Indice dei contenuti
La permanenza nell’immobile dato in comodato, dopo la scadenza del termine ovvero dopo la richiesta di restituzione da parte del comodante, configura un inadempimento contrattuale del comodatario produttivo di danni risarcibili in favore del comodante (cosi’ Cass. n. 7539/03; cfr. anche Cass. n. 15995/08, citata nel controricorso). La determinazione di questi danni puo’ essere effettuata dal giudice di merito sulla base di indie:. presuntivi, quindi anche tenendo conto del valore locativo del bene occupato.
Per ulteriori approfondimenti in merito ai contratti di comodato e locazione si consiglia la lettura dei seguenti articoli:
Il contratto di comodato
Il contratto di locazione e le principali obbligazioni da esso nascenti.
Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 5 aprile 2016, n. 6554
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente
Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 15265/2013 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), domiciliato ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
AZIENDA OSPEDALIERA (OMISSIS), in persona del Direttore Generale pro tempore Dott.ssa (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1041/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 21/03/2013, R.G.N. 2794/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/01/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- L’Azienda Ospedaliera (OMISSIS), con ricorso depositato il 10 giugno 2010, evocava in giudizio, dinanzi al Tribunale di Napoli, (OMISSIS), dipendente degli Ospedali Riuniti per (OMISSIS) e custode presso l’Ospedale (OMISSIS), affinche’ venisse condannato a rilasciare un immobile di proprieta’ dell’Azienda (a questa pervenuto, a far data dal 10 gennaio 2009, dal Comune di Napoli, che l’aveva gestito tramite la societa’ (OMISSIS) s.p.a.). Esponeva che l’appartamento era stato concesso al (OMISSIS) in comodato con Delib. 20 novembre 1979, per un periodo di quattro anni (con l’onere per il comodatario di restituire l’immobile all’Ente proprietario, allora (OMISSIS), non appena fosse stato ristrutturato l’alloggio di servizio presso l’Ospedale (OMISSIS)), ma che non era mai stato restituito, malgrado fosse stata piu’ volte contestata l’occupazione senza titolo e fosse stata richiesta dalla (OMISSIS) s.p.a. il pagamento di un’indennita’ per occupazione senza titolo. L’Azienda chiedeva inoltre la condanna del convenuto al pagamento dell’importo di Euro 23.873,10 a titolo di indennita’ di occupazione dell’immobile dal 10 gennaio 2009 al 31 maggio 2010, parametrata al canone concordato della L. n. 431 del 1998, ex articolo 2, coma 3, detratti gli importi versati, ovvero da calcolarsi mediante CTU. Svolgeva anche una domanda subordinata, qui non piu’ rilevante.
1.1.- Si costituiva il (OMISSIS), e, resistendo alle domande, deduceva che il contratto di comodato era stato stipulato perche’ l’alloggio del custode era stato dichiarato inagibile; che, decorsi quattro anni, era rimasto nella detenzione dell’immobile perche’ quell’alloggio non era mai stato riattato; che conseguentemente il Comune di Napoli aveva preteso il pagamento di un canone di locazione di Lire 203.605 ai sensi della L. n. 392 del 1978; che frattanto egli era stato collocato a riposo, ma aveva continuato ad occupare l’immobile corrispondendo il canone volta a volta preteso dal Comune di Napoli; che quindi l’occupazione non avrebbe potuto essere considerata senza titolo e l’indennita’ pretesa da controparte non era dovuta. Svolgeva anche domanda riconvenzionale perche’ fosse accertata e dichiarata l’esistenza di un rapporto di locazione intervenuto con il Comune di Napoli, dante causa dell’Azienda, a far data dal 31 luglio 1987, o da quella diversa accertata; in subordine, chiedeva la condanna della ricorrente alla restituzione di quanto corrisposto indebitamente, oltre rivalutazione ed interessi.
1.2.- Il Tribunale, con sentenza del 28 febbraio 2012, cosi’ statuiva: A) accoglieva la domanda della parte ricorrente e, per l’effetto, accertato che (OMISSIS) occupava senza legittimo titolo l’immobile oggetto di lite, lo condannava al rilascio del medesimo in favore della ricorrente; E) condannava altresi’ (OMISSIS) al pagamento in favore della parte ricorrente della somma di Euro 18.588,48; C) rigettava le domande riconvenzionali; D) condannava il (OMISSIS) al pagamento delle spese di Lire; E) condannava il (OMISSIS) al pagamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della parte ricorrente, ai sensi dell’articolo 96 c.p.c., comma 3.
