La responsabilità per i danni causati dagli animali randagi è disciplinata dalle regole generali di cui all’art. 2043 c.c. e non da quelle stabilite dall’art. 2052 c.c., sicché presuppone l’allegazione e la prova, da parte del danneggiato, di una concreta condotta colposa ascrivibile all’ente e della riconducibilità dell’evento dannoso, in base ai princìpi sulla causalità omissiva, al mancato adempimento di una condotta obbligatoria in concreto esigibile, mentre non può essere affermata in virtù della sola individuazione dell’ente al quale è affidato il compito di controllo e gestione del fenomeno del randagismo, ovvero quello di provvedere alla cattura ed alla custodia degli animali randagi.

Corte d’Appello|Bari|Sezione 3|Civile|Sentenza|24 aprile 2023| n. 672

Data udienza 12 aprile 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte di Appello di Bari – Terza Sezione civile – composta dai Magistrati:

dott. Michele Ancona – Presidente

dott. Vittorio Gaeta – Consigliere

dott.ssa Maristella Sardone – Consigliere rel.

ha emesso la seguente

SENTENZA

Nella causa civile in grado di appello, iscritta sotto il numero d’ordine n. 201/2021 R.G., avverso la sentenza del Tribunale di Foggia n. 1864/2020 del 17.12.2020

Tra

Comune di San Nicandro Garganico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, giusta mandato in atti, dall’avv. Mi.D'(…) dell’Ufficio Legale del Comune di San Nicandro Garganico, con sede al Corso (…), presso lo stesso elettivamente domiciliato

Appellante

e

(…), in proprio e nella qualità di esercente la potestà esclusiva sul minore (…), e (…), eredi di (…), rappresentati e difesi dall’Avv. Mi.De. e dall’Avv. Mi.Di., in virtù di mandato in atti, elettivamente domiciliati in Bari, via (…) presso lo studio professionale dell’Avvocato Da.Vi.

Appellati

e

(…), Azienda (…) di (…), in persona del suo legale rappresentante pro tempore, con sede in (…), rappresentata e difesa dall’avv. Ri.So. in virtù di mandato in atti, elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso procuratore

Appellata

MOTIVI DELLA DECISIONE IN FATTO ED IN DIRITTO

Con citazione notificata il 18.6.2014, (…) conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Foggia, la (…) al fine di sentirla condannare al risarcimento dei danni personali e materiali ad autoveicolo provocati dall’improvviso attraversamento della strada da parte di un cane randagio.

In particolare, il (…) deduceva che il giorno 24.8.2012, verso le ore 6,00, mentre percorreva, alla guida della propria autovettura (…) tg. (…), a velocità prudenziale, la strada S.P. 40 San-Nazario-Lauri, giunto in c.da (…), territorio del Comune di San Nicandro Garganico, dopo aver percorso alcuni metri dalla Stazione di Servizio carburanti (…), veniva coinvolto in un sinistro stradale causato da un cane randagio, pastore maremmano di colore bianco e di taglia media, che sbucava di corsa dalla vegetazione posta sul ciglio della strada ed intersecava la direzione di marcia tenuta dall’attore il quale, attesa la manovra improvvisa e repentina del cane, riusciva ad evitare l’impatto frontale sterzando sulla propria destra, ma oltre a colpire l’animale con la parte antero laterale sinistra, urtava contro un muretto a secco posto sul margine della strada e, a seguito della istintiva controsterzata a sinistra, terminava la propria corsa fuori dalla sede stradale; il cane decedeva e l’attore aveva modo di accertare la sua natura randagia atteso che non indossava alcun collare o medaglietta identificativa ed aveva un aspetto manifestamente trasandato. A seguito del sinistro il veicolo subiva ingenti danni mentre l’attore riportava lesioni personali.

La (…) si costituiva eccependo la carenza di legittimazione passiva – per essere unico soggetto legittimato passivo il Comune di San Nicandro Garganico, che chiedeva di chiamare in causa – e chiedendo nel merito il rigetto della domanda.

A seguito di rituale chiamata in causa, si costituiva in giudizio il Comune di San Nicandro Garganico, che chiedeva, in via preliminare, dichiarare inammissibile la domanda proposta nei suoi confronti per difetto di legittimazione passiva, essendo legittimata passiva la sola (…); in via gradata, chiedeva il rigetto della domanda attorea in quanto infondata sia nell’an che nel quantum, non potendosi ravvisare alcuna responsabilità omissiva né alcun fatto e/o comportamento colposo e/o illecito imputabile in capo all’ente.

All’esito di prova per testi e ctu tecnico estimativa, il Tribunale di Foggia emetteva la sentenza in epigrafe indicata, con la quale così provvedeva: ” 1. accoglie la domanda per quanto di ragione e, per l’effetto, dichiarata la responsabilità esclusiva del Comune di San Nicandro (…) in relazione all’evento per cui è causa, lo condanna al pagamento, in favore della parteattrice, della complessiva somma di Euro 11.749,77=, oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali da calcolarsi secondo le modalità meglio specificate in parte motiva;

2. compensa integralmente le spese di lite nei rapporti tra gli attori e la convenuta (…);

3. condanna il Comune di San Nicandro (…) a rifondere alla parte attrice le spese di lite, liquidandole in Euro 272,25 per esborsi ed Euro 3.970 per onorari, oltre rimborso forfetario per spese generali al 15%, Iva e Cpa come per legge, da distrarsi in favore del suo procuratore antistatario, avv. (…);

4. pone definitivamente a carico del Comune anche i costi della ctu espletata”.

