il potere del correntista di chiedere alla banca di fornire la documentazione relativa al rapporto di conto corrente tra gli stessi intervenuto puo’ essere esercitato, ai sensi dell’articolo 119, comma 4, TUB (Decreto Legislativo n. 385 del 1993), anche in corso di causa ed attraverso qualunque mezzo si mostri idoneo allo scopo.

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Corte di Cassazione|Sezione 1|Civile|Ordinanza|24 maggio 2019| n. 14231

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ACIERNO Maria – Presidente

Dott. MARULLI Marco – rel. Consigliere

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9112/2015 proposto da:

(OMISSIS), e (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

BANCA (OMISSIS) scarl, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 581/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata l’11/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 11/04/2019 dal Cons. Dott. MARULLI MARCO.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Milano, definendo con l’epigrafata sentenza i contrapposti appelli di entrambe le parti avverso la decisione che in primo grado aveva respinto la domanda di (OMISSIS) nei confronti della Banca (OMISSIS), intesa a denunciare che la banca aveva mal gestito la propria posizione in essere con la medesima generando un ingente saldo debitorio, ed aveva invece accolto la riconvenzionale della banca condannando il (OMISSIS) al pagamento del detto saldo debitorio, ha parzialmente accolto l’appello principale del (OMISSIS), disponendo che dalla somma da lui dovuta sia detratto l’ammontare corrispondente a tre polizze vita realizzate a favore della banca ed ha invece respinto l’appello incidentale di quest’ultima, confermando riguardo ad ogni altra ragione di gravame quanto gia’ deliberato dal giudice di prime cure.

2. In particolare, onde motivare il proprio assunto, il giudice d’appello, pur non trascurando di osservare previamente che l’appello del (OMISSIS), in relazione allo statuto di declinabilita’ del mezzo, “sfiori pericolosamente la preliminare censura di inammissibilita’”, si e’ dato tuttavia cura, nel merito, di rimarcare, prima, le ragioni gia’ enunciate dal primo giudice a supporto del rigetto dell’istanza di esibizione del (OMISSIS) degli assegni posti all’incasso sul suo conto, allo scopo rendendosi disponibile l’articolo 119 TUB, tra i documenti mentovati dal quale andavano di certo “comprese anche le copie degli assegni negoziati sui conti de quibus”, sospettati dal deducente di aprocrificita’;

poi, di smentire le deduzioni in punto di illecita gestione della posizione poiche’ cosi’ argomentando il (OMISSIS) fingeva “di ignorare l’insostenibilita’ logica della prospettazione”, dato che non altri se non il titolare del conto, ovvero lui stesso, avrebbe potuto chiedere un aumento dei fidi concessigli; e, quindi, di confutare la pretesa inerente il mancato storno dal saldo passivo di 38 libretti al portatore e del dossier titoli, trattandosi di “affermazione anche in questo caso priva di conforto probatorio”, accogliendo al riguardo la diversa pretesa inerente le polizze vita, non costituendo essa, alla luce dell’atto di citazione, domanda “del tutto nuova”.

3. La cassazione di detta sentenza e’ ora chiesta in via principale dal (OMISSIS) con ricorso affidato a tre motivi ed illustrato pure con memoria, cui replica la banca con controricorso contenente ricorso incidentale su due motivi.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con il primo motivo del proprio ricorso incidentale – con cui si addebita alla sentenza impugnata, nel contempo, un vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione ed un errore di diritto nell’applicazione dell’articolo 342 c.p.c., poiche’, pur ravvisando l’inammissibilita’ della proposta impugnazione la Corte d’Appello, non ne avrebbe tratto le debite conseguenze, procedendo, comunque, all’esame di merito dei singoli motivi di gravame senza dare di cio’ alcuna giustificazione – la banca solleva una questione preliminare di rito, in grado se fondata, di precludere l’esame delle censure che il ricorrente principale muove alla sentenza impugnata con il proprio ricorso.

Di essa, tuttavia, pur se il ricorso incidentale non sia formalmente condizionato, non si rende necessario l’esame in via prioritaria, dato che, come questa Corte ha gia’ avuto occasione di affermare anche recentemente, il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito che investa questioni pregiudiziali di rito va inteso alla stregua del principio della ragionevole durata del processo ed “ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, e deve essere esaminato con priorita’ solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d’ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita da parte del giudice di merito”, diversamente – ovvero come qui ove il punto contestato e’ stato fatto oggetto di espressa decisione – permanendo l’interesse della parte alla sua definizione unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale (Cass., Sez. III 14/03/2018, n. 6138).

