la prova liberatoria di cui all’articolo 2054 c.c., nel caso di danni prodotti a persone o cose dalla circolazione di un veicolo, non deve essere necessariamente data in modo diretto, cioe’ dimostrando di avere tenuto un comportamento esente da colpa e perfettamente conforme alle regole del codice della strada, ma puo’ risultare anche dall’accertamento che il comportamento della vittima sia stato il fattore causale esclusivo dell’evento dannoso, comunque non evitabile da parte del conducente, attese le concrete circostanze della circolazione e la conseguente impossibilita’ di attuare una qualche idonea manovra di emergenza. Pertanto il pedone, il quale attraversi la strada di corsa sia pure sulle apposite strisce pedonali immettendosi nel flusso dei veicoli marcianti alla velocita’ imposta dalla legge, pone in essere un comportamento colposo che puo’ costituire causa esclusiva del suo investimento da parte di un veicolo, ove il conducente, sul quale grava la presunzione di responsabilita’ di cui alla prima parte dell’articolo 2054 c.c., dimostri che l’improvvisa ed imprevedibile comparsa del pedone sulla propria traiettoria di marcia ha reso inevitabile l’evento dannoso, tenuto conto della breve distanza di avvistamento, insufficiente per operare un’idonea manovra di emergenza

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Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Sentenza|8 ottobre 2019| n. 25027

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13271-2017 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), anche in nome e per conto – in qualita’ di erede – di (OMISSIS), tutti in proprio e nella qualita’ di eredi di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) LTD con Rappresentanza Generale per l’Italia, (OMISSIS) SPA, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS), (OMISSIS), ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 1170/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 21/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 08/03/2019 dal Consigliere Dott. MARIO CIGNA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MISTRI CORRADO che ha concluso per l’accoglimento del gravame p.q.r.;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

Con sentenza 2779/2011 il Tribunale di Roma rigetto’ la domanda proposta da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), in proprio e nella loro qualita’ di eredi di (OMISSIS) in (OMISSIS), nei confronti di (OMISSIS), (OMISSIS) e della compagnia assicuratrice (OMISSIS) SpA, diretta ad ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti a seguito della morte della loro congiunta (OMISSIS) in un sinistro avvenuto in data 31-10-2003, nel quale quest’ultima, mentre stava attraversando la (OMISSIS), era stata investita dall’autovettura condotta da (OMISSIS);

in particolare il Tribunale ritenne che il conducente dell’autovettura avesse superato la presunzione di responsabilita’ posta a suo carico dall’articolo 2054 c.c., comma 1, in quanto, per la condotta anomala ed imprevedibile del pedone (che aveva attraversato una strada extraurbana in un tratto vietato dalla presenza al centro della carreggiata di uno spartitraffico), si era trovato nell’oggettiva impossibilita’ di avvistarlo e comunque di osservarne tempestivamente i movimenti.

Con sentenza 1170/2017 del 21-2-2017 la Corte d’Appello di Roma ha rigettato l’appello proposto da (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), in proprio e nella loro qualita’ di eredi di (OMISSIS) in (OMISSIS), ed ha dichiarato assorbito quello incidentale con il quale l’Inail aveva richiesto, in caso di accertamento della responsabilita’ del (OMISSIS), il rimborso ex articolo 1916 c.c. delle somme erogate al coniuge superstite ex articolo 85 T.U.;

in particolare la Corte ha ribadito che nessuna responsabilita’ poteva essere ascritta al conducente del veicolo e che il comportamento anomalo del pedone era stata l’unica causa dell’evento; siffatto accertamento sulla condotta del pedone come causa esclusiva consentiva di superare la presunzione di responsabilita’ di cui all’articolo 2054 c.c., che, per ripetuta giurisprudenza della S.C., non doveva essere data necessariamente in modo diretto; nello specifico la Corte ha innanzitutto premesso che il Tribunale nella sua decisione si era basato non solo sugli, elementi emersi in sede penale (ove (OMISSIS) era stato assolto, sia in primo che in secondo grado, dal reato di omicidio colposo per insussistenza del fatto), ma anche sul verbale di P.S., sulle deposizioni dei testi escussi e sulla CTU tecnica;

