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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Sentenza 27 febbraio 2017, n. 4918

quando la societa’ e’ in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell’applicazione della L. Fall., articolo 5, deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare “l’eguale e integrale soddisfacimento dei creditori sociali”; cio’ in quanto – non proponendosi l’impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali, previa realizzazione delle attivita’ sociali, e alla distribuzione dell’eventuale residuo tra i soci – non e’ piu’ richiesto che essa disponga, come invece la societa’ in piena attivita’, di credito e di risorse, e quindi di liquidita’, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte.

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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Sentenza 27 febbraio 2017, n. 4918

Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere

Dott. FERRO Massimo – Consigliere

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere

Dott. TERRUSI Francesco – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20401/2012 proposto da:

(OMISSIS) Nv, incorporante per fusione la (OMISSIS) S.P.A., gia’ (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS) che la rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.R.L. in liquidazione, – Security Planning & Technical Advices, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 885/2012 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositato il 15/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/01/2017 dal cons. TERRUSI FRANCESCO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale SALVATO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento dei motivi primo, secondo e terzo, con assorbimento del quarto.

FATTI DI CAUSA

La corte d’appello di Bari ha rigettato il reclamo proposto da (OMISSIS) NV avverso il decreto col quale il tribunale della stessa citta’ aveva a sua volta respinto un ricorso finalizzato a ottenere la dichiarazione di fallimento di (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione.

Ha motivato la decisione osservando che, a fronte di un credito di Euro 822.296,26, comprovato da decreto ingiuntivo munito di provvisoria esecutivita’, era indubbia la difficolta’ di pagamento della debitrice, la quale, tuttavia, in quanto societa’ in liquidazione, non potevasi considerare insolvente. Difatti la societa’ aveva documentato la sufficienza dell’attivo patrimoniale in ragione di un credito, da ritenersi certo, vantato nei confronti di soggetto solvibile come il Ministero della giustizia, capace di soddisfare le pretese del creditore istante.

Avverso la pronuncia la (OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione articolando quattro motivi.

La societa’ (OMISSIS) ha replicato con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

  1. Col primo mezzo la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione della L. Fall., articolo 5, in quanto per poter correttamente escludere l’insolvenza della societa’ in liquidazione sarebbe stato necessario appurare che il patrimonio della societa’ fosse tale da consentire l’integrale soddisfacimento di tutti i creditori. Si duole che l’elemento dell’attivo, indicato in sentenza, sia stato invece considerato in relazione al diritto al soddisfacimento di essa sola istante (OMISSIS).

In secondo luogo la corte d’appello non avrebbe potuto motivare la decisione in base al mero rilievo di essere la debitrice una societa’ in liquidazione, stante che la messa in liquidazione di (OMISSIS) non aveva prodotto, in concreto, un’interruzione della di lei attivita’ d’impresa, avendo la societa’ continuato anche nel 2010 a registrare ricavi e costi di esercizio.

Col secondo e col terzo motivo, la ricorrente denunzia l’insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza sui profili corrispondenti.

Col quarto motivo denunzia infine la violazione e falsa applicazione di norme di diritto in ordine alla pronunciata condanna al pagamento delle spese processuali.

  1. I primi tre motivi di ricorso, tra loro chiaramente connessi e suscettibili di unitario esame, sono fondati.

L’impugnata sentenza ha richiamato il principio reso da questa Corte con la sentenza n. 21834-09 (ma v. anche Cass. n. 15442-11 e n. 13644-13), secondo il quale, quando la societa’ e’ in liquidazione, la valutazione del giudice, ai fini dell’applicazione della L. Fall., articolo 5, deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare “l’eguale e integrale soddisfacimento dei creditori sociali”; cio’ in quanto – non proponendosi l’impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali, previa realizzazione delle attivita’ sociali, e alla distribuzione dell’eventuale residuo tra i soci – non e’ piu’ richiesto che essa disponga, come invece la societa’ in piena attivita’, di credito e di risorse, e quindi di liquidita’, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte.

Tuttavia, con motivazione lacunosa ed evasiva, dopo aver richiamato appunto il detto principio, la sentenza ne ha reso un’applicazione distorta, dal momento che si e’ limitata a svolgere le afferenti valutazioni avendo come base unicamente la posizione del creditore istante.

Cio’ oltre tutto senza alcuna minimale considerazione dello stato patrimoniale effettivo della societa’, che, per quanto e’ dato cogliere dalle trascrizioni operate nel corpo del presente ricorso, sembrerebbe aver evidenziato un chiaro rilevante squilibrio della componente passiva rispetto a quella attiva.

  1. Cio’ comporta l’accoglimento dei ridetti tre motivi e l’assorbimento del quarto.

L’impugnata sentenza va cassata con rinvio alla medesima corte d’appello di Bari, diversa sezione, per nuovo esame.

La corte d’appello si uniformera’ al principio di diritto sopra esposto e provvedera’ anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimita’.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi tre motivi di ricorso, assorbito quarto, cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte d’appello di Bari.

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Avv. Umberto Davide

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