Avverso detta sentenza il Comune di San Nicandro Garganico ha proposto tempestivo appello per i motivi infra indicati, instando per l’accoglimento delle seguenti conclusioni: ” 1. In via preliminare, ricorrendone i giustificati motivi, sospendere l’esecutività della sentenza appellata per tutto quanto evidenziato nei motivi di impugnazione e data la sussistenza del danno grave ed irreparabile; 2. Nel merito respinta ogni contraria istanza, accogliere il presente appello nei limiti richiesti dall’appellante e quindi; a. accogliere l’appello del Comune di San Nicandro G.co e dichiarare totalmente infondate in fatto e in diritto le domande avanzate da parti appellate avverse; b. riformare la sentenza di primo grado, nella parte in cui condanna il Comune in solido con l'(…) al pagamento in favore degli attuali appellati eredi (…) ((…) in proprio e nella qualità di esercente la potestà sul minore (…), nonché (…)) del risarcimento dei danni nonché delle spese di lite, disponendo il rigetto delle domande tutte avanzate dagli appellati in primo grado e di quanto riconosciuto nella sentenza di 1 grado; c. dichiarare che nessuna responsabilità grava sul Comune appellante per aver ottemperato al disposto legislativo previsto dalla normativa regionale circa i compiti assegnati ai Comuni ed in particolare quelli relativi al canile per il ricovero dei cani randagi; d. dichiarare la carenza di legittimazione passiva del Comune per difetto, in capo allo stesso, della titolarità sostanziale dell’obbligazione dedotta in giudizio, essendo processualmente legittimata o sostanzialmente titolata la sola (…); e. in via del tutto residuale, dichiarare unico responsabile per i danni relativi al sinistro di cui è causa, l'(…) con ogni conseguenza in ordine al risarcimento; f. con vittoria di spese e competenze legali di entrambi i gradi di giudizio”.

Si è costituita la (…) chiedendo l’accoglimento delle seguenti conclusioni: ” 1) rigettare l’appello proposto nei confronti della (…) dal Comune di San Nicandro Garganico avverso la Sentenza n. 1864/’20, resa dal Giudice del Tribunale di Foggia, Dr.ssa (…) in data 16.12.2020 e depositata in data 17.12.2020 e, per l’effetto, confermare integralmente l’impugnato provvedimento decisorio, il tutto con vittoria di spese, diritti ed onorari del presente grado di (…)”.

Anche gli altri appellati si sono costituiti in giudizio, istando per l’accoglimento delle seguenti conclusioni: “Si conclude affinché l’Ecc.ma Corte d’Appello di Bari, previo accertamento del soggetto tenuto all’obbligo risarcitorio in favore degli odierni appellati, voglia confermare la sentenza impugnata nella parte in cui il Giudice di I grado accoglieva la domanda degli appellati sia sotto il profilo dell’an che in ordine al quantum debeatur. Vinte le spese del giudizio di secondo grado da attribuirsi ai sottoscritti procuratori antistatari”.

Con ordinanza del 7.7.2021 la Corte ha sospeso l’efficacia esecutiva della sentenza appellata.

A seguito di trattazione scritta, in data 18 gennaio 2023 la causa è stata riservata per la decisione con assegnazione alle parti dei termini di cui all’ art. 190 c.p.c..

La gravata sentenza ha accolto la domanda avanzata da (…), deceduto nelle more del giudizio di primo grado, condannando esclusivamente il Comune di San Nicandro Garganico – dopo aver ricostruito il quadro normativo di riferimento, individuato nella L. n. 281 del 1991 e L.R. Puglia n. 12 del 1995 (poi abrogata e sostituita dalla L.R. n. 2 del 1920) – sulla scorta delle seguenti motivazioni: “Nella fattispecie, le risultanze istruttorie complessivamente acquisite confermano la sussistenza di profili di colpa omissiva ad esclusivo carico del Comune/terzo chiamato, nei cui confronti la domanda attorea si è automaticamente estesa per effetto della chiamata in causa del predetto ente da parte della (…) convenuta. … Benchè, nella fattispecie, non sia stato richiesto nell’immediato l’intervento sul posto del Servizio Veterinario dell'(…), gli esiti dell’istruttoria condotta hanno innanzitutto riscontrato che il cane all’origine del sinistro per cui è causa non fosse ragionevolmente un cane padronale vagante o un animale in proprietà abbandonato, ma, più verosimilmente, un cane randagio che si aggirava nei pressi di un distributore di benzina alla ricerca di cibo.

Sul punto, i testi oculari addotti dall’attore, C. (…) e (…) (che aiutarono il conducente della (…) a spostare la carcassa dell’animale nella cunetta ritratta nelle foto allegate), hanno entrambi confermato che il cane di taglia media e di colore bianco tipo maremmano, sbucato all’improvviso dalla vegetazione posta sul margine destro della strada e morto sul colpo per effetto delle ferite alla testa determinate dall’impatto con l’auto, non recava collare, né medaglietta o altro segno identificativo e appariva trasandato.

Il teste C. ha altresì precisato che l’incidente si verificò all’altezza del piazzale posteriore del distributore di benzina “IP” che si trova nel tratto della S.P. 40 u.I.C.M.; il teste (…), in servizio presso la Polizia Municipale del Comune di San Nicandro G., ha riferito che in tale piazzale sono posizionati due cassonetti della spazzatura posti a servizio dell’impianto; il teste (…), medico veterinario, ha invece puntualizzato che le aziende agricole di allevamento di bestiame della zona distano diversi chilometri dal luogo in cui si è verificato il sinistro e non si trovano in adiacenza alla strada, ma sono raggiungibili solo percorrendo dei tratturi interni, e, soprattutto, ha specificato che nel Comune di San Nicandro (…) il fenomeno del randagismo è un “problema diffuso” sia nella contrada in questione che nel centro abitato, ove i cani randagi affamati vengono attratti dai cassonetti della nettezza urbana.

