può considerarsi provato il saldo finale di ciascun estratto conto, quando il destinatario del medesimo non abbia mosso tempestivi rilievi circa l’eventuale omissione del conto precedente, cui l’ultimo estratto faccia anche implicito riferimento per il saldo iniziale. D’altra parte, per ciò che concerne la mancata contestazione degli estratti conto, l’approvazione dell’estratto-conto rende incontestabili soltanto le registrazioni a debito e credito nella loro realtà contabile, ma non anche l’efficacia e la validità dei rapporti sostanziali.

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Tribunale Roma, Sezione 17 civile Sentenza 2 gennaio 2019, n. 21

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA

SEZIONE XVII CIVILE

Il Giudice, in persona del dr. Tommaso MARTUCCI, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel procedimento civile di I grado iscritto al n. 21281/2014 del Ruolo Generale degli Affari Civili, posto in deliberazione all’udienza del 4/10/2018 e promosso da:

(…) S.R.L.

(…) nato a (…) il (…), residente ad A. (C.), alla Via (…), (C.F.: (…))

(…) nata a M. l'(…), residente a M. (M.), alla Via (:..), (C.F.: (…))

(…) nato a R. T. (V.) il (…), residente in M. (M.), alla Via (…), n. 1, C.F.: ((…))

elettivamente domiciliati in Roma, Via (…) presso lo studio dell’Avv. Ma.Sc.; rappresentati e difesi, in forza di delega a margine dell’atto di citazione, dall’Avv. Ma.Gu.

ATTORI

contro

(…) S.p.A. con Direzione Generale in Piazza Gae Aulenti 3 – Tower A – 20154 Milano, (C.F. e P. IVA: (…)), elettivamente domiciliata in Roma, via di San Valentino n. 21 presso lo studio dell’avv. Francesco Carbonetti, che la rappresenta e difende giusta procura generale del 29 ottobre 2010 ricevuta dal Notaio C.V. di B., rep. n. (…), racc. n. (…)

CONVENUTA

FATTO-DIRITTO

MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione notificato in data 24/3/2014 la s.r.l. (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, (…), (…) e (…) convenivano in giudizio avanti all’intestato Tribunale la S.p.A. (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, per ivi sentire accogliere le seguenti conclusioni: “Voglia l’Ill.mo sig. Giudice adito, NEL MERITO:

– Accertato e dichiarato che la Banca convenuta ha proceduto sul conto ad applicazione di tassi usurari, condizioni non contrattualizzate (per assenza di contratto ex art. 1842 c.c.) e pattuite con conseguente applicazione di tassi usurari, spese e commissioni non contrattualizzate, e, conseguentemente, pronunciarsi:

a) sulla gratuità della linea di credito, come concessa e sulla inidoneità ed invalidità del contratto di corrispondenza a regolamentare la linea di credito ad esso appoggiata;

b) sulla illegittimità dell’applicata capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e sull’applicazione dei tassi passivi (perché usurari ex art. 1815, II comma, c.c.);

c) sulla illegittimità dell’applicazione di tassi ultralegali non concordati in costanza di rapporto;

d) sull’illegittimità dell’applicazione della commissione di massimo scoperto, perché non concordata e dei tassi extrafido, applicati ma non concordati, nonché dello ius variandi, dichiarando nulle ed inefficaci le variazioni avvenute in costanza di rapporto e non concordate;

– accertare e dichiarare che la banca convenuta ha pattuito ed applicato tassi usurari per cui a tale titolo nulla è dovuto per tutto il rapporto e, conseguentemente, a mezzo della espletanda CTU, procedere al ricalcolo su base annuale, senza anatocismo alcuno, senza spese e commissioni dal sorgere del rapporto ad oggi e senza interessi ad alcun saggio, al fine di rideterminare il reale saldo conto (“dare – avere tra le parti”) alla data di recesso ovvero di citazione e, per l’effetto, con la emananda sentenza ed alla luce delle risultanze dell’espletanda istruttoria, statuire come di Giustizia in ordine alla condanna dell’Istituto di credito convenuto alla restituzione delle somme indebitamente percepite, con interessi e rivalutazione dalla domanda al saldo previa compensazione tra quanto pagato in eccesso da attrice per le causali dedotte in atti e in perizia (salva la gratuità) e quanto asseritamente dovuto a (…) S.p.a.;

– ordinare alla Banca convenuta, qualora non vi avesse già provveduto spontaneamente, di effettuare la corretta segnanlazione del presente procedimento in C.R. sotto la voce “stato del rapporto” contestato, ai sensi del 13 e 14 aggiornamento della Circolare B.I. 11.02.1991 n.139 e successive modifiche ed integrazioni;

