l’azione di rivendicazione ha carattere reale e si fonda sul diritto di proprietà di un bene, del quale l’attore assume di essere titolare e di non avere la disponibilità, ed è esperibile contro chiunque in fatto possiede o detiene il bene al fine di ottenere l’accertamento del diritto di proprietà sul bene stesso e di riacquisirne il possesso.
Da tale premessa discendono rilevanti conseguenze, in specie sotto il profilo probatorio, poiché, l’attore è gravato dalla probatio diabolica relativa alla titolarità del diritto di proprietà.
Colui che agisca in rivendica, cioè, deve provare la sussistenza dell’asserito diritto di proprietà sul bene anche mediante i propri danti causa, fino a risalire ad un acquisto a titolo originario, ovvero dimostrando il compimento dell’usucapione.
Il rigore della prova della proprietà nell’azione di rivendicazione è attenuato in alcune ipotesi, come ad esempio quando il convenuto sostiene, in via riconvenzionale, di aver acquistato per usucapione la proprietà del bene rivendicato, riducendosi in tal caso l’onere probatorio posto a carico dell’attore in rivendicazione alla prova di valido titolo di acquisto da parte sua e dell’appartenenza del bene ai suoi danti causa in epoca anteriore a quella in cui il convenuto assuma di aver iniziato a possedere, nonché alla prova che quell’appartenenza non è stata interrotta da un possesso idoneo ad usucapire da parte del convenuto.

Tribunale Rieti, civile Sentenza 28 gennaio 2019, n. 73

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI RIETI

SEZIONE CIVILE

Il Giudice, Dr.ssa Francesca Sbarra, ha emesso la seguente

SENTENZA

Nella causa civile iscritta al n. 954 del ruolo generale affari contenziosi dell’anno 2016 e rimessa in decisione all’udienza del 27.11.2018, vertente

TRA

(…), elettivamente domiciliato in Rieti, via (…), presso lo studio dell’Avv. Va.Sa., che lo rappresenta e difende in virtù di mandato in calce all’atto di citazione.

(…)PARTE ATTRICE

E

(…), elettivamente domiciliata in Rieti, via Cintia n. 61, presso lo studio dell’Avv. Ma.Ar., che la rappresenta e difende, unitamente e disgiuntamente all’Avv. Lu.Co., giusta procura rilasciata su foglio separato, allegata al fascicolo telematico.

(…)

PARTE CONVENUTA

E

(…), elettivamente domiciliata in Roma, via (…), presso lo studio dell’Avv. Pa.Me., che la rappresenta e difende giusta procura rilasciata su separato foglio allegata al fascicolo telematico.

(…)

PARTE TERZA CHIAMATA.

OGGETTO: proprietà.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 23.05.2016, (…) conveniva in giudizio (…), al fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni: “Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, esaminati i titoli di provenienza ed espletati gli accertamenti ulteriori che riterrà utili, accertare, dichiarare e statuire che il Sig. (…) ha il diritto di proprietà sulla particella (…) del foglio (…) sopra indicata in modo unico ed esclusivo nei confronti di ogni altro; che non vi esistono diritti concorrenti sulla medesima res di terzi, né servitù, o altri diritti reali di godimento. In conseguenza di ciò, statuire che la convenuta non ha diritto alcuno sulla particella (…) del foglio (…) e, pertanto, condannare la Sig.ra (…) a lasciare immediatamente il bene libero da persone e cose e nella piena disponibilità del titolare comparente ai sensi dell’art. 948 c.c.. Condannare la convenuta al risarcimento danni per le ragioni in narrativa indicate, nella misura che sarà accertata e quantificata in corso di causa ovvero ritenuta di legge o di giustizia. Ristabilire – ai sensi e per gli effetti dell’art. 451 c.c. – i termini tra i fondi, di rispettiva proprietà dell’attore e della convenuta, siti in Comune di A. e contraddistinti in catasto al foglio (…), particella n. (…) e part. (…) sub (…), ponendo le spese a carico della convenuta in ragione dell’accorpamento da questa operato. Condannare, in ogni caso la convenuta a rifondere le spese, competenze ed onorari di lite al Sig. (…)”.

Si costituiva in giudizio (…), chiedendo il rigetto delle domande attoree “anche in virtù dell’eccezione riconvenzionale di usucapione argomentata nelle premesse”.

All’esito delle difese della convenuta, su autorizzazione del Tribunale, il (…) chiamava in causa (…), chiedendo, nella denegata ipotesi di rigetto della domanda attorea:

I) di accertare e dichiarare che la stessa “è tenuta a prestare la dovuta garanzia per evizione, tenendo manlevato ed indenne il sig. (…) dalla domanda della sig.ra (…)”;

II) per l’effetto, ai sensi degli artt. 1484, 1480 e 1483, comma 2, c.c., accertare e dichiarare “la riduzione del prezzo di acquisto della compravendita avvenuta con rogito Notaio (…) di R. (Rep. (…)) del 09/02/2011 con riferimento al valore della particella”, prezzo da accertarsi in corso di causa; III) condannare (…) alla restituzione in proprio favore del prezzo pagato in eccedenza, nonché al risarcimento dei danni, al rimborso delle spese di lite e di quant’altro esso attore fosse tenuto a corrispondere a (…).