In tale quadro di insieme, l’ipotesi senz’altro più attendibile resta quindi quella del cane randagio vagante nei pressi di una zona frequentata dall’uomo, nell’intento di sfamarsi.

In effetti, dalla stessa Delib. giuntale n. 108 del 27 ottobre 2011 prodotta dalla difesa comunale, si trae conferma della gravità del fenomeno denunciato, determinato dalla presenza di “un numero elevato di cani randagi sul territorio comunale”, cui l’ente, privo di un proprio canile, ha cercato di porre rimedio attraverso la stipula in data 11/01/2012 di una convenzione di durata biennale col Comune di Apricena che, pur in vigore all’epoca di verificazione del sinistro per cui è causa, garantiva tuttavia la disponibilità di una sola cuccia e l’accoglienza dunque di un solo cane per volta, da sottoporre alle cure del Servizio Veterinario.

In realtà, già nella cit. delibera giuntale, nella parte in cui è riportato il parare del Responsabile del Servizio di Polizia Municipale e Locale, dott. (…) (lo stesso sentito come teste), emergeva, in relazione al problema denunciato, tutta la preoccupazione del medesimo che espresse parere favorevole alla stipula della prefata convenzione “a condizione che venga assegnata a questo servizio una unità operativa (istruttore amministrativo) in quanto è prevedibile una grossa mole di lavoro, almeno inizialmente, dovuta al fatto che i cani randagi presenti in questo territorio non sono mai stati sterilizzati”. E’ evidente tuttavia il carattere non risolutivo della cit. convenzione, dietro cui l’ente comunale si trincera affermando di aver assolto in tal modo ad ogni obbligo su di sé gravante.

Tale valutazione rinviene non solo dall’insufficienza dei presidi messi a disposizione, ma anche dal rilievo che compito dell’ente comunale non era soltanto quello di fornire un luogo di ricovero ai cani randagi, ma anche quello di pattugliare il territorio comunale alla ricerca degli animali da segnalare al Servizio Veterinario dell'(…), onde consentirne l’intervento, come, del resto, confermato in sede di deposizione dallo stesso veterinario dott. (…) il quale ha precisato, in linea con la suddivisione dei compiti di cui alla normativa regionale sopra indicata, che “l'(…) può provvedere all’accalappiamento e custodia dei cani randagi solo a seguito di segnalazione dei Vigili Urbani del Comune”.

Ora, se è vero che, in una situazione di normalità, non può essere la mera inosservanza dell’obbligo giuridico di provvedere alla cattura dell’animale randagio idonea ad integrare la colpa rispetto ad un fenomeno la cui prevenzione totale si sottrae ai parametri della condotta esigibile, non potendo essere del tutto impedito in astratto che uno sparuto animale randagio possa comunque trovarsi in un determinato momento sul territorio, nella peculiare fattispecie in esame ritiene invece il Tribunale che la prova della responsabilità per colpa omissiva del Comune di San Nicandro (…) sia insita proprio nella irrisorietà delle contromisure pensate e nella (già paventata) insufficienza del servizio di pattugliamento destinato a contrastare il grave fenomeno che dilagava.

Se infatti in condizioni ordinarie può sostenersi che una concreta condotta colposa sia configurabile nell’ipotesi in cui, ad es., vi siano state in precedenza specifiche segnalazioni della presenza abituale dell’animale in un determinato luogo, rientrante nel territorio di competenza dell’ente preposto, e ciò nonostante, quest’ultimo non si sia adeguatamente attivato per la sua cattura, non altrettanto è sostenibile di fronte ad un fenomeno ben più grave, come quello in esame, che aveva assunto le proporzioni di un “problema sociale” e di cui il Comune, come dimostra la prefata delibera giuntale del 2011, eraperfettamente a conoscenza sin da prima del verificarsi del sinistro de quo senza che vi fosse bisogno di alcuna segnalazione, al punto da aver deciso di intervenire per porvi rimedio.

Proprio la gravità del fenomeno imponeva infatti un più penetrante e diffuso controllo del territorio teso ad evitare situazioni di pericolo in tutte le zone antropizzate.

Del congruo assolvimento di tale compito non è stata fornita alcuna prova da parte dell’ente comunale.

Nessun profilo di colpa è invece ravvisabile in capo alla (…) convenuta, che, nella pacifica assenza di segnalazioni da parte del Comune, non aveva possibilità di intervento secondo la disciplina innanzi esposta” …

Con il primo motivo di appello, il Comune lamenta carenza di motivazione – travisamento – violazione normativa nazionale e regionale – competenza (…) per recupero cani randagi anche presso strutture proprie. Violazione delle linee guida della Regione.

Con il secondo motivo lamenta totale omessa valutazione della giurisprudenza recente e consolidata. Richiamo ingiustificato a sentenze superate – carenza di motivazione (in relazione alla questione della legittimazione passiva).

Con il terzo motivo lamenta totale omessa valutazione delle prove documentali circa la presenza del canile per il ricovero dei cani randagi – carenza di motivazione – erronea valutazione dei fatti – travisamento.

Con il quarto motivo lamenta omessa totale valutazione delle prove documentali e testimoniali circa la presenza del canile per il ricovero dei cani randagi – carenza di motivazione – erronea valutazione dei fatti – travisamento prove documentali.

