i termini per la proposizione delle azioni revocatorie fallimentari, previste dalla L. Fall., articolo 67, decorrono, in caso di consecuzione fra le procedure, a ritroso dalla data di ammissione dell’imprenditore al concordato preventivo, e non dalla data di presentazione della domanda.

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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 29 marzo 2019, n. 8970

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 532/2014 proposto da:

Fallimento della (OMISSIS) S.a.s. (OMISSIS), in persona del curatore fallimentare Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Fallimento della (OMISSIS) s.r.l., in persona del curatore del

fallimento Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), giusta procura in calce alla comparsa di costituzione del curatore fallimentare;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di MASSA, depositato il 03/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 06/02/2019 dal Cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA.

FATTI DI CAUSA

Con decreto del 3 dicembre 2013, il Tribunale di Massa ha accolto l’opposizione, proposta da (OMISSIS) s.r.l., avverso lo stato passivo del fallimento (OMISSIS) s.a.s. (OMISSIS), dichiarato in data (OMISSIS) in consecuzione di un concordato preventivo ammesso in data 7 febbraio 2012, sulla base di domanda proposta il 3 febbraio 2012, qualificando come assistito da privilegio ipotecario il credito dalla questa vantato.

Il tribunale, per quanto ancora rileva, ha ritenuto infatti che, ai fini dell’eccezione revocatoria sollevata dal curatore con riguardo alla costituzione dell’ipoteca L. Fall., ex articolo 67, il periodo sospetto decorra non dalla domanda, ma dal decreto di ammissione al concordato preventivo, traendo da tale premessa l’impossibilita’ di assoggettare a revocatoria la costituzione dell’ipoteca volontaria, avvenuta il 5 agosto 2011, oltre il semestre anteriore all’apertura della procedura minore.

La curatela ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi.

Resiste l’intimata con controricorso, depositando pure memoria, ad opera del Fallimento della medesima, nel frattempo dichiarato.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo, la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione dell’articolo 39 c.p.c. e L. Fall., articolo 67, in quanto il concordato si apre con il ricorso e gli effetti della dichiarazione di fallimento retroagiscono a quel momento.

Con il secondo motivo, la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione della L. Fall., articoli 67, 167, 168 e 169, dalla cui interpretazione sistematica si trae il principio secondo cui l’apertura della procedura concordataria coincide con la data di deposito della domanda di concordato: conclusione cui inducono lo spossessamento attenuato, ai sensi della L. Fall.,. 167; il divieto di azioni esecutive individuali e l’acquisto di diritti di prelazione, ai sensi della L. Fall., articolo 168; l’applicabilita’ delle disposizioni previste dalla L. Fall., articolo 169;

laddove, invece, dal decreto di ammissione al concordato iniziano a decorrere gli effetti processuali. La contraria interpretazione produrrebbe disparita’ di trattamento tra procedure, dove, a parita’ di data della domanda, i decreti di ammissione seguissero in tempi diversi, subordinando la tutela degli interessi credito’ri alla celerita’ del lavoro del tribunale.

Il principio e’ stato ora recepito dalla L. Fall., articolo 69-bis, introdotto dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134.

2. – I due motivi vanno trattati congiuntamente per la loro intima connessione, e sono infondati.

Essi pongono la questione della decorrenza del periodo sospetto per l’esercizio dell’azione revocatoria fallimentare, in caso di fallimento seguito a concordato preventivo, sotto lo specifico profilo se il dies a quo si collochi al momento della domanda o del decreto di ammissione a concordato preventivo, nel regime anteriore alla L. Fall., nuovo articolo 69-bis, comma 2, introdotto dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 33, comma 1, lettera a-bis, n. 2, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134.

2.1. – In seguito alla riforma di cui al Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35, conv. in L. 14 maggio 2005, n. 80, poi proseguita con il Decreto Legislativo 9 gennaio 2006, n. 5 e con il Decreto Legislativo 12 settembre 2007, n. 169, e’ stato dimidiato il c.d. periodo sospetto, al fine di permettere un piu’ rapido consolidamento degli atti e, per quanto ora rileva, delle ipoteche.

La L. Fall., articolo 67, ha continuato a porre l’evento “dichiarazione di fallimento” quale momento rilevante da cui computare il periodo di possibile esercizio dell’azione revocatoria fallimentare da parte del curatore.

Nessuna esplicita opzione, invece, il legislatore ha espresso per la particolare, ma nondimeno frequente ipotesi in cui al concordato preventivo segua il fallimento, con riguardo al momento della decorrenza per il calcolo del termine del periodo sospetto nelle azioni revocatorie.

Pertanto, e’ stato ribadito il “diritto vivente”, come si era venuto formando nel periodo anteriore a tale riforma e che aveva individuato il c.d. principio di consecuzione delle procedure, a diversi fini.

