Secondo la regola fissata dall’art. 2560 co. 2 c.c., in mancanza di un patto di assunzione da parte del cessionario dei debiti aziendali, questi è tenuto a rispondere verso i creditori sociali solidalmente per i debiti inerenti, l’esercizio dell’attività ceduta, anteriori al trasferimento se essi risultano dai libri contabili obbligatori. L’iscrizione nei libri contabili rappresenta elemento costitutivo essenziale della responsabilità del cessionario. Ne discende che chi intende far valere i corrispondenti crediti contro l’acquirente dell’azienda ha l’onere di provare, fra gli elementi costitutivi del proprio diritto, anche detta iscrizione. Anche nel caso di debiti futuri sorti in capo al cedente in conseguenza della revoca fallimentare di un pagamento ricevuto dallo stesso anteriormente alla cessione, il cessionario dell’azienda è obbligato alla restituzione, ai sensi dell’art. 2560, co. 2 c.c., solo se tale debito risulti dai libri contabili obbligatori, sempre che sussista un’effettiva alterità soggettiva della parti titolari dell’azienda – non ravvisabile, ad esempio, nelle ipotesi di trasformazione, anche eterogenea, della forma giuridica di un soggetto ed in quella di conferimento dell’azienda di un’impresa individuale in una società unipersonale – e salvo che il cessionario abbia inteso assumere anche il futuro debito derivante dall’esercizio dell’azione revocatoria dei pagamenti risultanti dalla contabilità aziendale.

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La Cessione d’azienda o ramo d’azienda

Contratto di Affitto di azienda

Tribunale Milano, Sezione 1 civile Sentenza 13 febbraio 2019, n. 1432

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Tribunale di Milano

PRIMA CIVILE

Il Tribunale, nella persona del giudice unico Dott. Orietta Stefania Micciché

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al N. 78535/2014 R.G. promossa da:

(…) DELLE ASSICURAZIONI (C.F. (…)) con il patrocinio degli avv. PA.MA., PI.ST. e FI.FI. e con elezione di domicilio presso lo studio degli stessi difensori, in CORSO (…), MILANO

ATTORE-OPPONENTE

(…) SRL (C.F. (…)) con il patrocinio degli avv. PA.MA., PI.ST. e FI.FI. e con elezione di domicilio presso lo studio degli stessi difensori, in CORSO VITTORIO (…), MILANO

ATTORE-OPPONENTE

contro

REGIONE LOMBARDIA, (C.F. (…)) con il patrocinio degli avv. FO.AN. e GALLONETTO SABRINA dell’Avvocatura Regionale e con elezione di domicilio presso l’Avvocatura Regionale, in Piazza Città di Lombardia, MILANO

CONVENUTA-OPPOSTA

FATTO E DIRITTO

(…) delle Assicurazioni (di seguito anche I.) e (…) S.r.l. hanno proposto opposizione ex art. 32 D.Lgs. n. 150 del 2011 avverso il decreto n. 10533 del 13 novembre 2014, con cui Regione Lombardia ha revocato il finanziamento) cofinanziato dal Fondo S.E. – erogato in relazione al progetto n. 156799) e ha ingiunto la restituzione della somma versata, oltre interessi.

Le opponenti hanno affermato:

– che, il 28.4.03, l’associazione I. – in qualità di mandataria dell’associazione temporanea di scopo costituita con Libera Università S. Pio V e con (…) S.p.A. – aveva presentato a Regione Lombardia domanda di finanziamento per il progetto n. 156799;

– che il progetto era stato approvato da Regione Lombardia, per un valore di Euro 471.600,00, con decreto del 13 giugno 2003, n. 9731;

– che (…) aveva proceduto alla realizzazione del progetto dando conto alla Regione dello stato di avanzamento dei lavori con relazioni intermedie, asseverate da un revisore indipendente, a seguito delle quali la Regione, previa istruttoria, aveva provveduto all’erogazione in tranches della somma finanziata;

– che con decreto del 5 aprile 2005, n. 4995 Regione Lombardia aveva approvato la conclusione del progetto e liquidato l’ultima tranche dell’importo finanziato a favore dell’associazione;

– che il 2.9.2014, Regione Lombardia aveva comunicato ai componenti l’associazione temporanea di scopo, nonché a (…) S.r.l. (a cui (…) delle Assicurazioni aveva ceduto il 25.9.12 il ramo d’azienda relativo alla parte formativa), l’avvio del procedimento di revoca del finanziamento concesso al progetto F. n. 156799, adducendo genericamente “l’inosservanza della normativa nazionale, regionale e comunitaria”;

– che contestualmente, Regione aveva altresì inviato un atto di intimazione e costituzione in mora in relazione al danno patito dalla stessa per la mancata realizzazione del progetto F. n. 156799, adducendo l’accertamento di tale circostanza nell’ambito del procedimento penale (definito con sentenza, del 6.2.2014, di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione) per truffa aggravata in danno alla Regione Lombardia;

– che con decreto del n. 10533/14 Regione Lombardia aveva revocato il finanziamento e ingiunto la restituzione della somma di Euro 578.058,96, comprensiva degli interessi.