Con il quinto motivo lamenta difetto di legittimazione passiva del Comune di San Nicandro Garganico in favore dell'(…).

Con il sesto motivo lamenta totale omessa valutazione della giurisprudenza della cassazione circa l’individuazione della condotta omissiva del Comune e l’onere della prova che deve gravare sull’attore – omessa valutazione prove e deduzioni sulla reale natura di cane randagio.

Con il settimo motivo lamenta sul quantum violazione norme in materia di iva – riparazione autovettura senza fattura – indebito arricchimento.

I primi sei motivi possono essere esaminati congiuntamente, involgendo sostanzialmente la questione della legittimazione passiva (e/o titolarità passiva), fatta eccezione per l’ultima parte del sesto motivo (omessa valutazione prove e deduzioni sulla reale natura di cane randagio).

In particolare, parte appellante censura la sentenza nella parte in cui non riconosce la responsabilità in capo all'(…) per l’evento sinistroso, imputandola esclusivamente in capo all’ente comunale in quanto privo di canile (potendo contare su un solo posto nel canile di Apricena, con il quale ha concluso una convenzione), richiamando la L.R. n. 12 del 1995 ma applicandola erroneamente. La normativa in questione, difatti, attribuirebbe ai Servizi Veterinari delle (…) il compito di recuperare i cani randagi che devono poi trovare accoglienza nei canili gestiti dai Comuni, con conseguente responsabilità della prima per i danni arrecati da cani randagi e carenza di legittimazione passiva del Comune.

Sostiene che il Giudice avrebbe dovuto, in via preliminare, dichiarare che il Comune ha ottemperato al disposto legislativo previsto dalla normativa regionale circa i compiti assegnati ai Comuni ed in particolare quelli relativi al canile per il ricovero dei cani randagi; dichiarare inammissibile la domanda proposta contro il Comune di San Nicandro Garganico per carenza di legittimazione passiva di quest’ultimo, disponendone l’estromissione, ovvero rigettare la predetta domanda per difetto, in capo allo stesso, della titolarità sostanziale dell’obbligazione dedotta in giudizio, essendo processualmente legittimata o sostanzialmente titolata la sola (…).

I primi sei motivi sono fondati e dal loro accoglimento, che comporta il rilievo del difetto di legittimazione passiva del Comune di San Nicandro G.co, restano assorbiti gli altri.

I giudici di legittimità hanno pacificamente chiarito come, in materia di responsabilità per danni causati da animali randagi, debbano trovare applicazione le regole generali di cui all’art. 2043 c.c.. e non di cui all’art. 2052 c.c., non potendosi ravvisare un rapporto di proprietà o di uso in relazione ad essi, da parte degli enti pubblici preposti alla gestione e contenimento del fenomeno del randagismo.

Secondo un principio reiteratamente affermato dalla Suprema Corte (tra le altre, Cass. 18954 del 2017; Cass. n. 17060 del 2018; Cass. n. 9671 del 2020; Cass. n. 17679 del 2020; Cass. n. 9621 del 2022, Cass. n. 33470 del 2022) la responsabilità per i danni causati dagli animali randagi, pur essendo disciplinata dalla regola generale di cui all’art. 2043 c.c., (e non già da quella speciale di cui all’art. 2052 c.c.), trova fondamento, prima ancora che nell’accertamento della colpa dell’ente preposto, in quello, preliminare, dell’esistenza in capo ad esso di un obbligo giuridico avente ad oggetto lo svolgimento di un’attività vincolata in base alla legge (la cattura dell’animale randagio).

“L’accertamento della responsabilità per i danni derivanti dal randagismo presuppone, dunque, l’individuazione dell’ente cui le leggi nazionali e regionali affidano in generale il compito di controllo e gestione di questo fenomeno. Alla pubblica amministrazione viene infatti imputata una responsabilità di tipo omissivo, per violazione di uno specifico obbligo giuridico, nella cui esistenza trova fondamento il carattere antigiuridico della condotta omissiva dell’ente, nel senso che l’efficienza causale dell’omissione rispetto all’evento dannoso diventa giuridicamente rilevante ai fini dell’imputazione della lesione in presenza dell’obbligo giuridico di impedire l’evento, in conformità al disposto dell’art. 40 c.p., comma 2, (così, in particolare, Cass. n. 17060 del 2018, cit.)” (cfr. Cass. sez. III, 14.11.2022 n. 33470).

Come chiarito dalla S.C. nella pronuncia da ultimo richiamata, alla quale questa Corte ritiene di aderire, “ai fini dell’individuazione dell’ente su cui grava l’obbligo giuridico di “recupero”, “cattura” e “ricovero” dei cani randagi – stante la “neutralità”, al riguardo, della legge statale (legge quadro 14 agosto 1991, n. 281) – occorre analizzare la normativa regionale caso per caso (cfr., oltre alle citate Cass. n. 17060 del 2018 e 9671 del 2020, Cass. n. 19404 del 2019 e Cass. n. 32884 del 2021) e che, per quanto specificamente concerne la normativa regionale pugliese (L.R. 3 aprile 1995, n. 12: in particolare, artt. 2, 6, 8), il predetto obbligo risulta essere stato attribuito ai Servizi Veterinari delle (…), residuando, in capo ai Comuni, il diverso compito di provvedere alla gestione dei canili, in funzione dell’accoglienza, custodia e mantenimento degli animali recuperati.