In sostanza, si reputa che dichiarazione del fallimento seguita al concordato preventivo attui non un fenomeno di mera successione cronologica, ma di “consecuzione di procedimenti”, che, pur formalmente distinti, sul piano funzionale finiscono per essere strettamente collegati nel fine del rispetto della regola della par condicio, avendo le due procedure a presupposto un analogo fenomeno economico. Si opera, in tal modo, una considerazione unitaria della procedura di concordato preventivo, cui sia succeduta quella di fallimento, pur nella formale distinzione dei procedimenti.

Tale principio presenta un valore sistematico, in quanto caratterizzato dall’esigenza di salvaguardia dell’interesse superiore di attuazione in concreto della par condicio creditorum anche contro eventuali espedienti tesi a vanificarla.

Il principio della consecuzione “intercetta l’interesse del ceto creditorio alla neutralita’ del previo ricorso del debitore a procedure concordatarie, con l’obiettivo di congelare il valore del patrimonio presente al momento anteriore onde poterlo assoggettare, poi, eventualmente, alla liquidazione concorsuale” (Cass. 29 marzo 2016, n. 6045).

La coerente conseguenza tratta dalla premessa e’ che, con riguardo al periodo sospetto dell’azione revocatoria fallimentare profilo ora rilevante – occorre individuare la decorrenza al momento del deposito del decreto di ammissione al concordato preventivo: il principio di consecuzione impone di fissare la retrodatazione del termine iniziale del periodo sospetto al momento dell’ammissione del debitore alla prima di esse.

Questa Corte ha, quindi, affermato – sia alla stregua del diritto anteriore, sia successivamente alla riforma del 2005 – la retrodatazione del periodo sospetto con riguardo alla revocatoria fallimentare sin dal momento del decreto di ammissione dell’imprenditore al concordato preventivo, con un mero adattamento della ratio del principio, in passato ricondotta alla sequenza tra procedure in relazione all’identico stato di insolvenza ed, in seguito, alla continuita’ causale tra di esse (in tal senso: Cass. 16 maggio 2016, n. 9996; Cass. 13 aprile 2016, n. 7324; Cass. 29 marzo 2016, n. 6045; Cass. 28 maggio 2012, n. 8439; Cass. 17 febbraio 2012, n. 2335; Cass. 26 marzo 2010, n. 7273; Cass. 14 marzo 2006, n. 5527; Cass. 3 novembre 2005, n. 21326; Cass. 27 ottobre 1995, n. 11216; Cass. 30 maggio 1994, n. 5285; Cass. 2 maggio 1994, n. 4240; Cass. 7 maggio 1991, n. 5025; ed altre anteriori), anche con riguardo all’amministrazione controllata (cfr. Cass. 3 febbraio 2006, n. 2437; Cass. 11 giugno 2004, n. 11090; Cass. 16 aprile 2003, n. 6019; Cass. 29 settembre 1999, n. 10792), orientamento giudicato altresi’ costituzionalmente legittimo dal giudice delle leggi (Corte Cost. 6 aprile 1995, n. 110).

Sembrerebbero dissentire alcune decisioni (Cass. 3 settembre 2013, n. 20169, non massimata; Cass. 27 febbraio 2013, n. 4959; Cass. 6 agosto 2010, n. 18437), che pero’, in motivazione, contengono agganci per l’una e per l’altra tesi, e mirano in realta’ a risolvere una diversa questione come thema decidendum, ossia la decorrenza dalla sentenza dichiarativa di fallimento o no; mentre resta anodina al riguardo una recente pronuncia (Cass. 16 aprile 2018, n. 9290), attinente alla diversa questione della revoca dell’ammissione del debitore al concordato preventivo intervenuta un rilevante intervallo di tempo prima della dichiarazione di fallimento.

2.2. – In una decisione si e’ specificamente precisato che i termini per la proposizione delle azioni revocatorie fallimentari, previste dalla L. Fall., articolo 67, decorrono, in caso di consecuzione fra le procedure, a ritroso dalla data di ammissione dell’imprenditore al concordato preventivo, e non dalla data di presentazione della domanda (Cass. 7 maggio 1991, n. 5025).

Tale sentenza chiarisce ulteriormente come non abbia pregio la tesi – oggi riproposta dal fallimento ricorrente – secondo cui solo gli effetti che presuppongono l’intervento degli organi fallimentari sarebbero differiti alla data del provvedimento di ammissione alla procedura di concordato preventivo, mentre tutti gli altri effetti derivanti o incidenti sul principio del rispetto della par condicio creditorum prenderebbero l’avvio dalla data di presentazione della proposta di concordato.

