Il principio “nemini res sua servit” trova applicazione soltanto quando un unico soggetto e’ titolare del fondo servente e di quello dominante e non anche quando il proprietario di uno di essi sia anche comproprietario dell’altro, giacche’ in tal caso l’intersoggettivita’ del rapporto e’ data dal concorso di altri titolari del bene comune. Nel condominio, caratterizzato dalla coesistenza nell’edificio di una pluralita’ di piani o porzioni di piano di proprieta’ esclusiva, l’attribuzione della proprieta’ comune sancita dall’articolo 1117 c.c., trova fondamento nel collegamento strumentale ed accessorio fra le cose, i servizi e gli impianti indicati dalla norma citata con le unita’ immobiliari appartenenti ai singoli proprietari, giacche’ presupposto della comunione e’ che i beni indicati dall’articolo 1117 c.c., per caratteri materiali e funzionali, siano necessari per l’esistenza e l’uso delle singole proprieta’ ovvero siano oggettivamente destinati in modo stabile al servizio e al godimento collettivo. D’altra parte, l’esistenza a favore del proprietario di una singola unita’ immobiliare di un diritto di servitu’ sui beni indicati dall’articolo 1117 c.c., non esclude che il medesimo ne possa essere anche comproprietario, non trovando applicazione in materia di condominio il principio “nemini res sua servit” – secondo cui non e’ configurabile il diritto di servitu’ prediale quando il fondo dominante e quello servente appartengono a un unico soggetto – giacche’, quando il proprietario di uno di essi sia anche comproprietario dell’altro, l’intersoggettivita’ del rapporto e’ data dal concorso di altri titolari del bene comune. E’ dunque destituita di fondamento l’affermazione secondo cui non puo’ sussistere tra detti fondi un rapporto di asservimento, dal momento che la proprieta’ ricorrente annovera solo pro quota (tre millesime parti) la proprieta’ delle parti comuni del Condominio resistente, con la conseguenza che l’eventuale sovrapposizione sarebbe comunque limitata a siffatta quota e, in ogni caso, il concorso di altri titolari sul bene comune vale a integrare il requisito dell’intersoggettivita’ tra titolare del fondo dominante e del fondo servente.

Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Sentenza|20 gennaio 2022| n. 1794

Data udienza 10 giugno 2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26519/2016 proposto da:

(OMISSIS), e (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli Avv. (OMISSIS), del foro di (OMISSIS) e (OMISSIS) del foro di (OMISSIS), nonche’ dal CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’Amministratore pro tempore, rappresentato e difeso dagli Avv. (OMISSIS), del foro di (OMISSIS), e (OMISSIS) del foro di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’ultimo difensore;

– ricorrenti –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’Amministratore pro tempore, difeso dagli Avv. (OMISSIS), e (OMISSIS), ed elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dei difensori;

– controricorrente –

contro

(OMISSIS), e (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 429 della Corte di appello di Trieste depositata l’11 luglio 2016;

udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 10 giugno 2021 dal Consigliere relatore Dott.ssa Milena Falaschi;

lette e sentite le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NARDECCHIA Giovanni Battista, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avv.to (OMISSIS), (con delega scritta dell’Avv. (OMISSIS)), per parte controricorrente.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Condominio (OMISSIS) evocava, dinnanzi al Tribunale di Trieste, con atto di citazione notificato in data 19.02.2013, il Condominio dei (OMISSIS), nonche’ (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), esercitando nei loro confronti un’actio negatoria servitutis, volta all’accertamento dell’inesistenza di una servitu’ di passaggio gravante sul cortile attoreo e di una servitu’ di stillicidio, creato dalla sopraelevazione del piano parcheggio di proprieta’ dei convenuti rispetto al piano cortile di proprieta’ del Condominio attore, chiedendo la cessazione di ogni turbativa al pacifico godimento esclusivo della proprieta’ ed avanzando pretese risarcitorie.

Il Tribunale adito, nella resistenza dei convenuti (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) e dello stesso Condominio “(OMISSIS)”, il quale svolgeva anche domanda riconvenzionale subordinata di costituzione di servitu’ di passaggio pedonale e veicolare ex articolo 1051 c.c., e/o ex articolo 1062 c.c., in accoglimento di tale domanda, accertato lo stato di interclusione del fondo di quest’ultimo, con sentenza n. 231/2015, costituiva a favore del fondo dei convenuti P.T. (OMISSIS) e a peso del fondo attoreo P.T. (OMISSIS), una servitu’ di passaggio a piedi con cose e animali, nonche’ veicolare a velocita’ a passo d’uomo, pur rilevando che in base alle risultanze tavolari il fondo del Condominio (OMISSIS) non risultava gravato da alcuna servitu’.