Proposto appello principale da parte del (OMISSIS) ed appello incidentale subordinato da parte dell’Azienda, la Corte d’Appello di Napoli, con la decisione ora impugnata, pubblicata il 21 marzo 2013, ha accolto l’appello principale solo quanto alla statuizione di cui al superiore capo E) ed ha revocato la condanna del (OMISSIS) al pagamento della somma di Euro 1.000,00, ex articolo 96 c.p.c., comma 3; ha confermato nel resto l’impugnata sentenza, dichiarando assorbito l’appello incidentale condizionato; ha condannando l’appellante principale al pagamento delle spese del grado.
3.- Avverso questa sentenza (OMISSIS) propone ricorso affidato a cinque motivi.
Resiste con controricorso l’Azienda Ospedaliera (OMISSIS).
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Col primo motivo di ricorso si denuncia violazione degli articoli 1809 e 1353 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, perche’ la Corte d’Appello non avrebbe considerato che il contratto di comodato sarebbe stato condizionato, quanto al termine di scadenza, alla ristrutturazione dell’alloggio di servizio. Pertanto, ai sensi dell’articolo 1353 c.c., si sarebbe dovuto tenere conto del fatto che questa condizione non si era mai verificata. Ritenendo che invece il comodato sarebbe stato di durata quadriennale e che la ristrutturazione dell’alloggio avrebbe condizionato soltanto la scadenza anticipata, il giudice di merito avrebbe violato le norme anzidette.
1.1.- Il motivo attiene all’interpretazione del contratto di comodato e della Delib. n. 989 del 1979 del Consiglio di Amministrazione degli (OMISSIS). Esso e’ inammissibile per violazione dell’articolo 366 c.p.c., n. 6, in quanto non riporta il contenuto essenziale del primo dei due documenti e del secondo non indica il luogo del fascicolo di parte in cui sia reperibile. Peraltro, il giudice di merito ha utilizzato il passo della delibera riportato in ricorso soltanto a riscontro e ad integrazione delle clausole convenzionali della “scrittura privata in data 29.11.79, intercorsa tra il legale rappresentante p.t. degli Ospedali Riuniti per (OMISSIS) ed il (OMISSIS)”, che appunto e’ il contratto fatto oggetto di interpretazione.
Riguardo a quest’ultima, non risulta denunciata dal ricorrente ne’ la violazione delle norme di ermeneutica contrattuale di cui agli articoli 1362 c.c. e segg.., ne’ il vizio di motivazione: cio’, che da’ luogo ad un ulteriore profilo di inammissibilita’ della censura (cfr., tra le altre, Cass. n. 10554/10).
Peraltro, del tutto coerente con la portata delle clausole contrattuali riportate in sentenza risulta la motivazione resa dal giudice d’appello quanto alla predeterminazione della durata quadriennale del comodato, rispetto alla quale ha reputato – in linea con la lettera del contratto – che la ristrutturazione dell’alloggio del portiere non fosse stata affatto elevata ad evento condizionante, ma fosse prevista per bare “salva l’obbligazione del comodatario di restituire il bene oggetto del negozio anche prima del quadriennio qualora i lavori in questione fossero terminati in anticipo” (cosi’ a pag. 6 della sentenza).
In conclusione, il primo motivo di ricorso e’ inammissibile.
2.- Col secondo motivo si denuncia violazione degli articoli 1803 e 1810 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, perche’, essendo il comodato un contratto a titolo gratuito, l’Azienda non avrebbe potuto pretendere ed ottenere un’indennita’ per l’utilizzazione del bene.
Inoltre, in linea con quanto ritenuto dalla Corte d’Appello circa l’onere della forma scritta ad substantiam per i rapporti con la p.a., la stessa Corte avrebbe dovuto pretendere che l’accordo per il pagamento dell’indennita’ fosse stipulato e provato per iscritto.
Sarebbe illegittima la condanna al pagamento della somma di Euro 18.588,48 a titolo di indennita’, in ragione del fatto che la Corte di merito ha ritenuto insussistente il rapporto di locazione, e considerata la gratuita’ del comodato.
Ancora, la Corte di merito avrebbe dovuto ritenere che, in mancanza di richiesta di restituzione del bene alla scadenza quadriennale del comodato, questo si sarebbe trasformato in comodato sine die ai sensi dell’articolo 1810 c.c. e sarebbe stata illegittima la pretesa di pagamento di un’indennita’.
2,17 Il motivo e’ infondato sotto tutti profili ivi dedotti, dei quali taluni risultano anche logicamente e giuridicamente incompatibili con gli altri.
La somma in contestazione non e’ stata liquidata dai giudici di merito a titolo di obbligazione di pagamento per l’utilizzazione del bene, perche’ se cosi’ fosse, non si sarebbe trattato di comodato ma di locazione (dato che la distinzione tra i due contratti poggia fondamentalmente sul carattere di essenziale gratuita’ del comodato: cfr. Cass. n. 18660/13); e la Corte d’Appello, come si dira’ trattando del quarto motivo, ha giustamente escluso la sussistenza di un contratto di locazione, nel quale il (OMISSIS) rivestisse la qualita’ di conduttore.
