ove il comodato di un immobile è stipulato in favore di un nucleo familiare già formato o in via di formazione, ha un carattere vincolato alle esigenze abitative familiari, con la conseguenza che il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento anche oltre l’eventuale crisi coniugale, salva l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed imprevisto bisogno ai sensi dell’art. 1809, comma 2, c.c.; in tal caso il giudice deve esercitare con la massima attenzione il controllo di proporzionalità e adeguatezza nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante.

Per approfondimenti in merito al contratto di comodato si consiglia la lettura del presente articolo Il contratto di comodato

Corte d’Appello Napoli, Sezione 6 civile Sentenza 27 febbraio 2019, n. 1004

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte di Appello di Napoli – Sesta Sezione Civile – in persona dei Sigg. Magistrati:

1) Dott. Maria Rosaria Castiglione Morelli – PRESIDENTE

2) Dott. Antonio Quaranta – CONSIGLIERE

3) Dott. Elvira Bellantoni – CONSIGLIERE rel.

ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 2619 del Ruolo Generale degli affari contenziosi dell’anno 2018 avverso la sentenza n. 648/2018 pronunciata dal Tribunale di Torre Annunziata in persona del Giudice Onorario dott. Salvatore Nasti in data 30/03/2018, vertente

TRA

(…) (C.F. (…)), (…) ( C.F. (…)) E (…) (C.F. (…)), elettivamente domiciliati in Pompei alla via Lepanto I traversa n. 32 presso lo studio dell’avv. An.Va. dalla quale sono rappresentati e difesi, come da mandato in calce all’atto di appello;

APPELLANTI

E

(…) (C.F. (…)), elettivamente domiciliata in Castellammare di Stabia alla Traversa Tavernola n. 19 presso lo studio dell’avv. Vi.Ch., dal quale è rappresentata e difesa, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;

APPELLATA

(…) (C.F. (…)), elettivamente domiciliato in Gragnano (NA) alla via (…) presso lo studio dell’avv. Lu.Fr., dal quale è rappresentato e difeso, come da mandato in atti;

APPELLATO

FATTO E DIRITTO

La sig.ra (…) – premesso di essere proprietaria per 1/2 e usufruttuaria per l’intero dell’unità immobiliare sita in C. di (…) alla via (…) e di aver in occasione delle nozze del figlio (…) concesso con scrittura privata tale unità immobiliare allo stesso a titolo di comodato gratuito per venti anni a decorrere dal 01/05/1994-conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Torre Annunziata (…), la moglie di quest’ultimo (…), nonché i nipoti (…) e (…) per sentir accertare e dichiarare risolto per scadenza naturale il contratto di comodato con condanna dei convenuti al rilascio immediato dell’immobile oggetto del contratto e con vittoria di spese.

L’attrice deduceva di avere interesse a riacquistare la disponibilità dell’immobile, per poter usufruire delle cure della figlia (…), comproprietaria dell’immobile e residente nelle vicinanze dello stesso.

Si costituivano i sigg. (…), (…) e (…), che concludevano per il rigetto della domanda con vittoria di spese.

La sig.ra (…) – premesso di essersi separata dal coniuge (…) – rappresentava di non essere stata mai a conoscenza dell’esistenza del contratto di comodato, cui la controparte aveva fatto riferimento, mai registrato e tutti i convenuti deducevano sia che, essendo stato il contratto di comodato concluso verbalmente per consentire al (…) di costituirsi un nucleo familiare, vi era un vincolo di destinazione a casa familiare, sia che l’immobile era stato oggetto di assegnazione a loro favore dapprima con ordinanza presidenziale del 29/07/2010 e successivamente con la sentenza n. 1654/2015 pubblicata il 24/09/2015 del Tribunale di Torre Annunziata.

Si evidenziava, altresì, che l’attrice, sessantottenne, non aveva allegato alcuna patologia particolare, che rendesse necessario l’aiuto della figlia (…) e che nello stabile, sia l’attrice, sia i figli della stessa (…) e (…) erano titolari di altri beni immobili, alcuni dei quali concessi in locazione e altri liberi.

La causa era definita con l’emissione della sentenza n. 684/2018 con la quale il Tribunale di Torre Annunziata dichiarava risolto il contratto di comodato alla data del 09/12/2015, ordinava ai convenuti il rilascio dell’immobile oggetto di causa e condannava parte convenuta al pagamento delle spese processuali.

