Per la configurabilità di atti di concorrenza sleale contrari ai principi della correttezza professionale, commessi per mezzo dello storno di dipendenti e/o collaboratori, è necessario che l’attività distrattiva delle risorse di personale dell’imprenditore sia stata posta in essere dal concorrente con modalità tali da non potersi giustificare, in rapporto ai principi di correttezza professionale, se non supponendo nell’autore l’intento di recare pregiudizio all’organizzazione ed alla struttura produttiva del concorrente, disgregando in modo traumatico l’efficienza dell’organizzazione aziendale del competitore e procurandosi un vantaggio competitivo indebito; a tal fine assumono rilievo innanzitutto le modalità del passaggio dei dipendenti e collaboratori dall’una all’altra impresa, che non può che essere diretto, ancorché eventualmente dissimulato, per potersi configurare un’attività di storno, la quantità e la qualità del personale stornato, la sua posizione nell’ambito dell’organigramma dell’impresa concorrente, le difficoltà ricollegabili alla sua sostituzione e i metodi adottati per indurre i dipendenti e/o collaboratori a passare all’impresa concorrente. Lo storno dei dipendenti di impresa concorrente costituisce atto di concorrenza sleale allorché sia perseguito il risultato di crearsi un vantaggio competitivo a danno di quest’ultima tramite una strategia diretta ad acquisire uno staff costituito da soggetti pratici del medesimo sistema di lavoro entro una zona determinata, svuotando l’organizzazione concorrente di sue specifiche possibilità operative mediante sottrazione del “modus operandi” dei propri dipendenti, delle conoscenze burocratiche e di mercato da essi acquisite, nonché dell’immagine in sé di operatori di un certo settore. Ne consegue che, al fine di individuare tale “animus nocendi”, consistente nella descritta volontà di appropriarsi, attraverso un gruppo di dipendenti, del metodo di lavoro e dell’ambito operativo dell’impresa concorrente, nessun rilievo assume l’attività di convincimento svolta dalla parte stornante per indurre alla trasmigrazione il personale di quella.

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Corte d’Appello|Venezia|Civile|Sentenza|7 febbraio 2023| n. 290

Data udienza 21 gennaio 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI VENEZIA

SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA

Composta dai Signori Magistrati

Dott. Domenico TAGLIALATELA – Presidente

Dott. Caterina PASSARELLI – Consigliere

Dott. Lisa MICOCHERO – Consigliere est.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Nella CAUSA CIVILE in grado di appello iscritta al n. 1775 del Ruolo Generale dell’anno 2021

TRA

(…) SRL, (C.F. (…)) e (…), (C.F. (…) ),

rappresentati e difesi dall’Avv.to ME.AN. e dall’Avv.to FE.SE. ((…)) Indirizzo Telematico; FA.ST. ((…)) Indirizzo Telematico; OSTUNI S. ((…)) Indirizzo Telematico; e con domicilio eletto in VIA (…) 30175 VENEZIA MESTRE

PARTI APPELLANTI

CONTRO

(…) SRL, (C.F. (…) ),

rappresentata e difesa dall’Avv.to SO.DA. e dall’Avv.to SA.BA. ((…)) GALLERIA (…) 35137 PADOVA; con domicilio eletto in GALLERIA (…) 35100 PADOVA

(…), (C.F. (…) ),

rappresentata e difesa dall’Avv.to JO.AN. con domicilio eletto in VIA (…) 35100 PADOVA

PARTI APPELLATE

Oggetto: appello avverso la sentenza n. 1673/2021 del Tribunale di Venezia, sezione specializzata in materia di impresa

FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione regolarmente notificato, (…) S.r.l., società operante nel settore della produzione di forni industriali, adiva il Tribunale di Venezia, sezione specializzata in materia d’impresa, esponendo che (…), già amministratore della società esponente, carica da cui si era dimesso in data 20.5.2013, aveva costituito nel marzo del 2013 (…) S.r.l., società operante nel medesimo settore di (…) S.r.l., assieme a (…), già progettista senior di (…) S.r.l. e (…), ex responsabile della produzione e degli acquisti della medesima società; che il (…) aveva stornato alcuni dipendenti di (…) S.r.l., si era rivolto agli stessi fornitori ed aveva sviato la clientela, in particolare dell’est (…), offrendo i medesimi prodotti a prezzi inferiori ed aveva sottratto il know how dell’azienda per la produzione di forni aventi le medesime caratteristiche tecniche di quelli prodotti da (…).

Ciò premesso, evocava in giudizio (…) e (…) S.r.l. per sentir accertare e dichiarare la responsabilità dei convenuti per aver utilizzato e rilevato a terzi informazioni segrete di carattere tecnico-industriale ottenute da (…) S.r.l. in violazione dell’art. 99 CPI; per la violazione del diritto d’autore di cui all’art. 12 e seguenti della L. n. 633 del 1941 mediante acquisizione dei disegni tecnici di (…) S.r.l., in particolare il libretto di istruzioni; per aver compiuto atti di concorrenza sleale in danno alla società (…) S.r.l. in violazione dell’art. 2598 n. 1, 2, e 3 c.c., con richiesta di ordine di ritiro del materiale utilizzato per compiere i sopramenzionati illeciti, di pubblicazione della sentenza, con fissazione di una sanzione pecuniaria pe ogni violazione ulteriore commessa e di condanna al risarcimento del danno ex art. 125 CPI, svolgendo in subordine domanda ex art. 2041 c.c.. S. poi azione di responsabilità nei confronti del (…) ex art. 2476 c.c. chiedendo la condanna alla restituzione dei compensi percepiti per il proprio mandato di amministratore e a titolo di corrispettivo per il patto di non concorrenza che aveva violato. Chiedeva infine che venisse disposta inibitoria ai sensi dell’art. 98 e 99 CPI in ordine all’attività suddette.

