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l’articolo 1130 c.c., n. 4, che attribuisce all’amministratore del condominio il potere di compiere atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio deve interpretarsi estensivamente nel senso che. oltre agli atti conservativi necessari ad evitare pregiudizi a questa o a quella parte comune, l’amministratore ha il potere – dovere di compiere analoghi atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l’edificio condominiale unitariamente considerato. Pertanto rientra nel novero degli atti conservativi di cui al citato articolo 1130 c.c., n. 4 l’azione di cui all’articolo 1669 c.c. intesa a rimuovere i gravi difetti di costruzione, nel caso in cui questi riguardino l’intero edificio condominiale ed i singoli appartamenti, vertendosi in una ipotesi di causa comune di danno che abilita alternativamente l’amministratore del condominio ed i singoli condomini ad agire per il risarcimento, senza che possa farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti o parte di essi soltanto.

 

 

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Corte di Cassazione, Sezione 2 civile Sentenza 31 gennaio 2018, n. 2436
Integrale

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21012-2013 proposto da:

(OMISSIS), (E ALTRI OMISSIS)

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2178/2012 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 19/06/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/12/2017 dal Consigliere LORENZO ORILIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE Alberto, che ha concluso per l’inammissibilita’, rimessione alle S.U. assorbiti il 23 motivo del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore dei ricorrenti che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS), con delega depositata in udienza dell’Avvocato (OMISSIS), difensore del resistente che si riporta agli atti depositati.

RITENUTO IN FATTO

La Corte d’Appello di Milano, con sentenza 19.6.2012 ha dichiarato la nullita’ dell’appello proposto dai condomini e rigettato quello proposto dal Condominio (OMISSIS) contro la sentenza del Tribunale di Milano sez. dist. Rho (110/2008) che aveva, a sua volta, respinto la domanda di risarcimento danni per equivalente proposta con atto 20.6.2005 dall’uno e dagli altri contro (OMISSIS) srl per difetti costruttivi del fabbricato riguardanti la proprieta’ comune e individuale.

Per giungere a tale soluzione la Corte territoriale ha rilevato, per quanto ancora interessa in questa sede:

– che nel caso di specie, che l’appello dei condomini era nullo per mancata indicazione delle generalita’;

– che la scoperta dei vizi doveva farsi risalire ad una data antecedente o prossima al luglio 2001 perche’ il 17.7.2001 si svolse una assemblea straordinaria in cui si delibero’ di promuovere azione legale contro l’impresa costruttrice per i vizi riscontrati e che pertanto alla data della denunzia, coincidente con quella di notifica del ricorso per ATP (8.4.2004) i termini di cui all’articolo 1669 c.c. erano abbondantemente spirati;

– che l’impugnazione del Condominio doveva invece ritenersi infondata per difetto di legittimazione dell’amministratore ad agire a tutela dell’interesse personale dei singoli condomini che non siano parti del giudizio;

– che era infondata anche l’impugnazione in relazione ai danni alle parti comuni per intervenuta decadenza.

Contro tale decisione hanno proposto ricorso per cassazione sia il Condominio (in persona dell’amministratore) sia i singoli condomini (in epigrafe indicati) con tre motivi.

Resiste con controricorso illustrato da memoria la (OMISSIS) srl.

Con ordinanza interlocutoria depositata il 24.7.2017 il ricorso e’ stato avviato alla trattazione in pubblica udienza per la natura nomofilattica delle questioni poste.

Le parti hanno depositato memorie.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1 Preliminarmente, condividendosi la richiesta del Procuratore Generale, va dichiarata l’inammissibilita’ del ricorso per cassazione proposto dai singoli condomini, posto che nessuna censura viene mossa contro il capo della sentenza impugnata che ha dichiarato, tra l’altro, la nullita’ dell’appello da essi proposto e che quindi deve ritenersi ormai coperto dal giudicato.

Consegue la condanna in solido alle spese e al pagamento del doppio contributo unificato ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17.

2.1 Passando all’esame dei motivi di ricorso del Condominio, col primo di essi si denunzia violazione o falsa applicazione degli articoli 75 e 100 c.p.c. nonche’ articoli 1130 e 1169 c.c. criticandosi la sentenza impugnata per avere escluso la legittimazione dell’amministratore ad agire anche a tutela delle parti di proprieta’ esclusiva.

Il motivo e’ fondato.

Secondo la prevalente giurisprudenza di questa Corte, l’articolo 1130 c.c., n. 4, che attribuisce all’amministratore del condominio il potere di compiere atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio deve interpretarsi estensivamente nel senso che. oltre agli atti conservativi necessari ad evitare pregiudizi a questa o a quella parte comune, l’amministratore ha il potere – dovere di compiere analoghi atti per la salvaguardia dei diritti concernenti l’edificio condominiale unitariamente considerato. Pertanto rientra nel novero degli atti conservativi di cui al citato articolo 1130 c.c., n. 4 l’azione di cui all’articolo 1669 c.c. intesa a rimuovere i gravi difetti di costruzione, nel caso in cui questi riguardino l’intero edificio condominiale ed i singoli appartamenti, vertendosi in una ipotesi di causa comune di danno che abilita alternativamente l’amministratore del condominio ed i singoli condomini ad agire per il risarcimento, senza che possa farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti o parte di essi soltanto” (tra le varie, v. Cass. civ., Sez. Seconda, Sent. 23 marzo 1995, n. 3366 e Sent. 18 giugno 1996, n. 5613; Sez. 2, Sentenza n. 441 del 10/02/1968 Rv. 33145; piu’ di recente, v. sez. 2, Sentenza n. 8512 del 2015 non massimata; Sez. 2, Sentenza n. 25216 del 2017).

