in caso di cessione di ramo d’azienda, l’acquirente risponde, a norma dell’art. 2560 cod. civ., dei debiti pregressi. Ne deriva, in primo luogo, che l’accordo concluso dalle parti in relazione alle passività aziendali, nell’ambito di un contratto di cessione di azienda regola solo i rapporti che intercorrono tra le parti stesse; ma non opera con riferimento ai rapporti con i terzi creditori, a prescindere da quanto stabilito nel contratto di cessione. In questo caso, infatti, la responsabilità patrimoniale per i debiti relativi all’azienda trasferita sussiste sia in capo al cedente che in capo al cessionario. In particolare, poi, nel caso di debiti attestati dai libri contabili e che le parti hanno concordato di mantenere in capo al cedente, il terzo creditore può richiedere direttamente l’adempimento al cessionario, senza necessità di escutere in via preventiva il cedente.

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Contratto di Affitto di azienda

Corte d’Appello Roma, Sezione 5 civile Sentenza 26 febbraio 2019, n. 475

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE D’APPELLO DI ROMA

SEZIONE LAVORO

V Collegio

La Corte d’Appello di Roma

composta dai Magistrati:

Anna Maria Franchini – Presidente rel.

Carlo Chiriaco – Consigliere

Sabrina Mostarda – Consigliere

ha pronunciato, all’udienza del 01.02.2019, la seguente

SENTENZA

nella causa civile in grado di appello iscritta al n. R.G. 4439 dell’anno 2016, vertente

TRA

SOCIETA’ GRUPPO (…) S.R.L., in persona del legale rappresentante,

rapp.ta e difesa dall’avv.to Fr.Ma. e Ma.Al., elettivamente domiciliata presso lo studio legale di quest’ultimo, sito in Roma, Via (…).

E

(…)

OGGETTO: Appello avverso la sentenza del Tribunale di Latina n.414/16

RAGIONI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Con atto di citazione l’odierna appellante opponeva, davanti al Tribunale ordinario di Latina, sezione distaccata di Gaeta, il precetto notificatole in data 28.7.2011 ad istanza (…) con cui le si intimava il pagamento della somma di Euro 32.131,61, in forza di sentenza del Giudice del Lavoro di Latina n. 731/11, con la quale la (…) Srl era stata condannata al reintegro della ricorrente nel posto di lavoro entro tre giorni ed alla corresponsione delle retribuzioni spettanti dalla data del licenziamento alla effettiva reintegra oltre le spese per le quali il legale si era dichiarato antistatario.

Deduceva di aver affittato il ramo di azienda della (…) la quale l’aveva garantita e manlevata da ogni responsabilità inerente i pregressi rapporti con i dipendenti, in deroga all’art. 2112 c.c.; di non dovere le somme precettate per non aver la (…) inteso riprendere servizio, sebbene invitata a farlo con raccomandata del 27.5.2011, né optato per le mensilità sostitutive della reintegra ex art. 18 S.L., con conseguente risoluzione del rapporto inter partes.

Lamentava l’erroneità delle somme indicate in precetto e la improcedibilità della domanda per non essere tale la disposta reintegra, essendo la (…) di fatto dimissionaria e per aver la società sempre avuto meno di quindici dipendenti.

Chiedeva, quindi, fosse dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’opponente stante la manleva contrattualmente stabilita; dichiarare il difetto di legittimazione attiva della (…) in ordine alle spese di giudizio distratte in favore dell’avvocato costituito; dichiarare il credito inesistente per effetto della inesistenza dei presupposti legittimanti lo stesso articolo 18 L. n. 300 del 1970; conseguentemente, dichiarare l’inefficacia del precetto del precetto con condanna della (…) al pagamento delle spese di lite.

