è infondata la doglianza relativa alla nullità, per indeterminatezza e indeterminabilità della clausola che, ai fini della determinazione del tasso di interesse applicabile, rinvierebbe ad un parametro variabile e non facilmente decifrabile qual è l’Euribor, con conseguente applicazione del tasso legale ex art. 1284 c.c. In effetti, attraverso il richiamo al parametro dell’Euribor, il tasso di interesse è tempo per tempo determinabile mediante il rinvio ricettizio ad un parametro di riferimento certo. Al riguardo, per costante giurisprudenza, la determinazione della misura degli interessi può validamente essere pattuita dalle parti anche per relationem, purché il rinvio avvenga ad un parametro certo e determinato. I tassi Euribor, trattandosi di tassi rilevati ufficialmente dalla (…) (European Banking Federation), sono certamente dotati delle suddette caratteristiche di certezza e determinatezza essendo, d’altronde, i parametri di riferimento più usati per i mutui cd. a tasso variabile.
Per approfondire la tematica degli interessi usurari e del superamento del tasso soglia si consiglia la lettura del seguente articolo: Interessi usurari pattuiti nei contatti di mutuo
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Tribunale Roma, Sezione 17 civile Sentenza 7 novembre 2018, n. 21337
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
DICIASETTESIMA SEZIONE CIVILE
in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Fausto Basile, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile di primo grado iscritta al n. 72106 del R.G.A.C.C. dell’anno 2016, e vertente
tra
(…) rappresentato e difeso, giusta delega in calce all’atto di citazione, anche disgiuntamente, dagli Avv.ti Ma.Ca. e Ma.Gh., ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma, alla Piazza (…);
ATTORE
e
(…) S.p.A., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura generale a rogito Notaio (…) del (…), dall’Avv. St.D’E., ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, alla Via (…);
CONVENUTA
OGGETTO: contratto di mutuo ipotecario
FATTO E DIRITTO
Con atto di citazione ritualmente notificato, (…) ha convenuto in giudizio, innanzi all’intestato Tribunale, (…) S.p.A. al fine di veder accogliere le seguenti conclusioni:
“accertare e dichiarare, relativamente al mutuo contratto in data 1 dicembre 2011 rep. (…)/racc. (…) ai rogiti Notaio (…) di R. la nullità della clausola di cui all’art. 5 del contratto di mutuo, stante la indeterminatezza ed indeterminabilità del tasso di interesse, per le ragioni espresse in premessa con condanna della parte convenuta, in ipotesi di ritenuta nullità della clausola, alla restituzione di tutti gli interessi illegittimamente corrisposti, come da allegata perizia e/o nella maggiore e/o minore misura che verrà determinata mediante esperimento di apposita consulenza tecnica, mediante applicazione del tasso legale di cui all’art. 1284 c.c.;
accertare e dichiarare, relativamente al mutuo contratto in data 1 dicembre 2011 rep. (…)/racc. (…) ai rogiti Notaio (…) di (…) la nullità della clausola di cui all’art. 5 del contratto di mutuo per effetto della violazione della L. n. 108 del 1996 e, per l’effetto, la violazione dell’art. 1815 c.c., con conseguente accertamento degli interessi illegittimamente corrisposti da esperirsi mediante consulenza tecnica e con condanna della parte convenuta, alla restituzione degli interessi illegittimamente corrisposti e/o alla differenza tra quanto corrisposto in eccedenza tra il tasso c.d. soglia ed il tasso effettivamente applicato dalla banca in violazione della L. n. 108 del 1996; 4. Rideterminare, per effetto dei criteri esposti in premessa le rate del mutuo nella minore misura che risulterà mediante l’esperimento di una consulenza tecnica, seguendo i criteri enunciati nella superiore premessa”.
In sintesi, parte attrice ha contestato l’indeterminatezza del tasso di interesse variabile pattuito nel contratto di mutuo per cui è causa con riferimento all’indice Euribor, l’illegittimità del metodo di ammortamento cosiddetto alla francese con conseguente violazione dell’art. 1283 c.c..