Si costituiva in giudizio (…), la quale, in via pregiudiziale, eccepiva l’improcedibilità della domanda attorea per omesso esperimento del tentativo obbligatorio di mediazione; nel merito, chiedeva di accertare e dichiarare la inammissibilità e infondatezza delle domande svolte dai sigg.ri (…) e (…), e dell’eccezione riconvenzionale di usucapione formulata da quest’ultima, e per l’effetto di rigettare le domande svolte dal (…) nei confronti di essa chiamata in causa.

Con memoria ex art. 183 comma 6 c.p.c. n. 1, l’attore, alla luce delle difese e delle conclusioni avversarie, rassegnava le seguenti conclusioni:

“Nei confronti della convenuta, Sig.ra (…): Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, esaminati i titoli di provenienza ed espletati gli accertamenti ulteriori che riterrà utili, accertare, dichiarare e statuire che il Sig. (…) ha il diritto di proprietà sulla particella (…) del foglio (…) sopra indicata in modo unico ed esclusivo nei confronti di ogni altro; che non vi esistono diritti concorrenti sulla medesima res di terzi, né servitù, o altri diritti reali di godimento. In conseguenza di ciò, statuire che la convenuta non ha diritto alcuno sulla particella (…) del foglio (…) e, pertanto, condannare la Sig.ra (…) a lasciare immediatamente il bene libero da persone e cose e nella piena disponibilità del titolare comparente ai sensi dell’art. 948 c.c.. Condannare la convenuta al risarcimento danni per le ragioni in narrativa indicate, nella misura che sarà accertata e quantificata in corso di causa ovvero ritenuta di legge o di giustizia. Ristabilire – ai sensi e per gli effetti dell’art. 451 c.c. – i termini tra i fondi, di rispettiva proprietà dell’attore e della convenuta, siti in Comune di (…) e contraddistinti in catasto al foglio (…), particella n. (…) e part. (…) sub (…), ponendo le spese a carico della convenuta in ragione dell’accorpamento da questa operato. Condannare, in ogni caso, la convenuta a rifondere le spese, competenze ed onorari di lite al Sig. (…) anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 96 cpc per lite temeraria.

Nei confronti della chiamata, Sig.ra (…): nella denegata ipotesi di non accoglimento della superiore e principale domanda e, quindi, di accoglimento della eccezione riconvenzionale di usucapione spiegata dalla convenuta, accertare e dichiarare che la Sig.ra (…) è tenuta a prestare la dovuta garanzia per evizione, tenendo manlevato ed indenne il Sig. (…) dalla domanda della Sig.ra (…), ivi comprese le spese giudiziarie e di lite; per l’effetto, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1484, 1480 e 1483 secondo comma c.c.:

1) dichiarare la risoluzione del contratto di compravendita del 9.2.2011, a rogito Notaio (…), rep (…) intercorso tra (…) e (…) limitatamente alla particella (…) del fg (…) del Comune di (…); per l’effetto condannare la Sig.ra (…) alla restituzione del prezzo di acquisto da accertare in corso di causa anche a mezzo di CTU;

2) ovvero accertare e dichiarare la riduzione del prezzo di acquisto della compravendita avvenuta con il medesimo contratto con riferimento al valore della particella contraddistinta in catasto terreni del Comune di (…) al foglio (…), particella n. (…), prezzo da accertare e quantificare, in corso di causa anche a mezzo di CTU e, conseguentemente, condannare la Sig.ra (…) alla relativa restituzione in favore dell’attore del prezzo pagato in più. In ogni caso, condannare, la Sig.ra (…) al risarcimento dei danni ed al rimborso delle spese di lite e di quanto altro, a qualsiasi titolo, il Sig. (…) dovesse corrispondere alla Sig.ra (…). Con vittoria di spese, diritti e onorari di lite”.

