Nell’esecuzione del contratto d’opera professionale, l’avvocato è tenuto a mantenere una diligenza commisurata al tipo di prestazione richiestagli (art. 1176 c.c.), ovvero un grado di diligenza medio a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà: in tal caso la responsabilità del professionista è attenuata, configurandosi, secondo l’espresso disposto dell’art. 2236 c.c., solo nel caso di dolo o colpa grave, con conseguente elusione nell’ipotesi in cui nella sua condotta si riscontrino soltanto gli estremi della colpa lieve.

 

Corte d’Appello Milano, Sezione 2 civile Sentenza 11 settembre 2018, n. 4058

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI MILANO

SEZIONE SECONDA CIVILE

nelle persone dei seguenti magistrati:

dr. Walter Saresella – Presidente

dott.ssa Gabriella Anna Maria Schiaffino – Consigliere

dr. Mario Migliano – Giudice aus. rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. r.g. 667/2017 promossa in grado d’appello

DA

(…) (C.F. (…)), elettivamente domiciliato in VIA (…) 20122 MILANO presso lo studio dell’avv. BO.AN., che lo rappresenta e difende come da delega in atti, unitamente all’avv. AL.VI. ((…)) VIA (…) MILANO;

APPELLANTE

CONTRO

(…) (C.F. (…)), elettivamente domiciliata in VIA (…) 20129 MILANO presso lo studio dell’avv. SC.RI., che lo rappresenta e difende come da delega in atti,

APPELLATO

E

(…) S.P.A (C.F. (…)), elettivamente domiciliata in Corso (…), 20129 Milano presso lo studio dell’avv. Mi.Co., che la rappresenta e difende come da delega in atti,

APPELLANTE INCIDENTALE

Avente ad oggetto: l’impugnazione della sentenza del Tribunale di Milano prima sez. civile n. 72/2017 pronunciata e pubblicata il giorno 05.01.2017 (proc. n. 23363/2013 rg),

MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO

Con sentenza n. 72/2017 pronunciata il 5/01/2017 e pubblicata in pari data, il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando nella causa promossa da (…), nei confronti dell’Avv. (…), con la chiamata in causa di (…) spa ha così deciso:

– respinge la domanda proposta da (…) nei confronti di (…);

– condanna parte attrice alla rifusione delle spese di lite sostenute nel presente giudizio da che si liquidano in Euro 11.430,00 (di cui Euro 2.430,00 per fase studio, Euro 1.550,00 per fase introduttiva, Euro 3.000,00 per fase di trattazione/istruzione ed Euro 4.050,00 per fase decisionale) oltre accessori di legge nonché di quelle sostenute da (…) spa quale terzo chiamato in garanzia dalla convenuta che si liquidano in Euro 7.500,00 complessivamente oltre accessori.

Tale sentenza è stata impugnata da (…), che chiede la riforma della medesima sentenza, previa sospensione della provvisoria esecutorietà della stessa, sulla base dei seguenti motivi di appello:

1) Errata e contraddittoria interpretazione delle risultanze processuali;

2) Ingiusta condanna alle spese di lite a favore del terzo chiamato;

3) Travisamento dei fatti di causa e omessa/insufficiente motivazione;

4) Ingiusta quantificazione delle spese di lite.

Secondo l’appellante, il Tribunale di Milano, ha errato nel ritenere che, il convenuto avvocato ha adempiuto in modo sufficientemente diligente alla sua prestazione nei confronti del cliente (…). L’appellante, infatti, ritiene che, la negligenza professionale del legale di fiducia, derivi dal fatto che, il professionista nel giudizio arbitrale, che lo vedeva coinvolto ad istanza della società (…), non ha proposto richiesta di adempimento del contratto di appalto e l’applicazione della penale ivi prevista, per il ritardo nella consegna delle opere, adottando invece, la scelta opposta di chiedere in via riconvenzionale la risoluzione del contratto di appalto e la condanna dell’appaltatore alla restituzione delle somme corrisposte dal suo cliente, domanda che il collegio arbitrale ha respinto. La mancata estensione della difesa anche alla richiesta di attivazione della penale e alla rilevanza dei vizi e difetti dell’opera, ha impedito l’esame sul punto da parte del collegio arbitrale, diversamente, a giudizio dell’appellante, qualora il collegio arbitrale fosse entrato nel merito della domanda sulla penale per ritardata consegna dell’opera appaltata, sarebbe pervenuto alla conclusione di riconoscere al committente (…), l’importo di Euro 16.866,66 calcolato per un ritardo di 253 giorni sulla consegna pattuita. (già ridotto di 1/3 per il concorso di colpa).