Inoltre, l’attore ha chiesto l’accertamento dell’usurarietà dei tassi di interesse praticati dalla Banca convenuta in relazione al contratto di mutuo de quo, con conseguente gratuità dello stesso e restituzione, a favore del mutuatario, delle somme indebitamente percepite a tale titolo.
In via istruttoria, ha chiesto espletamento di CTU contabile, al fine di accertare la natura usuraria del mutuo oggetto di causa, nonché l’ammontare degli interessi e delle spese indebitamente versate alla Banca in corso di rapporto.
A sostegno delle proprie pretese, (…) ha rappresentato di aver stipulato, unitamente alla sig.ra (…), con (…) S.p.A., in data 01.12.2011, il contratto di mutuo ipotecario a tasso variabile del valore capitale di Euro 152.600,00 con ammortamento in 30 anni (Rep. n. (…) – Racc. n. (…) – Notaio (…) di (…)) (doc. 1, fasc. parte attrice) ed ha altresì depositato perizia di parte volta a dimostrare l’illegittima applicazione, sul suddetto contratto di mutuo, di interessi ed oneri non dovuti e comunque usurari, con conseguente nullità della clausola relativa alla pattuizione degli interessi.
Si è costituita in giudizio la (…) S.p.A., contestando e respingendo le deduzioni attoree in ordine sia alla pattuizione ed applicazione al contratto di mutuo in questione di interessi usurari ed anatocistici sia all’indeterminatezza dei tassi convenuti. Ha chiesto quindi l’accoglimento delle seguenti conclusioni:
1. in via principale: accertare e dichiarare la nullità dell’atto di citazione per indeterminatezza del petitum e della causa petendi;
2. nel merito: rigettare ogni avversa domanda, in quanto infornata in fatto e in diritto e comunque sfornita di idonea prova. Con vittoria di spese e compensi di lite”. La Banca convenuta si è altresì opposta alla richiesta di C.T.U. contabile avanzata da parte attrice nel proprio atto di citazione.
In data 21.04.2016 parte attrice avviava la procedura di mediazione innanzi all’organismo di Mediazione Concilia Lex di Roma, prevista quale condizione di procedibilità del presente giudizio ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. n. 28 del 2010; tuttavia la procedura si concludeva con esito negativo attesa la mancata comparizione di (…) S.p.A.
Alla prima udienza del 16.03.2017, il Giudice ha assegnato alle parti i termini di cui all’art. 183, comma 6 c.p.c., per lo scambio delle memorie istruttorie rinviando per l’eventuale ammissione dei mezzi istruttori.
All’udienza del 24.06.2017, il Giudice, ritenuta la causa matura per la decisione sulla base della documentazione versata in atti, ha rigettato l’istanza istruttoria avanzata da parte attrice di ammissione di C.T.U. e ha rinviato la causa all’udienza di precisazione delle conclusioni.
All’udienza dell’11.07.2018, sulle conclusioni trascritte in epigrafe, la causa è stata trattenuta in decisione, previa assegnazione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
Le domande attoree sono infondate e vanno rigettate per i motivi appresso indicati.
In primo luogo, è infondata la doglianza relativa alla nullità, per indeterminatezza e indeterminabilità della clausola che, ai fini della determinazione del tasso di interesse applicabile, rinvierebbe ad un parametro variabile e non facilmente decifrabile qual è l’Euribor, con conseguente applicazione del tasso legale ex art. 1284 c.c.
In effetti, attraverso il richiamo al parametro dell’Euribor, il tasso di interesse è tempo per tempo determinabile mediante il rinvio ricettizio ad un parametro di riferimento certo.
