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il condomino che abbia locato la propria unita’ abitativa ad un terzo risponde nei confronti degli altri condomini delle ripetute violazioni al regolamento condominiale consumate dal proprio conduttore qualora non dimostri di avere adottato, in relazione alle circostanze, le misure idonee, alla stregua del criterio generale di diligenza posto dall’articolo 1176 c.c., a far cessare gli abusi, ponendo in essere iniziative che possono arrivare fino alla richiesta di anticipata cessazione del rapporto di locazione. Rileva in tal caso la violazione delle norme condominiali.

 

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Corte di Cassazione, Sezione 3 civile Sentenza 15 giugno 2018, n. 15767

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente

Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27650/2015 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), domiciliati ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS) tutti in proprio e nella qualita’ di eredi legittimi di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato AVVOCATI (OMISSIS), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

(OMISSIS) SAS, (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 1567/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 26/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/05/2018 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS).

FATTI DI CAUSA

1. (OMISSIS) e (OMISSIS), in nome proprio e nella qualita’ di genitori esercenti la potesta’ sui figli minori (OMISSIS), (OMISSIS) e (OMISSIS), convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Palermo con atto di citazione del 12 gennaio 1998 (OMISSIS) e (OMISSIS), nella qualita’ di proprietari del locale concesso in locazione, e (OMISSIS) s.a.s. e (OMISSIS), nella qualita’ di conduttori del locale, chiedendo il risarcimento del danno derivante dalle immissioni sonore oltre la normale tollerabilita’ derivanti dall’attivita’ di discoteca esercitata nel locale, sottostante l’appartamento abitato dagli attori, nonche’ la cessazione delle lamentate immissioni.

2. Il Tribunale adito accolse la domanda condannando i convenuti in solido al pagamento della somma di Euro 10.737,17 e dichiaro’ cessata la materia del contendere in relazione alla domanda di cessazione delle attivita’ illecite.

3. Avverso detta sentenza proposero appello principale gli originari attori ed incidentale (OMISSIS) e (OMISSIS).

4. Con sentenza di data 26 ottobre 2015 la Corte d’appello di Palermo accolse l’appello principale, condannando gli appellati al pagamento dell’ulteriore importo complessivo di Euro 59.684,11, oltre rivalutazione ed interessi, e condannando altresi’ la parte conduttrice a tenere indenni i proprietari. Osservo’ la corte territoriale per quanto qui rileva che “il locatore e’ tenuto ad impedire il compimento di attivita’ dannosa nell’immobile locato e risponde pertanto del proprio contegno omissivo, se e nella misura in cui la legge o il contratto gli conferiscono gli strumenti per prevenire o far cessare la detta attivita’”, in conformita’ alla regola di cui all’articolo 40 c.p., comma 2, secondo cui non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo. Preciso’ che i contratti di locazione prevedevano all’articolo 8 l’obbligazione per il locatario di usare l’immobile secondo l’ordinaria diligenza e di non recare danni o molestia alcuna ad altri e all’articolo 15 attribuivano a tutte le clausole del contratto carattere essenziale, collegando cosi’ alla violazione di anche una soltanto di esse la conseguenza della risoluzione del contratto. Osservo’ quindi che la deduzione in contratto dell’obbligazione di non recare molestie a terzi rendeva doverosa per la parte locatrice l’adozione di misure idonee a far cessare un siffatto uso, avendo tale disposizione negoziale il fine di preservare la parte locatrice dai riflessi negativi di un’attivita’ illecita avviata dal conduttore, in via preventiva mediante la pretesa del rispetto del canone del neminem ledere quale impegno negoziale, in via successiva mediante il trasferimento sul conduttore dell’onere economico di un’eventuale condanna al risarcimento. Aggiunse che, a fronte del rischio manifestato dai (OMISSIS) che l’attivita’ comportante diffusioni sonore si stesse svolgendo in modo da recare molestia ai vicini, i locatori non dovevano limitarsi a controllare la formale regolarita’ amministrativa dell’attivita’ esercitata ma dovevano attivarsi presso il conduttore, minacciandolo prima e poi attuando se del caso le misure consentite dal contratto fino all’estrema misura dell’azione di risoluzione del contratto. Concluse sul punto che “una simile reazione avrebbe spiegato un immediato effetto deterrente nei confronti del locatario e, con ogni probabilita’, avrebbe reso superfluo il successivo dirimente intervento del giudice. Essa avrebbe, in ogni caso, sollevato i locatori da qualunque addebito di colpa e dalla conseguente condanna al risarcimento, correttamente adottata dal Tribunale”.