5.1. Venendo percio’ alla disamina del primo motivo del ricorso principale, con esso parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’articolo 210 c.p.c. e articolo 2697 c.c., per aver il decidente del grado erroneamente confermato la legittimita’ del rigetto pronunciato dal giudice di primo grado dell’istanza di esibizione volta ad acquisire al processo gli assegni posti all’incasso sul conto del ricorrente, malgrado essi fossero privi della firma del (OMISSIS) e fossero acquisibile solo a mezzo di esibizione.

Analoga censura e’ declinata anche con il terzo motivo di ricorso mediante il quale il ricorrente principale, tra l’altro, lamenta sempre la violazione dell’articolo 210 c.p.c., in relazione al mancato ordine di esibizione di 38 libretti di risparmio al portatore per il controvalore di Euro 364.091,34 e del dossier titoli 0387 di complessivi Euro 250.000 circa, i cui documenti erano stati dati in garanzia alla banca e di cui era verosimile che la banca avesse provveduto al realizzo a fronte dell’inadempimento di esso ricorrente.

5.2. Il motivo e’ fondato ed il suo accoglimento, caducando la decisione in parte qua, determina l’assorbimento anche del secondo motivo e della residua censura sviluppata con il terzo motivo di ricorso.

5.3. E’ convinzione che questa Corte ha inteso enunciare riguardo al tema proposto dalla doglianza – che, quantunque, formalmente incidente sulla violazione della norma processuale, porta ad occuparsi, anche perche’ in questa direzione e’ venuto orientandosi il decidente, del rapporto tra detta norma e l’articolo 119, comma 4, TUB -che “il diritto del cliente ad avere copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, sancito dall’articolo 119 TUB abbia natura sostanziale e non meramente processuale e la sua tutela si configuri come situazione giuridica “finale”, a carattere non strumentale.

Esso, infatti”, si e’ precisato, “non si esplica nell’ambito di un processo avente ad oggetto l’attuazione di un diverso diritto, ma si configura esso stesso come oggetto del giudizio intrapreso nei confronti della banca in possesso della documentazione richiesta e prescinde dall’eventuale uso che di questa il richiedente possa eventualmente voler fare in altre sedi” (Cass., Sez. I, 12/05/2006, 11004).

Questo rilievo, a cui ha fatto seguito la notazione che la norma da’ vita a una facolta’ che non e’ soggetta a restrizioni e, specularmente, ad un dovere di protezione in capo all’intermediario, unito al fatto che nel panorama delle garanzie apprestate dalle norme in materia di trasparenza bancaria, l’articolo 119, comma 4, TUB costituisca, forse, uno degli strumenti piu’ incisivi a tutela della clientela, e’ ragione per tributare alla norma un raggio ampio di efficacia, che non ne circoscriva l’applicazione alla sola fase stragiudiziale del rapporto correntista-banca, ma che, al contrario, proprio nel giudizio veda realizzato il proprio scopo.

Si e’ cosi’ affermato che “il potere del correntista di chiedere alla banca di fornire la documentazione relativa al rapporto di conto corrente tra gli stessi intervenuto puo’ essere esercitato, ai sensi dell’articolo 119, comma 4, TUB (Decreto Legislativo n. 385 del 1993), anche in corso di causa ed attraverso qualunque mezzo si mostri idoneo allo scopo” (Cass., Sez. I, 11/05/2017, n. 11554).

In tal modo si e’ venuto ridisegnando il rapporto tra la norma in disamina e l’articolo 210 c.p.c., in termini diametralmente opposti rispetto a quelli enunciati nella sentenza impugnata, rivelandosi invero errato credere che l’ordine di esibizione dell’articolo 210 c.p.c., costituisca uno strumento alternativo rispetto a quello delineato dall’articolo 119, comma 4, TUB; e cio’ perche’ mentre il primo opera sul piano del processo e costituisce al piu’ il mezzo attraverso il diritto sancito dal secondo potrebbe esplicarsi, il secondo conferisce un diritto e rileva percio’ sul piano del rapporto tra banca e correntista regolato dal diritto sostanziale. Nessuna inferenza interpretativa in chiave restrittiva percio’ legittima il raffronto dell’articolo 119, comma 4, TUB e l’articolo 210 c.p.c., onde puo’ conclusivamente convenirsi – cassando percio’ il diverso opinamento divisato dal decidente del grado – che “il titolare di un rapporto di conto corrente ha sempre diritto di ottenere dalla banca il rendiconto, ai sensi del Decreto Legislativo n. 385 del 1993, articolo 119 (TUB), anche in sede giudiziaria, fornendo la sola prova dell’esistenza del rapporto contrattuale, non potendosi ritenere corretta una diversa soluzione sul fondamento del disposto di cui all’articolo 210 c.p.c., perche’ non puo’ convertirsi un istituto di protezione del cliente in uno strumento di penalizzazione del medesimo, trasformando la sua richiesta di documentazione da libera facolta’ ad onere vincolante” (Cass., Sez. VI-I, 8/02/2019, n. 3875).