Instaurato il contraddittorio, rigettate le istanze istruttorie delle parti in quanto superflue con ordinanza del 25.07.2017, la dott.ssa Sbarra subentrava nel ruolo in data 10.05.2018. In data 27.11.2018, venivano precisate le conclusioni quindi la causa veniva rimessa in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Parte attrice, con il proprio atto introduttivo, assumeva quanto segue:

1. di avere acquistato il terreno sito in (…) (…) e catastalmente censito al Catasto Terreni foglio (…), particella (…), are 1,10, Reddito dominicale Euro 0,34, Reddito Agrario Euro 0,17, con contratto di compravendita a rogito Notaio (…) del 09.02.2011 da (…) e (…) – rep. (…), racc. (…), trascritto in data 22.02.2011 (cfr. all. n. 2 atto di citazione);

2. che il predetto terreno, oltre il trentennio precedente, apparteneva a (…), deceduto in data 14.01.1989, lasciando quali eredi (…), (…), (…), (…) e (…);

3. che, con sentenza del Tribunale di Roma n. 10373/2007, era disposto lo scioglimento della comunione ereditaria esistente tra (…), (…) e (…) ed, a quest’ultima, era assegnato, tra gli altri, l’indicato terreno sito in (…) (…) e catastalmente censito al Catasto Terreni foglio (…), particella (…);

4. di essersi avveduto, successivamente al rogito, che lo stesso risultava recintato per tutta la sua lunghezza, incorporato ed annesso alla particella (…) sub (…) di proprietà della convenuta, che vi aveva apposto un cancello, risultando così detto terreno inaccessibile al (…) e sottratto alla sua legittima disponibilità;

5. che ogni tentativo di giungere ad una soluzione bonaria della controversia era risultato vano, di talché si rendeva necessaria la presente azione giudiziaria. Parte convenuta, ritualmente costituitasi in giudizio, rilevava:

1. che il cancello sarebbe situato in corrispondenza della particella n. (…) già appartenente a (…) ed in sede di divisione ereditaria assegnata in parte alla convenuta ed ora contraddistinta dal riferimento catastale 23 sub (…);

2. che la frazione della particella (…), incorporata – secondo l’attore – alla particella (…), sarebbe parte integrante di detta particella da tempo immemore, così come da tempo immemore esisterebbe il predetto cancello di ingresso;

3. che, pertanto, il terreno reclamato dall’attore avrebbe sempre coinciso, di fatto, con la sola area che, iniziando dalla via comunale, termina all’altezza del confine della particella (…) e del cancello colà situato, di proprietà della convenuta, che avrebbe da sempre avuto il possesso di tutto il terreno situato al di là del suo cancello, recintato per tutto il suo perimetro, adibito ad orto e integrante ed indistinguibile del bene immobile alla stessa assegnato in sede di divisione;

4. che, peraltro, in virtù dell’art. 1146 c.c., non solamente la P. avrebbe avuto il possesso del terreno de quo almeno dal 14 gennaio 1989, ovvero dalla data di apertura della successione di (…), ma la stessa potrebbe unire il proprio possesso a quello del suo dante causa, in quanto la situazione dei luoghi, ossia l’incorporazione della porzione di terreno nella particella (…), era già sussistente quando il P. era ancora in vita;

5. che, conseguentemente, parte convenuta proponeva eccezione riconvenzionale di usucapione, rilevando altresì come, dall’assenza di possesso in capo all’attore e dall’assenza di possesso in capo ai suoi danti causa, comprendendo, la particella n. (…) anche la porzione di fondo oggetto di controversia, deriverebbe il rigetto della proposta azione di rivendicazione;

6. che, infine, analogamente infondata sarebbe la domanda risarcitoria proposta, in quanto

(I) nessun diritto controparte potrebbe avere di passare all’interno della proprietà della convenuta;

(II) comunque parte attrice non subirebbe alcun pregiudizio dalla attuale situazione di fatto, non risultando che la situazione dei luoghi sia tale da determinare un danno economicamente apprezzabile.

Parte terza chiamata in causa, (…), così deduceva:

1. che la particella per cui è causa apparteneva a (…), deceduto il 14.01.1989 lasciando eredi ab intestato i genitori (…) e (…) e la sorella germana (…) per la quota di 2/8 ciascuno, nonché le sorelle unilaterali L. e G.P., per la quota di 1/8 ciascuna;

2. che, con sentenza n. 13089/2007 del 25.06.2007, il Tribunale di Roma, pronunciando sul procedimento instaurato da L. e (…) per lo scioglimento e la divisione della predetta comunione ereditaria: – dichiarava “lo scioglimento della comunione in essere tra le parti ((…) e (…)) mediante assegnazione a ciascuno degli immobili come da progetto di divisione redatto dal CTU nell’elaborato depositato in data 04/06/2004, identificato con la I ipotesi, da ritenersi qui integralmente richiamato”; – e così assegnava a (…) il terreno oggetto del presente giudizio, si badi: nella sua intera estensione di 1,10 are: “-34- prato arborato in Collemoresco al catasto foglio (…) n. (…) di are 1,10 valore Euro 52,51”;

3. che, in data 04.06.2008, le sorelle (…), (…) e (…), intendendo “definire la vicenda del possesso dei beni oggetto della divisione”, sottoscrivevano una scrittura privata denominata “Atto di trasferimento del possesso” (cfr. doc. n. 2, comparsa di costituzione) con la quale, richiamata la sentenza del Tribunale di Roma ed il progetto di divisione dalla stessa accolto, stabilivano quanto di seguito:

“2) I beni oggetto di trasmissione del possesso sono quelli indicati, come assegnati a (…) e L., nella I ipotesi di divisione elaborata dal CTU nell’elaborato peritale depositato in data 04/06/2004 e qui di seguito integralmente riportata …: B- le quote di fatto 1 ipotesi La sig.ra (…) prende tutto il fabbricato civile del valore complessivo di Euro 60.250,22 ed i terreni: … -34- prato arborato in Collemoresco al catasto foglio (…) n. (…) di are 1,10 valore Euro 52,51; 3)

La trasmissione del possesso avviene mediante sottoscrizione della presente scrittura privata, sicché pesi, oneri, vantaggi e svantaggi decorreranno a carico delle parti dalla data della detta sottoscrizione. … 7)

Le signore (…) e (…) acquisiscono il possesso dei beni anzidetti nello stato di fatto e di diritto attuale e dichiarano di non avere nulla a pretendere dalla sig.ra (…), a qualsiasi titolo o ragione”;

4. che, con il richiamato Atto di trasferimento del possesso, dunque, le sorelle P. davano esecuzione alla sentenza del Tribunale di Roma e, in particolare, L. e G.P. riconoscevano in capo a (…) la piena ed esclusiva disponibilità in fatto (possesso), così come la piena ed esclusiva disponibilità in diritto (proprietà), della particella (…), sempre nella sua intera estensione di are 1,10;

5. che, successivamente, con atto a rogito Notaio (…) del 09.02.2011, quindi, (…) ed (…) trasferivano al (…), tra gli altri, la particella in questione, libera da diritti e pretese di terzi;

6. che i rilievi fotografici acquisiti presso l’AGEA – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (cfr. doc. 3, comparsa di costituzione) dimostrerebbero che al mese di maggio 2011, contrariamene a quanto tendenziosamente dedotto dalla convenuta, sulla Particella (…) Foglio (…) non era posto alcun “cancello” e non era presente alcuna “recinzione”;

7. che, dunque, nessun acquisto per usucapione potrebbe dirsi maturato in favore della convenuta, atteso che la Particella (…) del Foglio (…) non sarebbe mai stata parte integrante da “tempo immemore” della Particella (…) e/o alla Particella (…) Subalterno (…) appartenenti alla medesima (…), ma sarebbe da sempre nella piena disponibilità (proprietà e possesso) della terza chiamata, come riconosciuto documentalmente dalla medesima (…).

Tutto ciò premesso, la controversia in questione attiene, in primis, all’accertamento del diritto di proprietà dell’attore, ai sensi dell’art. 948 c.c., sul terreno identificato al Catasto del Comune di A. al foglio (…), part. (…), ed al conseguente rilascio da parte della convenuta (…) – la quale oppone eccezione di usucapione. Ancora, parte attrice svolge domanda di risarcimento del danno e di apposizione dei termini, ex art. 951 c.c., con domanda di condanna alle spese, anche ai sensi dell’art. 96 c.p.c., nei confronti della convenuta.

Nei confronti di parte terza chiamata e nella denegata ipotesi di rigetto delle domande svolte nei confronti della convenuta e di accoglimento dell’eccezione di usucapione, invece, parte attrice chiede la declaratoria di risoluzione del contratto di compravendita ovvero la riduzione del prezzo, oltre al risarcimento dei danni ed il rimborso delle spese di lite. Occorre, pertanto, procedere con ordine all’esame delle differenti domande.

a) Domande di rivendicazione e conseguente rilascio.

Come in precedenza indicato, l’istante conveniva in giudizio (…), al fine di accertare e dichiarare il proprio diritto di proprietà sul terreno de quo e, conseguentemente, condannare la convenuta al rilascio della particella medesima. La convenuta si opponeva, rappresentando di avere acquistato la proprietà di parte del terreno oggetto della controversia in virtù di usucapione.

Giova, al riguardo, brevemente evidenziare, in linea generale, che l’azione di rivendicazione ha carattere reale e si fonda sul diritto di proprietà di un bene, del quale l’attore assume di essere titolare e di non avere la disponibilità, ed è esperibile contro chiunque in fatto possiede o detiene il bene al fine di ottenere l’accertamento del diritto di proprietà sul bene stesso e di riacquisirne il possesso.

Da tale premessa discendono rilevanti conseguenze, in specie sotto il profilo probatorio, poiché, l’attore è gravato dalla probatio diabolica relativa alla titolarità del diritto di proprietà.

Colui che agisca in rivendica, cioè, deve provare la sussistenza dell’asserito diritto di proprietà sul bene anche mediante i propri danti causa, fino a risalire ad un acquisto a titolo originario, ovvero dimostrando il compimento dell’usucapione.

