in tema di azione revocatoria ordinaria, nel caso in cui il debitore disponga del suo patrimonio mediante vendita contestuale di una pluralita’ di beni, devono ritenersi “in re ipsa” l’esistenza e la consapevolezza (sua e dei terzi acquirenti) del pregiudizio patrimoniale che tali atti arrecano alle ragioni del creditore, ai fini dell’esercizio da parte di quest’ultimo dell’azione pauliana. La prova della “participatio fraudis” del terzo, necessaria ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria nel caso in cui l’atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, puo’ essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore ed il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente.

Per ulteriori approfondimenti in merito all’ azione revocatoria ordinaria di cui all’ art 2091 cc si consiglia il seguente articolo: Azione revocatoria ordinaria

Per ulteriori approfondimenti in merito all’ azione surrogatoria di cui all’ art 2900 cc si consiglia il seguente articolo: Azione surrogatoria ex art 2900 cc

Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Ordinanza 21 maggio 2019, n. 13604

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22794-2017 proposto da:

(OMISSIS) SRL, in persona dell’Amministratore Unico (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SPA, quale incorporante la (OMISSIS) SPA, in persona del suo rappresentante Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS), (OMISSIS) SPA;

– intimati –

Nonche’ da:

(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

(OMISSIS) SPA, quale incorporante la (OMISSIS) SPA, in persona del suo rappresentante Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente all’incidentale –

e contro

(OMISSIS) SPA, (OMISSIS) SRL;

– intimati –

avverso la sentenza n. 971/2016 della CORTE D’APPELLO di GENOVA, depositata il 28/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/02/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Genova, con sentenza in data 28.9.2016 n. 971, ha rigettato l’appello principale proposto da (OMISSIS) s.r.l. e l’appello incidentale proposto da (OMISSIS) avverso la decisione n. 6576/2010 del Tribunale di Savona che aveva dichiarato inefficaci ex articolo 2901 c.c. nei confronti di (OMISSIS)- (OMISSIS) s.p.a. (successivamente incorporata in (OMISSIS) s.p.a.), i due atti di compravendita immobiliare stipulati in data 27 febbraio e 9 aprile 2004 tra l’alienante (OMISSIS) e l’acquirente (OMISSIS) s.r.l. nella imminenza della dichiarazione di insolvenza della societa’ (OMISSIS) soc. coop. a r.l., collocata in liquidazione coatta amministrativa e dichiarata insolvente in data 28.4.2004, della quale il (OMISSIS) era amministratore ed a favore della quale aveva prestato garanzia fideiussoria.

Il Giudice distrettuale, non ammetteva le istanze istruttorie rinnovate in tale grado dagli appellanti, e ravvisava la sussistenza di elementi indiziari idonei a raggiungere la prova e del dolo del debitore, e della “participatio fraudis” del terzo.

La sentenza di appello, notificata in data 27.6.2017, e’ stata impugnata da (OMISSIS) s.r.l. con ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

(OMISSIS) ha a sua volta impugnato la sentenza di appello, con ricorso incidentale, formulando identici motivi di censura.

Ha resistito con identici ma distinti controricorsi (OMISSIS) s.p.a.

RAGIONI DELLA DECISIONE

I ricorsi principale ed incidentale recano la formulazione di identici motivi e possono pertanto essere esaminati congiuntamente.

Primo motivo: nullita’ della sentenza impugnata per carenza assoluta di motivazione ex articolo 132 c.p.c., comma 1, n. 4 con particolare riferimento all’articolo 2901 c.c. ed alla prova della “scientia damni” ex articolo 2727 c.c.

Sostengono i ricorrenti che il Giudice di appello, confermando la decisione di prime cure, non avrebbe fornito alcuna rappresentazione delle ragioni logiche poste a fondamento del rigetto degli appelli. Vengono richiamate al proposito massime giurisprudenziali di questa Corte in tema di motivazione “per relationem” (Cass. sez. lav. n. 11508/2016; Cass. sez. V n. 1236/2006).

Secondo motivo: omesso esame circa un fatto decisivo sulla sussistenza in capo al terzo della “scientia fraudis”.

Deducono i ricorrenti che il Giudice di appello non avrebbe fatto corretta applicazione dello schema legale della prova presuntiva in quanto le risultanze istruttorie non fornivano indizi sufficienti a ritenere che l’acquirente (OMISSIS) s.r.l. fosse non solo consapevole del pregiudizio ma anche compartecipe della frode in danno dei creditori.