6. Accolto percio’ il primo motivo del ricorso principale, si rende necessario esaminare il ricorso incidentale.

7. Il primo motivo – con cui, lo si ricorda, la banca resistente reclama la cassazione della impugnata sentenza nel contempo per un vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione ed un errore di diritto nell’applicazione dell’articolo 342 c.p.c., poiche’, pur ravvisando l’inammissibilita’ della proposta impugnazione la Corte, non ne avrebbe tratto le debite conseguenze, passando all’esame di merito dei singoli motivi di gravame senza dare di cio’ alcuna giustificazione – e’ privo di conferenza cassatoria, dal momento che esso non intercetta alcuna criticita’ decisionale in capo alla sentenza, posto che la considerazione del decidente secondo cui “il gravame sfiora pericolosamente la preliminare censura di inammissibilita’” costituisce poco piu’ di una coloritura motivazionale non sfociante in un concreto dictum e per di piu’ privata di ogni ipotetica allusione decisionale dal fatto che l’appello e’ stato esaminato e deciso con pronuncia di merito.

8. Quanto al secondo motivo di detto ricorso, con cui la banca si duole dello storno operato dal decidente d’appello delle somme realizzate a mezzo della riscossione delle polizze vita costituite in garanzia a favore della banca, trattandosi di domanda nuova in precedenza non proposta e, percio’ declinata in violazione, in particolare, dell’articolo 345 c.p.c., oltre che accolta in sentenza con motivazione carente, illogica e contraddittoria, esso si rivela infondato quanto alla prima allegazione ed inammissibile con riferimento alla seconda.

Circa quest’ultima vale ricordare che la specie soggiace al dettato vigente dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che ha ridotto al minimo costituzionale il sindacato di legittimita’ sulla motivazione, ora limitato al solo omesso esame di un fatto decisivo che abbia formato oggetto di discussione tra le parti, espungendo, con la sola riserva della violazione di legge costituzionalmente rilevante, dal relativo perimetro di censurabilita’ ogni altra diversa doglianza motivazionale.

Relativamente alla prima, si impone invece di osservare che la Corte d’Appello, avanti alla quale l’eccezione oggi esternata con il motivo era gia’ stata sollevata, denunciandosi la novita’ della deduzione in punto di storno gia’ nel giudizio di primo grado, si e’ data cura di replicare, giudicando l’eccezione percio’ priva di pregio, che “gia’ l’atto di citazione introduttivo del primo grado di giudizio fa riferimento alla “consegna all’istituto di garanzie reali” (tra le quali figurano nominatim le tre polizze oggi in contestazione, cosicche’ la loro produzione operata con l’anzidetta memoria di “deduzioni istruttorie” puo’ apprezzarsi come funzionale aduna modificazione, processualmente consentita, dell’originale domanda di accertamento dell'”effettivo saldo sul conto corrente n. 151 formulata nelle conclusioni (pagg. 4 e 5) del detto atto di citazione”.

Ora, poiche’, come si insegna stabilmente, l’interpretazione della domanda e l’apprezzamento della sua ampiezza, oltre che del suo contenuto, costituiscono, anche nel giudizio di appello, un tipico apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, ne discende che la valutazione al riguardo dalla Corte d’Appello non e’ sindacabile in sede di legittima e che, di conseguenza, non sussiste la lamentata violazione di rito se il giudice d’appello abbia ritenuto, come appunto avvenuto qui, che la contestata deduzione fosse gia’ stata declinata nell’atto introduttivo del giudizio.

9 Va, dunque accolto il primo motivo del ricorso principale e, limitatamente alla medesima doglianza ivi trasfusa, il terzo motivo di esso, assorbito il secondo motivo e la residua doglianza del terzo motivo.

Il ricorso incidentale va invece respinto.

Debitamente cassata percio’ la sentenza nei limiti dei motivi accolti la causa va rinviata avanti al giudice a quo per il necessario seguito ai sensi dell’articolo 383 c.p.c., comma 1 e articolo 384 c.p.c., comma 2, nonche’ ai fini della regolazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo del ricorso principale e, limitatamente alla medesima doglianza ivi trasfusa, il terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo motivo e la residua doglianza del terzo motivo; respinge il ricorso incidentale; cassa l’impugnata sentenza nei limiti delle doglianza accolte e rinvia la causa avanti alla Corte d’Appello di Milano che, in altra composizione, provvedera’ pure alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.