Le opponenti hanno eccepito, in via pregiudiziale, la carenza di legittimazione passiva di (…) S.r.l., la quale aveva acquisito il ramo d’azienda di (…) quando il progetto era già concluso e prima delle contestazioni di Regione Lombardia e quindi del sorgere del credito per la pretesa restituzione della somma finanziata.

Hanno altresì rilevato l’illegittimità del decreto impugnato per irritualità della notificazione avvenuta a mezzo p.e.c., per difetto di competenza della Direzione Generale Istruzione Formazione e Lavoro della Regione ad adottarlo e per l’intervenuta prescrizione del diritto della Regione alla restituzione del finanziamento, visto che era stato erogato all’esito di verifiche svolte dalla Regione in ordine all’adempimento del progetto, contestualmente alla sua realizzazione.

Hanno comunque censurato il decreto impugnato per difetto assoluto di istruttoria e per carenza di motivazione, avendo la Regione fatto riferimento solo al procedimento penale (peraltro definito senza una pronuncia di accertamento sul merito) omettendo di dare conto di alcun autonomo accertamento, nonché per violazione degli artt. 3 e 7 L. n. 241 del 1990 in quanto la comunicazione di avvio del procedimento di revoca, priva di indicazioni specifiche sulle violazioni imputabili, non aveva consentito una partecipazione collaborativa e difensiva delle opponenti nel procedimento.

Hanno inoltre dedotto la mancanza dei presupposti di merito della revoca del finanziamento e dell’ingiunzione, asserendo di aver sempre dato corretta esecuzione agli obblighi assunti con l’erogazione del finanziamento.

Infine hanno contestato la pretesa restitutoria in ordine agli interessi sulla somma finanziata, sia nell’an, sia nel quantum.

Hanno chiesto, oltre alla chiamata in causa di Libera Università S. Pio V, di (…) S.p.a e dei sig.ri (…) (imputati nel giudizio penale), la sospensione in via cautelare e la dichiarazione di illegittimità del decreto del 13 novembre 2014, n. 10533 e, per l’effetto, la dichiarazione che nulla era dovuto dalle opponenti a Regione Lombardia o, in via subordinata, la quantificazione della minor somma dovuta, sulla base di quanto dimostrato in corso di causa.

Si è costituita Regione Lombardia che ha contestato quanto sostenuto dalle opponenti e sostenuto la legittimità del decreto opposto e la fondatezza del credito fatto valere.

La Regione ha precisato che il progetto n. 156799 – “Definizione di un modello integrato di attività formativa e standard formativi (repertorio delle UFC) nel settore assicurativo, previdenziale, finanziario” – era proposto nell’ambito di azioni mirate alla costruzione e alla sperimentazione di prototipi e modelli innovativi di formazione per lo sviluppo delle risorse umane della Regione Lombardia e che la ripartizione dei compiti tra i soggetti facenti parte dell’associazione temporanea di scopo titolare della domanda di finanziamento, prevedeva che (…) si sarebbe occupata della formazione nel settore delle assicurazioni, della didattica e della gestione degli interventi, Telecom delle applicazioni per l’e-learning e Libera Università S. Pio V della validazione dei processi, delle metodologie e dei contenuti.

Ha affermato che:

– a seguito della notifica – in data 8.5.2013 – del decreto di fissazione dell’udienza preliminare nell’ambito del procedimento penale a carico di (…), aveva potuto accedere al fascicolo del pubblico ministero e aveva così appreso che il progetto finanziato non era mai stato svolto e che la documentazione allegata alla certificazione delle spese sostenute e degli obiettivi raggiunti recava firme apocrife;

– alla luce degli atti acquisiti, la Direzione Generale Istruzione, Formazione e Lavoro della Regione aveva avviato un’istruttoria amministrativa e contabile sul progetto n. 156799, dalla quale era emersa l’esistenza di spese mai effettivamente sostenute, sebbene esposte in sede di rendicontazione, attinenti ad attività mai rese (realizzazione sistemi informativi, attività di ricerca, costi di gestione) e il mancato svolgimento dell’attività didattica e di validazione del progetto, che era stata attestata attraverso documenti, disconosciuti da coloro che erano stati indicati come docenti (…);

