Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 6 novembre 2002, n. 15543

Dall’art. 1808 c. c. si desume che, se per potere utilizzare la cosa, il comodatario deve affrontare spese, egli può scegliere di affrontarle o no, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non ha il diritto di pretenderne il rimborso neppure se si tratta di spese di manutenzione straordinaria.

 

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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 6 novembre 2002, n. 15543

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Origgi Roberto conveniva innanzi al tribunale di Milano la madre, Melandri Rosa, e Carbone Leopoldo; assumendo che la prima si era spogliata dell’intero suo patrimonio immobiliare, costituito da un negozio in Milano e dai soprastanti locali di abitazione, alienandolo al secondo – con scrittura privata e rogito notarile – per il prezzo di lire 102.000.000, notevolmente inferiore a quello di mercato, che non era stato neppure pagato, ed aveva per questo modo deliberatamente pregiudicato con la consapevolezza dell’acquirente le ragioni di credito che nascevano – tra l’altro dall’essersi appropriata di somme e canoni locativi appartenenti ad esso ricorrente (lire 30.000.000 ottenute dalla vendita di BOT depositate su conto corrente cointestato a lui ed alla Melandri e prelevate da questa ultima; canoni pertinenti a box), chiedeva che venisse dichiarata l’inefficacia nei suoi confronti a norma dell’art. 2901 c. c. della scrittura privata e del rogito notarile.

Nella resistenza dei convenuti il Tribunale rigettava la domanda; l’Origgi proponeva gravame, che la Corte di appello di Milano rigettava con sentenza resa il 4.11.1998, osservando quanto ai BOT che non era stato dimostrato che i fondi impiegati per acquistarli fossero dell’Origgi, mentre costui in sede di interrogatorio formale aveva ammesso di avere prelevato somme dal conto, comune a lui ed alla Melandri, nel quale era confluito il danaro ottenuto dalla loro vendita, e quanto ai canoni locativi che erano stati impiegati dalla Melandri per fare fronte alle spese di condominio relative ai locali dell’Origgi che essa abitava a titolo di comodato.

Per la cassazione di tale sentenza l’Origgi ha proposto ricorso, affidandone l’accoglimento a due motivi illustrati con memoria; la Melandri si è costituita mediante controricorso e ha pienamente aderito al ricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2134 c. c., 228 ss. c. p.c., nonché vizi di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c. p.c.); deduce che la corte di merito ha riconosciuto efficacia confessoria alla dichiarazione di avere prelevato somme da conto intestato anche alla Melandri, che egli ha reso in sede di interrogatorio formale, ma non ha considerato che ha aggiunto alla dichiarazione di avere restituito le somme prelevate, di tal che risulta violato il principio dell’inscindibilità della confessione posto dall’art. 2734 c. c. .

Il motivo è fondato.

La giurisprudenza di questa Corte distingue l’ipotesi della confessione complessa da quella della confessione qualificata: ravvisa la prima ipotesi allorché alla confessione si accompagna la dichiarazione di altri fatti tendenti ad infirmare l’efficacia del fatto confessato ovvero a modificarne o ad estinguerne gli effetti ed, in altri termini, di fatti che in relazione alla regola di ripartizione dell’onere della prova concretano eccezione, di modo che non qualsiasi dichiarazione aggiunta vale a conferire alla confessione carattere complesso, ma solo quella avente ad oggetto fatti idonei a concretare eccezione; ravvisa la seconda ipotesi allorché i fatti dichiarati sono così strettamente collegati che gli uni appaiono la necessaria conseguenza degli altri (Cass. 16.11.1987 n. 9339).

In entrambe le ipotesi applica il principio dell’indivisibilità della confessione posto dall’art. 2734 c. c. : se la controparte non ne contesta la veridicità, la dichiarazione aggiunta ha la medesima efficacia probatoria della dichiarazione “stricta sensu” confessoria, sicché l’intera dichiarazione vale come piena priva senza distinzione tra la parte “contra se” e quella “pro se”; nell’ipotesi inversa il confitente ha l’onere di provare i fatti che formano oggetto della dichiarazione aggiunta e, se non li prova, l’efficacia probatoria dell’intera dichiarazione – anche di quella strettamente confessoria – è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice (Cass. 27.11.2000 n. 12803; Cass. 16.7.1982 n. 4186).

Da tali principi si è discostata la sentenza impugnata, la quale si è limitata a riconoscere efficacia confessoria alle dichiarazioni “contra se” rese dall’Origgi, senza verificare se le dichiarazioni “pro se”, che alle prime si sono accompagnate, valessero a concretare l’ipotesi di confessione complessa e, in caso affermativo, se fossero o meno contestate, collegandovi le conseguenze sopra indicate.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1803 ss. c. c., nonché vizi di motivazione (art. 360, nn. 3 e 5, c. p.c.), sostenendo che dalle risultanze processuali non emerge la prova che i canoni locativi del box siano i stati impiegati dalla Melandri per pagare le spese condominiali relative all’immobile da lei abitato a titolo di comodato, ma, quand’anche tale prova fosse emersa, la corte di merito avrebbe dovuto ritenere egualmente la sussistenza del credito di esso ricorrente, rientrando le spese condominiali fra quelle necessarie per l’uso della cosa comodata e come tali non rimborsabili a norma dell’art. 1808 c. c. .

Pure questo motivo è fondato.

Dall’art. 1808 c. c. si desume che, se per potere utilizzare la cosa, il comodatario deve affrontare spese, egli può scegliere di affrontarle o no, ma, se decide di affrontarle, lo fa nel suo esclusivo interesse e non ha il diritto di pretenderne il rimborso neppure se si tratta di spese di manutenzione straordinaria.

Le spese di condominio rientrano fra quelle necessarie per potere abitare un appartamento e vanno sopportate dal comodatario, il quale non può, pertanto, né pretenderne il rimborso dal comodante né pagarne l’importo con somme dello stesso, di cui si trovi in possesso ad altro titolo.

Sicché la Corte di merito ha ritenuto erroneamente che la Melandri potesse pagare le dette spese con i canoni locativi relativi al box percepiti nell’interesse del comodante.

In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio per nuovo esame sulla base di principi di cui sopra e pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione ad altra sezione della Corte di appello di Milano.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di appello di Milano.

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Avv. Umberto Davide

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