cio’ posto, ha ribadito che non era stato dimostrato alcun comportamento disattento del guidatore, in quanto, benche’ l’investimento fosse avvenuto quando il pedone aveva quasi ultimato l’attraversamento del primo tratto di carreggiata, era stato il comportamento anomalo, imprevedibile e sconsiderato del pedone stesso, che aveva attraversato una strada a scorrimento veloce in ora notturna ove era vietato l’attraversamento pedonale, senza usare la massima prudenza e senza dare la precedenza al veicolo che sopraggiungeva, la causa esclusiva dell’evento; nello specifico, infatti, la delimitazione delle due carreggiate della strada a scorrimento veloce, realizzata attraverso uno spartitraffico con siepe anabbagliante, indicava inequivocabilmente l’invalicabilita’ di tale barriera da parte dei pedoni, mentre era stato accertato in base alle assunte testimonianze che (OMISSIS) “dopo essere scesa da un pulmino con altre connazionali ad una stazione di servizio posta in direzione (OMISSIS) intendeva raggiungere l’altro distributore, posto sull’opposto senso di marcia, dove l’attendeva il proprio datore di lavoro, ed era pertanto evidente che avrebbe dovuto superare quella barriera insuperabile”, e che “quando (OMISSIS) era quasi giunta allo spartitraffico si era fermata girandosi verso dietro ed in quel momento venne investita”; ne’ la velocita’ tenuta dal guidatore (km/h 77, invece dei 70 consentiti) poteva ritenersi causa dell’evento, in quanto il CTU aveva precisato che anche “se il (OMISSIS) avesse viaggiato alla velocita’ consentita, il sinistro si sarebbe ugualmente verificato e che solo se avesse viaggiato alla velocita’ di 50 Km/h avrebbe verosimilmente evitato l’evento.

Avverso detta sentenza (OMISSIS), (OMISSIS), anche in nome e per conto – in qualita’ di eredi – di (OMISSIS), tutti in proprio e nella loro qualita’ di eredi di (OMISSIS) in (OMISSIS), propongono ricorso per Cassazione, affidato a sette motivi ed illustrato anche da successiva memoria.

Resiste con controricorso la (OMISSIS) LTD.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo parte ricorrente, denunziando – ex articolo 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. in relazione agli articoli 2, 142 e 175 C.d.S., si duole che la Corte territoriale non abbia posto a fondamento della decisione, e non abbia valutato, le prove (che pure le erano state offerte) circa le caratteristiche della strada ove era accaduto l’incidente; in particolare lamenta che la Corte d’Appello abbia ritenuto che l’attraversamento si fosse verificato su strada ove lo stesso era assolutamente vietato per la presenza di una barriera antitraffico, quando invece si trattava di “strada a scorrimento veloce” (come qualificata dalla stessa Corte), sulla quale non vi era un generale divieto di attraversamento.

Con il secondo motivo parte ricorrente, denunziando – ex articolo 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’articolo 2054 c.c., comma 1 e articolo 2697 c.c., nonche’ degli articoli 115 e 116 c.p.c., in relazione agli arrt. 140 e 141 C.d.S. e con riferimento alla selezione delle prove ed alla valutazione delle stesse nella ricostruzione dei fatti, si duole che la Corte territoriale, nel ricostruire i fatti, abbia selezionato solo alcuni degli accadimenti emersi dall’espletata istruttoria, pretermettendone altri, ovvero svalutandone totalmente l’incidenza causale nella fattispecie concreta, nonche’ errando nell’applicare il regime probatorio di cui all’articolo 2054 c.c..

Con il terzo motivo parte ricorrente, denunziando – ex articolo 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, si duole che la Corte territoriale abbia omesso di esaminare la dinamica dell’attraversamento (con la scansione dei suoi momenti), l’accertato superamento dei limiti di velocita’ e l’ingiustificata (essendo libera la corsia di dx) circolazione del veicolo investitore sulla corsia di sorpasso.