Costituitasi l’opposta ed in accoglimento della relativa eccezione, il Tribunale dichiarava l’incompetenza funzionale per materia del Giudice adito, per essere competente il Giudice del Lavoro di Latina, trattandosi di opposizione proposta prima dell’inizio dell’esecuzione, previo rigetto dell’eccezione dell’opponente del difetto di ius postulandi in capo all’opposta, avendo la difesa di quest’ultima dato dimostrazione di aver ricevuto un mandato procuratorio in base al quale, come evidente dall’epigrafe della sentenza n. 731/2011 del tribunale di Latina, la parte era potuta pervenire alla pronuncia di merito. Rimetteva, infine, la causa al Presidente del Tribunale per l’assegnazione della causa alla sezione lavoro del Tribunale di Latina.

2.Riassunto il giudizio davanti al Tribunale, nel contraddittorio di entrambe le parti, il Tribunale di Latina ha ritenuto inammissibile l’opposizione, per scadenza del termine perentorio di cui all’art. 617 cpc, trattandosi di opposizione agli atti esecutivi e non di una opposizione all’esecuzione e, comunque, rigettato nel merito la stessa risultando l’opponente obbligata ex art. 2112 c.c., quale affittuaria dell’azienda (…).

3. Con atto del 13.10.2016, ritualmente notificato, avverso la predetta sentenza, ha proposto appello la società Gruppo A. riproponendo sostanzialmente le ragioni poste a base dell’opposizione.

4.Nella contumacia dell’appellata, la causa è stata decisa all’odierna udienza, come da dispositivo.

5. L’appello è infondato.

6.In particolare, l’appellante in primo luogo afferma che la sentenza/ titolo esecutivo non poteva essere eseguita in quanto prima dell’emissione della stessa l’opponente, che in data 1.2.2010 aveva affittato il ramo di azienda dalla società (…) srl, era stata manlevata espressamente da qualsiasi onere finanziario in precedenza e nel futuro maturato e maturando a carico della cedente.

6.1 Il motivo è infondato.

Invero, va premesso che il trasferimento a titolo particolare, nel corso del processo, del diritto controverso non opera alcun effetto sul rapporto processuale, il quale continua nei confronti dell’alienante – nel caso di trasferimento per atto tra vivi , dandosi luogo ad una sostituzione processuale.

Pur continuando il processo nei confronti del sostituto (alienante), la sentenza che é data ha piena efficacia nei confronti del sostituto (acquirente ), sebbene pronunciata fuori della sua presenza. Per potere agire in exsecutivis contro il sostituto occorre notificare a lui direttamente il titolo esecutivo ed il precetto, come avvenuto nella fattispecie in esame.

Tanto premesso, in caso di cessione di ramo d’azienda, l’acquirente risponde, a norma dell’art. 2560 cod. civ., dei debiti pregressi. Ne deriva, in primo luogo, che l’accordo concluso dalle parti in relazione alle passività aziendali, nell’ambito di un contratto di cessione di azienda regola solo i rapporti che intercorrono tra le parti stesse; ma non opera con riferimento ai rapporti con i terzi creditori, a prescindere da quanto stabilito nel contratto di cessione.

In questo caso, infatti, la responsabilità patrimoniale per i debiti relativi all’azienda trasferita sussiste sia in capo al cedente che in capo al cessionario. In particolare, poi, nel caso di debiti attestati dai libri contabili e che le parti hanno concordato di mantenere in capo al cedente, il terzo creditore può richiedere direttamente l’adempimento al cessionario, senza necessità di escutere in via preventiva il cedente.

7. Con altro motivo l’appellante lamenta la carenza di liquidità del titolo esecutivo mancando, nella sentenza posta in esecuzione, gli elementi sufficienti per la determinazione del credito.

7.1 Anche tale motivo è infondato atteso che, secondo consolidata giurisprudenza

“La sentenza di condanna del datore di lavoro al pagamento di quanto dovuto al lavoratore a seguito del riconoscimento dell’illegittimità del licenziamento, ai sensi dell’art. 18, L. n. 300 del 1970, costituisce valido titolo esecutivo, che non richiede ulteriori interventi del giudice diretti all’esatta quantificazione del credito, solo se tale credito risulti da operazioni meramente aritmetiche eseguibili sulla base dei dati contenuti nella sentenza” (Cass. n.9132/2003).