Al riguardo, per costante giurisprudenza, la determinazione della misura degli interessi può validamente essere pattuita dalle parti anche per relationem, purché il rinvio avvenga ad un parametro certo e determinato. I tassi Euribor, trattandosi di tassi rilevati ufficialmente dalla (…) (European Banking Federation), sono certamente dotati delle suddette caratteristiche di certezza e determinatezza essendo, d’altronde, i parametri di riferimento più usati per i mutui cd. a tasso variabile.
Tale assunto è confermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui: “da un lato, la complessità di un calcolo e la necessità di applicare formule di matematica finanziaria, una volta adeguatamente identificati i parametri del primo e la seconda nel suo complesso, non fa venir meno la semplicità della determinazione del tasso in applicazione di un normale calcolo materiale; dall’altro lato, gli stessi debitori hanno, del resto, sottoscrivendo il contratto, accettato di fare riferimento a tali modalità di determinazione obiettivamente per loro sfavorevoli, in quanto implicanti una diligenza non comune o l’applicazione di regole specialistiche, ma comunque corrispondenti ad una univoca elaborazione da parte di una determinata scienza (nella specie, la matematica finanziaria)” (Cass., civile, sez. III, 19/02/2014 n. 3968).
Non è altresì condivisibile l’assunto di parte attrice fondato sulla sommatoria dei tassi degli interessi corrispettivi e degli interessi moratori: argomento, questo, su cui sostanzialmente si fondano le domande di accertamento della pattuizione di interessi usurari e della conseguente ripetizione dell’indebito.
Al riguardo, il Tribunale ritiene innanzitutto che la verifica tesa ad accertare l’usurarietà, ai sensi della L. n. 108 del 1996, del tasso di interesse pattuito e applicato al contratto di mutuo dovrebbe involgere soltanto gli interessi corrispettivi e non anche quelli moratori.
Sotto tale profilo, è noto che secondo Cass., 9 gennaio 2013, n. 350 “si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi moratori”.
Tale pronuncia richiama espressamente quanto affermato da Corte Cost., 25 febbraio 2002, n. 29, secondo cui “il riferimento, contenuto nell’art. 1, comma 1, del D.L. n. 394 del 2000, agli interessi “a qualunque titolo convenuti” rende plausibile … l’assunto, del resto fatto proprio anche dal giudice di legittimità, secondo cui il tasso soglia riguarderebbe anche gli interessi moratori”; sulla scia dell’orientamento espresso, ex multis, da Cass. 4 aprile 2003, n. 5324, Cass. 17 novembre 2000, n. 14899, e Cass. 22 aprile 2000, n. 5286.
L’anzidetto orientamento, peraltro, è stato recentemente ribadito da Cass., 5598/17 e Cass. 23192/2017.
Quest’ultima pronuncia, peraltro, non ha avallato, né la tesi della sommatoria dei tassi di interesse, né quella del raffronto dei tassi di interessi moratori con TSU basato sulle rilevazioni trimestrali dei decreti ministeriali emanati in esecuzione della L. n. 108 del 1996 con riferimento ai soli interessi corrispettivi.
La S.C. ha unicamente affermato l’erroneità della sentenza di merito che fonda il rigetto della domanda in materia di interessi usurari sulla base del solo rilievo che la parte, a tal fine, ha effettuato la sommatoria dei tassi. Per tale ragione, verrà comunque effettuata un’autonoma verifica in ordine all’eventuale superamento del tasso soglia usurario da parte dei soli interessi moratori, senza alcuna sommatoria con i tassi corrispettivi.
Tuttavia, l’orientamento giurisprudenziale che sembrerebbe avallare la tesi della sommatoria dei tassi, benché autorevole, non appare condivisibile in quanto sembra trascurare la diversa funzione assolta dagli interessi corrispettivi e dagli interessi moratori: i primi, costituiscono il corrispettivo previsto per il godimento diretto di una somma di denaro, avuto riguardo alla normale produttività della moneta (cfr. Cass. 22 dicembre 2011, n. 28204); i secondi, invece, rappresentano una liquidazione anticipata, presuntiva e forfetaria del danno causato dall’inadempimento o dal ritardato adempimento di un’obbligazione pecuniaria.