– accertare e dichiarare la liberazione dei prestatori di garanzia fideiussoria Sigg.ri (…), (…) e (…) per un’obbligazione futura ex art. 1956 c.c. IN VIA ISTRUTTORIA: si fa istanza, sin da ora, all’Ill.mo Giudice adito di voler ammettere una CTU -Consulenza Tecnica d’Ufficio – contabile e ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. avverso la banca convenuta, di copia dei contratti di corrispondenza (art. 1823 c.c.), dell’apertura di credito (1842 c.c.), degli estratti conto dall’inizio del rapporto, delle fideiussioni eventualmente rilasciate , se inevasa, sul punto, l’istanza ex art. 119 TUB formulata dagli attori a mezzo dello scrivente. IN OGNI CASO

Con vittoria di spese, compensi determinati ex D.M. n. 55 del 2014, oltre CPA e IVA e oneri accessori tutti di legge del presente giudizio nonché del procedimento di mediazione”.

La parte attrice esponeva che la s.r.l. (…) aveva intrattenuto il rapporto di conto corrente n. (…) ed un contratto di apertura di credito chirografario con la convenuta e che, nel corso di detti rapporti, la banca aveva preteso indebitamente la corresponsione di somme a titolo di interessi, anatocismo e commissioni di massimo scoperto superiori al tasso soglia antiusura, in violazione dell’art. 644 c.p. e della L. n. 108 del 1996.

In particolare, gli attori deducevano, relativamente al contratto di conto corrente n. (…):

– la usurarietà oggettiva in relazione ai seguenti periodi: I, II, III, IV trimestre 2012; I, II, III trimestre 2013, IV trimestre 2011, per complessivi Euro 14.453,91;

– l’illegittima applicazione della capitalizzazione degli interessi;

– l’usurarietà soggettiva, avuto riguardo alle condizioni della società correntista ed all’andamento dei rapporti tra le parti, nonché agli alti tassi di interesse applicati dalla banca;

– la illegittima applicazione dei giorni di valuta.

La S.p.A. (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, costituitasi con comparsa del 28/11/2014, concludeva come segue: “Voglia l’Ill.mo Tribunale di Roma, contrariis reiectis, previe le declaratorie tutte del caso in rito e merito, così giudicare:

nel merito in via principale:

respingere ogni domanda attorea per le ragioni di cui al presente atto;

sempre nel merito, in via riconvenzionale preliminare emettere ordinanza ex art. 186 ter c.p.c. provvisoriamente esecutiva, ai sensi del secondo comma del predetto art. 186 ter c.p.c. nei confronti di (…) S.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore e dei sigg.ri (…), (…) e (…) nella loro qualità di fideiussori della società (…) S.r.l., con ingiunzione di pagare in favore della (…) S.p.A., ricorrendo i presupposti di cui all’art. 633 comma 1 n. 1), in via solidale tra loro, l’importo di Euro 74.556,70 di cui al certificato ex art. 50 TUB, estratti conto integrale e scalare prodotti quali documenti 10, 11, 12 oltre interessi convenzionali dal dovuto al saldo;

nel merito, in via riconvenzionale

accertare e dichiarare che (…) S.p.A. è creditrice nei confronti di (…) S.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore e dei sigg.ri (…), (…) e (…) nella loro qualità di fideiussori della società (…) S.r.l., della somma complessiva di Euro 74.556,70, di cui al certificato ex art. 50 TUB, agli estratti conto integrale e scalare prodotti quali documenti 10, 11, 12 oltre interessi convenzionali dal dovuto al saldo o della diversa somma ritenuta in corso di causa e per l’effetto condannare al pagamento, in favore di (…) S.p.A. come in atti, (…) S.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore ed i sigg.ri (…), (…) e (…) nella loro qualità di fideiussori della società (…) S.r.l., in via solidale tra loro, al versamento dell’importo di Euro 74.556,70 oltre interessi convenzionali dal dovuto al saldo o della diversa somma ritenuta in corso di causa.

nel merito, in via subordinata:

nella denegata ipotesi in cui il Tribunale adito dovesse ritenere come non validamente pattuite le condizioni economiche, disporre, nel procedere al ricalcolo dei saldi contabili, l’applicazione del tasso sostitutivo ex art. 117, VII comma T.U.B., con applicazione della capitalizzazione trimestrale degli interessi in via istruttoria: ci si oppone sin d’ora all’istanza ex art. 210 c.p.c. avanzata dagli Attori perché infondata ed illegittima ed altresì all’ammissione della CTU contabile in quanto meramente esplorativa.

Con ogni riserva, ivi compresa quella di ulteriormente dedurre, produrre di articolare prove ed indicare testimoni. In ogni caso: con vittoria di spese, compensi professionali, oltre alla rifusione degli oneri fiscali, previdenziali e degli accessori come per legge”.