Ulteriori profili di responsabilità professionali in capo all’avv. (…), non considerati dal Tribunale, sono a parere dell’appellante: 1) il comportamento colposo ed irresponsabile tenuto dal professionista per non avere prodotto tempestivamente in giudizio le fatture n. 1, 2, 3 e 4 del 2008 afferenti gli acconti corrisposti dal dr. (…) alla società (…) s.a.s. per l’importo di Euro 50.662,59 (46.056,90 oltre iva); 2) il comportamento negligente tenuto dal professionista, per avere omesso di richiedere la condanna di (…) sas al risarcimento dei danni che, il proprio cliente avrebbe patito per la inevitabile perdita delle agevolazioni fiscali nell’acquisto dell’immobile – come prima casa- e quelli derivanti dalla impossibilità di trasferirvi la residenza nei 18 mesi successivi alla data di acquisto, per colpa imputabile alla società appaltatrice, oltre il danno patito dal cliente per i maggiori oneri sostenuti per ICI ed IMU; 3) il comportamento negligente tenuto dal professionista per avere omesso di comunicare tempestivamente al cliente il conteggio delle somme dovute alla (…) a seguito del Lodo arbitrale, con maggiore esborso per il cliente. L’appellante, con un ulteriore motivo lamenta che, il Tribunale è incorso in un errore per avere condannato l’attore in primo grado, alla rifusione delle spese di lite al terzo chiamato. Secondo l’appellante stante la palese infondatezza della domanda di garanzia formulata dalla convenuta (…), le spese di causa della terza chiamata andavano poste a carico della (…). Con un ultimo motivo l’appellante lamenta l’ingiusta quantificazione delle spese di lite, poste dal primo giudice a carico dell’attore ed in favore della convenuta avv. (…).

L’avv. (…) e (…) spa si sono costituiti in giudizio. La prima ha chiesto respingersi l’appello, eccependo preliminarmente l’inammissibilità dello stesso ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. . (…) spa, formula appello incidentale chiedendo che la sentenza del Tribunale, venga riformata con condanna della (…) alla rifusione delle spese di causa in favore della compagnia di assicurazioni, in luogo dell'(…) con rigetto della domanda di manleva proposta in primo grado per i motivi illustrati in comparsa di risposta

Con ordinanza del 4 luglio 2017 la Corte ha respinto l’istanza proposta da (…) di sospensione della provvisoria esecutorietà della sentenza appellata. All’udienza del 24/10/17 precisate le conclusioni e, concessi i termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche, il Collegio tratteneva la causa per la decisione.

L’appellante formula i motivi di gravame sopra riportati, la valutazione dei quali richiede, innanzitutto, una compiuta ricostruzione in ordine alla vicenda oggetto del giudizio.

(…) con atto di citazione notificato il 21.03.2013 conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Milano, l’avv. (…), chiedendo la condanna della convenuta, al risarcimento dei danni subiti per violazione, da parte del professionista, degli obblighi nascenti dal mandato professionale, conferito da A. all’avvocato, nell’ambito del giudizio arbitrale instaurato da (…) s.a.s. di (…) e (…) contro (…) ed inerente una richiesta di pagamento per lavori di ristrutturazione realizzati dalla società istante sull’immobile di proprietà di (…), sito nel comune di La Th. (…) deduceva che l’avv. (…) nell’assisterlo come legale nel procedimento arbitrale, aveva commesso numerosi errori tali da determinare un grave inadempimento al mandato professionale dal quale ne era derivato un danno patrimoniale. Chiedeva l’attore, quindi, dichiararsi risolto il contratto per inadempimento professionale colposo dell’avvocato, con condanna del professionista convenuto, alla restituzione del compenso ricevuto e al risarcimento del danno subito dal cliente. L’avv. (…) resisteva alla domanda e chiedeva, di essere manlevata in caso di condanna, dalla compagnia di assicurazione di cui alla sua polizza professionale per la responsabilità civile. Il Tribunale di Milano decideva come da sopra riportato dispositivo.