Difatti, il tasso di mora ha un’autonoma funzione risarcitoria per il fatto, solo eventuale e imputabile al mutuatario, del mancato o del ritardato pagamento e la sua incidenza va rapportata al protrarsi ed alla gravità della inadempienza, del tutto diversa dalla funzione di remunerazione propria degli interessi corrispettivi (cfr. Trib. Milano, 22 maggio 2014; Trib. Verona, 9 aprile 2014; Trib. Brescia, 16 gennaio 2014).
Sebbene la distinzione tra le due figure risultasse meno sfumata sotto il vigore dell’art. 41 cod. comm., che ammetteva l’automaticità della produzione di interessi non moratori limitatamente ai soli rapporti oggettivamente commerciali, non può per ciò solo ritenersi che l’art. 1282 c.c. sia sovrapponibile all’art. 1224 c.c. e che, dunque, gli interessi corrispettivi e quelli moratori possano porsi sullo stesso piano, in quanto, come evidenziato anche da autorevole dottrina, sono identificabili diverse situazioni in cui si verifica un’esigibilità o un ritardo nel pagamento senza una corrispondente situazione di mora (quale, ad esempio, il caso del corrispettivo pecuniario divenuto esigibile per l’appaltatore dopo la consegna e l’accettazione dell’opera da parte dell’appaltante, esigibile anche qualora non sia decorso il termine per l’adempimento), situazioni riconducibili nell’alveo della prima disposizione, ma non in quello della seconda, il cui ambito di applicazione è circoscritto in quello della prima.
Peraltro, le due tipologie di interessi si distinguono anche sul piano della disciplina applicabile, atteso che gli interessi moratori sono dovuti, a differenza di quelli corrispettivi, dal giorno della mora e a prescindere dalla prova del danno subito, ai sensi dell’art. 1224, primo comma, c.c., e vengono introdotti coattivamente ex lege, per il caso dell’inadempimento, anche in un rapporto contrattuale che non li abbia originariamente previsti, attesa la loro natura latamente punitiva (cfr. Trib. Roma, 16 settembre 2014).
Inoltre, le due figure di interessi si pongono in rapporto di alternatività, in quanto la lettura congiunta degli artt. 1182, terzo comma, e 1219, secondo comma, punto terzo, c.c., porta ad affermare che qualora si tratti di obbligazioni pecuniari portables e sia scaduto il termine per l’adempimento, l’ambito di applicazione dell’art. 1282 c.c., riconducibile agli interessi corrispettivi, risulti completamente affievolito.
Infatti, non appena il credito diventa liquido ed esigibile si costituiscono le condizioni ed i presupposti per l’applicazione dell’art. 1224 c.c., norma questa prevalente in base al principio di specialità ex art. 15 delle disposizioni sulla legge in generale, sicché in tal caso interessi corrispettivi ed interessi moratori, in via di principio, non si cumulano, ma sono dovuti solo i secondi (cfr. ABF – Collegio di Milano, 3 giugno 2014, n. 3577; ABF – Collegio di Napoli, 20 novembre 2013, n. 5877).
In considerazione della anzidetta funzione di liquidazione forfetaria e anticipata del danno da inadempimento assolta dagli interessi moratori, a questi va applicata la disciplina prevista per la clausola penale, con la conseguenza che, qualora la loro misura sia eccessiva, troverà applicazione lo strumento della riduzione giudiziale ex art. 1384 c.c., ma non potrà farsi ricorso alla loro completa eliminazione (cfr. Trib. Napoli, 12 febbraio 2014; ABF – Collegio di coordinamento, 28 marzo 2014, n. 1875; ABF – Collegio di Napoli, 13 gennaio 2014, n. 125).