4.3. L’obbligo giuridico dei Comuni, avente ad oggetto la costruzione e gestione di canili sanitari ai fini dell’accoglienza, custodia e mantenimento dei cani vaganti, pur essendo astrattamente suscettibile di integrare il requisito di antigiuridicità di un contegno omissivo ai fini dell’imputazione causale di un evento dannoso (o anche il requisito soggettivo di una condotta colposa integrata dall’inosservanza di una norma di legge), resta estraneo alla funzione tipica della prevenzione dei rischi derivanti dal randagismo, di cui è espressione l’evento dannoso dedotto nel presente giudizio, in quanto non comporta l’obbligo dell’attività di recupero, ma solo quello di accoglienza dei cani randagi.

Il discrimine ai fini della responsabilità civile risiede, dunque, nella differenza fra “accoglienza” e “ricovero”, posto che solo il secondo presuppone l’attività di recupero e cattura. All’accoglienza silegano gli obblighi di custodia e mantenimento dei cani, la cui violazione, a seconda delle circostanze, è suscettibile di determinare la responsabilità civile. Non vi è invece un dovere a carico dei Comuni di recupero e cattura dei cani randagi, quale obbligo giuridico la cui violazione possa integrare una fattispecie di responsabilità civile.

4.4. Deve quindi darsi continuità all’orientamento secondo il quale – posto che la responsabilità civile per i danni causati dai cani randagi grava esclusivamente sull’ente cui le singole leggi regionali, attuative della legge cornice statale n. 281 del 1991, attribuiscono i compiti di recupero, cattura e ricovero dei medesimi animali – nello specifico ambito dell’ordinamento regionale pugliese la legittimazione ad essere convenute con l’azione risarcitoria per i predetti pregiudizi spetta alle Aziende S.L., cui i ricordati compiti sono affidati dalla L.R. n. 12 del 1995, e non anche ai Comuni, cui la medesima legge attribuisce i diversi compiti di accoglienza, custodia e mantenimento degli animali dopo che sono stati catturati” (cfr. Cass. 33470/2022, cit., in motivazione).

Il primo Giudice ha affermato la responsabilità dell’appellante sul presupposto che i Comuni sarebbero gravati, oltre che del dovere di predisporre i canili, anche di quello di segnalare la presenza di cani randagi – doveri che si porrebbero in posizione strumentale rispetto al dovere della (…) di provvedere al recupero ed alla cattura dei detti animali. La sentenza impugnata, richiamando la normativa regionale vigente in materia, fonda la responsabilità per colpa omissiva del Comune appellante, nella specie, sulla omessa istituzione di strutture idonee al ricovero di cani randagi e sulla insufficienza del servizio di pattugliamento destinato a contrastare il grave fenomeno che dilagava.

Dunque, secondo il primo giudice, solo la puntuale osservanza da parte del Comune di questi doveri strumentali avrebbe potuto far sorgere in capo alla (…) l’obbligo giuridico di provvedere alla cattura degli animali, la cui violazione costituisce il presupposto della sua responsabilità. Al riguardo, ha richiamato la deliberazione di Giunta Regionale della Puglia del 4 luglio 2013 n. 1223, secondo la quale le attività di accalappiamento dei cani randagi da parte dei servizi veterinari delle (…) vengono attivate esclusivamente su specifica segnalazione delle amministrazioni locali o delle forze dell’ordine.

L’assunto del primo Giudice non può essere condiviso.

Questa Corte non può che richiamare quanto statuito dalla Suprema Corte a proposito della struttura della fattispecie di illecito aquiliano che determina la responsabilità della pubblica amministrazione per i danni causati dagli animali randagi.

Tale illecito, come più volte evidenziato dalla S.C. (tra le altre, cfr. Cass. n. 12495/2017, Cass. 15167/2017, Cass. 17060/2018), “si connota anzitutto – e preliminarmente – per la sussistenza di un obbligo giuridico che impone alla pubblica amministrazione il compimento di una attività (non discrezionale ma) vincolata, il quale fonda l’antigiuridicità della condotta omissiva dell’ente e l’imputazione causale dell’evento dannoso ad essa conseguente, nel senso che, in presenza di uno specifico obbligo giuridico di impedire un evento, l’omissione dell’attività imposta diventa giuridicamente rilevante sul piano causale ai fini dell’imputazione dell’evento medesimo, ove esso si verifichi.

A tale aspetto – che postula, dunque, ai fini dell’accertamento della responsabilità, l’individuazione dell’ente gravato dall’obbligo giuridico rimasto inadempiuto (precisamente, dell’ente cui le singole leggi regionali, nella cornice della legge statale, attribuiscono i compiti di recupero, cattura e ricovero dei cani randagi) – si aggiunge l’accertamento del carattere colposo dell’omissione posta in essere dall’ente, in quanto la responsabilità per i danni derivanti dal randagismo resta pur sempre una responsabilità per colpa regolata dall’art. 2043 c.c., e non integra una responsabilità oggettiva da custodia ai sensi degli artt. 2051,2052 e 2053 c.c., (Cass. n. 18954 del 2017; Cass. n. 18060 del 2018; Cass. n. 11591 del 2018; Cass. n. 19404 del 2019)” (cfr. Cass. 33470/2022, in motivaz.).