La convenuta esponeva di aver stipulato con la società attrice il contratto di conto corrente ordinario n. (…) in data 11/11/2011 e due contratti di affidamento, di importi pari, rispettivamente, ad Euro 40.000,00 e ad Euro 60.000,00, in ordine ai quali (…), (…) e (…) si erano costituiti fideiussori fino alla concorrenza di Euro 130.000,00, dando atto che la s.r.l. (…), in data 23/12/2013, si era riconosciuta debitrice della S.p.A. (…), sottoscrivendo un piano di rientro, rimasto disatteso, sicché la banca aveva comunicato il recesso dai contratti inter partes, intimando ai garanti il pagamento delle somme dovute.

Contestava le pretese creditorie attoree, evidenziandone in primis la mancanza di prova ed eccependo che i tassi di interesse pattuiti ed applicati erano conformi alla disciplina di cui alla L. n. 108 del 1996 e che la capitalizzazione trimestrale degli interessi era stata applicata in conformità della Del.CICR del 9 febbraio 2000; la banca contestava, inoltre, la genericità delle avverse deduzioni in ordine all’applicazione dei giorni di valuta e, quanto alla commissione di massimo scoperto, rappresentava che l’applicazione era avvenuta conformemente alle previsioni contrattuali, evidenziando, altresì, che il contratto inter partes era stato adeguato alla disciplina di cui all’art. 2-bis D.L. n. 185 del 2008, convertito con mod. con L. n. 2 del 2009, con conseguente infondatezza delle avverse doglianze.

Esperiti gli incombenti preliminari, intervenuto lo scambio delle memorie ex art. 183, co. VI c.p.c., all’udienza del 18/6/2015, il procuratore di parte attrice dava atto dell’intervenuto fallimento della s.r.l. (…), quindi il giudice dichiarava l’interruzione del giudizio.

Con ricorso depositato in data 19/10/2015, (…), (…) e (…) riassumevano il processo, chiedendo l’accoglimento delle conclusioni rassegnate in limine litis e la banca convenuta, con atto del 29/11/2016, eccepiva l’estinzione del processo per omessa tempestiva riassunzione, dando atto che la sentenza di fallimento della società attrice era stata pubblicata il 20/4/2015 e che (…), a quella data, era legale rappresentante della s.r.l. (…), quindi non poteva non essere a conoscenza della sentenza dichiarativa del fallimento della società. In seguito, il giudice ordinava ai ricorrenti in riassunzione di comprovare la notificazione del ricorso alla curatela del fallimento della s.r.l. (…), adempimento cui i predetti attori non davano corso, quindi fissava per la precisazione delle conclusioni l’udienza del 4/10/2018, al cui esito, sulle conclusioni rassegnate, tratteneva la causa in decisione, concedendo alle parti i termini per le memorie conclusive.

Va preliminarmente disattesa l’eccezione di estinzione del processo sollevata dalla convenuta con atto depositato il 29/11/2016, nota peraltro non autorizzata: ed invero, conformemente alla giurisprudenza prevalente, il nuovo terzo comma dell’art. 43 L. Fall. sancisce l’interruzione automatica del giudizio a seguito della dichiarazione di fallimento di una delle parti.

Conseguentemente “non è necessaria la dichiarazione da parte del procuratore di tale parte o la notificazione dell’evento interruttivo alle controparti, secondo quanto disposto dall’art. 300, primo comma, c.p.c., come invece nel regime processuale anteriormente vigente (cfr. Trib. Terni, 21 febbraio 2011), avendo significato tale norma una deroga alla disciplina dell’art. 300 c.p.c. in quanto “non richiede ulteriori fatti per l’interruzione” (cfr. Trib. Modena, n. 150 del 20 gennaio 2012); nondimeno, nella specie non vi è prova che (…), (…) e (…) abbiano avuto conoscenza legale del fallimento della s.r.l.

(…) oltre tre mesi prima della proposizione del ricorso di assunzione del 19/10/2015.

Deve, infatti, sottolinearsi che la “conoscenza legale” – locuzione che esprime un concetto tecnico giuridico che, generalizzandosi, potrebbe definirsi come un effetto che l’ordinamento giuridico ricollega, in capo ad un soggetto, al verificarsi di un evento o di specifiche circostanze – può dirsi realizzatasi, quanto all’evento che determina l’interruzione di un giudizio, esclusivamente in presenza di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento medesimo, assistita da fede privilegiata essendo insufficiente la conoscenza altrimenti acquisita dalla parte, sicché quella locuzione, come è palese, attribuisce rilievo non solo al mezzo di diffusione della notizia, ma anche alla fonte dalla quale essa proviene (cfr. Cass. civ. n. 9578 del 18/04/2018).

E’ parimenti infondata l’eccepita improcedibilità del processo per la mancanza di prova della notificazione del ricorso in riassunzione e del decreto di fissazione dell’udienza alla curatela del fallimento della s.r.l. (…), poiché a tale omissione consegue l’estinzione del solo rapporto processuale tra la curatela del fallimento della s.r.l. (…) e le altre parti del giudizio, non anche l’improcedibilità dell’intero processo.