Così ricostruita la vicenda e, procedendo alla valutazione dei motivi di appello articolati dalla difesa di (…), che possono essere esaminati congiuntamente state la loro evidente connessione, si osserva che gli stessi non sono fondati, e l’appello, quindi deve essere respinto.

Ritiene la Corte che il primo giudice ha correttamente deciso la causa con la sentenza impugnata, facendo corretto uso dei principi di diritto in materia, con motivazione immune da vizi.

Si verte nel caso di specie in materia di responsabilità professionale derivante dallo svolgimento di un mandato professionale ricevuto dall’avvocato dal suo cliente (art.li 2230 e ss. c.c.).

Nell’esecuzione del contratto d’opera professionale, l’avvocato è tenuto a mantenere una diligenza commisurata al tipo di prestazione richiestagli (art. 1176 c.c.), ovvero un grado di diligenza medio “a meno che la prestazione professionale da eseguire in concreto involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà: in tal caso la responsabilità del professionista è attenuata, configurandosi, secondo l’espresso disposto dell’art. 2236 c.c., solo nel caso di dolo o colpa grave, con conseguente elusione nell’ipotesi in cui nella sua condotta si riscontrino soltanto gli estremi della colpa lieve” (Cass. 8470/1995).

L’obbligazione assunta dal professionista, infatti, rimane qualificabile quale obbligazione di mezzi e non già di risultato: “l’inadempimento del professionista non può essere desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile sperato dal cliente, ma deve essere valutato alla stregua dei doveri inerenti allo svolgimento dell’attività professionale, ed in particolare del dovere di diligenza, per il quale trova applicazione il criterio di cui all’art. 1176 c.c., sicché la diligenza che il professionista deve utilizzare è quella media, cioè quella del professionista di preparazione professionale e attenzione medie, salvo il caso in cui la prestazione professionale involga la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, nel qual caso la responsabilità è attenuata, configurandosi la previsione di cui all’art. 2236 c.c. solo nel caso di dolo o colpa grave. L’accertamento relativo al se la prestazione professionale implichi la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà è rimesso al giudice di merito ed il relativo giudizio è incensurabile in sede di legittimità sempre che sia sorretto da motivazione congrua ed esente da vizi logici o da errori di diritto” (Cass. 7618/1997, cfr. Cass. II sez. civ. n. 2954/2016).

Il diritto al risarcimento del danno, invero, non insorge automaticamente quale conseguenza di qualsivoglia inadempimento del professionista dovendosi valutare, sulla base di un giudizio probabilistico, se, in assenza dell’errore commesso dall’avvocato, l’esito negativo per il cliente si sarebbe ugualmente prodotto (Cass. 297/2015).

Qualora un soggetto intenda ottenere il risarcimento per un danno che ritiene derivante da negligenza del professionista, graverà su di esso l’onere di provare lo stringente nesso di causalità tra il danno in concreto verificatosi e la condotta del danneggiante (Cass. Civile sez. II del 02/02/2016, n. 1984). Sul piano probatorio quindi, è necessario verificare, caso per caso, se l’evento produttivo del pregiudizio lamentato dal cliente sia riconducibile alla condotta del legale, se ciò abbia prodotto effettivamente un danno ed, infine, se, ove questi avesse tenuto il comportamento dovuto, il suo assistito, alla stregua di criteri probabilistici, avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando, altrimenti, la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale, commissiva od omissiva, ed il risultato derivatone (Cass. Civile sez. III del 5/02/2013 n. 2638).

Il primo giudice a parere della Corte, ha correttamente ritenuto che il ricorrente non ha assolto all’onere probatorio sullo stesso incombente non avendo fornito un quadro probatorio idoneo a suffragare la propria tesi secondo la quale, il professionista sia incorso in plurimi errori difensivi, dettagliatamente riportati nell’atto introduttivo.

Ritiene la Corte che, nel caso di specie il comportamento professionale dell’avvocato nell’attività di patrocinio dell’ambito dell’arbitrato in favore dell'(…), non integri responsabilità professionale, in quanto il buon esito del giudizio, concluso con il lodo del 6 novembre 2012, è dipeso da una interpretazione di leggi e risoluzione di questioni opinabili, senza che il professionista abbia agito con dolo o colpa grave.