Invero, è necessario che alla determinazione del credito si possa pervenire per mezzo di un mero calcolo aritmetico sulla base di elementi certi e positivi contenuti tutti nel titolo fatto valere, i quali sono da identificare nei dati che, pur se non menzionati in sentenza, sono stati assunti dal giudice come certi e oggettivamente già determinati, anche nel loro assetto quantitativo, perchè così presupposti dalle parti e pertanto acquisiti al processo, sia pure per implicito (cfr. Cass. n. 22427/2004).

Pertanto, se è possibile individuare, sulla base degli atti, le componenti della retribuzione globale di fatto, la sentenza di condanna consente di determinare le pretese economiche del lavoratore in base al contenuto del titolo stesso.

Ebbene, nel caso di specie, nel dispositivo della sentenza del Tribunale di Latina è stata ordinata la reintegrazione della lavoratrice nel posto di lavoro e “condannata la srl (…) al pagamento delle retribuzioni ordinariamente spettanti dal giorno del licenziamento sino a quello dell’effettiva reintegra” La motivazione della suddetta sentenza, contrariamente a quanto affermato dall’appellante, fornisce tuttavia specifici riferimenti in ordine all’entità della retribuzione percepita dalla lavoratrice indicando che la stessa era inquadrata come operaio generico VI livello, ccnl settore terziario.

Come può agevolmente verificarsi la sentenza pertanto reca in sè tutti gli elementi utili ai fini della quantificazione del credito del lavoratore, azionato dal 4.8.2008, epoca del licenziamento all’ 1.5.2011, epoca dell’esercizio dell’opzione per le mensilità sostitutive della reintegra, per un totale di Euro 28.369,88 a titolo di sorte.

8. Con altro motivo, peraltro, implicito nelle conclusioni con le quali l’appellante chiede alla Corte di dichiarare inesistente il credito azionato per effetto della mancanza dei presupposti legittimanti l’applicazione da parte del Tribunale dello stesso art. 18 L. n. 300 del 1970, la parte fa valere del tutto inammissibilmente, circostanze del tutto estranee all’esecuzione ed attinenti all’ambito di un ordinario giudizio di cognizione.

9.L’appellante lamenta il difetto di legittimazione attiva della (…) in ordine alle spese del giudizio distratte in favore dell’avvocato costituito a suo tempo nel giudizio conclusosi con la sentenza su cui si è basato l’atto di precetto.

9.1 Anche tale motivo è infondato.

Nel giudizio di cognizione la (…) era difesa dall’avv.to Cerchione Luigi. Con la sentenza n. 731/11 il Tribunale ha condannato la (…) srl al pagamento in favore della ricorrente delle spese processuali, liquidate in complessivi Euro 1.500,00, da distrarsi.

Lo stesso avvocato Cerchione ha notificato tale sentenza e l’atto di precetto all’opponente per (…) dallo stesso rappresentata e difesa.

In tal caso la Suprema Corte ha affermato che

“nel caso di titolo esecutivo costituito da un provvedimento giurisdizionale di condanna di un soggetto al pagamento di distinte somme di danaro in favore di più soggetti non legati da vincolo di solidarietà attiva ( come nel caso della parte e del difensore antistatario), costoro possono notificare al debitore un unico precetto e procedere poi insieme agli Atti esecutivi, in più processi esecutivi distinti, anche se contestuali e riuniti.

Ne è configurabile una nullità del precetto per essere indicati i diversi crediti in una unica somma complessiva, risultando l’oggetto di ciascun credito dal titolo esecutivo, notificato al debitore, depositato dai creditori ed inserito nel fascicolo dell’esecuzione. (Cass. n. 798/1981)

10. Infine, l’appellante ribadisce con l’appello la insussistenza in capo al procuratore della (…) dello ius postulandi atteso che la delega a margine del ricorso di primo grado, mai esibita in originale, non comprende la facoltà di potersi costituire in un giudizio di opposizione all’esecuzione.

10.1 Deve precisarsi che detta questione, non è stata mai sollevata nel giudizio definito con la sentenza gravata nell’atto di opposizione proposto dalla SRL (…) Gruppo, ma solo eccepita nel corso dello stesso alla prima udienza, come risulta dai verbali di causa, ma del tutto genericamente, nonostante l’ordinanza del Giudice della sezione distaccata di Gaeta che, dichiaratosi incompetente per materia, ha rigettato tale eccezione con esauriente motivazione.