Il disatteso orientamento della citata giurisprudenza di legittimità sembra porsi in contrasto anche con la ratio sottesa alla fattispecie delittuosa del reato di usura, che sanziona, all’art. 644 c.p., la condotta di chi si fa dare o promettere interessi o altri vantaggi usurari quale corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, da individuarsi, come desumibile anche dal disposto del comma terzo del medesimo articolo, nel divieto di convenire un corrispettivo sproporzionato per la concessione in godimento del denaro di altra utilità.
Per le ragioni sin qui esposte, dovrebbero assumere rilevanza, ai fini dell’integrazione degli estremi dell’usura, solo quelle prestazioni di natura corrispettiva (siano esse interessi convenzionali, remunerazioni, commissioni o spese diverse da quelle legate ad imposte e tasse) legate alla fisiologica attuazione del programma negoziale, non essendo possibile estendere l’ambito di applicazione della fattispecie in esame anche alle prestazioni riconducibili alla mora debendi (cfr. Tribunale Verona 9 aprile 2014; in materia penale, vedi Trib. Torino, GUP, 10 giugno 2014).
Tale interpretazione appare suffragata dalla stessa giurisprudenza di legittimità, la quale ha affermato che “la “clausola penale” per la sua funzione (desumibile dal dettato degli artt. 1382 – 1386 c.c.) ex se, non può essere considerata come parte di quel “corrispettivo” che previsto dall’art. 644 c.p. può assumere carattere di illiceità, poiché sul piano giuridico l’obbligazione nascente dalla clausola penale non si pone come corrispettivo dell’obbligazione principale, ma come effetto derivante da una diversa causa che è un inadempimento”, a meno che le parti non abbiano dissimulato il pagamento di un corrispettivo, attraverso un simulato e preordinato inadempimento (cfr. Cass.,Sez. II, n. 5683 del 25/10/2012 – dep. 05/02/2013 – (…)).
Non appare decisivo, in senso opposto, il dettato dell’art. 1 comma 1, D.L. n. 394 del 2000, convertito, con modificazioni, nella L. n. 24 del 2001, secondo cui “ai fini dell’applicazione dell’articolo 644 del codice penale e dell’articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento”, emanata al dichiarato fine di evitare effetti pregiudizievoli in ordine alla stabilità del sistema creditizio nazionale che sarebbero potuti derivare dall’orientamento giurisprudenziale (v. Cass. n. 14899/00, cit.) propenso a riconoscere la sopravvenuta usurarietà dei tassi di interesse, benché legittimi al momento della conclusione del contratto di mutuo, per effetto della variazione medio tempore del c.d. tasso – soglia.
Infatti, non sembra potersi riconoscere a tale norma, in considerazione della sua natura di interpretazione autentica, carattere innovativo rispetto alla disciplina dettata dall’art. 644 c.p. e, come tale, idonea ad ampliare la fattispecie delittuosa del reato di usura, includendo anche oneri non ricollegabili alla erogazione del credito.
Sotto altro profilo, occorre rilevare che i decreti del Ministero dell’economia e delle finanze con cui, in attuazione della L. n. 108 del 1996, sono periodicamente individuati i tassi effettivi globali medi rilevanti ai fini dell’usura non tengono in considerazione gli interessi moratori.
Sul punto, a partire dal D.M. 25 marzo 2003, si è avuto cura di precisare espressamente che i tassi effettivi globali medi non sono comprensivi degli interessi di mora contrattualmente previsti per i casi di ritardato pagamento e che l’indagine statistica condotta a fini conoscitivi dalla (…) e dall’Ufficio Italiano dei Cambi già all’epoca aveva rilevato che, con riferimento al complesso delle operazioni facenti capo al campione di intermediari considerato, la maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari a 2,1 punti percentuali.