In base a tali rilievi, pertanto la S.C. ha ribadito che “nell’ambito dell’ordinamento regionale pugliese, l’obbligo giuridico di provvedere al recupero, alla cattura e al ricovero dei cani randagi (la cui violazione configura responsabilità per i danni da essi arrecati a terzi e fonda la legittimazione ad essere convenuti in giudizio con azione risarcitoria) spetta alle A.S.L., mentre in capo ai Comuni è attribuito il diverso dovere di provvedere all’accoglienza, alla custodia e al mantenimento degli animali dopo che sono stati catturati. La violazione di questi doveri può senz’altro fondare una fattispecie di responsabilità civile, ma non in relazione ai danni derivanti dal randagismo, restando i doveri medesimi estranei alla funzione tipica della prevenzione dei rischi connessi a tale fenomeno” (ibidem).

A tanto consegue che, in accoglimento dell’appello, va dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Comune di San Nicandro Garganico.

Sotto altro profilo, l’assunto del primo Giudice, secondo il quale un ulteriore profilo di colpa sarebbe ravvisabile a carico del Comune di San Nicandro Garganico, per l’omessa segnalazione della presenza di cani randagi sul territorio, non è condivisibile, ove si consideri che, come evidenziato dallo stesso Giudice di primo grado, nel Comune di San Nicandro Garganico il fenomeno del randagismo aveva assunto le proporzioni di un problema sociale -conclamato nelle delibere di Giunta Comunale richiamate nella sentenza impugnata – come confermato anche dal teste (…), medico veterinario, dal che discende che, a fronte di tale situazione, il servizio veterinario della (…) avrebbe dovuto attivarsi per la cattura dei cani randagi, anche senza specifiche ulteriori segnalazioni del Comune, per fronteggiare un fenomeno – quello del randagismo – che la legge regionale pugliese, come visto, demanda proprio alla (…).

Per converso, l'(…) nulla ha provato circa l’ottemperanza all’obbligo di attivare il servizio di accalappiacani.

Va, quindi, affermata la ascrivibilità del sinistro in questione alla responsabilità della Azienda (…).

Quanto ai profili di responsabilità della (…), si deve osservare che, secondo la più recente giurisprudenza sul punto, “la responsabilità per i danni causati dagli animali randagi è disciplinata dalle regole generali di cui all’art. 2043 c.c., e non da quelle stabilite dall’art. 2052 c.c., sicché presuppone l’allegazione e la prova, da parte del danneggiato, di una concreta condotta colposa ascrivibile all’ente e della riconducibilità dell’evento dannoso, in base ai principi sulla causalità omissiva, al mancato adempimento di una condotta obbligatoria in concreto esigibile, mentre non può essere affermata in virtù della sola individuazione dell’ente al quale è affidato il compito di controllo e gestione del fenomeno del randagismo, ovvero quello di provvedere alla cattura ed alla custodia degli animali randagi” (Cass. n. 31957/2018).

A tale ultimo riguardo, la Suprema Corte di Cassazione ha anche evidenziato che “non è possibile riconoscere una siffatta responsabilità semplicemente sulla base della individuazione dell’ente cui la normativa nazionale e regionale affida in generale il compito di controllo e gestione del fenomeno del randagismo e neanche quello più specifico di provvedere alla cattura ed alla custodia degli animali randagi, in mancanza della puntuale allegazione e della prova, il cui onere certamente spetta all’attore danneggiato in base alle regole generali, della condotta obbligatoria esigibile dall’ente e nella specie omessa, e della riconducibilità dell’evento dannoso, in base aiprincipi sulla causalità omissiva, al mancato adempimento di tale condotta obbligatoria” (cfr. in tal senso, Cass. civ. 18954/2017, Cass. civ. VI, 14/05/2018, n.11591).

Va, però, considerato che i giudici di legittimità hanno, di recente, assunto un indirizzo meno rigoroso sotto il profilo dell’onere probatorio a carico del danneggiato, precisando che, una volta individuato – alla stregua della normativa nazionale e regionale applicabile – l’ente titolare dell’obbligo giuridico di recupero degli stessi, “il danneggiato è chiamato a provare soltanto che l’evento dannoso rientri nel novero di quelli che la regola cautelare omessa mira ad evitare, e solo una volta che l’ente abbia, a propria volta, dimostrato di essersi attivato rispetto a tale onere cautelare, sarà tenuto ulteriormente a dimostrare (anche per presunzioni) l’esistenza di segnalazioni o di richieste di intervento per la presenza abituale di cani, qualificabili come randagi” (Cass. civ., sez. 6-3, 24 marzo 2022, n. 9621).

Nella recentissima pronuncia in precedenza richiamata (Cass. 33470/22), emessa in controversia relativa all’applicazione proprio della L.R. della Puglia n. 12 del 1995, si legge che “fermo restando il presupposto generale secondo cui, ai fini della formulazione del giudizio di colpa sulla condotta della pubblica amministrazione non basta la mera inosservanza dell’obbligo giuridico di provvedere alla cattura dell’animale randagio (atteso che la prevenzione totale del fenomeno del randagismo si sottrae ai parametri della condotta esigibile, non potendosi del tutto impedire che un animale randagio possa comunque trovarsi, in un certo momento, sul territorio: Cass. n. 17060 del 2018), va però anche ricordato che il predetto giudizio si innesta, appunto, in una fattispecie in cui è stato già preliminarmente individuato il soggetto pubblico titolare dell’obbligo giuridico rimasto inadempiuto, sicché l’evento dannoso costituisce la concretizzazione del rischio che la norma cautelare restata inosservata tendeva a prevenire e che viene presuntivamente imputato, sul piano causale, alla predetta violazione, ai sensi dell’art. 40 c.p., comma 2.