In virtu’ di rituale appello interposto dal Condominio di (OMISSIS) la Corte d’appello di Trieste, nella resistenza del Condominio “posteggi”, del (OMISSIS) e della (OMISSIS), rimaste contumaci le restanti parti, proposto appello incidentale dal Condominio appellato, in parziale accoglimento del gravame principale, modificava il tracciato della servitu’ stabilito dalla sentenza impugnata, riconoscendo il diritto di servitu’ “dritto per dritto”, mentre rigettava l’appello incidentale del Condominio “posteggi”, volto al riconoscimento della servitu’ per destinazione del padre di famiglia, per difetto del requisito dell’apparenza, ossia di segni ed opere visibili e permanenti idonei a rivelarne l’esistenza ex articolo 1061 c.c..

A sostegno della decisione, la corte territoriale rilevava che dalla consulenza tecnica d’ufficio espletata in primo grado era emersa l’interclusione relativa del fondo dominante, per essere lo spazio che consentiva di accedere dal Condominio “posteggi” alla pubblica via di larghezza pari a 1,94 metri, dunque tale da non consentire un completo passaggio veicolare, se non a veicoli di piccola cilindrata. In accoglimento del quarto motivo di appello principale, modificava tuttavia il tracciato della servitu’, rilevando che il percorso indicato dal c.t.u. non era, tenuto conto dello stato dei luoghi, il piu’ breve ne’ il meno incomodo per il fondo servente. In tal senso, la Corte d’appello costituiva in favore del fondo dei convenuti appellati P.T. (OMISSIS) e a peso del fondo del Condominio (OMISSIS) P.T. (OMISSIS) una servitu’ di passaggio a piedi, con cose e animali, e veicolare, a velocita’ a passo d’uomo, nella sola misura di un metro di larghezza tra la facciata dell’edificio condominiale appellante e il confine con il bene pubblico (torrente tombato), che partendo dalla (OMISSIS) giunge direttamente al fondo dei convenuti appellati sulla base del tracciamento del confine ovest redatto dal geom. (OMISSIS).

Avverso la sentenza della Corte d’appello di Trieste, (OMISSIS), (OMISSIS) e il Condominio “posteggi” hanno propongono ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui ha resistito il Condominio di (OMISSIS) resiste con controricorso.

In prossimita’ dell’adunanza camerale entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative ex articolo 378 c.p.c..

Il ricorso – previa relazione stilata dal nominato consigliere delegato – e’ stato inizialmente avviato per la trattazione in Camera di consiglio, in applicazione degli articoli 375 e 380-bis c.p.c., avanti alla sesta sezione civile – 2. All’esito dell’adunanza camerale fissata al 26.06.2018, con ordinanza interlocutoria n. 552 del 2019 depositata l’11.01.2019, il procedimento e’ stato rimesso alla pubblica udienza dinanzi alla seconda sezione per mancanza dell’evidenza decisoria.

Il difensore del Condominio di (OMISSIS), in vista dell’udienza fissata il 10 giugno 2021, ha formulato istanza di discussione orale L. n. 176 del 2020, ex articolo 23, comma 8 bis, oltre a depositare memoria ex articolo 378 c.p.c..

CONSIDERATO IN DIRITTO

Va preliminarmente rilevato che il Condominio controricorrente nella memoria illustrativa ha eccepito anche l’inammissibilita’ del ricorso principale del Condominio (OMISSIS) per difetto di autorizzazione dell’assemblea condominiale, trattandosi di controversia esorbitante dalle attribuzioni dell’amministratore.

Secondo l’insegnamento reso dalle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 18331 del 2010), l’amministratore del condominio, potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni, ed essendo pero’ tenuto a dare senza indugio notizia all’assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell’articolo 1131 c.c., commi 2 e 3, puo’ costituirsi in giudizio ed impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell’assemblea, ma deve, in tale ipotesi, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell’assemblea stessa, per evitare la pronuncia di inammissibilita’ dell’atto di costituzione ovvero di impugnazione.