Tuttavia, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, il rigore della prova della proprietà nell’azione di rivendicazione è attenuato in alcune ipotesi, come ad esempio quando il convenuto sostiene, in via riconvenzionale, di aver acquistato per usucapione la proprietà del bene rivendicato, riducendosi in tal caso l’onere probatorio posto a carico dell’attore in rivendicazione alla prova di valido titolo di acquisto da parte sua e dell’appartenenza del bene ai suoi danti causa in epoca anteriore a quella in cui il convenuto assuma di aver iniziato a possedere, nonché alla prova che quell’appartenenza non è stata interrotta da un possesso idoneo ad usucapire da parte del convenuto (allineata con questa interpretazione si colloca Cass. 19 ottobre 2017, n. 24722 e Cass. 4 gennaio 2017, n. 83).

Ciò premesso, si osserva come parte attrice abbia soddisfatto le coordinate giurisprudenziali sopra richiamate in tema di onere probatorio – avendo prodotto in giudizio atto di compravendita del terreno sito in A. (R.) e catastalmente censito al Catasto Terreni foglio (…), particella (…), are 1,10, Reddito dominicale Euro 0,34, Reddito Agrario Euro 0,17, a rogito Notaio (…) del 09.02.2011 da (…) e (…) – rep. (…), racc. (…), trascritto in data 22.02.2011 (cfr. all. n. 2 atto di citazione); relazione notarile relativa al medesimo bene immobile, rilasciata in data 30.07.2015 (cfr. all. n. 3 atto di citazione), attestante l’attuale piena proprietà dell’immobile in capo al (…) ed i passaggi di proprietà anteriori al ventennio (e, dunque, dall’apertura della successione di (…), proprietario dell’immobile oltre il trentennio, in data 14.01.1989; le successive dichiarazioni di successione; la sentenza del Tribunale di Roma in data 25.06.2007 n. rep. (…); la compravendita datata 09.02.2011 – tutto come in precedenza riportato).

Tale documentazione – peraltro integrata, come si dirà in seguito, con la predetta sentenza del Tribunale di Roma nonché con l’atto di trasferimento del possesso datato 04.06.2008 – consente, da un lato, di ritenere correttamente provata la domanda di rivendica svolta in via principale (ovvero, prova di valido titolo di acquisto e dell’appartenenza del bene ai suoi danti causa in epoca anteriore a quella in cui il convenuto assuma di aver iniziato a possedere, nonché alla prova che quell’appartenenza non è stata interrotta da un possesso idoneo ad usucapire da parte del convenuto) e, dall’altro, di ritenere infondata l’eccezione di usucapione ex adverso svolta.

Al riguardo, si osserva, in primo luogo, come la convenuta non abbia fornito prova di aver posseduto, in modo pacifico ed oltre il ventennio, il fondo conteso, essendo, al contrario, tale pretesa smentita per tabulas dalla documentazione sopra richiamata, ovvero dalla sentenza del Tribunale di Roma nonché dall’atto di trasferimento del possesso datato 04.06.2008:

– In primo luogo, quanto alla sentenza del Tribunale di Roma n. 13089/2007 (doc. 1 produzione parte terza chiamata):

(i) la particella n. (…) era assegnata, stabilito lo scioglimento della comunione ereditaria insistente sull’intero compendio tra le sorelle (…), L. e (…), alla medesima (…), secondo il progetto del c.t.u.;

(ii) nella stessa, veniva dato testualmente atto del fatto che era stata la stessa (…) (con la sorella (…)) a dedurre, con l’atto di citazione introduttivo del giudizio di divisione, che gli immobili caduti in successione, ivi inclusa la particella contesa, “erano nella piena disponibilità dei convenuti”, cioè di (…) (e del suo dante causa (…)) (cfr. sentenza, pag. 2);

(iii) era riconosciuto, altresì, “il godimento in via esclusiva del compendio da parte della convenuta” (cfr. sentenza, pag. 4), condannandola, infatti, al pagamento in favore delle attrici della somma di Euro 371,24 ciascuna a titolo di frutti civili per l’esclusivo godimento del compendio medesimo;

– In secondo luogo, quanto alla scrittura privata denominata “Atto di trasferimento del possesso” (cfr. doc. 2 della produzione di parte terza chiamata), con la quale è stata data esecuzione alla predetta sentenza:

(I) l’odierna convenuta riconosceva esplicitamente che la particella (…), nella sua intera estensione, era nella piena disponibilità, in fatto e non solo in diritto, della sorella (…);

(II) detta particella era individuata ed indicata nella sua intera estensione di 1,10 are – come risultante al Catasto e come trasposto nell’atto di compravendita del 09.02.2011;

(III) l’odierna convenuta riconosceva di non vantare alcun diritto o pretesa sul terreno oggetto di controversia e “di non avere nulla a pretendere dalla sig.ra (…), a qualsiasi titolo o ragione”.