Avverso suddetta sentenza proponevano appello i sigg. (…), (…) e (…) per i seguenti motivi:

1) nullità della sentenza per omessa indicazione delle parti e conseguente violazione dell’art. 132 c.p.c.;

2) errore nella valutazione del contratto di comodato: inesistenza dello stesso;

3) errore nella ammissione e valutazione degli elementi probatori: incapacità a testimoniare ex art. 246 c.p.c. e inattendibilità della testimonianza de relato;

4) corretto inquadramento del contratto come comodato d’uso gratuito senza termine con vincolo di destinazione alle esigenze familiari ed insussistenza delle problematiche di salute della sig.ra (…).

Gli appellanti chiedevano di dichiarare la nullità della sentenza di primo grado con rimessione delle parti davanti al primo giudice, di accertare e dichiarare l’inesistenza del contratto scritto di comodato d’uso, di accertare e dichiarare l’esistenza di un contratto di comodato ad uso gratuito con destinazione d’uso alle esigenze abitative familiari, nonché l’inesistenza delle necessità paventate dalla comodante, con vittoria delle spese del doppio grado di giudizio da attribuire al difensore dichiaratosi antistatario

La sig.ra (…) si costituiva, dichiarava di non accettare il contraddittorio sulle nuove circostanze di fatto e/o i nuovi argomenti dedotti per la prima volta in appello, nonché più in generale sulle nuove domande e richieste istruttorie, quali l’ammissione di una consulenza tecnica grafologica, eccepiva l’inammissibilità dell’appello a norma dell’art. 342 c.p.c. e nel merito concludeva per il rigetto dello stesso, con vittoria delle spese del grado.

La Corte disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti del sig. (…), che si costituiva in giudizio, rappresentava che era stata la madre a pretendere di formalizzare il contratto e concludeva rimettendosi alla giustizia.

La causa era definita come da separato dispositivo di sentenza letto all’udienza del 09/11/2018.

Preliminarmente rilevasi che l’atto di appello appare immune dal vizio di inammissibilità, sollevato dalla parte appellata, con riferimento alla genericità dei motivi che, al contrario, risultano soddisfare i requisiti di specificità richiesti dall’art. 342 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis alla presente controversia.

Tanto premesso, parte appellante, innanzitutto, eccepiva la nullità della sentenza per la mancata indicazione fra le parti del nominativo del sig. (…), effettivo titolare del contratto di comodato e rappresentava che tale errore aveva creato un’incertezza assoluta sui destinatari della sentenza, così da renderla improduttiva di effetti.

La sentenza impugnata non contiene alcun riferimento al nominativo del sig. (…), pure citato in giudizio dalla sig.ra (…); il dispositivo recita: “dichiara risolto il contratto di comodato alla data del 09/12/2015, ordina ai convenuti, per l’effetto, il rilascio dell’immobile indicato libero da persone e cose; condanna parte convenuta al pagamento in favore del procuratore dell’attore dichiaratosi antistatario della somma di Euro 120,00 per spese ed Euro 1.900,00 per competenze oltre iva e cpa….”.

L’omessa o inesatta indicazione del nome di una delle parti nell’intestazione della sentenza va considerata “un mero errore materiale, emendabile con la procedura di cui agli artt. 287 e 288 c.p.c., quando dal contesto della sentenza risulti con sufficiente chiarezza l’esatta identità di tutte le parti e comporta, viceversa, la nullità della sentenza qualora da essa si deduca che non si è regolarmente costituito il contraddittorio, ai sensi dell’art. 101 c.p.c., e quando sussiste una situazione di incertezza, non eliminabile a mezzo della lettura dell’intero provvedimento, in ordine ai soggetti cui la decisione si riferisce” ( cfr. Cass. civ. n. 22275/2017).

Nel caso in esame né dall’intestazione, né dalla motivazione, né dal dispositivo è possibile desumere la partecipazione del sig. (…) al giudizio, cosicchè coglie nel segno la difesa degli appellanti quando eccepisce la nullità della sentenza impugnata “per incertezza assoluta nell’individuazione del soggetto nei cui confronti la sentenza è destinata a produrre i suoi effetti” (cfr. Cass. civ. n. 16535/2002).