Il primo motivo e’ inammissibile in quanto, interamente incentrato sul requisito di validita’ della sentenza di appello motivata “per relationem” alla decisione di prime cure, risulta del tutto eccentrico rispetto alle caratteristiche strutturali del provvedimento impugnato.

La sentenza della Corte d’appello di Genova, infatti, non motiva “per relationem”, limitandosi soltanto a richiamare genericamente ed indistintamente gli argomenti in fatto e diritto esposti dal primo Giudice: ipotesi nella quale, effettivamente, l’apparato argomentativo minimo idoneo a rappresentare quale sia la correlazione tra premessa in fatto e regola di diritto assunta a fondamento della decisione, e’ da ravvisare del tutto carente, alla stregua del principio di diritto per cui, in tema di ricorso per cassazione, e’ nulla, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per violazione dell’articolo 132 c.p.c., comma 2, n. 4, la motivazione solo apparente che non costituisce espressione di un autonomo processo deliberativo, quale la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, attraverso una generica condivisione della ricostruzione in fatto e delle argomentazioni svolte dal primo giudice, senza alcun esame critico delle stesse in base ai motivi di gravame: ed infatti la motivazione e’ solo apparente, e la sentenza e’ affetta da “error in procedendo”, quando, benche’ graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perche’ recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le piu’ varie, ipotetiche congetture. (cfr. Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; id. Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016; id. Sez. L -, Sentenza n. 27112 del 25/10/2018; id. Sez. L -, Ordinanza n. 28139 del 05/11/2018).

Diversamente dalla contraria ed indimostrata allegazione delle parti ricorrenti, la sentenza di appello si profonde nella esposizione delle ragioni per le quali nella fattispecie concreta trovava riscontro la convergenza degli indizi a comprovare i fatti costitutivi della domanda revocatoria ordinaria.

La Corte territoriale, premesso che gli atti di compravendita erano stati stipulati poco tempo prima della dichiarazione di insolvenza della societa’ (OMISSIS) soc. ccop. a r.l. di cui (OMISSIS) era amministratore e fidejussore, ha specificamente affermato come, correttamente, il Giudice di primo grado avesse ritenuto presuntivamente provata:

la “scientia damni” del debitore-garante in relazione:

a) alla qualita’ di amministratore da quello rivestita nella societa’ poi collocata in LCA, a favore della quale aveva prestato garanzia, ed alla conseguente conoscenza privilegiata che quello doveva avere in ordine alla progressiva situazione di difficolta’ economica e poi del rischio di insolvenza della societa’;

b) alla dismissione dell’intero patrimonio immobiliare effettuato dal debitore immediatamente prima della apertura della procedura concorsuale,

la “scientia damni” ed “consilium fraudis” della societa’ terza acquirente in considerazione:

a) del rapporto di stretta parentela tra (OMISSIS) e la figlia (OMISSIS) che deteneva una quota di partecipazione nella (OMISSIS) s.r.l.;

b) dalla vendita in blocco di una pluralita’ di immobili tutti appartenenti al medesimo debitore;

c) dalla mancanza di prova dell’effettivo pagamento del prezzo di vendita;

d) dalla non corrispondenza del prezzo pattuito con quello di mercato accertato dalla c.t.u.;

e) dalle anomale modalita’ di regolazione del pagamento del prezzo, in rate da versare con ampia dilazione, e cio’ nonostante con rinuncia dell’alienate alla garanzia ipotecaria.

Inammissibile e’ anche la censura formulata come vizio di “errore di diritto” per violazione dell’articolo 2727 c.c. ed altresi’ la censura formulata per “errore di fatto”, in quanto i ricorrenti non deducono affatto un errore concernente lo schema legale della prova presuntiva, ne’ tanto meno indicano fatti storici, pur discussi e dimostrati in giudizio, che il Giudice di merito non ha esaminato e che, se invece considerati, avrebbero determinato con elevata certezza un esito diverso della lite, venendo piuttosto a richiedere le parti ricorrenti una diversa valutazione delle risultanze istruttorie, del tutto inammissibile in questa sede, in quanto preclusa dall’oggetto del sindacato di legittimita’ circoscritto ai soli e tassativi vizi della sentenza individuati nell’articolo 360 c.p.c..