Si costituivano i convenuti chiedendo il rigetto delle domande attoree, precisando che (…) S.r.l. per i primi mesi era rimasta inoperativa e comunque la sua attività era lecita; il (…) precisava di aver lasciato la (…) S.r.l. a causa dei comportamenti ostruzionistici dell’altra amministratrice, (…), che chiedeva di chiamare in causa al fine di far valere nei suoi confronti la responsabilità in solido ai sensi dell’art. 2476 c.c.. Il giudice autorizzava la chiamata in causa di (…) che si costituiva regolarmente chiedendo il rigetto della domanda svolta nei suoi confronti.

Con sentenza non definitiva n. 1673/21 il Tribunale accertava e dichiarava la violazione da parte del convenuto (…) del patto di non concorrenza stipulato con (…) S.r.l. e lo condannava alla restituzione in favore dell’attrice dell’importo di 19.200,00 Euro, oltre interessi; accertava altresì la concorrenza sleale di (…) S.r.l. di cui all’art. 2598 n. 3) c.c. posta in essere ai danni di (…) S.r.l., mediante sviamento di clientela e, per l’effetto, inibiva ai convenuti di intrattenere per un anno qualsivoglia rapporto commerciale con le società (…), prevedendo una penale di 3.000,00 Euro per ogni violazione successiva; rigettava la domanda di concorrenza sleale ex art. 2598 n. 3 c.c. per storno di dipendenti. Riteneva il collegio, con riguardo al dedotto inadempimento dei doveri di amministratore e di violazione del patto di non concorrenza da parte del (…), che risultasse provato il compimento da parte di questi di attività prodromiche all’inizio dell’attività produttiva di (…) S.r.l., con il coinvolgimento di altri due dipendenti di (…) S.r.l., mediante: 1) contatti con (…) S.r.l. che si era occupata anche della fase di progettazione e realizzazione di campionature per (…) S.r.l.; 2) l’incarico a (…), che aveva operato anche per (…) S.r.l., di realizzare una brochure dei prodotti (…) S.r.l.; 3) l’attiva partecipazione alla individuazione di un sito produttivo; 4) la commercializzazione da parte del (…) di prodotti (…) mentre era ancora amministratore di (…) e, comunque, prima della scadenza del patto di non concorrenza. A tal riguardo evidenziava il comportamento tenuto con la (…), con il cliente (…), distributore dei forni (…) in R., e di (…). Egli avrebbe poi partecipato a fiere del settore nell’ottobre del 2013 e nell’aprile del 2014 ove aveva avvicinato clienti e distributori di (…) S.r.l. e mostrato i prodotti (…). Con riguardo alla concorrenza sleale per sviamento della clientela, osservava che era emerso dalle testimonianze e dai documenti dimessi che (…) si avvaleva della conoscenza dei prezzi e della scontistica applicati da (…) S.r.l. per proporre condizioni più vantaggiose e cercare di sviare la clientela, in particolare con (…), (…) BV, (…), riuscendo a portare a (…) i seguenti clienti di (…) S.r.l.: (…) S.a.s., (…), (…), (…) e (…). Riteneva il collegio che il numero esiguo di clienti non era elemento rilevante al fine di configurare l’attività illecita di sviamento della clientela, dovendosi aver riguardo anche ai fatturati dei clienti sviati. Escludeva inoltre che vi fosse stato storno di dipendenti e rigettava la domanda di regresso svolta nei confronti di (…).

Avverso detta sentenza proponevano appello avanti a questa (…) S.r.l. e (…), censurando la decisione del Tribunale sotto vari profili.

1) Con il primo motivo contestavano che potesse essere disposta la misura dell’inibitoria mancando nella fattispecie in questione il presupposto statuito dalla norma, ovvero la permanenza dell’illecito accertato o, se cessato, la sussistenza in concreto del rischio della sua ripetizione.

Essendo nel caso di specie decorso un notevole lasso di tempo dai presunti atti di sviamento, avvenuti nel 2014, l’illecito doveva considerarsi esaurito ed il fatto che (…) S.r.l. potesse intrattenere rapporti commerciali con clienti di (…) S.r.l. non poteva che essere frutto degli ordinari fisiologici meccanismi di concorrenza.

2) Con il secondo motivo contestava l’avvenuto accertamento del compimento di attività di concorrenza sleale per sviamento di clientela.