La somma anzidetta e’ stata liquidata a suo carico, ed in favore dell’Azienza Ospedaliera, a titolo risarcitorio, quale indennita’ per l’occupazione sine titulo dell’immobile.
L’illegittimita’ dell’occupazione dell’immobile e’ conseguenza dell’interpretazione – di cui si e’ detto trattando del primo motivo – del(l’unico) contratto stipulato per iscritto tra le parti, come contratto di comodato con determinazione di termine, ai sensi dell’articolo 1809 c.c.. Sussisteva pertanto l’obbligazione del comodatario di restituire la cosa alla scadenza del termine convenuto (individuata dalla Corte d’Appello nella data del 31 gennaio 1984).
L’inutile scadenza del termine, senza la richiesta di restituzione da parte del comodante, non ha certo “trasformato” il rapporto in comodato senza determinazione di durata, ai sensi dell’articolo 1810 c.c., come pretenderebbe il ricorrente. Ed invero, essendo comodante una pubblica amministrazione, per modificare un comodato a termine in comodato senza determinazione di durata sarebbe stata necessaria la stipulazione di un nuovo contratto in forma scritta, alla stregua dei principi di cui si dira’ trattando del quarto motivo di ricorso.
Il secondo motivo va quindi rigettato.
3.- Col terzo motivo si denuncia violazione dell’articolo 2033 c.c. e del Decreto del Presidente della Giunta Regionale Campania n. 3490/00, per non avere i giudici di merito accolto la domanda di ripetizione di indebito avanzata dal (OMISSIS) nei confronti dell’Azienda, con riferimento alla somma complessiva di 29.342,90 versata al Comune di Napoli, per il tramite della (OMISSIS) s.p.a..
3.1.- Il motivo e’ manifestamente infondato.
Contrariamente a quanto si sostiene in ricorso, non rileva affatto che l’immobile rispetto al quale si assumono pagate somme indebite sia pervenuto nella titolarita’ dell’Azienda Ospedaliera. Soggetto passivo dell’azione di ripetizione di indebito, quale e’ quella esperita dall’odierno ricorrente, e’ soltanto il soggetto, persona fisica o giuridica, al quale siano state corrisposte le somme il cui pagamento si assume indebito. Nella specie, e’ lo stesso ricorrente a riconoscere di avere corrisposto la somma anzidetta alla (OMISSIS) s.p.a., che l’ha riscossa per conto del Comune di Napoli. Pertanto, solo nei confronti di questo soggetto l’azione avrebbe potuto essere esperita, alla stregua del principio di diritto, richiamato anche nella sentenza impugnata, per il quale “La ripetizione d’indebito oggettivo, che rappresenta un’azione di natura restitutoria e non risarcitoria, carattere personale, e’ circoscritta tra il “solvens” ed il destinatario del pagamento, sia che questi lo abbia incassato personalmente sia che l’incasso sia avvenuto mezzo di rappresentante” (cosi’ Cass. n. 7871/11; cfr., di recente, Cass. n. 10856/15).
Il terzo motivo va percio’ rigettato.
4.- Col quarto motivo si denuncia la violazione dell’articolo 1571 c.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, perche’ sarebbe incorsa in errore di diritto la Corte di merito nel ritenere necessaria la forma scritta ad substantiam per la trasformazione del contratto di comodato in locazione, malgrado si trattasse di un bene del patrimonio disponibile del Comune e malgrado vi fosse gia’ un contratto stipulato per iscritto, quale era il comodato. Pertanto, si sarebbe avuto che la locazione sarebbe derivata dalla “interversione del titolo della detenzione qualificata dell’immobile da parte del (OMISSIS) stesso (da comodato in locazione) per fatto od atto del Comune” e comunque in base ad un atto scritto (cosi’ a pag. 11 del ricorso).
4.1.- Il motivo e’ infondato, alla stregua del principio formalistico che regola i contratti stipulati dalla pubblica amministrazione, nonche’ le loro modificazioni e rinnovazioni.
Non rileva, in senso contrario, che si tratti di contratti aventi ad oggetto beni del patrimonio disponibile del Comune (cfr., tra le tante, Cass. n. 8621/06, n. 209/07, n. 9549/10; Cass. S.N. n. 6827/10) ne’ che si tratti di modifiche di contratto gia’ stipulato per iscritto (cfr., tra le altre, Cass. n. 8539/11).
Neppure e’ pertinente la giurisprudenza richiamata in ricorso (Cass. S.U. n. 14865/06 e Cass. n. 24433/09), che attiene alla distinzione tra concessione e locazione, rilevante ai soli fini del riparto di giurisdizione, non certo della forma contrattuale.