5. Hanno proposto ricorso per cassazione (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla base di un motivo. Resistono con controricorso (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), in proprio e nella qualita’ di eredi di (OMISSIS) (OMISSIS). E’ stata depositata memoria di parte.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il motivo di ricorso si denuncia violazione o falsa applicazione degli articoli 844 e 2043 c.c., nonche’ dell’articolo 40 c.p., comma 2. Osservano i ricorrenti che l’azione risarcitoria, in quanto azione personale, va esercitata esclusivamente nei confronti dell’autore del fatto lesivo e che non sussiste il rapporto di causalita’ fra la supposta inerzia del locatore ed il danno evidenziato. Aggiungono che non e’ configurabile l’obbligo giuridico di impedire l’evento ai sensi dell’articolo 40 c.p., e cioe’ una posizione di garanzia del soggetto diretta ad evitare il prodursi dell’evento, atteso che non sussiste alcun obbligo del locatore di accertare preventivamente la correttezza dei futuri comportamenti del conduttore ne’ di far cessare il fatto generatore del danno (che, peraltro, una volta verificatosi rende incongruente l’affermazione secondo cui il locatore avrebbe concorso alla realizzazione del fatto dannoso). Osservano inoltre che la clausola risolutiva contenuta nei contratti di locazione non poteva essere utilmente invocata in quanto genericamente riferita a tutte le obbligazioni nascenti dai contratti e che la pur disconosciuta azione giudiziale avviata dai ricorrenti si era protratta per anni ed era stata inidonea ad impedire il protrarsi dell’attivita’ lesiva; aggiungono poi che l’esercizio di una facolta’ riservatasi dal locatore non poteva assurgere ad obbligo di legge a carico del locatore stesso.

1.1 Il motivo e’ fondato. Il giudice di appello ha conferito rilevanza causale alla condotta dei locatori rispetto all’evento dannoso sotto il profilo del contegno omissivo. Viene presupposta all’uopo l’esistenza del dovere giuridico di impedire l’evento sulla base del diritto di pretendere dal conduttore il rispetto dell’obbligo contrattuale di non arrecare molestie ad altri, esercitando quale estremo rimedio l’azione di risoluzione del contratto.

1.2. Il punto di vista causale adottato dal giudice di merito e’ corretto in quanto, rispondendo il proprietario in sede reale di azione ai sensi dell’articolo 844 c.c. ma non anche in quella personale di azione risarcitoria ai sensi dell’articolo 2043 c.c., il titolo della responsabilita’ non puo’ che essere quello del fatto illecito e dunque in primo luogo il contributo causale alla verificazione dell’evento dannoso. Sul punto vanno evidenziati i seguenti arresti giurisprudenziali.

1.3. L’azione di natura reale, esperita dal proprietario del fondo danneggiato per l’accertamento dell’illegittimita’ delle immissioni e per la realizzazione delle modifiche strutturali necessarie al fine di far cessare le stesse, deve essere proposta nei confronti del proprietario del fondo da cui tali immissioni provengono e puo’ essere cumulata con la domanda verso altro convenuto per responsabilita’ aquiliana ex articolo 2043 c.c., volta ad ottenere il risarcimento del pregiudizio di natura personale da quelle cagionato (Cass. Sez. U. 27 febbraio 2013, n. 4848; 15 novembre 2016, n. 23245).