Rilevava che per la sussistenza dell’illecito in questione era necessario uno sviamento di clientela sistematico, mentre, nel caso di specie era stato acquisito un numero ben limitato di clienti, appena 5 su circa 95. Affermava che non vi era prova che (…) S.r.l. e il (…) avessero proposto in vendita i propri prodotti a prezzi più vantaggiosi, non avendo mai (…) S.r.l. prodotto in giudizio documentazione attestante i prezzi e la scontistica applicata ai vari clienti. Precisava che gli episodi citati dal Tribunale, che trovavano fondamento nella testimonianza del teste (…), si riferivano a clienti con cui (…) S.r.l. non aveva avuto rapporti commerciali che erano poi rimasti clienti di (…) S.r.l. e, in ogni caso, il documento asseritamente contenente il raffronto dei prezzi tra le due società (doc. 40) era stato predisposto non dal (…), ma da (…) della società (…); in tal senso precisava che comunque, come si evinceva dalla documentazione dimessa, i prezzi operati da (…) S.r.l. erano più alti di quelli praticati da (…) S.r.l.. Con riguardo ai contatti avuti con la società (…), osservava che l’unica prova era costituita dalla testimonianza del teste (…) che riportava affermazioni riferite de relato dal testimone (…), non supportate dalla documentazione fotografica della fiera tenutasi a Singapore. Anche negli asseriti contatti con (…), le tabelle comparative tra le due società erano state predisposte dallo stesso compratore per ottenere della scontistica da (…) S.r.l., come confermato dal testimone (…), e comunque non era stata tenuta in debita considerazione la documentazione che attestava che il cambiamento di fornitore era dovuti ai vizi riscontrati nei forni. Inoltre molti dei clienti menzionati dal primo giudice non erano passati a (…) S.r.l., avendo semplicemente cambiato fornitore. Con riguardo ai cinque clienti passati da (…) S.r.l. a (…) S.r.l., osservava che non vi era alcun collegamento causale tra l’interruzione dei rapporti con (…) S.r.l. e la successiva scelta come fornitore di (…) S.r.l., essendo quest’ultima, come si evinceva dalle deposizioni assunte dei legali rappresentanti delle società e dalla documentazione dimessa, dovuta alla presenza di vizi nella merce venduta da (…) S.r.l., non essendo in tal senso attendibili le deposizioni rese dai suoi dipendenti. Osservava che fosse significativo che solo nel 2012, a causa dei numerosi resi e lamentele sulla qualità dei forni, fosse stato istituito un reparto tecnico adibito alla ricerca e allo sviluppo all’interno della (…) S.r.l..

3) Il terzo motivo di gravame verteva sulla erroneità della sentenza ove aveva accertato la responsabilità del (…) per violazione del patto di non concorrenza. Osservava che la pagina web di (…) S.p.a. esistente nel maggio del 2013 era solo una pagina di prova. Contestava inoltre che il (…) avesse intrattenuto rapporti diretti con (…) S.r.l., come si poteva evincere dalla deposizione del testimone (…), amministratore della società. Con riguardo ai contatti avuti con altre società rilevava, in relazione a Trade Designer, che la testimonianza resa dal legale rappresentante della società, che affermava che i rapporti con (…) S.r.l. erano iniziati solo nel 2015, era sicuramente più attendibile di quella resa dalla responsabile per il settore estero di (…) S.r.l., non avendo in tal senso valore di conferma la mail di data 28.5.2013 spedita dal (…). Anche con riguardo al cliente (…) affermava che l’unica fattura emessa risaliva al luglio del 2015, precisando che la mail valorizzata dal tribunale (doc. 53) non dimostrava alcun coinvolgimento del (…) nella vicenda. Contestava la sussistenza di elementi probatori che provassero contatti con il (…) di (…). Affermava non esservi evidenze in ordine alla partecipazione del (…) nella ricerca della sede e nelle attività prodromiche alla creazione di (…) S.r.l. o nello svolgimento di attività di ricerca di clienti alla fiere cui aveva partecipato in altra veste.

4) Come ulteriore motivo di nullità parziale della sentenza osservavano che il collegio aveva rimesso in istruttoria la causa per dar seguito ad attività istruttorie presupponenti una previa delibazione sulla domanda di violazione di informazioni riservate di (…);

5) Con ulteriore motivo di gravame si dolevano del mancato accoglimento della domanda di manleva formulata dal (…) nei confronti di (…). Osservava al riguardo che il (…) operava sotto la vigilanza e il controllo della presidente del CDA e che la stessa avrebbe dovuto vigilare sul suo operato rilevando tempestivamente ogni comportamento tenuto in violazione dei propri doveri di amministratore. Considerava inoltre la natura contrattuale della responsabilità solidale da amministratori, rilevando che doveva comunque essere la (…) a provare di aver tenuto un comportamento esente da colpa. Contestava poi la sussistenza dei presupposti per la condanna disposta a suo carico ex art. 96 III comma c.p.c..

L’appellata si costituiva chiedendo il rigetto del gravame. In via incidentale proponeva appello avverso la decisione del giudice di: 1) condannare il (…) alla restituzione degli importi ricevuti a titolo di corrispettivo per il patto di non concorrenza solo per l’ultimo anno; 2) non accogliere la domanda di restituzione degli importi ricevuti nell’ultimo anno a titolo di compenso come amministratore; 3) non accogliere la domanda di accertamento di un comportamento di concorrenza sleale per storno di dipendenti e rigettato la richiesta di esibizione delle fatture di vendita, degli ordini e delle conferme d’ordine di (…) S.r.l..

La Corte, fissata udienza di precisazione delle conclusioni, si riservava la decisione concedendo i termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e repliche all’esito dei termini di cui all’art. 190 c.p.c..

L’appello proposto va parzialmente accolto per quanto di ragione.

Seguendo l’ordine di trattazione delle domande svolte dal giudice di primo grado, va innanzi tutto confermata la violazione dell’obbligo di non concorrenza assunto dal (…) nei confronti di (…) S.r.l. per la durata di anno dall’epoca delle proprie dimissioni, avvenute nel maggio del 2013. A questi infatti era stato riconosciuto, oltre al compenso per la sua attività di amministratore, un’ulteriore somma quale corrispettivo per l’obbligo di non concorrenza per l’annualità successiva alla scadenza della carica.

Va infatti evidenziato che vi sono elementi di fatto, oggetto di puntale prova nel corso del processo di primo grado, per affermare che l’ex amministratore di (…) S.n.c. abbia svolto, quale socio di (…) S.r.l., attività di concorrenza nello stesso ambito operativo di (…) S.r.l..