In mancanza della forma scritta, non e’ configurabile un rapporto di locazione con un ente pubblico, come pure ritenuto dalla Corte d’Appello, e la detenzione dell’immobile da parte del privato che assuma infondatamente di esserne il conduttore va reputata sine titulo.
Peraltro, nella specie, il giudice di merito ha escluso non solo la sussistenza di un contratto scritto di locazione, ma anche la riferibilita’ al Comune di Napoli (dante causa dell’Azienda) di atti scritti contenenti pretese riconducibili ad un contratto di locazione, avendo anzi evidenziato come non fosse idonea allo scopo la nota del 31 luglio 1987 proveniente dall’assessore al patrimonio del Comune di Napoli e come nella missiva del 4 aprile 2006 la (OMISSIS) s.p.a., per conto del Comune, avesse contestatato al (OMISSIS) l’occupazione dell’immobile priva di titolo legittimante ed avesse richiesto, non un canone di locazione, ma un’indennita’ di occupazione a titolo risarcitorio.
Il quarto motivo va percio’ rigettato.
5.- Col quinto motivo si denuncia la violazione della L. n. 431 del 1998, articolo 2, comma 3, in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3, perche’ avrebbero errato i giudici di merito a determinare l’indennita’ di occupazione senza titolo tenendo conto della disciplina dettata dalla norma predetta, invece sarebbe applicabile unicamente per quantificare l’indennita’ di occupazione dovuta per le ipotesi di detenzione immobiliare divenuta illegittima dopo la scadenza del contratto di locazione, come da giurisprudenza richiamata in ricorso.
Pertanto, a detta del ricorrente, la domanda dell’Azienda non avrebbe potuto essere accolta, non avendo fornito alcun elemento di prova “alternativo, relativo al danno patrimoniale patito”.
5.1.- Il motivo e’ in parte infondato ed in parte inammissibile.
La permanenza nell’immobile dato in comodato, dopo la scadenza del termine ovvero dopo la richiesta di restituzione da parte del comodante, configura un inadempimento contrattuale del comodatario produttivo di danni risarcibili in favore del comodante (cosi’ Cass. n. 7539/03; cfr. anche Cass. n. 15995/08, citata nel controricorso). La determinazione di questi danni puo’ essere effettuata dal giudice di merito sulla base di indie:. presuntivi, quindi anche tenendo conto del valore locativo del bene occupato (cfr. Cass. n. 3223/11, n. 9137/13 ed altre).
Nella specie, e’ stato utilizzato come parametro non il valore locativo nel libero mercato bensi’ il canone c.d. concordato o concertato ai sensi della L. n. 431 del 1998, articolo 2, comma 3, sicche’ e’ evidente che la norma non e’ stata applicata in via diretta, ma soltanto come criterio di riferimento. Ne’ e’ stata applicata la norma dell’articolo 6, comma 6, della stessa legge (che ha introdotto un criterio di quantificazione predeterminato e forfettario del risarcimento del danno da occupazione illegittima degli immobili locati), cui e’ riferita la giurisprudenza richiamata in ricorso.
Quanto all’idoneita’, in concreto, del parametro di riferimento adoperato, scelto perche’ utilizzato dal Comune di Napoli per determinare i canoni di locazione dei propri immobili, la Corte di merito ha precisato che l’appellante non ha addotto elementi idonei a farne ritenere l’incongruita’. L’affermazione non e’ censurata, poiche’ col ricorso si contesta il parametro in astratto, e non in concreto.
Quindi, la prima censura va rigettata.
5.2.- La seconda censura e’ inammissibile perche’ prospetta la questione della mancanza di prova relativamente al danno patrimoniale patito dall’Azienda che non risulta posta in questi termini nel giudizio d’appello. Infatti, la Corte d’Appello riassume il quarto motivo di gravame come contestazione dell’applicabilita’ della L. n. 431 del 1998, articolo 2, comma 3, di cui si e’ appena detto.
Va fatta allora applicazione del principio per il quale nel giudizio di cassazione, e’ preclusa alle parti la prospettazione di nuove questioni che postulino indagini ed accertamenti di fatto non compiuti dal giudice del merito, perche’ allo stesso non sollecitati. Ove una determinata questione che implichi un accertamento di fatto non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimita’ ha l’onere di indicare in quale atto del giudizio di merito l’abbia dedotta, cosi’ da permettere alla S.C. di controllare ex actis la veridicita’ di tale asserzione, prima di ogni altro esame (Cass. n. 14590/05, n. 20518/08, n. 4787/12).
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Avuto riguardo al fatto che il ricorso e’ stato notificato dopo il 31 gennaio 2013, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida, in favore della resistente, nell’importo complessivo di Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo d titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.