In data 3 luglio 2013, successivamente all’emanazione della richiamata pronuncia della Cassazione n. 350/213, la (…) ha diffuso un comunicato secondo il quale gli interessi di mora, pur essendo soggetti alla normativa anti – usura, sono esclusi dal calcolo del TEG, in ragione del fatto che trattasi di oneri eventuali la cui debenza ed applicazione cadono solo a seguito di un eventuale inadempimento da parte del cliente e ha conseguentemente chiarito che, in assenza di una previsione legislativa che determini una specifica soglia in presenza di interessi moratori, la (…) adotta, nei suoi controlli sulle procedure degli intermediari, il criterio in base al quale i TEG medi pubblicati sono aumentati di 2,1 punti per poi determinare la soglia su tale importo. Pertanto, laddove si sostenga la rilevanza ai fini della pattuizione usuraria anche degli interessi moratori, appare del tutto incoerente e illogico prendere in considerazione, ai fini dell’accertamento del superamento del tasso soglia, valori determinati con riferimento ai soli interessi corrispettivi e agli oneri connessi all’erogazione del credito.
Dunque, anche l’interpretazione del dato normativo condotta sotto il profilo più strettamente economico conduce alla conclusione della impossibilità di attribuire rilevanza, ai fini del superamento del tasso soglia usurario, agli interessi moratori.
D’altra parte, come evidenziato nella richiamata comunicazione della (…), l’esclusione degli interessi moratori dal calcolo dell’usura evita di considerare nella media operazioni con andamento anomalo, per cui se si prendessero in considerazione anche tali interessi, potrebbe determinarsi un eccessivo innalzamento delle soglie, in danno della clientela, così frustrando le stesse finalità della normativa.
Sarebbe quindi incongruo ritenere che l’usurarietà degli interessi moratori possa essere accertata sulla base di un tasso soglia stabilito senza tener conto dei maggiori costi indotti, per il creditore, dall’inadempimento del debitore (ABF, Collegio di Roma, decisione n. 260 del 17 gennaio 2014, (…)).
Da ultimo, va evidenziato che, diversamente opinando, secondo quanto stabilito dalla citata giurisprudenza di legittimità, si dovrebbe concludere nel senso della non coerenza dei decreti ministeriali emanati in attuazione della L. n. 108 del 1996 con la stessa legge, in quanto adottati sul non corretto presupposto della non rilevanza degli interessi moratori, con conseguente inapplicabilità a questi ultimi delle soglie fissate per i soli interessi corrispettivi e gli ulteriori oneri connessi all’erogazione del credito attesi i limiti del sindacato del Giudice civile, il quale ha solo il potere di disapplicare, ma non anche di sostituire il contenuto degli atti amministrativi ritenuti illegittimi.
Nonostante la forza delle argomentazioni sin qui svolte, il Tribunale – come innanzi detto – preso atto del citato contrario orientamento della Suprema Corte in materia, non perviene ad una pronuncia di rigetto della domanda sul mero presupposto della inapplicabilità agli interessi di mora delle norme sul superamento del tasso soglia usurario, ma procede ad una verifica dell’eventuale superamento del TSU da parte degli interessi corrispettivi e di mora autonomamente considerati.
A tal fine, però, attesa l’impossibilità di comparare elementi tra di loro disomogenei – da una parte, gli interessi di mora convenzionalmente pattuiti, dall’altra, il TEGM rilevato sulla media degli interessi corrispettivi praticati dagli intermediari finanziari abilitati – la verifica dell’eventuale usurarietà del tasso di mora va effettuata raffrontandolo con un TSU determinato maggiorando il TEGM dei 2,1 punti percentuali rilevati dalla (…) nell’ambito dei suoi controlli sulle procedure degli intermediari, aumentato della metà (da maggio 2011, il TSU per gli interessi di mora è determinato maggiorando il TEGM del 2,1%, aumentato poi del 25% e di ulteriori quattro punti percentuali).
Pertanto, nel caso di specie, valutati i dati oggettivi che emergono dal contratto di mutuo in contestazione (doc. n. 1, fasc. parte attrice), si rileva che il tasso degli interessi corrispettivi, pattuito nella misura del 5,50%, rimane nettamente al di sotto della soglia antiusura del 8,125% secondo il parametro all’epoca vigente (tasso medio del 3,30% per operazioni rientranti nella categoria “mutuo a tasso variabile” nel periodo ottobre – dicembre 2011).