Alla riconosciuta nullità della sentenza non consegue la rimessione delle parti al primo giudice, come richiesto dagli appellanti; la rimessione al primo giudice è prevista, difatti, unicamente nei casi tassativamente indicati negli artt. 353 e 354 c.p.c. e, non rientrando l’ipotesi in esame in uno di essi, il giudice di appello deve rilevare il vizio, verificare se esso si è comunicato ad atti successivi dipendenti e decidere la causa nel merito.

Ciò posto, in difetto di atti nulli da rinnovare, deve procedersi all’esame del secondo e del terzo motivo di impugnazione, coi quali gli appellanti censuravano la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto esistente un contratto di comodato concluso per iscritto, privo di data certa, e per il ricorso ad elementi probatori che non avrebbero proprio dovuto avere ingresso nel giudizio, chiedendo di riconoscere esclusivamente l’esistenza di un contratto di comodato verbale concluso al momento del matrimonio fra (…) e (…) con vincolo di destinazione alle esigenze abitative familiari e, come tale, senza termine.

La prospettazione contenuta nell’atto di appello, nonostante quanto argomentato dalla difesa dell’appellata (…), ripropone la medesima linea difensiva già seguita in primo grado; gli appellanti/ convenuti in primo grado disconoscevano il contratto e deducevano che fin dall’inizio l’immobile era stato concesso al sig. (…), perché lo utilizzasse quale casa familiare senza la redazione di alcun atto scritto, che nessuno della famiglia aveva mai conosciuto dell’esistenza di un contratto concluso per iscritto, che il contratto era dattiloscritto, non prevedeva alcuna scadenza e non era stato registrato e che la previsione della durata di venti anni era il frutto di un’aggiunta a penna.

Il primo giudice, secondo la ricostruzione degli appellanti, aveva errato anche quando aveva fondato la propria decisione su elementi che non avrebbero proprio dovuto avere ingresso nel giudizio; in particolare si evidenziava che gli unici testimoni ascoltati, i sigg. (…) e (…), erano figli della sig.ra (…), che (…) aveva anche un interesse diretto nel giudizio, tale da escludere la sua capacità a testimoniare, essendo proprietaria del 50% dell’immobile oggetto di causa, e che (…) all’epoca della conclusione del presunto contratto di comodato aveva appena quattro anni e riferiva solo quanto appreso dalla madre.

Gli appellanti concludevano sottolineando che non sussisteva alcun urgente ed imprevisto bisogno del comodante, tale da giustificare la richiesta di restituzione e che la sig.ra (…) era titolare di altri otto appartamenti in (…) di (…) alla via (…).

La giurisprudenza di legittimità ha ripetutamente affermato, con argomentazioni pienamente condivisibili da questo giudice, che:

ove il comodato di un immobile è stipulato in favore di un nucleo familiare già formato o in via di formazione, ha un carattere vincolato alle esigenze abitative familiari, con la conseguenza che il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento anche oltre l’eventuale crisi coniugale, salva l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed imprevisto bisogno ai sensi dell’art. 1809, comma 2, c.c.; in tal caso il giudice deve esercitare con la massima attenzione il controllo di proporzionalità e adeguatezza nel comparare le particolari esigenze di tutela della prole e il contrapposto bisogno del comodante (Cass. Civ. sez. un. n. 13603/2004; Cass. Civ. n. 13592/2011; Cass. Civ. n. 3012/2006; Cass. Civ. n. 24618/2015).

Nel caso in esame la stessa appellata riconosceva già con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado di aver concesso l’immobile oggetto di causa a titolo di comodato gratuito al figlio (…) in occasione delle sue nozze, cosicchè alcun dubbio può sussistere in ordine alla volontà di assoggettare il bene ad un vincolo d’uso particolarmente gravoso, quale la destinazione a residenza familiare.

La previsione nella scrittura privata prodotta dall’appellata (…) di un termine di durata di venti anni appare in tale contesto del tutto ininfluente sulla decisione, perché nel caso di specie non vi è certezza della data; ciò esclude che quella scrittura possa essere opposta agli attuali appellanti, che non vi prendevano parte, e che possa ritenersi provata l’anteriorità della stessa rispetto alla concessione avvenuta in occasione del matrimonio fra i sigg. (…) e (…).