Movendo da tale rilievo, la più recente giurisprudenza di questa Corte ha evidenziato che, una volta dimostrata in giudizio la sussistenza dell’obbligo di osservare la regola cautelare omessa ed una volta appurato che l’evento appartiene al novero di quelli che la norma mirava ad evitare attraverso il comportamento richiesto, non rileva, ai fini dell’esonero dalla responsabilità, che il soggetto tenuto a detta osservanza abbia provato la non conoscenza in concreto dell’esistenza del pericolo (cfr. Cass. n. 9671 del 2020; Cass. n. 32884 del 2021; Cass. n. 9621 del 2022).

Ne deriva, dunque, che l’onere del danneggiato di provare, anche presuntivamente, l’esistenza di segnalazioni o richieste di intervento per la presenza abituale di cani randagi, si colloca “a valle” rispetto all’onere del soggetto pubblico tenuto per legge alla predisposizione del servizio di recupero degli animali, di provare di essersi attivato in funzione del rispetto dell’obbligo cautelare di condotta impostogli dalla normativa regionale (cfr., ancora, in termini, Cass. n. 9671 del 2020, cit.; Cass. n. 32884 del 2021, cit.; Cass. n. 9621 del 2022, cit.).

Pertanto, allorché, come nella fattispecie in esame, l’erogazione del servizio di recupero e cattura dei cani randagi spetti alla (…) e la domanda risarcitoria sia fondata su un fatto che costituisce concretizzazione del rischio che la norma cautelare mirava ad evitare, grava sull’ente l’onere di allegare e dimostrare di avervi dato compiuta osservanza in base ai principi generali in materia di nesso di causalità e di responsabilità colposa; solo ove questa prova venga fornita, spetterà al danneggiato allegare e dimostrare che, ad es., il servizio era stato approntato solo sulla carta, ma che in realtà non era operativo o aveva, nella fattispecie, funzionato male, perché vi erano state specifiche segnalazioni che non avevano avuto seguito (Cass. n. 9671 del 2020, cit.; Cass. n. 32884 del 2021, cit.; Cass. n. 9621 del 2022, cit.)”.

Nel caso che ci occupa, nessuna prova ha fornito la (…) (né, ancor prima, ha specificamente dedotto alcunchè sul punto), di essersi attivata (ad es. tramite le guardie zoofile, le associazioni protezionistiche o i servizi veterinari), per rintracciare cani randagi e catturarli e, dunque, per predisporre il servizio di recupero dei cani randagi, impostole dalla normativa regionale pugliese, nonostante la conclamata presenza nel Comune di San Nicandro Garganico di animali randagi, assurta a vero e proprio problema sociale (come evidenziato, il teste veterinario dott. (…) confermava la diffusione del fenomeno del randagismo nel territorio).

In virtù di tali rilievi, in conformità alle predette coordinate interpretative, posto che il fatto dannoso, come accertato dalla gravata sentenza, non è oggetto di censura alcuna, la responsabilità dell’evento dannoso va imputata all'(…), nei confronti della quale parte appellata (…) ha reiterato, comunque, la domanda di condanna, anche in via esclusiva, al risarcimento delle lesioni riportate (chiedendo la conferma della sentenza di primo grado in ordine all’an ed al quantum, “previo accertamento del soggetto tenuto all’obbligo risarcitorio in favore degli odierni appellati”).

Al riguardo, va rammentato che “nel caso di cosiddetto litisconsorzio alternativo, sussistente allorché il convenuto nel giudizio di danno chiami in causa un terzo, assumendo che questi debba ritenersi in via esclusiva tenuto al risarcimento domandato dall’attore, quest’ultimo deve ritenersi vittorioso tanto se la domanda venga accolta nei confronti del convenuto, quanto se venga accolta nei confronti del chiamato in causa, al quale l’originaria domanda si estende automaticamente; ne consegue che, proposto appello dal soccombente, il danneggiato non ha l’onere di proporre appello incidentale condizionato per fare dichiarare la responsabilità di uno dei possibili responsabili, per l’ipotesi in cui venisse accolto l’appello proposto dall’altro” (cfr. Cassazione civile , sez. III , 17/02/2014 , n. 3613 e successiva giurisprudenza conforme; da ultimo Cassazione civile sez. VI – 22/11/2022, n. 34278).

Pertanto, in riforma della gravata sentenza, va condannata l'(…) in luogo del Comune appellante al pagamento delle somme riconosciute al danneggiato dalla gravata sentenza.

L’accoglimento dei primi sei motivi assorbe gli ulteriori motivi di gravame con i quali il Comune lamenta l’erronea valutazione delle prove in ordine all’accertamento della natura randagia del cane e l’erronea quantificazione del danno materiale, oltre che il riconoscimento dell’iva.

Dal suo canto, l'(…), costituendosi nel presente grado, nel ritenere che motivatamente è stata esclusa dalla gravata sentenza la responsabilità alla stessa addebitata, si è limitata a chiedere il rigetto dell’appello e la conferma dell’impugnata sentenza, dichiarando genericamente di aderire alle deduzioni dell’Amministrazione comunale limitatamente alla carenza di prova del fatto storico e della complessiva dinamica del sinistro, mentre non ha sollevato alcuna deduzione in punto di quantificazione del danno.

Ebbene, analizzando le ulteriori doglianze del Comune di San Nicandro Garganico (ai quali la (…) si è, pur genericamente riportata), deve prendersi atto che l’appellante, in punto di an, si è limitato a contestare la sentenza impugnata solo nella parte in cui ha ritenuto provata la natura randagia del cane.