Nel ricostruire la portata dell’articolo 1131 c.c., comma 2, Cass., Sez. Un., 6 agosto 2010, n. 18331, ha invero affermato che, ferma la possibilita’ dell’immediata costituzione in giudizio dell’amministratore convenuto, ovvero della tempestiva impugnazione dell’amministratore soccombente (e cio’ nel quadro generale di tutela urgente di quell’interesse comune che e’ alla base della sua qualifica e della legittimazione passiva di cui e’ investito), non di meno l’operato dell’amministratore deve poi essere sempre ratificato dall’assemblea, in quanto unica titolare del relativo potere. La ratifica assembleare vale a sanare retroattivamente la costituzione processuale dell’amministratore sprovvisto di autorizzazione dell’assemblea, e percio’ vanifica ogni avversa eccezione di inammissibilita’, ovvero ottempera al rilievo ufficioso del giudice che abbia all’uopo assegnato il termine ex articolo 182 c.p.c., per regolarizzare il difetto di rappresentanza. La regolarizzazione ai sensi dell’articolo 182 c.p.c., in favore dell’amministratore privo della preventiva autorizzazione assembleare, come della ratifica, puo’ operare in qualsiasi fase e grado del giudizio, con effetti “ex tunc” (Cass. 16 novembre 2017 n. 27236). Peraltro, come di seguito ribadito da Cass. 23 gennaio 2014 n. 1451, e da Cass. 25 maggio 2016 n. 10865, la necessita’ dell’autorizzazione o della ratifica assembleare per la costituzione in giudizio dell’amministratore va riferita soltanto alle cause che esorbitano dalle attribuzioni dell’amministratore, ai sensi dell’articolo 1131 c.c., commi 2 e 3. Secondo quanto stabilito da Cass., Sez. Un., 4 marzo 2016 n. 4248, il difetto di rappresentanza o autorizzazione puo’ essere sanato ex articolo 182 c.p.c. (come nella specie) in sede di legittimita’, dando prova della sussistenza del potere rappresentativo o del rilascio dell’autorizzazione, ai sensi dell’articolo 372 c.p.c., sempre che il rilievo del vizio nel giudizio di cassazione sia officioso, e non provenga dalla controparte, come invece appunto qui fatto dal Condominio controricorrente, giacche’, in tal caso, l’onere di sanatoria sorge immediatamente, non essendovi necessita’ di assegnare un termine da parte del giudice (a meno che lo stesso non sia motivatamente richiesto, il che neppure risulta avvenuto, nella specie), in quanto sul rilievo di parte l’avversario e’ chiamato prima ancora a contraddire (si veda gia’ Cass. 31 gennaio 2011 n. 2179).

Deve percio’ essere dichiarata l’inammissibilita’ del ricorso per cassazione proposto dall’amministratore del Condominio (OMISSIS) senza l’autorizzazione assembleare, trattandosi di controversia riguardante l’incidenza di diritti reali su cosa comune, e percio’ non rientrante tra quelle per le quali l’amministratore e’ autonomamente legittimato ai sensi degli articoli 1130 e 1131 c.c.; ne’ puo’ essere concesso il termine per la regolarizzazione ai sensi dell’articolo 182 c.p.c., atteso che il rilievo del vizio in sede di legittimita’ e’ stato operato dalla controparte nella memoria illustrativa, e non d’ufficio, sicche’ l’onere di sanatoria dell’amministratore ricorrente doveva intendersi sorto immediatamente.

Passando all’esame del ricorso proposto dai condomini (OMISSIS) e (OMISSIS), con il primo motivo essi denunciano, ex articolo 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, per non avere la Corte d’appello considerato la circostanza, documentalmente comprovata, che alla proprieta’ del fondo dominante, e precisamente alla particella (OMISSIS) assegnata al posto auto acquistato da (OMISSIS) – (OMISSIS), sono congiunte tre millesime parti indivise della particella (OMISSIS) del Condominio (OMISSIS), corrispondenti ad una quota del cortile di tale Condominio. A detta dei ricorrenti, pertanto, non potrebbe sussistere tra i due fondi alcun rapporto di asservimento, in virtu’ del noto principio “nemini res sua servit”.

Il motivo e’ privo di pregio.

Il principio “nemini res sua servit” trova applicazione soltanto quando un unico soggetto e’ titolare del fondo servente e di quello dominante e non anche quando il proprietario di uno di essi sia anche comproprietario dell’altro, giacche’ in tal caso l’intersoggettivita’ del rapporto e’ data dal concorso di altri titolari del bene comune (cosi’ Cass. n. 21020 del 2019 e Cass. n. 13106 del 2000).