L’art. 2704 c.c. recita:

“La data della scrittura privata della quale non è autenticata la sottoscrizione non è certa e computabile riguardo ai terzi, se non dal giorno in cui la scrittura è stata registrata o dal giorno della morte o della sopravvenuta impossibilità fisica di colui o di uno di coloro che l’hanno sottoscritta o dal giorno in cui il contenuto della scrittura è riprodotto in atti pubblici, o, infine, dal giorno in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l’anteriorità della formazione del documento”

e la sig.ra (…) non ha fornito alcun elemento dal quale possa desumersi la certezza della data del contratto di comodato prodotto; non può sicuramente considerarsi all’uopo sufficiente la prova testimoniale espletata nel corso del giudizio di primo grado, atteso che la sig.ra (…), proprietaria della quota del 50% dell’appartamento ha un interesse diretto nella causa, che le avrebbe consentito di partecipare al giudizio e che sul punto il sig. (…) riferiva solo di circostanze apprese de relato.

Non può non rilevarsi, inoltre, che il timbro postale apposto sulla scrittura privata, risalente al 2009, accredita l’idea di un contratto formato in tempo successivo all’originaria concessione in comodato del bene.

Quanto al precario stato di salute della sig.ra (…) che giustificherebbe la proposizione della domanda di rilascio del bene oggetto del comodato, osserva la Corte come, secondo quanto riferito dal testimone (…), l’appellata, che effettivamente non gode di un buono stato di salute, come evidenziato anche dalla documentazione prodotta, in realtà è proprietaria del 50% di ben altri otto appartamenti, cosicché nella comparazione fra le esigenze di tutela della prole e il suo contrapposto bisogno, ella è sicuramente perdente, anche in considerazione delle condizioni di salute dall’appellante (…), che, affetto da diabete mellito di tipo 1, è titolare di una pensione di invalidità.

Alla luce delle considerazioni che precedono la domanda proposta in primo grado dalla sig.ra (…) non può, dunque, che essere rigettata con accoglimento sul punto del proposto appello e va dichiarata l’esistenza di un contratto di comodato ad uso gratuito con destinazione d’uso alle esigenze abitative familiari.

Le spese del primo e del secondo grado di giudizio seguiranno la soccombenza nei rapporti fra gli appellanti e la si.gra (…) e saranno liquidate come da dispositivo con attribuzione al difensore dichiaratosi antistatario limitatamente alle posizioni di (…) e (…) e nella misura dei 2/3 in difetto di una differente prospettazione quanto ai rapporti interni, mentre per quanto concerne le spese relative alla posizione di (…), pari ad 1/3 di quanto sarà liquidato, esse a norma dell’art. 133 del T.U. n. 115/2002 devono essere corrisposte a favore dello Stato.

Le spese del primo e del secondo grado di giudizio sono integralmente compensate nei rapporti fra gli appellanti e il sig. (…), in difetto di un’effettiva soccombenza, stante le conclusioni da quest’ultimo formulate al momento della costituzione.

P.Q.M.

La Corte di Appello di Napoli – Sesta Sezione Civile – definitivamente pronunciando in ordine all’appello avverso la sentenza n. 648/2018 pronunciata dal Tribunale di Torre Annunziata in data 30/03/, proposto con atto del 15/05/2018 dai sigg. (…), (…) e (…) nei confronti dei sigg. (…), con l’integrazione del contraddittorio nei confronti del sig. (…), ogni avversa istanza, deduzione ed eccezione reietta, così provvede:

1) accoglie l’appello ed in totale riforma della sentenza impugnata rigetta la domanda proposta in primo grado dalla sig.ra (…) e dichiara l’esistenza di un contratto di comodato ad uso gratuito con destinazione d’uso alle esigenze abitative familiari;

2) condanna la sig.ra (…) alla rifusione delle spese processuali in favore dei sigg. (…), (…) e (…), che si liquidano in complessivi 2100,00 per il giudizio di primo grado di cui Euro 80,00 per spese, oltre rimborso forfetario, IVA e quanto altro dovuto per legge ed in complessivi Euro 3500,00 per il giudizio di appello, di cui Euro 100,00 per spese, oltre rimborso forfetario, IVA e quanto altro dovuto per legge, con attribuzione in favore dell’avv. An.Va., difensore di (…) e di (…) dei 2/3 di quanto liquidato e con condanna degli appellati al pagamento del residuo 1/3 in favore dello Stato;

3) compensa le spese nei rapporti fra (…) e gli appellanti.

Così deciso in Napoli il 22 febbraio 2019.

Depositata in Cancelleria il 27 febbraio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.