Sul punto, ed in assenza di specifiche contestazioni da parte della (…), ritiene la Corte che il primo giudice abbia correttamente ritenuto accertata la natura randagia del cane, sulla base di una puntuale, completa e congruente valutazione delle emergenze istruttorie, orali (dichiarazioni dei testi (…) e (…)) e documentali (fotografia del cane): “… i testi oculari addotti dall’attore, C. (…) e (…) (che aiutarono il conducente della (…) a spostare la carcassa dell’animale nella cunetta ritratta nelle foto allegate), hanno entrambi confermato che il cane di taglia media e di colore bianco tipo maremmano, sbucato all’improvviso dalla vegetazione posta sul margine destro della strada e morto sul colpo per effetto delle ferite alla testa determinate dall’impatto con l’auto, non recava collare, né medaglietta o altro segno identificativo e appariva trasandato.

Il teste C. ha altresì precisato che l’incidente si verificò all’altezza del piazzale posteriore del distributore di benzina “IP” che si trova nel tratto della S.P. 40 u.I.C.M.; il teste (…), in servizio presso la Polizia Municipale del Comune di San Nicandro G., ha riferito che in tale piazzale sono posizionati due cassonetti della spazzatura posti a servizio dell’impianto; il teste (…), medico veterinario, ha invece puntualizzato che le aziende agricole di allevamento di bestiame della zona distano diversi chilometri dal luogo in cui si è verificato il sinistro e non si trovano in adiacenza alla strada, ma sono raggiungibili solo percorrendo dei tratturi interni, e, soprattutto, ha specificato che nel Comune di San Nicandro (…) il fenomeno del randagismo è un “problema diffuso” sia nella contrada in questione che nel centro abitato, ove i cani randagi affamati vengono attratti dai cassonetti della nettezza urbana”.

A ciò aggiungasi che dalle foto versate in atti, che riproducono la strada ed il luogo in cui avvenne l’impatto con il cane randagio, si apprezza l’assenza, nelle vicinanze, di costruzioni o di aziende agricole, a conferma di quanto riferito sul punto dal teste B.. In definitiva, per quanto dinanzi esposto, l’appello interposto è fondato, sicché, in riforma dell’impugnata sentenza, va accolta la domanda proposta dal (…) nei confronti della sola (…) e per l’effetto, quest’ultima va condannata, in luogo del Comune appellante, al risarcimento dei danni come quantificati dalla gravata sentenza.

Stante l’assorbimento del motivo di gravame proposto dal Comune in punto di quantificazione del danno materiale, resta ferma la liquidazione dei danni come operata dal Tribunale.

In virtù della riforma della gravata sentenza, occorre procedere, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, a un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite, poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale (cfr. ex multis, Cass. civ. n. 9064/18).

Ciò posto, osserva la Corte che, nella specie, le spese processuali sostenute da (…) e (…) vanno poste a carico dell'(…) ai sensi dell’art. 91 c.p.c. e vanno distratte in favore del difensore, dichiaratosi antistatario ai sensi dell’art. 93 c.p.c.

La quantificazione delle spese viene operata come in dispositivo, a norma del D.M. n. 55 del 2014, come modificato con D.M. n. 147 del 2022, tenuto conto del decisum, della natura delle questioni esaminate, dell’attività in concreto svolta e del mancato deposito degli scritti conclusionali da parte degli appellati (…) nel presente giudizio.

L’evoluzione giurisprudenziale verificatasi nel corso del processo, unitamente alla circostanza che la domanda attorea era stata estesa al Comune in seguito alla chiamata in causa dell'(…), giustifica la compensazione delle spese di entrambi i gradi di giudizio relativamente al rapporto processuale tra il Comune medesimo e l’attore (…) (e, per esso, gli eredi).

Sempre ai sensi dell’art. 91 c.p.c., le spese di CTU, liquidate con separato decreto, vanno poste definitivamente a carico dell'(…).

P.Q.M.

La Corte di Appello di Bari, Terza Sezione Civile, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Comune di San Nicandro Garganico avverso la sentenza n. 1864/2020 emessa dal Tribunale di Foggia, pubblicata in data 17.12.2020, nei confronti di (…), in proprio e nella qualità di esercente la potestà esclusiva sul minore (…), e (…), eredi di (…), e della (…), ogni altra istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede:

a) accoglie l’appello proposto dal Comune di San Nicandro Garganico e, per l’effetto, condanna (…) al pagamento, in favore di (…), in proprio e nella qualità di esercente la potestà esclusiva sul minore (…), e (…), eredi di (…), della complessiva somma di Euro 11.749,77, oltre rivalutazione monetaria secondo gli indici Istat dei prezzi al consumo dal dì dell’evento (24/08/2012) sino alla data della presente pronuncia e degli interessi legali calcolati sulla somma via via rivalutata anno per anno dal 24/08/2012 sino all’effettivo soddisfo.

b) condanna (…), in persona del legale rappresentante p.t., alla rifusione delle spese processuali, che liquida, in relazione al primo grado di giudizio, in Euro 272,25 per esborsi e in Euro 3.970,00 per compensi, oltre rimborso forfettario per spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge, da distrarsi in favore del procuratore antistatario e, in relazione al grado di appello, in Euro 2.900,00 per compenso, oltre rimborso forfettario per spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge, con distrazione in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari;

c) pone a carico dell'(…), in persona del legale rappresentante p.t., le spese di CTU liquidate con separato decreto nel corso del giudizio di primo grado;

d) compensa integralmente le spese di lite nei rapporti tra (…) e (…) e Comune di San Nicandro Garganico.

Così deciso in Bari il 12 aprile 2023.

Depositata in Cancelleria il 24 aprile 2023.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.