In un primo tempo e’ stato affermato che in tema di azione personale di risarcimento del danno da immissioni (intollerabili) ai sensi dell’articolo 844 c.c., va riconosciuta la legittimazione passiva del proprietario del fondo da cui provengono le immissioni stesse, ancorche’ queste derivino solo dalle particolari modalita’ di uso del fondo da parte del conduttore del medesimo, quando sussiste il nesso oggettivo di causalita’ e non di mera occasionalita’ tra la condotta del proprietario e l’evento dannoso, e risulti, altresi’, che l’eccedenza delle immissioni, rispetto ai limiti legali, sia imputabile a sua colpa per avere concesso il fondo in locazione con la consapevolezza della destinazione dello stesso ad attivita’ di per se’ molesta ai vicini e per non avere adottato alcun provvedimento idoneo ad indurre il conduttore ad apportare le modifiche e gli adattamenti necessari per eliminare le immissioni intollerabili (Cass. 24 gennaio 1985, n. 318).

Piu’ di recente e’ stato affermato che in materia di immissioni intollerabili, allorche’ le stesse originino da un immobile condotto in locazione, la responsabilita’ ex articolo 2043 c.c. per i danni da esse derivanti puo’ essere affermata nei confronti del proprietario, locatore dell’immobile, solo se il medesimo abbia concorso alla realizzazione del fatto dannoso, e non gia’ per avere omesso di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi necessari ad impedire pregiudizi a carico di terzi (Cass. 28 maggio 2015, n. 11125). Ad analoghe conclusioni la giurisprudenza e’ pervenuta leggendo la fattispecie in termini di articolo 2051 c.c.. Il proprietario di un immobile concesso in locazione non puo’ essere chiamato a rispondere, ex articolo 2051 c.c., dei danni a terzi causati da macchinari utilizzati dal conduttore, quando non abbia avuto alcuna possibilita’ concreta di controllo sull’uso di essi, non potendo detta responsabilita’ sorgere per il solo fatto che il proprietario medesimo ometta di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi del caso al fine di impedire il verificarsi di danni a terzi, giacche’ essi costituirebbero atti inidonei ad incidere sul funzionamento della cosa dannosa (Cass. 1 aprile 2010, n. 8006).

Resta invece estranea all’impostazione causalistica una pronuncia che ha ritenuto responsabile il locatore sulla base della sua qualita’ di condomino. Si e’ affermato che il condomino che abbia locato la propria unita’ abitativa ad un terzo risponde nei confronti degli altri condomini delle ripetute violazioni al regolamento condominiale consumate dal proprio conduttore qualora non dimostri di avere adottato, in relazione alle circostanze, le misure idonee, alla stregua del criterio generale di diligenza posto dall’articolo 1176 c.c., a far cessare gli abusi, ponendo in essere iniziative che possono arrivare fino alla richiesta di anticipata cessazione del rapporto di locazione (Cass. 16 maggio 2006, n. 11383). Rileva in tal caso la violazione delle norme condominiali.

1.4. La conclusione del giudice di appello e’ stata, come si e’ visto, nel senso che il locatore dell’immobile ha concorso mediante omissione alla realizzazione del fatto dannoso. L’accertamento dell’esistenza del nesso eziologico spetta al giudice di merito, mentre compete a questa Corte, salvo il sindacato in ordine alla denuncia di vizio motivazionale, il controllo se nello svolgimento del giudizio di fatto il giudice di merito abbia rispettato le connotazioni normative del rapporto causale fra condotta e danno. La censura non ha ad oggetto il giudizio di fatto ma la sussunzione delle circostanze di fatto, cosi’ come accertate dal giudice di merito, all’interno del paradigma della causalita’ omissiva.