– in tale contesto aveva, quindi, avviato il procedimento di revoca, costituendo motivo di revoca del finanziamento sia il mancato raggiungimento degli obiettivi del progetto, sia le violazioni da parte del gestore della normativa comunitaria, nazionale e regionale;

– aveva adottato il decreto n. 10533 del 13 novembre 2014 a fronte della mancata produzione da parte di (…) di documentazione e/o contro deduzioni idonee al riesame dell’avvio del procedimento di revoca del finanziamento.

Ha contestato la carenza di legittimazione passiva di (…) S.r.l. e dedotto la ritualità della notificazione del decreto opposto, nonché la sua legittimità sia quanto a competenza della Direzione Formazione ad adottarlo, sia quanto al rispetto del termine decennale di prescrizione anche alla luce della previsione dell’art. 2941 n. 8 c.c.

Ha osservato che controparte non aveva fornito alcuna ragione ostativa alla revoca nell’ambito del procedimento e che il provvedimento era motivato sia espressamente con riferimento alla mancata esecuzione dei corsi, sia per relationem con il richiamo alla relazione del Comando dei Carabinieri.

Ha sostenuto la fondatezza della pretesa restitutoria anche nel merito, in ragione della mancata esecuzione dei corsi accertata nell’ambito delle indagini penali e ha rivendicato la piena utilizzabilità da parte dell’amministrazione pubblica del materiale probatorio raccolto in quella sede al fine di verificare la permanenza dei requisiti e delle circostanze che hanno giustificato la concessione di un contributo.

Ha contestato sia la censura in ordine agli interessi, sia la domanda in via subordinata, trattandosi -sia per il calcolo degli interessi, sia per la conseguenza della revoca dell’intero contribuito in caso di inadempimento del progetto – di determinazioni stabilite normativamente.

Ha quindi chiesto il rigetto di tutte le domande attoree e la dichiarazione di debenza delle somme indicate in decreto.

All’udienza di comparizione – il 12.5.2015 – non è stata autorizzata la chiamata in causa di terzi- in difetto di litisconsorzio necessario con Libera Università San Pio V e (…) S.p.a.

1.

Il provvedimento (decreto n.10533 emesso da Regione Lombardia, Direzione generale istruzione, formazione e lavoro, il 13.11.2014) opposto ex art. 32 D.Lgs. n. 150 del 2011 da (…) delle Assicurazioni e (…) s.r.l. si sostanzia nella revoca del finanziamento riconosciuto nel 2003 a (…) delle Assicurazioni (quale capofila in associazione temporanea di scopo con Libera Università degli Studi S. Pio V e (…) s.p.a.) per il progetto n. 1567799, in relazione al quale Regione Lombardia ha versato il complessivo importo di Euro 471.600,00.

Dalla lettura del decreto emerge, in sintesi, che la revoca è stata motivata dall’indebita percezione dei finanziamenti, in considerazione delle gravi irregolarità poste in essere nell’esecuzione del progetto emerse in sede penale cheinficiano la corretta realizzazione del progetto. La Regione, avendo appreso dalle indagini svolte dai carabinieri della commissione di attività truffaldine da parte di soggetti della Libera Università S. Pio V, ha proceduto alla revoca del finanziamento a suo tempo concesso e ingiunto il pagamento della somma versata, oltre interessi.

2.

(…) s.r.l. ha eccepito la carenza di legittimazione passiva osservando come la società avesse acquisito il ramo di azienda relativo alla formazione da (…) delle Assicurazioni solo in data 12.9.2012, quindi sette anni dopo la conclusione del progetto.

La realizzazione del progetto era stata, infatti, avviata, a seguito dell’approvazione, con decreto n. 9731 del 13.6.2003 e la sua conclusione era stata approvata da Regione Lombardia con decreto n. 4995 del 5.4.2005.

La cessione era dunque avvenuta prima delle contestazioni della Regione e della comunicazione della pretesa creditoria.

La scrittura privata autenticata dal notaio, con cui (…) delle Assicurazioni e (…) s.r.l. hanno convenuto la cessione del ramo d’azienda, è datata 11.5.2012.

Sebbene non sia identificabile la data a decorrere dalla quale la cessione del ramo d’azienda sia diventata opponibile ai terzi in forza dell’art. 2193 c.c. va comunque rilevato il significativo lasso temporale intercorso tra la conclusione della realizzazione del progetto (aprile 2005) e la cessione a (…) s.r.l. (maggio 2012).

