono stati dedotti differenti elementi costitutivi a fondamento di un diritto al risarcimento del danno di natura diversa. In definitiva va accolta la sola domanda dell’attrice (…) e nei limiti sopra precisati.

In accoglimento della loro domanda di manleva, (…) s.p.a. deve essere dichiarata tenuta e condannata a manlevare e tenere indenni i convenuti delle somme da essi dovute all’attrice per capitale, interessi e spese legali e di CTU. Sussistono gravi ed eccezionali ragioni, in considerazione dell’esito del giudizio, che ha visto l’accoglimento delle domande attoree in misura notevolmente ridotta sia nell’an che nel quantum, per dichiarare compensate nella misura della metà le spese di lite tra le parti, con condanna delle parti convenute in solido alla rifusione nei confronti dell’attrice della restante metà di dette spese, liquidate per l’intero come da dispositivo, tenuto conto del valore effettivo della causa e della natura delle questioni trattate. Va disposta la distrazione in favore del procuratore antistatario, richiesta nella comparsa conclusionale.

Le spese di CTU, come già liquidate in corso di causa, vengono poste definitivamente a carico delle parti convenute in solido per prevalente soccombenza.

P.Q.M.

Il Tribunale di Milano, Sezione X civile, in persona del G.U. dott.ssa Grazia Fedele, definitivamente pronunciando nella causa come in epigrafe promossa, ogni contraria istanza, domanda ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede: 1) dichiara la responsabilità concorrente dell’attrice (…) (nella misura del 50%) e della convenuta (…) (nella misura del 50%) nella causazione del sinistro del 12.7.2016;

2) per l’effetto dichiara tenuti e condanna in solido i convenuti (…) e (…) a corrispondere all’attrice (…) a titolo di risarcimento del danno l’importo di Euro 11.742,36 (già ridotto del 50% e decurtato dell’indennità INAIL), oltre rivalutazione e interessi come in parte motiva;

3) respinge le domande dell’attore (…);

4) compensate le spese di lite nella misura della metà, dichiara tenuti e condanna i convenuti in solido a rifondere all’attrice, con distrazione in favore del procuratore antistatario, la restante metà delle spese di lite, che liquida per l’intero in Euro 786,00 per esborsi ed Euro 10.000,00 per compenso professionale, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge;

5) pone le spese di CTU, come già liquidate in corso di causa, definitivamente a carico dei convenuti in solido;

6) dichiara tenuta e condanna la terza chiamata (…) s.p.a. a manlevare e tenere indenni i convenuti delle somme di cui ai precedenti punti 2, 4 e 5.

Milano, 10 gennaio 2023.

Depositata in Cancelleria il 11 gennaio 2023.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.