1.5. Anche all’omissione, al pari dell’azione, indipendentemente dall’esistenza di una norma che imponga il compimento di una determinata azione, deve essere riconosciuto valore causale rispetto alle modificazioni del mondo esteriore il cui verificarsi non sia stato impedito. Ecco perche’ non impedire un evento (che si ha l’obbligo giuridico di impedire) “equivale” a cagionarlo, come recita l’articolo 40 c.p., comma 2. Naturalmente occorre accertare che, ove posta in essere la condotta in realta’ omessa, l’evento non si sarebbe verificato. La positiva valutazione sull’esistenza del nesso causale tra omissione ed evento presuppone che si accerti che l’azione omessa, se fosse stata compiuta, sarebbe stata idonea ad impedire l’evento dannoso ovvero a ridurne le conseguenze (Cass. 28 luglio 2017, n. 18753; 2 febbraio 2010, n. 2360).

Nell’imputazione di un evento dannoso per omissione colposa il giudizio causale assume come termine iniziale la condotta omissiva del comportamento dovuto; il giudice, pertanto, e’ tenuto ad accertare se l’evento sia ricollegabile all’omissione (causalita’ omissiva) nel senso che esso non si sarebbe verificato se (causalita’ ipotetica) l’agente avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli, con esclusione di fattori alternativi. L’accertamento del rapporto di causalita’ ipotetica passa attraverso l’enunciato “controfattuale”, che pone al posto dell’omissione il comportamento alternativo dovuto, onde verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato dal danneggiato (Cass. 18 luglio 2011, n. 15709). Tale valutazione va effettuata sulla base della regola della preponderanza dell’evidenza o del “piu’ probabile che non” (Cass. Sez. U. 11 gennaio 2008, n. 576).

1.6. L’accertamento del giudice di merito e’ stato nel senso che la proposizione dell’azione di risoluzione della locazione, previo esercizio della relativa diffida, da parte del locatore “avrebbe spiegato un immediato effetto deterrente nei confronti del locatario e, con ogni probabilita’, avrebbe reso superfluo il successivo dirimente intervento del giudice. Essa avrebbe, in ogni caso, sollevato i locatori da qualunque addebito di colpa e dalla conseguente condanna al risarcimento, correttamente adottata dal Tribunale”. Cio’ che il giudice di merito ha valutato e’ stato un “effetto di deterrenza”, il quale avrebbe potuto spiegare efficacia non nei confronti dell’evento dannoso ma della condotta del conduttore che ha cagionato il danno. Il giudice di merito non ha valutato il concorso causale dell’omissione rispetto all’evento dannoso, ma una sorta di condizionamento che il contegno omesso avrebbe potuto esercitare sull’azione compiuta dall’autore del fatto illecito che e’ valutazione estranea al contributo causale dell’omissione rispetto all’evento. Ed invero fra il contegno omesso e l’evento si interpone la condotta produttrice del danno, spiegandosi l’efficacia del contegno, che il locatore avrebbe dovuto assumere, non rispetto all’evento, ma rispetto alla condotta del conduttore. Esercitandosi l’incidenza eziologica della condotta omessa non rispetto all’evento ma rispetto all’azione che lo ha prodotto, non e’ configurabile un concorso causale dell’omissione rispetto all’evento.

Trova in tali limiti conferma la giurisprudenza piu’ recente che, anche sotto il profilo del danno cagionato da cosa in custodia, ha escluso la responsabilita’ del proprietario della cosa locata per omissione di formale diffida nei confronti del conduttore autore delle immissioni.

2. Non essendo necessari accertamenti di fatto, la causa puo’ essere decisa nel merito. Non e’ stato accertato il concorso del contegno degli odierni ricorrenti rispetto all’evento dannoso. La domanda nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) va quindi rigettata. Le peculiarita’ della vicenda e l’assenza di un consolidato ed univoco indirizzo giurisprudenziale costituiscono giusto motivo di compensazione del giudizio di legittimita’ e dei gradi di merito.

P.Q.M.

accoglie il ricorso e cassa la sentenza; decidendo la causa nel merito, rigetta la domanda nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS); compensa integralmente le spese processuali del giudizio di legittimita’ e dei gradi di merito.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.