Secondo la regola fissata dall’art. 2560 co. 2 c.c., in mancanza di un patto di assunzione da parte del cessionario dei debiti aziendali, questi è tenuto a rispondere verso i creditori sociali solidalmente per i debiti inerenti, l’esercizio dell’attività ceduta, anteriori al trasferimento se essi risultano dai libri contabili obbligatori.

Secondo l’insegnamento della Suprema Corte l’iscrizione nei libri contabili rappresenta elemento costitutivo essenziale della responsabilità del cessionario (cfr. Cass. n. 22831/2010).

Ne discende che chi intende far valere i corrispondenti crediti contro l’acquirente dell’azienda ha l’onere di provare, fra gli elementi costitutivi del proprio diritto, anche detta iscrizione (v. Cass. n. 22418/2017).

La giurisprudenza ha chiarito altresì che, anche nel caso di debiti futuri sorti in capo al cedente in conseguenza della revoca fallimentare di un pagamento ricevuto dallo stesso anteriormente alla cessione, il cessionario dell’azienda è obbligato alla restituzione, ai sensi dell’art. 2560, co. 2 c.c., solo se tale debito risulti dai libri contabili obbligatori, sempre che sussista un’effettiva alterità soggettiva della parti titolari dell’azienda – non ravvisabile, ad esempio, nelle ipotesi di trasformazione, anche eterogenea, della forma giuridica di un soggetto ed in quella di conferimento dell’azienda di un’impresa individuale in una società unipersonale – e salvo che il cessionario abbia inteso assumere anche il futuro debito derivante dall’esercizio dell’azione revocatoria dei pagamenti risultanti dalla contabilità aziendale (Cass. SU, n. 5054/2017).

Nel caso di specie dal contratto di cessione prodotto da (…) (doc. 3) non risulta alcuna volontà di accollo da parte della società cessionaria dei debiti futuri inerenti all’attività di (…) delle Assicurazioni . Va dunque escluso che nel caso di specie (…) s.r.l., in qualità di cessionaria, abbia manifestato – al momento della stipulazione del contratto di cessione di ramo d’azienda – la volontà di assumersi i debiti futuri di (…).

Ancora Regione Lombardia non ha fornito la prova del fatto che al momento della cessione del ramo di azienda il debito in questione fosse iscritto nei libri contabili di (…).

Se dunque per un verso dell’insorgenza del debito di (…) – corrispondente alla pretesa restitutoria della Regione -, non risultava evidenza nei libri contabili della cedente al momento della cessione del ramo di azienda, pur tuttavia – alla luce degli insegnamenti della Cassazione ai fini della conoscibilità del debito – deve essere valutato se nel caso di specie sussista o meno un’effettiva alterità soggettiva delle parti titolari dell’azienda.

Con riferimento al principio per cui “si deve ricondurre la responsabilità dell’avente causa nell’alveo dell’evidenza diretta, risultante dai libri contabili obbligatori dell’impresa, a tutela del suo legittimo affidamento, essenziale per il corretto svolgimento della circolazione di beni di particolare rilievo commerciale” le sezioni unite hanno infatti precisato che “La ricostruzione ermeneutica così delineata dell’ambito applicativo dell’art. 2560, cpv., cod. civ. incontra un limite – del resto, evidente – solo nella carenza di un’effettiva alterità soggettiva delle parti titolari dell’azienda: come nell’ipotesi di trasformazione, anche eterogenea, della forma giuridica del soggetto (artt. 2498 e segg. cod. civ.) – stante la continuità dei rapporti giuridici pendenti – ed in quella di conferimento dell’azienda di un’impresa individuale in una società unipersonale (che non costituisce una trasformazione in senso tecnico): in cui, pure, è ravvisabile una perdurante identità soggettiva – sostanziale, se non formale – significativa di una conoscenza diretta dei rapporti giuridici in fieri, estranea alla ratio protettiva del successore a titolo particolare nell’azienda, sottesa all’art.2560 cod. civile.” (Cass. SU, n. 5054/2017).

Nel caso di specie si rileva che con contratto di cessione concluso in data 11.5.2012, (…) delle Assicurazioni, associazione senza fini di lucro, rappresentata da P.G., cedeva il ramo d’azienda a (…) S.r.l., società con socio unico, interamente posseduta da (…), rappresentata dal (medesimo) P.G..