Analogo principio trovasi, a ben vedere, ribadito anche nella sentenza Sez. 2, n. 22656 del 08/11/2010 Rv. 615545 ove si riconosce la legittimazione dell’amministratore a promuovere azione di responsabilita’, ai sensi dell’articolo 1669 c.c. nei confronti del costruttore a tutela dell’edificio nella sua unitarieta’, in un contesto nel quale i pregiudizi derivano da vizi afferenti le parti comuni dell’immobile, ancorche’ interessanti di riflesso anche quelle costituenti proprieta’ esclusiva di condomini, ed a chiederne la relativa rimozione, eliminandone radicalmente le comuni cause o condannando il costruttore alle relative spese (cosi’ in motivazione).

A tale principio di diritto – a cui il Collegio intende dare continuita’ la Corte d’Appello non si e’ adeguata perche’ ha sbrigativamente negato la legittimazione dell’amministratore ad agire anche per i danni riguardanti gli appartamenti senza verificare preliminarmente, in relazione ai difetti lamentati, se l’azione mirasse alla tutela dell’edificio nella sua unitarieta’ in un contesto nel quale i pregiudizi derivavano da vizi afferenti le parti comuni dell’immobile, ancorche’ interessanti di riflesso anche quelle costituenti proprieta’ esclusiva di condomini.

La cassazione della sentenza e’ pertanto inevitabile, rendendosi necessario nuovo esame sul tema della legittimazione dell’amministratore.

2.2 Col secondo motivo il Condominio denunzia violazione dell’articolo 1669 c.c. dolendosi della pronuncia di decadenza dall’azione contro l’appaltatore, non potendosi considerare, come dies a quo, quello (Ndr: testo mancante) delibera assembleare di promovimento della lite (17.7.2001) perche’ tale atto – a dire del ricorrente – non integrava quella conoscenza piena e completa “paragonabile a quella acquisita dalla relazione peritale”. Doveva invece prendersi in considerazione, come dies a quo, la data del deposito della relazione peritale nel procedimento di accertamento tecnico preventivo promosso nell’aprile 2004.

2.3 Col terzo motivo il Condominio denunzia il vizio di omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (articolo 360 c.p.c., n. 5 nel testo previgente) rimproverando alla Corte di Appello, sempre con riferimento alla individuazione del dies a quo per la denunzia dei difetti, di avere ritenuto necessaria una conoscenza piena e completa della gravita’ dei vizi e del loro collegamento alla attivita’ progettuale e costruttive, per poi in concreto accontentarsi di una conoscenza espressamente incompleta dei vizi.

3 Anche tali motivi – ben suscettibili di esame unitario, per la loro connessione al tema della tempestivita’ dell’azione di garanzia contro l’appaltatore di cui all’articolo 1669 c.c. – sono fondati.

Per costante giurisprudenza di questa Corte in tema di garanzia per gravi difetti dell’opera ai sensi dell’articolo 1669 c.c., il termine per la relativa denunzia non inizia a decorrere finche’ il committente non abbia conoscenza sicura dei difetti, e tale consapevolezza non puo’ ritenersi raggiunta sino a quando non si sia manifestata la gravita’ dei difetti medesimi e non si sia acquisita, in ragione degli effettuati accertamenti tecnici, la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle sue cause, non essendo al riguardo sufficienti viceversa manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti (v. tra le varie, Sez. 2, Sentenza n. 4364 del 2015 non massimata; Sez. 2, Sentenza n. 1463 del 23/01/2008 Rv. 601284; Sez. 1, Sentenza n. 2460 del 01/02/2008 Rv. 601449; Sez. 3, Sentenza n. 567 del 13/01/2005 Rv. 579180; Sez. 2, Sentenza n. 4622 del 29/03/2002 Rv. 553388).

A tale principio la Corte d’Appello non si e’ attenuta: i giudici di merito hanno infatti dato valore decisivo, per l’individuazione del momento della scoperta dei vizi (dies a quo ai fini del calcolo del termine decadenziale per la denunzia ex articolo 1669 c.c.), all’epoca dell’assemblea dei condomini che aveva deliberato il promuovimento della lite contro il costruttore (fondando in tal modo il proprio convincimento sulla esteriorita’ delle manifestazioni dannose e quindi sulla loro percepibilita’), senza verificare pero’ se contemporaneamente fosse stata gia’ acquisita, in ragione di precedenti accertamenti tecnici, la piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed imputazione delle sue cause.

Si rende pertanto necessaria la cassazione della sentenza anche in ordine alla tempestivita’ della denunzia dei vizi.

Il giudice di rinvio, che si individua in altra sezione della Corte d’Appello di Milano, colmera’ le lacune rincontrate attenendosi ai citati principi di diritto e provvedera’, all’esito, anche sulle spese del presente giudizio nei rapporti tra il Condominio e l’impresa.

P.Q.M.

la Corte dichiara inammissibile il ricorso dei condomini e li condanna in solido al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 4.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

Accoglie il ricorso proposto dal Condominio, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.