Infatti, il principio giurisprudenziale della consecuzione delle procedure, come ricorda detta decisione, da un lato non avrebbe potuto – se non in modo arbitrario – modificare la chiara disciplina dettata dalla L. Fall., articolo 169, che determina in modo tassativo gli effetti riconducibili alla data di presentazione della domanda di concordato; dall’altro, ha inteso, parificare – al solo fine dell’esercizio delle azioni revocatorie suddette – due atti “come omogenei” del tribunale fallimentare: l’ammissione alla procedura di concordato e la dichiarazione di fallimento.

Come ivi si afferma: “Opinare diversamente significherebbe attribuire alla domanda di ammissione al concordato un senso ed un effetto di gran lunga diversi e maggiori da quelli collegabili alla domanda dello stesso imprenditore, che richieda la dichiarazione del proprio fallimento”.

E’ evidente, allora, come sia ragionevole far decorrere a ritroso il termine per l’esercizio delle azioni revocatorie dalla data che consacra in un provvedimento giurisdizionale l’accertamento dello stato dell’impresa, a tutela della par condicio creditorum, e come non possano attribuirsi alla domanda di concordato effetti diversi da quelli previsti dagli articoli richiamati dalla L. Fall., articolo 169, avendo tale norma, accanto alla tutela delle ragioni dei creditori, la funzione strumentale, rispetto alla finalita’ tipica del concordato preventivo, consistente nel conciliare il regolamento del dissesto con la conservazione dell’impresa (cfr. ancora Cass. 7 maggio 1991, n. 5025).

Occorre dunque concludere nel senso che, nel regime applicabile ratione temporis, solo alcuni effetti retroagiscono alla data della presentazione della domanda di concordato preventivo, mentre gli altri si producono unicamente con il decreto che dichiara aperta la procedura stessa; e, pertanto, difettando una previsione specifica, il termine per la proposizione dell’azione revocatoria decorre dalla data del decreto che dichiara aperta la procedura di concordato preventivo, il quale accerta con una pronuncia giurisdizionale la situazione dell’impresa.

2.3. – Se questo era il diritto vivente risalente al periodo anteriore alla L. Fall., nuovo articolo 69-bis, in cui si reputava identico il presupposto del concordato preventivo e del fallimento sul piano normativo (l’insolvenza), la situazione muta con il 2012.

E’ stata, invero, introdotta la nuova disposizione della L. Fall., articolo 69-bis, comma 2, in comma aggiunto dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 33, comma 1, lettera a-bis, n. 2, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, con la quale si e’ stabilito che “Nel caso in cui alla domanda di concordato preventivo segua la dichiarazione di fallimento, i termini di cui all’articolo 67, commi 1 e 2… decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese”.

La ratio della novita’ si collega alla possibilita’ per l’imprenditore di presentare una domanda di concordato preventivo c.d. in bianco, ai sensi della L. Fall., articolo 161, comma 6, ossia con riserva di disvelare in seguito la proposta ed il piano, norma del pari introdotta dal Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, articolo 33, comma 1, lettera b, n. 4, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134.

La previsione di cui alla L. Fall., articolo 69-bis, pertanto, e’ gia’ stata da questa Corte (cfr., in tal senso, Cass. 29 marzo 2016, n. 6045) condivisibilmente reputata come avente una portata innovativa, laddove ha inteso fissare il dies a quo per le azioni revocatorie non nel momento di ammissione al concordato, ma piuttosto addirittura alla data di pubblicazione della domanda.

Per il periodo anteriore all’entrata in vigore della nuova previsione, occorre allora ribadire il principio della decorrenza del periodo sospetto al momento del deposito del decreto di ammissione al concordato preventivo.

2.4. – Giova appena rilevare come la L. 19 ottobre 2017, n. 155, Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza, all’articolo 7, comma 4, lettera b), abbia significativamente e con coerenza previsto l’adozione di misure dirette a “far decorrere il periodo sospetto per le azioni di inefficacia e revocatoria, a ritroso, dal deposito della domanda cui sia seguita l’apertura della liquidazione giudiziale, fermo restando il disposto del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, articolo 69-bis, comma 2”.

E come, quindi, la riforma del diritto concorsuale, di recente elaborata in attuazione della Legge Delega 19 ottobre 2017, n. 155, abbia collegato il dies a quo per le azioni di inefficacia e revocatorie al giorno in cui e’ stata presentata la domanda cui e’ seguita l’apertura della liquidazione giudiziale (articoli 163, 166; v. pure l’articolo 299 sulla l.c.a.), norma evidenziata come “rilevante novita’” dalla Relazione, al fine di far si’ che “il tempo decorrente tra il deposito e l’apertura non vada in danno dei creditori rendendo irrevocabili gli atti maggiormente risalenti”.

3. – In conclusione, il ricorso va respinto.

I chiarimenti circa la portata innovativa della riforma del 2012 resi solo dopo il ricorso giustifica la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese processuali.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.