Nel condominio, caratterizzato dalla coesistenza nell’edificio di una pluralita’ di piani o porzioni di piano di proprieta’ esclusiva, l’attribuzione della proprieta’ comune sancita dall’articolo 1117 c.c., trova fondamento nel collegamento strumentale ed accessorio fra le cose, i servizi e gli impianti indicati dalla norma citata con le unita’ immobiliari appartenenti ai singoli proprietari, giacche’ presupposto della comunione e’ che i beni indicati dall’articolo 1117 c.c., per caratteri materiali e funzionali, siano necessari per l’esistenza e l’uso delle singole proprieta’ ovvero siano oggettivamente destinati in modo stabile al servizio e al godimento collettivo. D’altra parte, l’esistenza a favore del proprietario di una singola unita’ immobiliare di un diritto di servitu’ sui beni indicati dall’articolo 1117 c.c., non esclude che il medesimo ne possa essere anche comproprietario, non trovando applicazione in materia di condominio il principio “nemini res sua servit” – secondo cui non e’ configurabile il diritto di servitu’ prediale quando il fondo dominante e quello servente appartengono a un unico soggetto – giacche’, quando il proprietario di uno di essi sia anche comproprietario dell’altro, l’intersoggettivita’ del rapporto e’ data dal concorso di altri titolari del bene comune (cosi’ Cass. n. 22408 del 2004). E’ dunque destituita di fondamento l’affermazione secondo cui non puo’ sussistere tra detti fondi un rapporto di asservimento, dal momento che la proprieta’ ricorrente annovera solo pro quota (tre millesime parti) la proprieta’ delle parti comuni del Condominio resistente, con la conseguenza che l’eventuale sovrapposizione sarebbe comunque limitata a siffatta quota e, in ogni caso, il concorso di altri titolari sul bene comune vale a integrare il requisito dell’intersoggettivita’ tra titolare del fondo dominante e del fondo servente.

Per completezza si osserva che la censura e’ inammissibile per carenza di interesse, avendo proposto gli stessi ricorrenti domanda riconvenzionale di costituzione di servitu’ coattiva di passaggio a peso del fondo del Condominio di (OMISSIS).

Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, i ricorrenti lamentano, ex articolo 360 c.p.c., n. 3, la violazione dei principi di cui all’articolo 1051 c.c., articoli 832 e 834 c.c. e articolo 42 Cost., commi 2 e 3, osservando che il nuovo tracciato della servitu’ stabilito dalla Corte di merito non procurerebbe alcun vantaggio al fondo dominante ma esclusivamente un grave pregiudizio, determinando una modifica e/o rimozione della tettoia che attualmente copre i 12 posti auto e i 2 posti moto ed imponendo a soggetti terzi, estranei al processo, l’eliminazione dei propri posti auto e moto. Il nuovo tracciato, infatti, a detta dei ricorrenti, eliminerebbe il secondo braccio del “percorso a L” indicato dal c.t.u., che insisteva sul cortile del Condominio di (OMISSIS), mantenendo solo il primo tratto di detta “L”. Esso, dunque, imporrebbe l’eliminazione tout court dei posti auto e dei posti moto piu’ prossimi al luogo di esercizio della servitu’, dando luogo ad una vera e propria espropriazione di proprieta’ private, anche diverse da quelle (OMISSIS) – (OMISSIS).

Il motivo appare inammissibile prima che infondato.

La determinazione del luogo di esercizio di una servitu’ di passaggio coattivo deve essere compiuta alla stregua dei criteri enunciati dell’articolo 1051 c.c., comma 2, costituiti dalla maggiore brevita’ dell’accesso alla via pubblica, sempreche’ la libera esplicazione della servitu’ venga garantita con riguardo all’utilita’ del fondo dominante, e dal minore aggravio del fondo asservito, da valutarsi ed applicarsi contemporaneamente ed armonicamente, mediante un opportuno ed equilibrato loro contemperamento e tenuto presente che, vertendosi in tema di limitazione del diritto di proprieta’ – resa necessaria da esigenze cui non e’ estraneo il pubblico interesse – va applicato, in modo ancora piu’ accentuato di quanto avviene per le servitu’ volontarie, il principio del minimo mezzo; il relativo giudizio compete, in ogni caso, al giudice di merito e si sottrae al sindacato di legittimita’ se congruamente e logicamente motivato (cosi’ Cass. n. 8779 del 2020).

Allo stesso modo, costituisce accertamento di fatto, demandato al giudice del merito e sottratto al sindacato della Corte di cassazione, se congruamente ed esattamente motivato, stabilire l’esistenza della interclusione di un fondo per effetto della mancanza di un qualunque accesso sulla via pubblica e dell’impossibilita’ di procurarselo senza eccessivo dispendio o disagio (interclusione assoluta), ovvero a causa del difetto di un accesso adatto o sufficiente alle necessita’ di utilizzazione del fondo (interclusione relativa) (cosi’ Cass. n. 14 del 2020).