Quanto al dedotto difetto di impostazione della domanda davanti al collegio arbitrale lamentato dall’appellante da parte del professionista, ritiene la Corte che, tale circostanza non ha trovato riscontro probatorio nel corso del giudizio dinanzi al Tribunale. Il primo Giudice ha correttamente rappresentato che, nessuna delle parti ha provato le modalità con le quali è stata decisa la strategia difensiva, nel giudizio arbitrale. Osserva la Corte, poi, che la linea difensiva adottata dal professionista nel giudizio arbitrale, non è stata del tuto inappropriata anzi, ha ottenuto un notevole beneficio rispetto alla domanda proposta dalla società appaltatrice nel giudizio deciso con il lodo. Nelle conclusioni rese nel lodo arbitrale nell’interesse di (…), l’avv. (…) ha chiesto accertarsi l’inadempimento della società istante e conseguentemente respingersi la domanda avversaria di condanna al pagamento per i lavori effettuati, perché nulla è dovuto. Ha chiesto altresì, al collegio arbitrale, la condanna della società appaltatrice in favore del committente al risarcimento di tutti i danni, derivanti dal mancato adempimento del contratto d’appalto sottoscritto dalle parti in data 17 luglio 2008. Si tratta pertanto, condividendosi il giudizio del primo giudice, dell’utilizzo di una formula ampia, adottata dal legale, che si adatta anche alla richiesta di mantenimento del contratto. Invero l’espressione risoluzione del contratto non è mai stata utilizzata dalla difesa di parte attrice in tale giudizio. Il primo giudice ha affermato correttamente che, la difesa del convenuto (…) nel giudizio arbitrale, ha adottato una strategia difensiva tale da non limitare la doglianza alla mera attivazione della penale o alla rilevanza dei vizi e difetti ma di introdurre una domanda generale più ampia, per un riesame completo da parte del collegio arbitrale, delle opere svolte e, quindi la verifica di quelle effettivamente dovute e quelle non riconducibili alle richiese della committenza.

La difesa di (…) ha agito per ottenere il risarcimento del danno da inadempimento, e quindi oggetto dell’accertamento, è stato nel giudizio arbitrale, anche l’osservanza del termine di consegna dei lavori della società committente, il cui ritardo avrebbe fatto scattare la penale prevista nel contratto, trattandosi il mancato rispetto del termine di una forma di inadempimento contrattuale sanzionato con l’obbligo di pagamento della penale. Peraltro, ritenere che, come dedotto dall’appellante, della penale per la ritardata consegna delle opere l’avv. (…) non avesse fatto motivo di lamentela nel corso dell’arbitrato, risulta contrario alle risultanze istruttorie, prova ne è il fatto che l’ambito dell’accertamento peritale acquisito nella fase di lodo, a lungo si sofferma su tale aspetto.

Poteva pertanto trovare accesso in sede di lodo arbitrale, anche la riduzione del dovuto per il ritardo nella consegna delle opere. Peraltro il collegio arbitrale, che qualifica l’azione formulata dal convenuto, di risoluzione del contratto ritenendo quindi, la stessa, incompatibile con quella di rimozione dei vizi e riduzione del prezzo, (pag. 15 lodo), poi per l’appunto, decide il giudizio operando una riduzione del prezzo stabilito per il pagamento della realizzazione delle opere appaltate, per i vizi e difetti riscontrati nella realizzazione delle opere.

Osserva infine la Corte che, in ogni caso, la domanda di pagamento della penale non avrebbe avuto alcuna possibilità di essere accolta, in considerazione del fatto che nell’elaborato peritale acquisito con la CTU nel giudizio arbitrale, si dice espressamente che è risultato impossibile accertare con esattezza, ai fini di valutare l’osservanza del termine di consegna lavori, la data della realizzazione dei lavori previsti dal contratto rispetto a quelli eseguiti fuori contratto, direttamente dalla committenza con ditte terze. Il Consulente ha riferito nella CTU che “nel caso in esame sembrerebbe regnare l’anarchia più assoluta….. il cattivo, non coordinato e armonico funzionamento del cantiere in esame debba essere ascrivibile in uguale misura a Committente, al Direttore dei lavori e alla impresa appaltatrice”. Circostanze queste che, hanno poi comportato a vantaggio della committenza, nella decisione del giudizio arbitrale, una riduzione del prezzo dell’appalto. Il collegio arbitrale riferisce esplicitamente dell’impossibilità di determinare l’entità del ritardo ( pag. 18 e 19 del lodo prodotto al doc. 3 fasc. attore 1 grado).