Con il quarto motivo parte ricorrente, denunziando – ex articolo 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli articoli 190 e 191 C.d.S., sostiene che la Corte d’Appello abbia erroneamente presupposto che il pedone avesse attraversato senza prestare la dovuta attenzione e senza dare la precedenza al sopraggiungente veicolo e non abbia considerato che l’attraversamento pedonale era posto ad oltre cento metri di distanza e che l’immissione sulla carreggiata era iniziata da parte del pedone con la dovuta cautela e l’investimento era avvenuto quando l’attraversamento era gia’ quasi concluso.

Con il quinto motivo parte ricorrente, denunziando – ex articolo 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli articoli 2043 e 2054 c.c. nonche’ degli articoli 140 e 141 C.d.S. in relazione ai criteri della colpa e del nesso causale, si duole che la Corte, in ordine alla circostanza della velocita’ tenuta dal conducente (km/h 78 anziche’ quella consentita di Km/h 70), abbia richiamato la valutazione del consulente tecnico del P.M., secondo il quale il sinistro non si sarebbe verificato solo se il conducente avesse viaggiato a 55 Km/h, cosi’ “utilizzando i criteri penali, anziche’ quelli civili, di tali fattispecie”.

Con il sesto motivo parte ricorrente, denunziando – ex articolo 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione degli articoli 2043 e 2054 c.c. in relazione alle condizioni di avvistamento dei pedoni sulla carreggiata, si duole che la Corte abbia ritenuto il sinistro causato unicamente dalla condotta dei pedoni, senza considerare l’oggettiva visibilita’ degli ostacoli sulla carreggiata, cui e’ normalmente ricollegato il concetto di prevedibilita’ dell’evento.

Con il settimo motivo parte ricorrente, denunziando – ex articolo 360 c.p.c., n. 3 – violazione dell’articolo 91 c.p.c. e articolo 92 c.p.c., comma 2, si duole che la Corte territoriale l’abbia condannata al pagamento delle spese di lite, quando invece sussistevano gravi ed eccezionali ragioni (decesso della vittima, con conseguente danno di eccezionale gravita’) per disporne la compensazione.

I primi sei motivi, da valutare congiuntamente per la loro connessione, sono inammissibili.

Questa S.C. ha gia’ chiarito che, in materia di responsabilita’ civile da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, in caso di investimento di pedone la responsabilita’ del conducente e’ esclusa quando risulti provato che non vi era, da parte di quest’ultimo, alcuna possibilita’ di prevenire l’evento, situazione ricorrente allorche’ il pedone abbia tenuto una condotta imprevedibile ed anormale, sicche’ l’automobilista si sia trovato nell’oggettiva impossibilita’ di avvistarlo e comunque di osservarne tempestivamente i movimenti;

in particolare e’ stato osservato che “la prova liberatoria di cui all’articolo 2054 c.c., nel caso di danni prodotti a persone o cose dalla circolazione di un veicolo, non deve essere necessariamente data in modo diretto, cioe’ dimostrando di avere tenuto un comportamento esente da colpa e perfettamente conforme alle regole del codice della strada, ma puo’ risultare anche dall’accertamento che il comportamento della vittima sia stato il fattore causale esclusivo dell’evento dannoso, comunque non evitabile da parte del conducente, attese le concrete circostanze della circolazione e la conseguente impossibilita’ di attuare una qualche idonea manovra di emergenza. Pertanto il pedone, il quale attraversi la strada di corsa sia pure sulle apposite strisce pedonali immettendosi nel flusso dei veicoli marcianti alla velocita’ imposta dalla legge, pone in essere un comportamento colposo che puo’ costituire causa esclusiva del suo investimento da parte di un veicolo, ove il conducente, sul quale grava la presunzione di responsabilita’ di cui alla prima parte dell’articolo 2054 c.c., dimostri che l’improvvisa ed imprevedibile comparsa del pedone sulla propria traiettoria di marcia ha reso inevitabile l’evento dannoso, tenuto conto della breve distanza di avvistamento, insufficiente per operare un’idonea manovra di emergenza” (Cass. 14064/2010); v. anche Cass. 4551/2017.