Ne emerge dunque il perdurare dell’identità soggettiva di (…) delle Assicurazioni nel – formalmente diverso – soggetto giuridico costituito da (…) S.r.l.

Alla luce degli insegnamenti della Suprema Corte (sentenza n. 5054/17) – che individua quale emblema di carenza di un’effettiva alterità soggettiva proprio l’ipotesi del conferimento dell’azienda in una società unipersonale, in cui “è ravvisabile una perdurante identità soggettiva – sostanziale, se non formale – significativa di una conoscenza diretta dei rapporti giuridici in fieri, estranea alla ratio protettiva del successore a titolo particolare nell’azienda, sottesa all’art.2560 cod. civile.” – deve dunque concludersi che non sussistono ragioni per proteggere quest’ultimo soggetto cessionario dalla estensione della responsabilità solidale stabilita dall’art. 2560 co. 2 c.c. per debiti scaturiti da rapporti giuridici di cui verosimilmente era a conoscenza. In definitiva sussiste la legittimazione passiva di (…) s.r.l., in considerazione della sostanziale identità soggettiva della società cessionaria rispetto all’associazione cedente.

L’eccezione di carenza di legittimazione di (…) s.r.l. va pertanto respinta.

3.

Non pare superfluo rammentare che l’opposizione all’ingiunzione ex R.D. n. 639 del 2010 dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione avente ad oggetto l’accertamento dell’illegittimità della pretesa fatta valere dall’Amministrazione con l’ingiunzione.

In tale contesto ciò che viene in rilievo è la pretesa creditoria nella sua fondatezza, indipendentemente da eventuali vizi della procedura “monitoria” la cui rilevanza può apprezzarsi nella decisione sulla sospensione dell’efficacia esecutiva dell’ingiunzione.

Ciò premesso, risultano del tutto inconferenti nel presente giudizio di opposizione l’eccezione di nullità del decreto per omessa notifica (eccezione peraltro infondata come emerge dalle copie delle raccomandate e delle cartoline di ricevimento prodotte dall’opposta -doc. 20) e quella di carenza di motivazione e istruttoria di cui alla L. n. 241 del 1990. Ancora non rilevante nel presente giudizio è l’eccezione di “incompetenza” della Direzione generale istruzione, formazione e lavoro di Regione Lombardia ad emettere il provvedimento di revoca opposto.

Va in proposito appena rilevato che la pretesa creditoria in questa sede ribadita proviene da Regione Lombardia soggetto che pacificamente ha erogato il finanziamento di cui viene pretesa la restituzione.

D’altra parte la Direzione generale istruzione, formazione e lavoro è il soggetto che per Regione Lombardia ha approvato i dispositivi per l’approvazione del progetto – d.d.g n. 2130/03 (doc.1 Regione).

4.

L’opponente ha eccepito l’intervenuta prescrizione del diritto della Regione alla restituzione delle somme erogate, sostenendo che il relativo termine decennale decorra dall’ipotizzato inadempimento.

Va osservato che la pretesa restitutoria della Regione va inquadrata – come condivisibilmente affermato dall’opposta – nell’ambito dell’azione di ripetizione dell’indebito.

La decorrenza del termine decennale, tuttavia, nel caso di specie non può farsi decorrere dalle date di erogazione del contributo, in quanto nel caso di specie la prospettazione è quella di un contributo pubblico erogato e successivamente revocato dall’Amministrazione che ne ha chiesto la restituzione, avendo scoperto da indagini svoltesi in sede penale la falsità delle attestazioni rese dal privato per ottenerlo e, quindi, l’insussistenza delle condizioni per l’erogazione.

Come ben chiarito anche dalla Suprema Corte in questa situazione il diritto alla restituzione non poteva sorgere nel momento della percezione del contributo da parte del privato, ma solo nel momento della revoca in cui, a seguito della scoperta e dell’accertamento dell’illegittimità dell’erogazione, l’indebito si è concretizzato.” (Cass. ord. n. 23603/17).

La Regione Lombardia ha affermato di aver avuto conoscenza degli illeciti posti in essere nell’ambito del progetto finanziato con la ricezione, in data 8.5.2013, del decreto di fissazione dell’udienza preliminare nel giudizio penale in cui la P.A. risultava parte lesa. L’opponente non ha fornito elementi di segno contrario.

Deve quindi concludersi che la Regione non potesse avere consapevolezza degli illeciti oggetto delle indagini dei carabinieri prima della ricezione del decreto di fissazione dell’udienza preliminare (l’8.5.2013), in seguito agli accertamenti svolti dall’Autorità giudiziaria, poi confluiti nel procedimento penale davanti al Tribunale di Roma.