Quanto alla dedotta usurarietà del tasso degli interessi di mora pattuito in misura pari all’ 8,50%, si rileva che anch’esso è inferiore al tasso soglia antiusura all’epoca vigente.
Infatti, il tasso di mora calcolato attraverso la maggiorazione del 2,1% di cui si è innanzi trattato e di per sé considerato, non supera il TSU del 10,75%.
Alla luce delle considerazioni fin qui svolte, la domanda di parte attrice sull’asserita usurarietà del contatto di mutuo per cui è causa deve essere rigettata.
Relativamente alla presunta illegittimità del cd. piano di ammortamento alla francese applicato al mutuo in esame, a causa dell’illegittimo effetto anatocistico che esso produrrebbe, va osservato che la caratteristica di tale tipologia di piano di ammortamento non è quella di operare un’illecita capitalizzazione composta degli interessi, ma soltanto quella della diversa composizione delle rate costanti in cui la quota degli interessi e quella di capitale variano al solo fine di privilegiare nel tempo la restituzione degli interessi rispetto al capitale.
Gli interessi convenzionali sono quindi calcolati sulla quota capitale ancora dovuta e per il periodo di riferimento della rata, senza capitalizzare in tutto o in parte gli interessi corrisposti nelle rate precedenti. Né si può sostenere che si sia in presenza di un interesse composto per il solo fatto che il metodo di ammortamento alla francese determina inizialmente un maggior onere di interessi rispetto al piano di ammortamento all’italiana che, invece, si fonda su rate a capitale costante.
In realtà, il piano di ammortamento alla francese risulta più rispettoso del principio di cui all’art. 1194 c.c. in quanto prevede un criterio di restituzione del debito che privilegia, sotto il profilo cronologico, l’imputazione ad interessi rispetto quella al capitale.
Pertanto, anche tale doglianza è infondata e va rigettata.
Alla stregua di tali considerazioni, la perizia di parte prodotta in giudizio dall’attore costituisce una mera allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, posto che il contenuto tecnico del documento non vale ad alterarne la natura, che resta quella di atto difensivo, e non può, quindi, essere oggetto di consulenza tecnica d’ufficio (così Cass. 6 agosto 2015 n. 16552; conf. Cass. S.U. 3 giugno 2013 n. 13902), la quale avrebbe natura meramente esplorativa, né può essere posta a base della presente decisione, fondandosi su criteri non condivisibili, in quanto non conformi a quelli indicati nelle Istruzioni della (…).
La necessità per il giudice di attenersi, ai fini dell’accertamento dell’usura oggettiva, alle metodologie e alle formule adottate dalle Istruzioni della (…) per la determinazione dei TEGM individuati nei suddetti decreti ministeriali, è stata recentemente ribadita dalla S.C. nelle pronunce n. 12965/15 e 22270/16.
Pertanto, alla stregua di quanto esposto, le domande attoree di accertamento della nullità delle clausole del mutuo determinative degli interessi e dell’usurarietà dei tassi di interessi corrispettivi e di mora pattuiti nel contratto per cui è causa e di ripetizione dell’indebito devono essere rigettate, in quanto infondate.
Le spese processuali vanno regolate secondo il criterio della soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo, secondo i parametri indicati dal D.M. n. 55 del 2014.
P.Q.M.
Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando, disattesa o assorbita ogni altra domanda ed eccezione, così provvede:
1) rigetta le domande proposte da (…) nei confronti di (…) S.p.A., in relazione al contratto di mutuo stipulato in data 01.12.2011;
2) condanna parte attrice alla rifusione delle spese processuali in favore di (…) S.p.A., che liquida in complessivi Euro 2.500,00 per compenso professionale, oltre al rimborso forfetario delle spese generali, IVA e CPA come per legge.
Così deciso in Roma il 16 ottobre 2018.
Depositata in Cancelleria il 7 novembre 2018.