Il primo elemento è sicuramente costituito dalla stessa creazione della società (…) S.r.l., operante nel medesimo settore di (…) S.r.l., avendo medesimo oggetto sociale ovvero il commercio, specie all’estero, di forni industriali. (…) S.r.l. è stata costituita il 23.3.2013 e la compagine sociale era costituita da (…) S.r.l. e da (…) S.r.l., entrambe riconducibili allo stesso (…), a (…).

(…), ex responsabile di produzione della (…) S.r.l., a (…), già progettista di (…) S.r.l., ed a (…) e (…) entrambi ex dipendenti di (…) S.r.l., che avevano nel frattempo dato le proprie dimissioni. Già solo la creazione di una società operante nel medesimo settore, la cui compagine sociale rimandava a ex dipendenti di (…) S.r.l., costituiva una violazione del patto di non concorrenza, né può essere affermato che si trattasse di una società inattiva, come dichiarato dall’appellante. L’inizio dell’attività risulta infatti provato dal rinvenimento, operato da (…) ed oggetto di testimonianza, di una mail di data 6.5.2013 inviata al (…) in cui un tecnico dello (…) S.r.l. comunicava le caselle di posta elettronica e le relative password facilmente riferibili al (…), a questi e al (…) S.r.l. (in particolare la password “(…)” associata all’indirizzo (…)), andando queste caselle di posta elettronica a sostituire altre tre già preesistenti e non più operanti per motivi tecnici. (…) peraltro era la società che si occupava degli aspetti pubblicitari di (…) S.r.l. e risulta provato dalle relazioni investigative dimesse dalla (…) S.r.l. che detta società fu utilizzata per creare una brochure dei prodotti (…). Deve inoltre essere evidenziato a tali fini che era stato registrato fin dal gennaio 2013 il dominio “(…)” e a maggio del 2013 era esistente, come comprovato dalle testimonianze assunte, un sito web della (…) S.r.l., anche se provvisorio, verosimilmente poi oscurato a seguito della scoperta dell’esistenza di (…) S.r.l. da parte della (…) S.r.l..

Anche l’attività svolta dal (…) per l’avvio della produzione di (…) S.r.l., assieme al (…) e (…) risulta del pari provata.

(…) era la società che aveva utilizzato anche (…) in sede di progettazione e realizzazione dei campioni e sicuramente essa è stata utilizzata da (…) S.r.l. per creare i propri prototipi. Tale circostanza non è stata negata dal (…) che afferma che egli rimase tuttavia estraneo a detta attività. Il testimone (…), amministratore di (…), ha effettivamente affermato di avere avuto rapporti solo con (…) e (…), dimostrati anche da una bozza di contratto inviata da (…) a (…) e (…) per la progettazione di un forno (…) (doc. 24), che avevano all’epoca già lasciato (…) S.r.l., ma il (…) è stato visto, dopo l’orario di lavoro, il 15.5.2013, recarsi presso la (…) proprio con il (…), il che induce a ritenere che anche il (…) seguisse tale attività, seppur in maniera defilata, essendo egli all’epoca ancora amministratore di (…) S.r.l..

Risulta inoltre provato che questi assieme a (…) e (…), fu attivo anche nella ricerca del sito produttivo per (…) S.r.l., come risulta dai rapporti investigativi dimessi da (…) S.r.l., e su cui l’appellante non prende posizione.

Significativi sono inoltre i contatti con i clienti (…) e la presenza del (…) al alcune fiere di settore.

Con riguardo a (…), titolare del marchio (…), risulta provato che l’appellante fece una proposta commerciale alla società per conto di (…) S.r.l. mentre era ancora amministratore di (…) S.r.l.. L’appellante afferma che il Giudice avrebbe errato nel ritenere maggiormente attendibile la testimone (…), responsabile dell’export di (…) S.r.l., rispetto al testimone (…), legale rappresentante della società, oggetto estraneo alle parti che aveva affermato che la proposta era relativa a prodotti (…) e che la circostanza di aver utilizzato la mail privata da parte del (…) era dovuta ad un problema di ricezione delle mail aziendali.

Se è pur vero che, almeno in astratto, il testimone (…) si pone in una situazione di terzietà rispetto alle parti, a differenza della prima, deve tuttavia essere evidenziata, come correttamente compiuto dal primo giudice, la presenza di un documento che avvalora la versione della testimone (…), ovvero la mail del 28.5.2013, data in cui il (…) non era più amministratore di (…) S.r.l., da questi inviata a (…), con cui, in relazione alla proposta di aprile, si offre di modificare colori ed estetica dei forni, con ciò chiaramente facendo riferimento quindi ad una proposta di prodotti (…) e non di prodotti (…). Parte appellante, con riguardo ad essa, afferma che si tratti di un invio compiuto ingenuamente per mera curiosità, ma trattasi di affermazioni che dimostrano la fragilità della tesi difensiva dell’appellante.

Anche con riguardo al distributore di (…), (…), le deduzioni dell’appellante non colgono nel segno in quanto la testimone (…), dipendente (…) S.r.l., ha riportato quanto riferitole da (…), legale rappresentante di (…), ovvero che questi aveva richiesto nel 2013 la conferma che i forni importati da (…) erano prodotti in Italia, di aver interrotto i rapporti commerciali per non aver più ricevuto risposte e che nell’autunno del 2013 il (…) aveva offerto in vendita forni di (…) prodotti in Italia e che essi erano quindi stati inseriti nel catalogo del 2013. La deposizione riporta quanto appreso direttamente dalla testimone e trova conferma nelle mail prodotte di analogo contenuto (doc. 53).