In tale contesto non può dunque ritenersi intervenuta la prescrizione – decennale – del credito restitutorio vantato da Regione Lombardia visto che il decreto è stato emesso e notificato nel novembre 2014 (doc. 20 regione), dopo circa un anno dalla notifica del decreto di fissazione dell’udienza preliminare.

5

La presente azione proposta da (…) ha ad oggetto l’accertamento dell’insussistenza del credito vantato da Regione Lombardia, credito che nasce pretesa di restituzione di un finanziamento erogato in assenza del diritto allo stesso.

Si rammenta che nella ripetizione di indebito opera il normale principio dell’onere della prova a carico dell’attore (qui Regione Lombardia) tenuto a dimostrare sia l’avvenuto pagamento sia la mancanza di una causa che lo giustifichi (cfr. da ultimo Cass. n. 30713/18). Se per un verso non vi è contestazione in ordine al versamento a (…) della somma di Euro 471.600,00 a titolo di finanziamento del progetto F. n. 156799, grava su Regione Lombardia l’onere di provare l’inesistenza di una giusta causa delle attribuzioni patrimoniali compiute in favore di (…).

La Regione nel proprio decreto di revoca ha precisato:

“In data 18 maggio 2009 il comando provinciale dei carabinieri di Roma reparto operativo nucleo investigativo prevedeva inoltrare la procura della Repubblica presso il tribunale di Roma un rapporto investigativo, trasmesso alla medesima procura nell’ambito del procedimento penale RGNR 8782/08 con il quale, a seguito di denuncia querela del presidente del consiglio di amministrazione della Libera Università San Pio V, di sommarie informazioni testimoniali e di acquisizioni documentali presso le regioni, ricostruiva la perpetrazione di una serie di attività truffaldine consumate dall’extra gestione amministrativa della Libera Università San Pio V finalizzate principalmente al conseguimento di ingenti somme di denaro erogate dalla comunità europea attraverso la regione Lazio e la regione Lombardia;

il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma fissava l’udienza preliminare per il giorno 11/7/2013 nei confronti dello staff direttivo del progetto per il reato di cui all’art. 640 bis del c.p. perché con artifici raggiri, inducendo in errore la regione Lombardia nella regione Lazio, ottenevano finanziamenti per la realizzazione di corsi in realtà mai svolti per un danno in relazione alla regione Lombardia ammontanti a Euro 471.600,00. All’esito della citata udienza, con sentenza n. 259/2014 il GUP del tribunale di Roma dichiarava di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione del reato, nulla scaturendo circa il merito della vicenda”

Ha altresì contestato la sussistenza della indebita percezione di finanziamenti per la mai avvenuta attuazione dei corsi in relazione al progetto F. n. 156799 e osservato che ” le gravi irregolarità poste in essere nell’esecuzione del progetto da parte dello staff finale del progetto, emerse in sede di procedimento penale inficiano la corretta realizzazione del medesimo progetto, come previste richiesta nel disciplinare di concessione del servizio ” atto di adesione” e ” obblighi del gestore” sottoscritti a suo tempo dall’operatore capofila dell’ATS”

Regione Lombardia ha in sintesi motivato la revoca prospettando che: furono poste in essere attività truffaldine, furono poste in essere gravi irregolarità, non furono eseguiti i corsi.

Costituendosi nel presente giudizio Regione Lombardia ha altresì affermato che le evidenze emerse dall’attività istruttoria amministrativa avevano condotto a addebitare alle opponenti l’esposizione in sede di rendicontazione di spese mai sostenute, attinenti ad attività mai rese (realizzazione di sistemi informativi, attività di ricerca, costi di gestione) e il mancato svolgimento dell’attività didattica e di validazione del progetto, emerso dal disconoscimento delle firme apposte dai soggetti indicati come docenti nella documentazione prodotta alla Regione (…).

Nella sostanza ha ritenuto che il progetto per cui (…) aveva percepito il contributo non sia stato attuato e/o completato (cfr. memoria ex art. 183 VI co. n. 2 c.p.c.) e per tale ragione ne chiede la restituzione.

Va rammentato che il disciplinare di concessione di servizio per la realizzazione di progetti di Fondo S.E. sottoscritto da (…) delle Assicurazioni prevedeva la revoca del finanziamento in caso di inosservanza di obblighi previsti a carico del Gestore (nel caso di specie (…)) tra cui: “conformare la propria attività ai principi comunitari di pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa” (punto 1.1), “realizzare il Progetto così come approvato dalla Regione Lombardia (punto 1.2).