Ed infatti e’ appena il caso di rilevare come la violazione dello schema normativo della presunzione semplice, che da’ luogo al vizio di violazione degli articoli 2727 e 2729 c.c. (cui nella specie sembra doversi ricondurre anche la denuncia di violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 39, comma 1, lettera d, e Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 54, comma 2), non concerne il convincimento finale che il Giudice trae dalla valutazione del complesso indiziario, ma la divergenza -nel procedimento di rilevazione e selezione dei fatti seguito dal Giudice- dai criteri di logica formale che presiedono alla “modalita’ di interrogazione” di tale materiale eterogeneo, che, come noto, debbono avere come riferimento la prova dei fatti principali costitutivi del diritto controverso e che si sviluppano attraverso:

1-la delimitazione del materiale di esame ai soli fatti “certi” che non risultino contraddetti da altri fatti (precisione);

2-l’esame atomistico di ciascun elemento indiziario (fatto secondario) e quindi l’esame globale del complesso indiziario unitariamente considerato in funzione della sua o della loro capacita’ dimostrativa (gravita’);

3-la efficacia conoscitiva del fatto ignorato che il singolo indizio o complesso di indizi e’ idoneo a produrre, in base alla applicazione di criteri logici di tipo probabilistico-inferenziale tratti dai dati della esperienza (id quod plerumque accidit), ovvero da dati scientifici o statistici (inferenza cognitiva);

4-la controprova o verifica di consistenza, intesa come inidoneita’ dell’elemento o del complesso indiziario a fornire una diversa inferenza tale da condurre alla conoscenza di un altro fatto ignorato, che risulti alternativo ed incompatibile con quello precedentemente presunto (concludenza).

Appare dunque del tutto evidente come la verifica di conformita’ rispetto allo schema normativo indicato debba essere veicolata ad una puntuale critica rivolta a contestare la osservanza del procedimento delineato dalle norme di cui agli articoli 272-2729 c.c., ponendosi all’esterno rispetto al contenuto della valutazione di merito (nel che si estrinseca il “convincimento” del Giudice ex articolo 116 c.p.c., comma 1), non essendo, quindi, sufficiente contestare le conclusioni raggiunte nella sentenza impugnata in ordine alla sussistenza o meno della prova dei fatti costitutivi della domanda o della eccezione, per assolvere al requisito di specificita’ del motivo con il quale si deduce il vizio di violazione degli articoli 2727 e 2729 c.c..

La mera allegazione dei ricorrenti secondo cui nella specie gli elementi indiziari assunti a fondamento della inferenza logica non rivestivano carattere concludente ai fini dell’accertamento della conoscenza del pregiudizio e della volonta’ di sottrarre il patrimonio del debitore alla garanzia generale della banca creditrice, contrasta in modo palese con la giurisprudenza di questa Corte, puntualmente richiamata dal Giudice di appello, secondo cui in tema di azione revocatoria ordinaria, nel caso in cui il debitore disponga del suo patrimonio mediante vendita contestuale di una pluralita’ di beni, devono ritenersi “in re ipsa” l’esistenza e la consapevolezza (sua e dei terzi acquirenti) del pregiudizio patrimoniale che tali atti arrecano alle ragioni del creditore, ai fini dell’esercizio da parte di quest’ultimo dell’azione pauliana (Corte cass. Sez. 1, Sentenza n. 10430 del 18/05/2005; id. Sez. 3, Sentenza n. 18034 del 25/07/2013).

la prova della “participatio fraudis” del terzo, necessaria ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria nel caso in cui l’atto dispositivo sia oneroso e successivo al sorgere del credito, puo’ essere ricavata anche da presunzioni semplici, ivi compresa la sussistenza di un vincolo parentale tra il debitore ed il terzo, quando tale vincolo renda estremamente inverosimile che il terzo non fosse a conoscenza della situazione debitoria gravante sul disponente (Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 5359 del 05/03/2009; id. Sez. 3, Sentenza n. 13447 del 29/05/2013).

In conclusione deve essere dichiarata la inammissibilita’ del ricorso principale e di quello incidentale; i ricorrenti principale ed incidentale debbono essere condannati, in solido, a rifondere le spese del giudizio di legittimita’, liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso principale e il ricorso incidentale.

Condanna entrambi i ricorrenti principale ed incidentale, in solido, al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in Euro 6.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e del ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.