Tale documentazione consente, dunque, di ritenere infondata la ricostruzione della vicenda operata da parte convenuta – secondo la quale la stessa avrebbe avuto il possesso del terreno de quo almeno dal 14 gennaio 1989, ovvero dalla data di apertura della successione di (…) – emergendo, al contrario, come i terreni oggetto del compendio ereditario fossero stati nella piena disponibilità di (…), convenuta dalle sorella nel giudizio di divisione.

Con l’atto di trasferimento del possesso nonché successivamente con la sentenza del Tribunale di Roma, la particella n. (…) era definitivamente assegnata a (…), allineandosi la situazione di fatto (attestata nella predetta decisione e con l’atto del 04.06.2008) alla situazione di diritto.

Di guisa che, tale risultando la corretta esposizione dei fatti, la ricostruzione operata dalla convenuta deve ritenersi infondata e, pertanto, l’eccezione di usucapione svolta deve essere rigettata.

A tali conclusioni, concorre, peraltro, una ulteriore considerazione – di tipo prettamente processuale. Si osserva, infatti, come l’odierna convenuta fosse attrice – insieme alla sorella (…) – nel richiamato giudizio di divisione ereditaria, ove conveniva (…), in qualità di comunista nella piena e libera disponibilità dei beni.

Ebbene, al riguardo, si rileva come, per consolidata giurisprudenza, colui che si ritenga proprietario per usucapione di un bene in comunione, non solo non può iniziare il giudizio di divisione, ma, se sia stato convenuto per la divisione giudiziale dagli altri compartecipi, non può tralasciare di far valere l’usucapione. In caso contrario, non può poi opporre l’usucapione al condividente al quale quella porzione sia stata assegnata.

Di recente, la Corte di Cassazione – con sentenza del 13.6.2018 n. 15504 – ha chiarito che “la domanda di scioglimento di una comunione contiene in sé, quale presupposto indeclinabile, la richiesta di accertamento, in caso di contestazione, della comunione stessa (Cass. n. 12003/1992).

La speciale struttura del procedimento divisorio comporta che, qualora non sorgano contestazioni sul diritto alla divisione, si proceda alle operazioni divisionali in virtù di semplici ordinanze (art. 785 c.p.c.).

In caso contrario, in qualsiasi stadio della procedura, le contestazioni vanno risolte nelle forme del procedimento ordinario e definite con sentenza (Cass. n. 11293/1998).

Le sentenze pronunciate in questa fase del giudizio divisorio hanno natura di sentenze non definitive (Cass. n. 7165/1983; n. 1521/1980).

Costituisce tipicamente contestazione del diritto alla divisione, da risolvere con sentenza non definitiva, la deduzione con la quale uno dei condividenti neghi l’appartenenza alla massa di un singolo bene oggetto della domanda (cfr. Cass. n. 6960/1996).

Si spiega quindi l’affermazione secondo cui il principio che l’atto di divisione, per il suo carattere meramente dichiarativo, non è idoneo a fornire la prova della proprietà nei confronti dei terzi, non può essere applicato nella controversia sulla proprietà tra i condividenti o i loro aventi causa, perché la divisione, accertando i diritti delle parti nel presupposto di una comunione dei beni divisi, presuppone l’appartenenza dei beni alla comunione (Cass. n. 4828/1994; n. 27034/2006).

Coerentemente con tale impostazione è stato precisato che “il soggetto che vanti l’acquisto della proprietà di un bene immobile per usucapione non può, nel contempo, introdurre un giudizio per la divisione del bene stesso, poiché la relativa domanda si pone in termini di assoluta incompatibilità con l’originaria pretesa di usucapione” (Cass. n. 8815/1998).

La portata di tale incompatibilità va precisata con riferimento al principio che il giudizio di divisione “si deve svolgere nei confronti di tutti i partecipanti alla comunione, i quali sono tutti sul medesimo piano ed hanno tutti eguale diritto alla divisione, essendo tale divisione a carattere universale e unitario sulla base di un rapporto plurisoggettivo indivisibile” (Cass. n. 4353/1980).

È stato quindi chiarito che “nel giudizio di scioglimento della comunione, la domanda di divisione di un determinato cespite, che sia stata proposta in primo grado da uno dei comproprietari, non può essere considerata come nuova in grado d’appello, ai sensi ed agli effetti dell’art. 345 c.p.c., per il fatto che venga sollevata da altro condividente, atteso che configura un’articolazione dell’unitaria pretesa di divisione, comune a tutte le parti” (Cass. n. 6387/1980).

Da tali principi ne discende che il compartecipe, il quale si ritenga proprietario per usucapione di un bene in comunione, non solo non può, come è del tutto ovvio, iniziare lui il giudizio di divisione, ma, se sia stato convenuto per la divisione giudiziale da uno o più degli altri compartecipi, non può tralasciare di far valere l’usucapione nel giudizio iniziato da altri.