Non pare superfluo richiamare il contenuto del progetto approvato e finanziato.

Il progetto n. 156799 (dal titolo “Definizione di un modello integrato di attività formativa e standard formativi (repertorio delle UFC) nel settore assicurativo, previdenziale, finanziario” – doc. 22 (…)) aveva come destinatari i dipendenti delle compagnie assicurative, le “imprese periferiche” costituite da titolari e collaboratori delle Agenzie, Subagenzie e società broker e studenti dell’ultimo anno e si proponeva come obiettivi:

– la realizzazione di un’analisi del contesto delle reti di distribuzione dei prodotti previdenziali e assicurativi;

– l’individuazione di aree di competenza strategiche e critiche per il successo e lo sviluppo professionale in relazione ai cicli di vita delle imprese assicurative e ai profili professionali dei destinatari individuati;

– la formazione dei professionisti di (…) all’analisi dei contesti e delle competenze professionali, alla progettazione, allo sviluppo e alla gestione di interventi di FAD;

– l’identificazione di un modello formativo efficace, coerente con gli obiettivi formativi e i contenuti e ispirato alle più avanzate metodologie e tecnologie di e-learning. Tale modello doveva essere sottoposto alla valutazione e alla validazione da parte di un ente di ricerca autorevole, indipendente, individuato nell’ambito degli istituti di ricerca e universitari.

Il sistema avrebbe dovuto integrare le possibilità offerte dalle tecnologie di informazione e comunicazione più avanzate e innovative, quali le piattaforme on line di gestione integrale della formazione a distanza (LMS), con le esigenze formative e le caratteristiche di tipo organizzativo e i vincoli di coloro che sono occupati presso enti di formazione continua, da una parte, e degli occupati presso le piccole e microimprese delle reti di distribuzione assicurativa, dall’altra.

In sostanza il progetto si proponeva l’ideazione di un modello net-learning per migliorare la qualità della formazione dei dipendenti delle compagnie assicurative, conciliando le esigenze di costante aggiornamento con l’esiguità del tempo a loro disposizione per dedicarvisi.

Il progetto doveva articolarsi in cinque azioni:

1. analisi dei bisogni e del contesto;

2. definizione e implementazione del modello formativo e dei contenuti obiettivi;

3. individuazione e reclutamento dei destinatari della sperimentazione;

4. validazione del modello;

5. valutazione sull’efficacia delle iniziative realizzate.

In particolare, quanto all’azione 3, nella domanda di finanziamento (prodotta sub doc. 22) è esplicitato che l’obiettivo era “selezionare i partecipanti alla Sperimentazione (ca 100/150 persone), individuando un campione rappresentativo dell’universo di riferimento per tipologia di business, condizioni organizzative della piccola o microimpresa di appartenenza, anzianità ed esperienza del settore”.

Analogamente, quanto all’azione 4, gli obiettivi sono individuati in “completare il modello da sperimentare” e “sperimentare l’efficacia del modello sviluppato su un gruppo di destinatari significativo, individuato precedentemente tra i lavoratori occupati nella piccola e microimpresa del settore assicurativo (Agenzie).

Va intanto rilevato che il progetto non fa riferimento alla realizzazione di corsi di formazione o di attività didattica propriamente intesa.

Ne deriva l’inconsistenza della motivazione della revoca per la mai avvenuta attuazione dei corsi in relazione al progetto F. n. 156799 (cfr. decreto n. 10533/14).

La Regione ha sostenuto la mancata realizzazione del progetto, richiamando le indagini – che avrebbe fatto proprie – svolte dai carabinieri tra il 2008 e il 2009 anche su attività connesse al progetto F. n. 156799. Ha inoltre sottolineato come il procedimento penale conseguito a quell’attività di indagine si sia chiuso con una sentenza dichiarativa della prescrizione della prescrizione del reato di truffa aggravata contestato a soggetti (facenti capo alla Libera Università Pio V) e non con una sentenza di assoluzione con formula piena.

Se per un verso non può essere trascurato il rilievo delle indagini svolte in sede penale sulle condotte poste in essere da soggetti che hanno fatto parte del progetto F. n. 156799, d’altra parte in questa sede occorre comprendere a quanta parte delle informazioni acquisite dai carabinieri può essere attribuita dignità di prova in questa sede e come tali elementi abbiano inciso nella realizzazione del progetto, questione – si rammenta – che attiene agli oneri probatori del soggetto che pretende la restituzione dell’indebito.