Del pari sono provati i contatti avuti con il sig. (…), legale rappresentante di (…), dagli esiti delle indagini private compiute da (…) in cui il (…) è stato visto accompagnare il futuro cliente nella sede di (…) S.r.l..

Con riguardo alla partecipazione a tre fiere del settore (Host di Milano nel 2013, PIR a (…) nel 2013 e FHA di Singapore nell’aprile del 2014), la presenza del (…) non viene ritenuta significativa dall’appellante, perché asseritamente non avrebbe svolto attività presso gli stand (…) S.r.l., né avrebbe indossato il relativo tesserino identificativo e che comunque le persone che gli investigatori avrebbero visto parlare con il (…) non erano potenziali clienti. In realtà la sola circostanza che il (…) si trovasse presso lo stand (…) costantemente, per ben due giorni, parlando con diverse persone interessate al prodotto, dando addirittura la brochure o biglietti da visita di (…) S.r.l., come accertato dalle indagini investigative eseguite da (…) S.r.l. nelle fiera di Singapore e Milano, risulta costituire prova della violazione del patto di non concorrenza. Sulla fiera a (…) ha deposto al testimone (…), della cui credibilità non vi è motivo di dubitare, come sopra riferito, affermando che questi dava il catalogo (…) S.r.l. al cliente (…).

Sul punto va respinto anche il motivo di gravame incidentale svolto da (…) S.r.l. in punto condanna alla restituzione del corrispettivo relativo al patto di non concorrenza solo in relazione all’ultimo anno. La condanna va confermata essendo emerso con certezza l’inizio dell’attività concorrenziale solo dal gennaio del 2013 e, in ogni caso, non sono state evidenziate condotte illecite e non conformi ai doveri di corretta amministrazione diverse dalla violazione del patto di non concorrenza per cui non è stata ordinata la restituzione anche dei proventi ricevuti quale amministratore.

Va viceversa ritenuto inammissibile il gravame relativo alla domanda di violazione delle informazioni riservate di (…) da parte del (…), non avendo il Collegio pronunciato su detta domanda. Del pari inammissibili in questa sede le censure svolte sia in via principale che in via incidentale sull’attività istruttoria disposta dal Collegio.

Del pari va respinta la censura relativa alla domanda di manleva svolta nei confronti di (…), non essendo ravvisabile nei suoi confronti alcuna condotta colposa di omessa vigilanza nei confronti del (…). Come già enunciato la (…), appena appreso del ritrovamento nei bagni del 6.5.2013 della mail sopra menzionata, affrontò il (…) che si dimise poi il 10.5.2013 e non vi sono evidenze da cui possa affermarsi che la (…) potesse anche solo sospettare dell’attività concorrenziale che il (…) aveva iniziato a progettare dal gennaio del 2013.

Va respinta anche la doglianza relativa alla condanna ex art. 96 c.p.c. disposta dal Collegio, stante la evidente infondatezza e strumentalità della domanda svolta nei confronti della (…).

Deve viceversa essere accolto il motivo di gravame relativo alla sussistenza del comportamento di concorrenza sleale in capo a (…) S.r.l. per sviamento di clientela.

Va ricordato che, in tema di atti di concorrenza sleale, l’art. 2598 n. 3 c.c., costituisce una disposizione aperta che spetta al giudice riempire di contenuti, avuto riguardo alla naturale atipicità del mercato ed alla rottura della regola della correttezza commerciale, sì che in tale previsione rientrano tutte quelle condotte che, coerentemente con la suddetta ratio, ancorché non tipizzate, abbiano come effetto l’appropriazione illecita del risultato di mercato della impresa concorrente (Cass. n. 18034/22).

Con riguardo allo sviamento di clientela, che venga posto in essere utilizzando notizie sui rapporti con i clienti di altro imprenditore, acquisite nel corso di pregressa attività lavorativa svolta alle sue dipendenze, la configurabilità della concorrenza sleale, ai sensi dell’art. 2598 n. 3 c.c., deve essere riconosciuta ove quelle notizie, ancorché normalmente accessibili ai dipendenti, siano per loro natura riservate, in quanto non destinate ad essere divulgate al di fuori dell’azienda. Consiste quindi nello sfruttare informazioni riservate, contatti e rapporti creati durante l’appartenenza alla compagine societaria da parte di un ex dipendente per accaparrarsi i clienti del suo ex datore di lavoro, con evidenti danni procurato a quest’ultimo.

Quindi l’illecito sviamento di clientela è concetto estremamente vago e non tipizzato, dovendosi precisare che il tentativo di sviare la clientela di per sé rientra nel gioco della concorrenza, sicché per ritenere illecito lo sviamento occorre che esso sia provocato, direttamente o indirettamente, con un mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale (intesa come il complesso di regole desunte dalla coscienza collettiva imprenditoriale di una certa epoca, socialmente condivise dalla categoria). È, quindi, evidente che non sia sufficiente il tentativo di accaparrarsi la clientela del concorrente sul mercato nelle sue componenti oggettive e soggettive, ma è imprescindibile il ricorso a un mezzo illecito secondo lo statuto deontologico degli imprenditori.

Ora nel caso di specie, il primo giudice ha ritenuto provato la condotta contestata basandosi sulla circostanza che cinque clienti di (…) S.r.l., tra il 2013 e il 2014, abbiano iniziato a rifornirsi da (…) S.r.l.. I clienti sono (…) S.a.s., (…), (…), (…) ed (…) e risulta pacifico in atti che non avessero alcun rapporto tra di loro, se non la circostanza di essere clienti di (…) S.r.l..