In caso contrario, se egli non abbia contestato il diritto alla divisione di quel determinato cespite, lasciando che il giudizio seguisse il suo corso ordinario fino al provvedimento conclusivo, non può poi opporre l’usucapione al condividente al quale quella porzione sia stata assegnata, né tanto meno all’aggiudicatario qualora quella stessa porzione sia stata venduta agli incanti, “salvo che non possa impugnare la divisione contestandone il presupposto e deducendo un titolo di possesso diverso da ogni altro che possa derivargli dalla sciolta comunione” (Cass. n. 1901/1974)”.

Ebbene, da tali considerazioni deriva come l’odierna convenuta – attrice nel precedente giudizio di divisione, nel quale peraltro asseriva come (…) fosse nella piena disponibilità dei beni oggetto del compendio ereditario – non avendo contestato il diritto alla divisione di quel determinato cespite, lasciando che il giudizio seguisse il suo corso, non può nella presente sede opporre all’attore eccezione di usucapione sul terreno o su parte dello stesso, per averlo sempre posseduto ovvero per averlo posseduto dalla data di apertura della successione di (…).

Circostanze, queste, non solo smentite dalla medesima difesa dell’odierna convenuta in sede di divisione giudiziale, ma che avrebbero dovuto essere semmai invocate proprio in tale procedimento.

Ne discende, dunque, il rigetto della eccezione di usucapione, nonché l’accoglimento della domanda principale di rivendicazione e conseguente rilascio dell’immobile de quo, in favore del titolare (…). Il rigetto dell’eccezione di usucapione e l’accoglimento delle domande principali comportano, altresì, il venir meno di ogni domanda svolta nei confronti della terza chiamata (…).

b) Domanda di risarcimento danni.

Deve, invece, essere rigettata l’ulteriore domanda di risarcimento del danno, formulata dall’attore, in quanto infondata per le ragioni di seguito esposte.

Parte attrice rappresenta come, in seguito alla condotta della convenuta, avrebbe subito un danno ingiusto, consistente nel mancato uso del terreno dalla data dell’acquisto. In particolare, tale danno ingiusto consisterebbe nel fatto che il (…), titolare di un’azienda agricola e proprietario dei fondi confinanti, non potrebbe utilizzare il terreno quale passaggio per gli animali e sarebbe costretto a compiere un tragitto più lungo, con conseguente aggravio di costi e fatica fisica.

Si insisteva, pertanto, nella richiesta di condanna al risarcimento del danno, da quantificarsi in corso di causa ovvero mediante equo apprezzamento del giudice.

A sostegno della pretesa, parte attrice depositava documentazione relativa alla azienda agricola nonché relazione peritale attestante la necessità di usufruire del terreno, per evitare di transitare con gli ovini nella strada comunale sita all’interno del paese.

Ebbene, dalla documentazione in atti emerge come il danno non risulti provato, tanto nell’an quanto nel quantum.

Al riguardo, il fatto che il terreno de quo rappresenti il tragitto più breve per condurre gli ovini di titolarità della azienda agricola del (…) al pascolo non comporta, di per sé ed in assenza di ulteriori elementi, che possa ritenersi provato un danno – conseguenza, da intendersi quale lesione della sfera giuridico – patrimoniale dell’attore, nemmeno dettagliato né quantificato dall’attore.

Parte attrice, quindi, si è limitata ad allegare il danno subìto, senza specificarne la natura né dare prova, anche in via presuntiva, della sua esistenza. Né tale mancato assolvimento dell’onere probatorio – in assenza della prova dell’occupazione dell’immobile – può essere supplito dalla richiesta di valutazione equitativa da parte del giudice ai sensi dell’art. 1226 c.c..

Ciò in quanto “la liquidazione equitativa richiede comunque la prova, anche presuntiva, circa la certezza della sua reale esistenza, prova in difetto della quale non vi è spazio per alcuna forma di attribuzione patrimoniale” (cfr. Cass. n. 4052/2009); “può invero farsi ricorso alla liquidazione in via equitativa allorchè sussistano i presupposti di cui all’art. 1226 c.c., solo a condizione che l’esistenza del danno sia comunque dimostrata, sulla scorta di elementi idonei a fornire parametri plausibili di quantificazione” (cfr. Cass. n. 3794/2008).

In questo senso, la richiesta di c.t.u. agronomica – finalizzata ad accertare la funzione di collegamento che la particella (…) del fg. (…) svolgerebbe e la quantificazione dei danni causati dal mancato utilizzo della strada – è stata correttamente ritenuta superflua dal G.I., nonché, alla luce delle considerazioni esposte, esplorativa ai fini della individuazione del quantum debeatur.