Con il secondo motivo l’appellante lamenta l’errore del primo giudice che non ha considerato come comportamento negligente da parte dell’avvocato, il non avere prodotto nel giudizio arbitrale le fatture attestanti il pagamento di una ulteriore tranche del prezzo dell’appalto. Secondo l’appellante la prova della consegna delle fatture da parte del cliente all’avvocato, circostanza ritenuta non provata, a giudizio del primo giudice, emerge dal contenuto delle mail intercorse tra le parti e dalla dichiarazione in atti, prodotte ai doc. 17 e 18 del fascicolo di primo grado della parte appellante.

Il motivo non è fondato. La documentazione richiamata dall’appellante, non può essere considerata come prova di avvenuta consegna delle fatture n. 1,2,3 del 2008 dal cliente all’avvocato. La mail del 13 dicembre 2012 trasmessa da (…) all’avvocato (…) dice “… chiedo solo la documentazione originale che avete da me ricevuto: fatture, lettere, contrati! Non mi interessa il “plico”!….” ( doc. 17) ; L’attestazione del 15 gennaio 2013 è stata resa da (…) e reca : ” Ricevo in data odierna la seguente documentazione relativa alla causa (…)/(…): – verbale esposto relativo alla sostituzione di persona in data 3 marzo 2012; – plico documentazione cosi come consegnata dal dott. (…) nel corso dell’anno 2010; – contratto d’appalto in originale del 17 luglio 2008″.

Lamenta ancora, l’appellante che il primo giudice ha errato nel non considerare negligente, l’omissivo operato dell’avvocato che non ha richiesto i danni nella fase arbitrale, collegati alla mancanza di abitabilità dell’immobile, non avendo, per questo l’attore, potuto godere dei benefici fiscali per la prima casa (Imu ed Ici).

Il motivo non è fondato. Il primo giudice ha correttamente motivato in sentenza sul punto. Il Tribunale ha ritenuto che la completezza dell’esistenza della documentazione amministrativa per ottenere l’agibilità era stata circostanza esplorata dal CTU durante il lodo arbitrale (pag. X dell’elaborato) e ciò dimostra che il problema era stato sollevato dalla difesa dell'(…). In ogni caso, ciò che conta, è, che è comunque emerso, durante la fase del lodo, l’assenza di attestazione di agibilità per la incompletezza di documentazione amministrativa relativamente anche alla mancata consegna delle certificazioni degli impianti, circostanza presa in considerazione dal Collegio arbitrale per operare la diminuzione del prezzo dell’appalto.

Quanto al motivo inerente la decisione del primo giudice sulla condanna alle spese di lite e alla loro quantificazione, lo stesso è parimenti infondato.

Il primo giudice ha correttamente condannato l’attore alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla convenuta e dalla terza chiamata in causa, secondo la regola della soccombenza. Quanto quelle quantificate in favore della convenuta avv. (…), il primo giudice ha tenuto conto, citando in sentenza i criteri adottati per la determinazione del relativo importo, delle attività svolte, della qualità delle questioni giuridiche sollevate e del valore della causa, riportando la somma dovuta per ogni singola fase con importo compreso tra il medio ed il minimo di legge. Quanto a quelle poste in favore della terza chiamata (…) spa, correttamente il giudice ha motivato affermando che la parte attrice è tenuta alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla terza chiamata, la cui citazioni in giudizio si è resa necessaria alla luce della polizza esistente, per la responsabilità civile, tra il professionista e la compagnia, pur incidentalmente e sommariamente valutata. Il rigetto della domanda principale ha reso superfluo la valutazione sulla dedotta inoperatività della polizza da parte della compagnia. Presupposto della chiamata in causa è l’esistenza di una polizza il cui premio è stato incassato dalla compagnia di assicurazioni, le vicende di operatività, efficacia e limiti di indennizzo sono vicende successive al positivo accertamento dell’obbligo risarcitorio in capo all’assicurato.