10.2.Con detta motivazione, infatti, il Tribunale ha preliminarmente enunciato il principio di diritto per il quale la procura conferita dalla parte al difensore nel processo di cognizione é intesa non solo al conseguimento del provvedimento giurisdizionale favorevole, attributivo alla parte medesima del bene oggetto della controversia, ma anche all’attuazione concreta del comando giudiziale, cioè al conseguimento di quel bene attraverso l’esecuzione forzata, quando manchi la spontanea ottemperanza della controparte.

Ha affermato, altresì, che detta procura, in difetto di espressa limitazione attribuisce lo ius postulandi anche in relazione al processo di esecuzione e negli eventuali giudizi di opposizione che possono frapporsi tra l’esercizio della pretesa esecutiva e la soddisfazione del credito” (così, tra le altre, Cass. n. 26296/07, n. 0827/09, ord. n. 3497/12) e che nella fattispecie la procura conferita dalla parte al difensore nel processo di cognizione aveva attribuito la facoltà di proporre domanda anche in relazione al processo di esecuzione, vigente il principio di ultrattività del mandato alle liti nei rapporti tra il processo di cognizione e il processo di esecuzione.

Nella specie, inoltre, il ragionamento seguito dal Tribunale è nel senso che alcuna limitazione vi fosse stata, come evidente anche dall’epigrafe della sentenza n 731/2011 e dal fatto che il mandato procuratorio, richiamato nel precetto ( senza deduzione di alcuna contestazione al riguardo che, diversamente, parte opponente avrebbe dovuto esplicitare con la citazione ai sensi dell’art. 617 cpc vedi in argomento Cass. n. 10497/2006) è stato ulteriormente richiamato nella memoria di costituzione nel giudizio di opposizione.

Il motivo di appello quindi va rigettato, con la precisazione che, come meglio precisato dalla Suprema Corte, l’eccezione sollevata non ha natura di opposizione esecutiva e non è, inoltre, soggetta ai termini di decadenza previsti per le opposizioni agli atti esecutivi, potendo la perdurante mancanza di un difensore munito di valida procura essere rilevata e dichiarata dal giudice dell’esecuzione in qualsiasi momento del procedimento anche senza l’impulso di parte. (cfr. Cass. n. 8959 del 05/05/2016), onde la sentenza impugnata, sul punto, va confermata sia pure con diversa motivazione.

Stante la contumacia delle parte nessuna statuizione in ordine alle spese di lite.

Infine, nella fattispecie è applicabile ratione temporis l’art. 1 comma 17 della L. 24 dicembre 2012, n. 228, che ha modificato il D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo unico in materia di spese di giustizia, inserendo all’articolo 13, dopo il comma 1-ter, il comma 1-quater), in ordine al pagamento del doppio del contributo unificato previsto per il caso in cui l’impugnazione, anche incidentale, sia respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile.

E’ opportuno precisare sul punto che “in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, il giudice dell’impugnazione è vincolato, pronunziando il provvedimento che la definisce, a dare atto – senza ulteriori valutazioni decisionali – della sussistenza dei presupposti (rigetto integrale o inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) per il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, a norma del medesimo art. 13, comma 1 bis” (Cass Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 2014 ).

Ciò evidentemente prescinde da eventuali condizioni soggettive di esonero, per limiti reddituali, della parte soccombente, suscettibili di separata verifica da parte dell’Amministrazione competente.

P.Q.M.

La Corte rigetta l’appello.

Nulla in ordine alle spese di lite.

Dà atto della sussistenza dei presupposti del versamento da parte appellante di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del comma 1 quater dell’art. 13 D.P.R. n. 115 del 2002 (introdotto dall’art. 1 comma 17 della legge di “stabilità” n. 228 del 2012).

Così deciso in Roma l’1 febbraio 2019.

Depositata in Cancelleria il 26 febbraio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.