La Corte territoriale, in corretta applicazione di siffatti principi, con accertamento in fatto, insindacabile in sede di legittimita’, ha ritenuto che il pedone, tenuto peraltro ad usare nell’attraversamento di una strada fuori dalle strisce pedonale la massima prudenza ed a concedere la precedenza ai veicoli, ha invece attraversato una strada a scorrimento veloce in ora notturna ove era vietato l’attraversamento pedonale, cosi’ ponendo in essere una condotta talmente imprevedibile e pericolosa da costituire colpa unica e sufficiente a causare l’evento; al riguardo, in particolare, poi, aderendo alle conclusioni del primo giudice, ha escluso ogni profilo di rilevanza causale del comportamento colposo del conducente la vettura, ribadendo nello specifico quanto affermato dal CTU, secondo cui anche se il (OMISSIS) avesse viaggiato alla velocita’ consentita il sinistro si sarebbe ugualmente verificato.

Le doglianze nel loro insieme, anche quelle formulate sub violazione di legge, tendono ad una diversa ricostruzione del fatto e ad una diversa valutazione degli elementi istruttori, e sono quindi (come detto) inammissibili in sede di legittimita’; al riguardo va solo precisato, con riferimento alla sollevata questione della sussistenza o meno del divieto assoluto di attraversamento sulla strada a scorrimento veloce in questione, che su quest’ultima le due carreggiate erano divise da uno spartitraffico con siepe antiabbagliante (circostanza pacifica e correttamente evidenziata dalla Corte territoriale), e che, proprio per la presenza di siffatto spartitraffico (che implica l’invalicabilita’ della barriera da parte dei pedoni), il conducente dell’autovettura, a prescindere dalla corsia percorsa (di destra o sinistra), non poteva aspettarsi in alcun modo l’attraversamento di pedoni, non potendo prevedere l’intenzione dei pedoni di superare la detta invalicabile barriera.

In particolare, poi, il vizio motivazionale e’ denunciato non secondo i paradigmi della nuova formulazione dell’articolo 360 c.p.c., n. 5, ratione temporis applicabile, che ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario (fatto da intendersi come un “preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni”), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.;

conf. Cass. S.U. 8053 e 8054 del 2014; v. anche Cass. 21152/2014 e Cass. 17761/2016, che ha precisato che per “fatto” deve intendersi non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex articolo 2697 c.c., (cioe’ un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioe’ un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purche’ controverso e decisivo (conf. Cass. 29883/2017); nel caso di specie il ricorrente non ha indicato alcun “fatto storico” (nel senso su precisato) omesso, ma si e’ limitato (inammissibilmente, per quanto detto) a ritenere non esaminata la dinamica dell’attraversamento, l’accertato superamento del limite di velocita’ e l’ingiustificata circolazione dell’autoveicolo sulla corsia di sorpasso, quando invece siffatte circostanze sono state prese in considerazione dalla Corte territoriale, sia pur per giungere a conclusioni non in linea con quelle della parte ricorrente.

Va, infine, precisato che, in tema di ricorso per cassazione, una questione di violazione o di falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. non puo’ porsi per una erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma, rispettivamente, solo allorche’ si alleghi (e non e’ il caso di specie) che quest’ultimo abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, o abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (conf. Cass. 2700/2016).

Ne’, infine, puo’ riscontrarsi nella specie una “motivazione apparente”.

Costituisce consolidato principio di questa Corte, invero, che la mancanza di motivazione, quale causa di nullita’ per mancanza di un requisito indispensabile della sentenza, si configura “nei casi di radicale carenza di essa, ovvero del suo estrinsecarsi in argomentazioni non idonee a rivelare la “ratio decidendi” (cosiddetta motivazione apparente), o fra di loro logicamente inconciliabili, o comunque perplesse od obiettivamente incomprensibili (Cass. sez unite 8053 e 8054/2014); nella specie la Corte ha espresso le ragioni della adottata decisione sulla base di un’approfondita disamina delle risultanze istruttorie, valutando le prove raccolte con argomentazioni logicamente conciliabili, non perplesse ed obiettivamente comprensibili.

Alla luce di tali considerazioni, pertanto, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio di legittimita’, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, poiche’ il ricorso e’ stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed e’ stato rigettato, si da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento, in favore di (OMISSIS) LTD, delle spese del presente giudizio di legittimita’, che si liquidano in Euro 5.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.