Va tuttavia evidenziato che tutti questi clienti, sentiti nelle persone dei legali rappresentanti, hanno affermato di aver avuto, qualche anno prima del passaggio da (…) S.r.l. a (…) S.r.l., problemi di mal funzionamento dei forni acquistati per la presenza di vizi, come anche provato dalla documentazione dimessa. Questo elemento risulta particolarmente significativo per negare la sussistenza di un di un nesso eziologico, sicuro o comunque altamente probabile, tra la presentazione dei prodotti (…) a clienti (…) ed il loro passaggio alla ditta concorrente, potendo più verosimilmente trovare causa nella insoddisfazione per i prodotti (…), a causa dei vizi lamentati, e nella conseguente ricerca di un nuovo fornitore di prodotti di migliore qualità.

Scendendo nel particolare, quanto al cliente (…) S.a.s., che inizia ad acquistare da (…) S.r.l. nel gennaio del 2014, sentiti come testimoni (…) e (…), soci della società, questi hanno affermato di aver avuto rapporti tra il 2009 ed il 2013 con (…) S.r.l. e che i problemi relativi a vizi dei forni (…), segnalati da propri clienti, si fecero più importanti tra il 2011 ed il 2013, confermando i documenti dimessi relativi alla sostituzione di una partita di forni ad un cliente tedesco. Il Giudice di primo grado ha ritenuto che anche (…) ritenesse pretestuosi i vizi lamentati, ed abbia accettato la restituzione solo per la mancanza di solvibilità del cliente tedesco, ma va osservato che nel documento dimesso in realtà (…) assume una posizione di attesa affermando che le contestazioni saranno accettate solo dopo un sopralluogo per prendere visione dei difetti lamentati. Quanto poi alle testimonianze rese dai dipendenti (…), (…) e (…), secondo cui comunque i forni restituiti dal cliente tedesco sarebbero stati solo riportati nei magazzini di (…) a causa della insolvenza della società, poi fallita, e quindi rivenduti a (…), dopo la sostituzione con il frontalino della società, è circostanza rimasta del tutto sfornita di prova, mentre risulta confermata la restituzione dei forni a (…). Va infatti evidenziato che in termini di attendibilità, i legali rappresentati della società (…) risultano non avere alcun legale con le parti in causa, a differenza delle altre due testimoni, dipendenti di (…) S.r.l..

Va infatti ricordato che la valutazione sull’attendibilità del teste afferisce alla veridicità della deposizione che il giudice deve discrezionalmente valutare alla stregua di elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all’eventuale interesse ad un determinato esito della lite), con la precisazione che anche uno solo degli elementi di carattere soggettivo, se ritenuto di particolare rilevanza, può essere sufficiente a motivare una valutazione di inattendibilità (Cass. n. 21239/19 e Cass. n. 26547/21).

Quanto alla società (…), il testimone (…) ha affermato che il 60% del forni forniti nel periodo tra il 2010 ed il 2013 fosse difettoso e che (…) provvedeva a sostituire i pezzi di ricambio o l’intero forno, precisando di aver iniziato a rallentare i rapporti con (…) all’inizio del 2014 per poi rivolgersi prima a (…) e (…), che produce forni a gas, e quindi a (…). Il primo giudice rileva che in realtà (…) era stata dichiarata fallita già nel gennaio del 2014, ma tale incongruenza temporale non inficia l’attendibilità del testimone e, soprattutto, (…) S.r.l. non ha contestato la sussistenza dei vizi, confermata anche dal reclamo del 2012 dimesso in atti. La circostanza che poi il (…) abbia continuato a mantenere dei rapporti con (…) per forniture sporadiche di pochi pezzi anche nel 2015 e che abbia chiesto delle scontistiche facendo riferimento ai prodotti di (…), come riferito dalla testimone (…), non è circostanza che può inficiare quanto affermato dal legale rappresentate della società, anche in considerazione che la stessa teste ha riferito che il (…), pur contattato già nel 2013 da (…) s.r.l., aveva preferito inizialmente non affidarsi alla nuova società, ma continuare i rapporti con (…): è chiaro che ove questi avesse voluto tener conto solo dei prezzi avrebbe accettato fin dall’epoca l’offerta di (…) e risulta quindi verosimile che il motivo che invece ha spinto (…) a passare a (…) sia stata principalmente la qualità del prodotto.

Quanto a (…), il titolare, (…), ha dichiarato che nel periodo 2010-2012 aveva intrattenuto rapporti commerciali con (…) S.r.l., ma di aver ricevuto lamentele dai propri clienti per malfunzionamenti dei forni di cui al reclamo poi inviato a (…) il 19.9.2012: egli aveva quindi deciso nel 2013 dopo molte discussioni di cambiare fornitore, ritornando a T. e quindi di inserire nel 2015 tra i propri fornitori anche (…). La circostanza che in realtà vi sia una fattura relativa a questo cliente di (…) già nel 2014 è circostanza che non inficia il valore probatorio di detta testimonianza, soprattutto in relazione al motivo per cui il cliente ha interrotto i rapporti con (…), ovvero la presenza di difetti riscontrati nei prodotti.