Nel caso di specie, la corte territoriale, stabilendo che la servitu’ di passaggio dovesse essere riconosciuta “dritto per dritto”, ha chiaramente tenuto presenti i sopradetti parametri, pervenendo al contemperamento degli interessi in gioco, sulla base di una valutazione non viziata da errori tecnici ne’ contrastante con la logica, dato che i proprietari del fondo dominante dovranno provvedere non alla rimozione della tettoia che attualmente copre i 12 posti auto e i 2 posti moto, bensi’ ad una, meno gravosa, diversa sistemazione della stessa.

Quanto all’imposizione in capo a soggetti terzi, non meglio precisati ed asseritamente estranei al giudizio, dell’eliminazione dei propri posti auto e moto, va osservato che nella sentenza impugnata non vi e’ alcuna traccia di detto onere, ne’ i ricorrenti identificano i terzi astrattamente danneggiati e non coinvolti nel corso del procedimento.

Con il terzo motivo i ricorrenti deducono, ex articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 1062 c.c., con conseguente omessa ammissione delle prove testimoniali formulate in memoria ex articolo 183 c.p.c., n. 2. La Corte d’appello avrebbe errato a non riconoscere l’avvenuta costituzione della servitu’ per destinazione del padre di famiglia, esistendo una strada asfaltata che congiunge il fondo dominante, in particolare una porzione del fondo del Condominio (OMISSIS), alla pubblica via attraverso il fondo servente, ossia quello del Condominio di (OMISSIS), che integra un’opera permanente ed apparente dell’esercizio della servitu’ in parola. Parte ricorrente osserva che i due fondi originariamente appartenevano ad un unico proprietario (i germani (OMISSIS) e (OMISSIS)), il quale non aveva operato alcuna delimitazione del confine, ma aveva creato la detta strada – piazzale che da un fondo conduceva all’altro. Successivamente, l’unico proprietario aveva alienato i due fondi a soggetti diversi, ma le opere su di essi realizzate erano rimaste immutate, dal che dovrebbe ritenersi automaticamente costituita una servitu’ per destinazione del padre di famiglia.

Il motivo e’ privo di pregio.

E’ orientamento consolidato di questa Suprema Corte che il requisito dell’apparenza della servitu’, necessario ai fini del relativo acquisto per usucapione o per destinazione del padre di famiglia, si configuri come presenza di segni visibili di opere permanenti obiettivamente destinate al suo esercizio rivelanti, in modo non equivoco, l’esistenza del peso gravante sul fondo servente, cosi’ da rendere manifesto che non si tratta di attivita’ compiuta in via precaria, bensi’ di un preciso onere a carattere stabile. Ne consegue che, per l’acquisto in base a dette modalita’ di una servitu’ di passaggio, non basta l’esistenza di una strada o di un percorso all’uopo idonei, essendo, viceversa, essenziale che essi mostrino di essere stati realizzati al preciso scopo di dare accesso al fondo preteso dominante attraverso quello preteso servente ed occorrendo, pertanto, un “quid pluris” che dimostri la loro specifica destinazione all’esercizio della servitu’ (cosi’ Cass. n. 11834 del 2021, Cass. n. 7004 del 2017 e Cass. n. 13238 del 2010).

Il requisito dell’apparenza, dunque, (senza il quale, ai sensi dell’articolo 1061 c.c., la servitu’ non puo’ essere usucapita ne’ acquistata per destinazione del padre di famiglia) deve essere legato ad una situazione oggettiva di fatto di per se’ rivelatrice dell’assoggettamento di un fondo ad un altro in ragione della presenza di opere inequivocamente destinate all’esercizio della servitu’, dovendo conseguentemente dipendere dalle oggettive caratteristiche dell’opera, e non gia’ dal modo in cui questa viene utilizzata (cosi’ Cass. n. 2994 del 2004).

Detto accertamento, non censurabile in sede di legittimita’, e’ stato effettuato dalla Corte d’appello, come risulta a pg. 15 della sentenza impugnata.

In conclusione, va dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal Condominio “posteggi” e rigettato quello dei condomini (OMISSIS) e (OMISSIS). Ne consegue la condanna in solido dei ricorrenti al pagamento delle spese sostenute dal controricorrente nel presente giudizio, liquidate come da dispositivo.

Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilita’ 2013), che ha aggiunto del Testo Unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte dei ricorrenti in solido, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Condominio (OMISSIS);

rigetta il ricorso proposto dai condomini (OMISSIS) e (OMISSIS);

condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore del Condominio controricorrente delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in complessivi Euro 5.500, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.