Ne discende l’infondatezza della domanda risarcitoria proposta, che deve, dunque, essere rigettata.

c) Domanda di apposizione dei termini.

Quanto alla domanda di apposizione di termini ex art. 951 c.c., si osserva come, per consolidata giurisprudenza, l’azione per apposizione di termini, presupponendo la certezza del confine, implicitamente contiene l’azione di regolamento del confine, e in questa si modifica, ove, per le eccezioni del convenuto, insorga contrasto sulla linea di confine, lungo la quale i termini devono essere apposti (cfr. ex multis, Cassazione civile, Sez. II, sentenza n. 9512 del 30 aprile 2014).

Stanti, dunque, le eccezioni di parte convenuta – la quale assumeva come almeno parte del terreno de quo fosse allo stato attuale inglobato, per effetto della prospettata usucapione – la domanda proposta può essere riqualificata quale domanda di regolamento dei confini, ex art. 950 c.c..

Ciò premesso, le medesime argomentazioni sopra richiamate, a sostegno dell’accoglimento della domanda di rivendica e del rigetto dell’eccezione di usucapione, inducono a statuire che la linea di confine tra le particelle nn. (…) e (…) sub. (…) deve ritenersi quella di cui alle mappe catastali allegate alla produzione di parte attrice – in relazione alle quali è esattamente individuato il terreno de quo nell’atto di compravendita del 09.02.2011 nonché nella sentenza del Tribunale di Roma n. 13089/2007. Di conseguenza, in accoglimento della domanda proposta, ed individuata in tal modo la linea di confine sussistente tra i fondi, deve ordinarsi alla convenuta di installare, a proprie spese, su tale confine una recinzione.

Le spese legali seguono la soccombenza, dovendosi, di conseguenza, condannare parte convenuta al rimborso tanto delle spese legali sostenute da parte attrice, quanto dalle spese legali sostenuta da parte terza chiamata. Ciò sul presupposto tanto della soccombenza, quanto della non arbitrarietà della chiamata in giudizio, ad opera dell’attore, di (…) – giustificata e motivata in relazione alle difese svolte dalla convenuta in sede di comparsa di costituzione.

Deve, infine, essere respinta la domanda volta alla condanna della convenuta al risarcimento dei danni subiti ex art. 96 c.p.c.. Al riguardo, infatti, occorre evidenziare che non vi è traccia di alcuna specifica allegazione dei danni patiti e delle prove, quand’anche solo presuntive, sul punto offerte ed invece indispensabili per l’accoglimento di qualunque domanda di responsabilità processuale aggravata (cfr. in questo senso, Cass. 23502 del 17/11/2015; Cass. 26 marzo 2013, n. 7620, ovvero Cass. Sez. Un., ord. 20 aprile 2004, n. 7583).

La presente sentenza è provvisoriamente esecutiva tra le parti a norma dell’art. 282 c.p.c.

P.Q.M.

Il Tribunale di Rieti, definitivamente pronunciando sulla causa civile iscritta a R.G. n. 954/2016, e vertente tra le parti di cui in epigrafe, così provvede:

– Accoglie la domanda principale attorea e pertanto, accertata e dichiarata la proprietà in capo a (…) del terreno sito in A. (R.) e catastalmente censito al Catasto Terreni foglio (…), particella (…), are 1,10, Reddito dominicale Euro 0,34, Reddito Agrario Euro 0,17, condanna (…) a rilasciare immediatamente, in favore del predetto (…), il terreno libero da persone e cose;

– Accerta l’esatta consistenza dell’area di proprietà di (…), catastalmente censito al Catasto Terreni del Comune di A. foglio (…), particella (…), are 1,10, Reddito dominicale Euro 0,34, Reddito Agrario Euro 0,17, indicandone il confine, rispetto alla finitima particella n. (…) sub. (…), secondo le mappe catastali;

– Ordina l’apposizione dei termini tra i fondi per cui è causa lungo la linea di confine come sopra accertata, mediante apposizione di una recinzione ad opera e a spese di parte convenuta;

– Rigetta le ulteriori domande di risarcimento del danno e di condanna ex art. 96 c.p.c. proposte;

– Condanna (…), a rifondere a A.(…) le spese del presente giudizio, che liquida nella somma di Euro 2.000,00 per onorari, Euro 92,44 per spese, oltre rimborso forfetario per spese generali, IVA e CPA come per legge;

– Condanna (…), a rifondere a (…) le spese del presente giudizio, che liquida nella somma di Euro 2.000,00 per onorari, Euro 17,28 per spese, oltre rimborso forfetario per spese generali, IVA e CPA come per legge – da distrarsi in favore del procuratore dichiaratosi antistatario.

Sentenza provvisoriamente esecutiva per legge.

Così deciso in Rieti il 25 gennaio 2019.

Depositata in Cancelleria il 28 gennaio 2019.

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Avv. Umberto Davide

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