In relazione a (…), va evidenziato che l’amministratore (…) ha dichiarato che i problemi tecnici nei prodotti (…) sono insorti nel 2011 e poi si sono manifestati sempre con maggior frequenza affermando di aver avuto varie discussioni sul punto con la ditta produttrice e affermando espressamente che i rapporti si erano risolti a causa dei problemi tecnici, non avendo rilevanza, anche in questo caso, quando siano iniziate le fornire di (…) S.r.l., se nel 2014 o, come affermato dal teste nel 2015. In tal senso, come già sopra precisato, la dichiarazione resa dal legale rappresentante e la sua attendibilità non sono messe in discussione da quanto affermato dalla teste (…), dipendente di (…), che afferma che l’interruzione dei rapporti non sarebbe stata originata dalla difettosità dei forni, ma dal diniego di (…) di garantire l’esclusiva, non trovando tale affermazione alcun riscontro oggettivo.

Con riguardo al cliente (…), il titolare (…), sentito come testimone, ha anch’egli dichiarato che di aver interrotto i rapporti con (…) S.r.l. a fine 2013 inizio 2014 in quanto nel 2013 i forni acquistati presentavano numerosi difetti. Di aver poi preso contatti con altri rivenditori e di aver quindi iniziato i rapporti commerciali con (…) S.r.l.. Detto testimone è stato ritenuto inattendibile dal giudice di primo grado per l’apparente contrasto con il contenuto della testimonianza resa dal (…), agente di (…) S.r.l., il quale ha affermato che per questo cliente erano stati predisposto due prodotti specifici, un forno elettrico e l’altro digitale, mentre il testimone ha escluso che questo fossero stati progettati sulla base delle sue esigenze, affermando trattarsi di forni in catalogo con il codice TB04. Tale divergenza tuttavia non involge il giudizio di attendibilità del testimone, che, giova ripeterlo, non aveva alcun interesse in causa essendo totalmente estraneo ad entrambe le parti, a differenza del B..

Quanto al cliente (…), questi in realtà non risulta essere diventato cliente di (…), contrariamente a quanto affermato dal (…), non essendovi fatture comprovanti acquisti da parte di detto cliente.

Quanto infine a (…), può del pari ritenersi che la decisione assunta di lasciare (…) S.r.l. e di acquistare forni (…) sia imputabile principalmente ai vizi riscontrati. Va infatti evidenziato che dalla documentazione dimessa, risultano compiuti sia reclami formali in data 19.2.2013 che lamentele in ordine a vizi dei forni che avevano indotto, come espressamente affermato, il cliente a cambiare fornitore, e ciò ancor prima della costituzione di (…) S.r.l.. Il Giudice di primo grado ha valorizzato la testimonianza resa dal testimone (…), agente di (…) in R., e di (…), dipendente di (…), cui sarebbe stata mostrata dal cliente una tabella comparativa dei prezzi tra (…) e (…), assieme ad altri competitor, salvo poi comunicare di aver scelto i forni (…). Tuttavia tali testimonianze non inficiano quanto emerge dalla documentazione, e, in ogni caso, trattasi di una tabella, verosimilmente predisposta dallo stesso cliente, in cui i prezzi di (…) S.r.l. risultano maggiori di quelli di (…) S.r.l., lasciata quindi verosimilmente a causa della cattiva qualità del prodotto.

Irrilevante deve poi ritenersi che il tasso di malfunzionamenti di (…), in quanto anche se di norma i vizi non hanno interessato più del 3% dei prodotti forniti, ciò non inficia quanto provato nel corso del giudizio, ovvero la presenza di vizi nelle forniture dei cinque clienti menzionati, che hanno fatto la scelta commerciale di rifornirsi presso (…) S.r.l..

Quindi contrariamente a quanto affermato dal primo Giudice, secondo un giudizio di elevata probabilità basata sulle prove costituite dalla deposizione dei testimoni e dalla documentazione dimessa, deve ritenersi che la preferenza accordata da questi clienti ai prodotti (…) sia stata determinata non tanto dalla illecita interferenza di (…), che abbia sottratto scientemente dei clienti di (…) proponendo un medesimo prodotto a condizioni più vantaggiose, ma nell’ambito della libera concorrenza, per aver offerto il proprio prodotto ritenuto dai clienti preferibile, stante l’esperienza negativa avuto con (…) per la qualità del prodotto.

A tal riguardo va ricordato che l’illiceità della condotta non dev’essere ricercata episodicamente, ma va desunta dalla qualificazione tendenziale dell’insieme della manovra posta in essere per danneggiare il concorrente, o per approfittare sistematicamente del suo avviamento sul mercato. Pertanto, mentre è contraria alle norme di correttezza imprenditoriale l’acquisizione sistematica, da parte di un ex dipendente che abbia intrapreso un’autonoma attività imprenditoriale, di clienti del precedente datore di lavoro, il cui avviamento costituisca, soprattutto nella fase iniziale, il terreno dell’attività elettiva della nuova impresa, più facilmente praticabile proprio in virtù delle conoscenze riservate precedentemente acquisite, deve ritenersi fisiologico il fatto che il nuovo imprenditore, nella sua opera di proposizione e promozione sul mercato della sua nuova attività, acquisisca o tenti di acquisire anche alcuni clienti già in rapporti con l’impresa alle cui dipendenze aveva prestato lavoro (Cass. n. 12681/07).

All’accoglimento del presente motivo di appello, consegue anche il venir meno dell’inibitoria disposta dal primo Giudice ai sensi dell’art. 91 e 92 CPI, presupponendo la commissione dell’illecito di concorrenza sleale. Il capo di sentenza che aveva disposto l’inibitoria era comunque già stata oggetto di sospensione da parte di questo collegio con ordinanza di data 4.11.21 per assenza di attualità del pericolo di ripresa o ripetizione della condotta di concorrenza sleale stante il notevole lasso di tempo intercorso.

Deve infine essere respinto anche l’appello incidentale di (…) S.r.l. in punto rigetto della domanda di accertamento della sussistenza di una condotta di concorrenza sleale per storno di dipendenti.