Parimenti infondato è l’appello incidentale formulato da (…) spa. La società di assicurazione ritiene che, il presente giudizio ha interessato, in primo grado, non una, ma, due cause distinte, decise con unico dispositivo. La prima quella principale, instaurata da (…) contro l’avv. (…) per l’accertamento della asserita responsabilità professionale, e la seconda, quella accessoria, tra la chiamante avv. (…) e la chiamata (…) spa, fondata sul contratto di assicurazione. Il primo giudice secondo la difesa di (…) spa, adottando un unico dispositivo, ha deciso la sola causa principale ignorando le domande di cui alle conclusioni della compagnia, che riguardavano la sola causa accessoria. Il Tribunale secondo l’opinione della difesa delle (…) spa, non avrebbe statuito sulle sei eccezioni riguardanti il contratto di assicurazione, non avrebbe poi, condannato l’avv. (…) alle spese di lite per la causa accessoria non accolta, ed erroneamente, invece, avrebbe condannato l'(…) al pagamento delle spese di lite in favore della compagnia. Tale ultima condanna sarebbe errata, perché inerente la causa principale, vicenda estranea alla compagnia, tanto da non averne la compagnia medesima neppure chiesto l’emissione. Chiede, in conseguenza, (…) spa, la riforma della sentenza appellata, per le omissioni denunziate, con condanna dell’avv. (…) alle spese di lite di primo grado erroneamente poste a carico dell'(…).

L’appello incidentale non può essere accolto. Il procedimento di cui alla sentenza gravata, per come è semplice verificare dagli atti, è un unico procedimento avente ad oggetto la domanda di risarcimento del danno da responsabilità professionale nel quale la convenuta, costituitasi in giudizio, ha chiesto ed ottenuto preliminarmente, la chiamata in causa del terzo (…) spa, propria assicuratrice, con domanda di manleva. Il primo giudice ha correttamente deciso il giudizio e rigettando la domanda proposta dall’attore, ha dichiarando assorbito l’accertamento delle ulteriori domande svolte da tutte le parti del giudizio. Correttamente quindi, il primo giudice non è entrato nel merito della domanda di manleva, a quel punto del tutto irrilevante. Peraltro, la terza chiamata in causa, non formalizza un specifica domanda autonoma – riconvenzionale, ma chiede il solo rigetto della domanda di manleva proposta dall’avv. (…) , rappresentando motivi di nullità totale o parziale della polizza in sola funzione di eccezione rispetto la domanda di manleva.

Ritiene la Corte corretta anche la condanna alle spese di lite poste a carico della parte attrice anzicché a carico della chiamante in manleva e in favore della (…) spa. La chiamata in giudizio dell’assicurazione si è resa necessaria alla luce dell’esistenza della polizza assicurativa, intercorsa tra compagnia e il professionista (circostanza pacifica), e pertanto l’attore soccombente deve rispondere delle spese di causa di tutte le altre parti del giudizio, che possono essere riconosciute anche in assenza di specifica richiesta (Cass. S.U. del 10.10.97 n. 9859 e Cass. sez. civ. VI del 11.02.15 n. 2719).

Per tutte le ragioni sopra esposte, la Corte giudica infondato sia l’appello proposto da (…) che l’appello incidentale proposto da (…) s.p.a.

Ritenuta assorbita ogni altra questione dedotta e trattata, la sentenza del Tribunale di Milano appellata deve essere integralmente confermata.

Attesa la conclusione della causa, per il principio di soccombenza, le spese di lite del presente grado vanno poste in solido a carico dell’appellante principale ed incidentale ed in favore della parte appellata e vanno liquidate nell’importo di Euro 6.615,00 , oltre contributo spese generali ed accessori di legge come da dispositivo ex D.M. n. 55 del 2014 in relazione allo scaglione del richiesto, della non complessità e del numero delle questioni trattate e dell’attività espletata.

P.Q.M.

la Corte d’Appello di Milano seconda sezione civile disattesa o assorbita ogni contraria o ulteriore domanda, istanza ed eccezione, definitivamente pronunciando così provvede,

– rigetta l’appello principale e l’appello incidentale avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 72/2017, pronunciata e pubblicata in data 05/01/2017, che integralmente conferma;

– condanna (…) e (…) s.p.a. in solido al pagamento in favore dell’avv. (…), delle spese processuali del presente grado di giudizio liquidate complessivamente in Euro 6.615,00 per compensi oltre contributo spese generali al 15%, IVA e C.P.A. di legge, distratte in favore del difensore dell’appellata, avv. Ri.Sc. ex art. 93 c.p.c. che si dichiara antistatario.

– dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dell’appellante principale (…) e dell’appellante incidentale (…) s.p.a. dell’importo a titolo di contributo unificato di cui all’art. 13 comma 1 quater D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

Così deciso in Milano il 13 marzo 2018.

Depositata in Cancelleria l’11 settembre 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.