Invero, parte opposta, nel delineare le irregolarità imputate a (…), ha richiamato e prodotto unicamente documentazione concernente il procedimento penale svoltosi a carico di (…) e conclusosi con sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione, e più in particolare ha prodotto i verbali di sommarie informazioni.

Con riferimento al mancato svolgimento dell’attività didattica, certificata con documentazione disconosciuta dagli interessati – Regione Lombardia fa un espresso richiamo ai verbali di sommarie informazioni rese da N., Z. e M. dinanzi al Comando Provinciale dei Carabinieri di Roma (doc. 16 Regione).

Il direttore amministrativo della Libera Università S. Pio V, C.N., ha riferito ai carabinieri di non aver avuto mai contezza del progetto finanziato da Regione Lombardia, di non aver mai effettuato alcuna prestazione per realizzarlo e di disconoscere le firme – a lui apparentemente attribuibili – apposte in calce a una serie di lettere di conferimento d’incarico e ad alcuni report d’impegni (doc. 16 Regione).

G.M. (preside della facoltà di Scienze Politiche dell’Università San Pio V), del pari sentito a sommarie informazioni dai Carabinieri, dopo avere disconosciuto la paternità delle firme apposte su due reports d’impegni e su una lettera di conferimento di incarico, ha precisato di aver contribuito alla realizzazione del progetto con un apporto “estremamente modesto”, limitato all’elaborazione statistica di alcuni dati forniti da (…), e di non avere percepito nessun emolumento per tale collaborazione (doc. 16 Regione).

Le dichiarazioni rese da (…) e (…) non sono state contestate in questa sede da (…) e ad esse può dunque essere riconosciuto valore di prova.

Sono tuttavia le uniche dichiarazioni indicative di un coinvolgimento di soggetti non corrispondente al vero.

Si rileva come non siano rilevanti le informazioni date ai Carabinieri da soggetti come (…), che non furono inclusi nel progetto e dei quali manca la menzione nelle relazioni attestanti l’esecuzione dello stesso.

In tale contesto non può essere trascurato che (…) ha richiamato le dichiarazioni di altri soggetti (…) sentiti dai Carabinieri che al contrario hanno riferito di aver svolto attività (più o meno consistente) nell’ambito del progetto F. n. 156799.

Nel corso del giudizio sono stati sentiti come testimoni (…) che hanno confermato di aver partecipato al progetto.

Se dunque per un verso deve ritenersi provato che furono inserite spese attribuite a (…) verosimilmente non corrispondenti al vero, d’altra parte vi sono elementi indicativi del fatto che altri soggetti abbiano attivamente lavorato al progetto.

Alla luce di quanto sin qui rilevato non può ritenersi provato quanto sostenuto da Regione Lombardia, ovvero che il progetto approvato non sia stato realizzato.

Ancora, e con particolare riferimento all’ipotesi di revoca del finanziamento per inosservanza dell’obbligo di “conformare la propria attività ai principi comunitari di pubblicità e trasparenza dell’azione amministrativa” previsto al punto 1.1 del Disciplinare, si rileva che, sebbene Regione abbia fatto generico riferimento (sia nel decreto di revoca che negli atti del presente giudizio) all’obbligo di rispettare le regole nazionali, regionali e comunitarie, tuttavia non ha in alcun modo chiarito quali regole (nazionali, regionali o comunitarie) sarebbero state violate nel caso concreto.

In definitiva non vi è prova della sussistenza dei presupposti per la revoca del finanziamento né con riferimento all’asserita mancata realizzazione del progetto, né con riferimento all’eventuale violazione di regole nazionali, regionali o comunitarie.

L’opposizione va dunque accolta e l’ingiunzione di pagamento n. (…) del 13 novembre 2014 revocata.

6.

In considerazione della parziale soccombenza delle opponenti con riferimento alle eccezioni preliminari e delle gravi emergenze di carattere penale sorte in relazione al finanziamento de quo si ritiene di compensare interamente tra le parti le spese di lite.

P.Q.M.

il Tribunale, definitivamente pronunziando, ogni diversa istanza, difesa, eccezione, deduzione disattesa:

– respinte le eccezioni preliminari svolte dalle opponenti, in parziale accoglimento dell’opposizione proposta da (…) delle Assicurazioni e (…) S.r.l., revoca l’ingiunzione di pagamento emessa con decreto n. 10533 del 13 novembre 2014 da Regione Lombardia;

– compensa tra le parti le spese di lite.

Così deciso in Milano il 12 febbraio 2019.

Depositata in Cancelleria il 13 febbraio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.