Va ricordato che i dipendenti passati da (…) S.r.l. a (…) S.r.l. sono (…), magazziniere, (…), responsabile dell’assemblaggio e (…), a cui, secondo la prospettazione dell’appellante incidentale andrebbero aggiunti anche (…) e (…), benché essi abbiano di fatto fondato (…) S.r.l. assieme al (…).

Per la configurabilità di atti di concorrenza sleale contrari ai principi della correttezza professionale, commessi per mezzo dello storno di dipendenti e/o collaboratori, è necessario che l’attività distrattiva delle risorse di personale dell’imprenditore sia stata posta in essere dal concorrente con modalità tali da non potersi giustificare, in rapporto ai principi di correttezza professionale, se non supponendo nell’autore l’intento di recare pregiudizio all’organizzazione ed alla struttura produttiva del concorrente, disgregando in modo traumatico l’efficienza dell’organizzazione aziendale del competitore e procurandosi un vantaggio competitivo indebito; a tal fine assumono rilievo innanzitutto le modalità del passaggio dei dipendenti e collaboratori dall’una all’altra impresa, che non può che essere diretto, ancorché eventualmente dissimulato, per potersi configurare un’attività di storno, la quantità e la qualità del personale stornato, la sua posizione nell’ambito dell’organigramma dell’impresa concorrente, le difficoltà ricollegabili alla sua sostituzione e i metodi adottati per indurre i dipendenti e/o collaboratori a passare all’impresa concorrente (Cass. n. 3865/20).

La giurisprudenza ha altresì precisato che lo storno dei dipendenti di impresa concorrente costituisce atto di concorrenza sleale allorché sia perseguito il risultato di crearsi un vantaggio competitivo a danno di quest’ultima tramite una strategia diretta ad acquisire uno staff costituito da soggetti pratici del medesimo sistema di lavoro entro una zona determinata, svuotando l’organizzazione concorrente di sue specifiche possibilità operative mediante sottrazione del “modus operandi” dei propri dipendenti, delle conoscenze burocratiche e di mercato da essi acquisite, nonché dell’immagine in sé di operatori di un certo settore.

Ne consegue che, al fine di individuare tale “animus nocendi”, consistente nella descritta volontà di appropriarsi, attraverso un gruppo di dipendenti, del metodo di lavoro e dell’ambito operativo dell’impresa concorrente, nessun rilievo assume l’attività di convincimento svolta dalla parte stornante per indurre alla trasmigrazione il personale di quella (Cass. n. 20228/13).

Ora nel caso di specie, in considerazione della qualità di soci fondatori di (…) S.r.l. di (…) e di (…), risulta di tutta evidenza che essi sono stati i soggetti attivi dell’attività di concorrenza sleale prospettata da (…) S.r.l. e quindi non possono essere ricompresi tra il personale asseritamente stornato. Per quanto riguarda gli altri dipendenti, sia il numero che la loro qualifica professionale sono tali da escludere che la loro semplice transizione in (…) S.r.l., anche ove avvenuta ad opera di quest’ultima, abbia dato luogo a un comportamento di concorrenza sleale.

Quanto infine all’appello incidentale avente ad oggetto il mancato accoglimento delle istanze di esibizione formulate da (…) nei confronti di (…), trattasi di doglianza che deve essere proposta aventi al giudice di primo grado, essendo la fase istruttoria del giudizio di primo grado ancora in corso.

Stante il parziale accoglimento dell’appello principale e la soccombenza dell’appellata incidentale, le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere per ½ compensate tra le suddette parti e, per il resto poste a carico dell’appellata. Le spese di lite di (…) vanno invece poste a carico solidale degli appellanti stante la loro soccombenza.

Dichiara altresì l’appellante incidentale (…) S.r.l. tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione ai sensi dell’art.13, co.1 quater, del Testo Unico Spese di Giustizia n.115/02, così come modificato dalla legge di stabilità del 2013, co. 1.

P.Q.M.

La Corte d’Appello di Venezia, sezione specializzata in materia d’impresa, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, definitivamente decidendo sull’appello proposto da (…) S.r.l. e (…) nei confronti di (…) e (…) S.r.l., nonché sull’appello incidentale proposto da quest’ultima, così decide:

– In parziale accoglimento dell’appello proposto, rigettato quello incidentale, in parziale riforma della sentenza non definitiva del Tribunale di Venezia – sezione specializzata in materia d’impresa – n. 1673/21, respinge la domanda di inibitoria ex art. 98 e 99 CPI e di accertamento della condotta di concorrenza sleale di cui all’art. 2598 numero 3 c.c. per sviamento di clientela svolta da (…) S.r.l., fermo il resto;

– Compensa per metà le spese di lite del grado tra (…) S.r.l. e gli appellanti e condanna la prima alla rifusione della restante quota in favore dei secondi, che liquida, per l’intero, in 9.991,00 Euro per compensi, oltre 1.600,00 Euro per esborsi, IVA, CPA e rimborso forfetario come per legge;

– Condanna gli appellanti in solido alla rifusione delle spese di lite del grado in favore di (…) che liquida in 8.000,00 Euro per compensi, oltre IVA, CPA e rimborso forfetario come per legge;

– Dichiara l’appellante incidentale (…) S.r.l. tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione ai sensi dell’art.13, co.1 quater, del Testo Unico Spese di Giustizia n.115/02, così come modificato dalla legge di stabilità del 2013, co. 1.

Così deciso in Venezia il 21 gennaio 2023.

Depositata in Cancelleria il 7 febbraio 2023.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.