Conformemente alla giurisprudenza prevalente, in tema di litisconsorzio facoltativo, ove all’interruzione del processo per morte di uno dei creditori o condebitori non segua l’atto di riassunzione effettuato nel termine previsto nei confronti dei suoi eredi, il processo prosegue solo per i rapporti processuali relativi alle parti regolarmente citate, mentre, con riguardo alla parte deceduta, si estingue in applicazione del principio di cui all’art. 1306 c.c., per cui, anche in caso di rapporto plurisoggettivo solidale, sono possibili le azioni di un solo contitolare o verso un solo contitolare, dirette a perseguire l’adempimento dell’obbligazione (cfr. Cass. civ. n. 21170 del 20/10/2015).

Nel merito, con particolare riferimento alla causa petendi, (…), (…) e (…) chiedono l’accertamento della nullità parziale ex art. 1815 c.c. del contratto di c/c n. (…) stipulato tra s.r.l. (…) e la convenuta, garantito da (…), (…) e (…), con conseguente condanna della S.p.A. (…) alla ripetizione delle somme indebitamente percepite a titolo di interessi e commissioni.

Le domande sono infondate.

Il rapporto controverso traeva origine dal contratto di conto corrente n. (…) stipulato tra la s.r.l. (…) e la S.p.A. (…), con cui erano state pattuite le seguenti condizioni:

tasso creditore annuo: 0,01000%;

tassi d’interesse per sconfinamento in assenza di fido: TAN 14,50000%, TAEG 15,30766%;

commissione per utilizzi in assenza di fido fondi applicata giornalmente ogni Euro 1000,00 – o frazione – di saldo debitore e solo per sconfinamenti superiori ad Euro 50,00 giornalieri.

Con lettera sottoscritta l’11/11/2011 (…), (…) e (…) si sono costituiti fideiussori della s.r.l. (…) fino all’importo di Euro 130.000,00 per le obbligazioni da quest’ultima assunte nei confronti della S.p.A. (…).

Emerge, inoltre, per tabulas che la S.p.A. (…) ha concesso alla s.r.l. (…), in data 11/11/2011, due aperture di credito per gli importi, rispettivamente, di Euro 40.000,00 e di Euro 60.000,00.

Orbene, quanto all’eccepita usurarietà dei tassi di interesse applicati, si osserva che, ai fini della verifica del rispetto della normativa in materia antiusura, deve aversi riguardo al momento della stipulazione, essendo del tutto irrilevante il fenomeno della cosiddetta usura sopravvenuta: osserva a tale riguardo il recente arresto delle sezioni unite della Suprema Corte che, nei contratti di mutuo, allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura, come determinata in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula, né la pretesa del mutuante, di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato, può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di detta soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto (cfr. Cass. civ. sez. un. n. 24675 del 19/10/2017).

Nella specie, i tassi d’interesse previsti sono inferiori al tasso soglia antiusura vigente all’epoca della stipulazione del contratto de quo.

Parimenti infondate sono le contestazioni relative alle commissioni previste ed applicate al rapporto di conto corrente controverso.

La commissione di massimo scoperto (CMS), intesa come remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione dei fondi a favore del correntista indipendentemente dall’effettivo prelevamento della somma, applicata fino all’entrata in vigore dell’art. 2-bis del D.L. n. 185 del 2008, introdotto con la legge di conversione n. 2 del 2009, è “in thesi” legittima, almeno fino al termine del periodo transitorio, fissato al 31 dicembre 2009, posto che i decreti ministeriali che hanno rilevato il tasso effettivo globale medio (TEGM) – dal 1997 al dicembre del 2009 – sulla base delle istruzioni diramate dalla B.I., non ne hanno tenuto conto al fine di determinare il tasso soglia usurario (essendo ciò avvenuto solo dall’1 gennaio 2010); ne consegue che l’art. 2-bis del D.L. n. 185, cit. non è norma di interpretazione autentica dell’art. 644, comma 3, c.p., ma disposizione con portata innovativa dell’ordinamento, intervenuta a modificare – per il futuro – la complessa disciplina, anche regolamentare (richiamata dall’art. 644, comma 4, c.p.), tesa a stabilire il limite oltre il quale gli interessi sono presuntivamente sempre usurari.

Con il citato intervento legislativo del 2009 si è dunque stabilito che:

1) è legittima la commissione di massimo scoperto, sub specie sia di commissione di massimo scoperto, sia di commissione di messa a disposizione dei fondi;

2) vanno introdotte alcune limitazioni a tutela della clientela per entrambe le ipotesi (sussistenza di un saldo a debito – su un conto affidato – per un periodo continuativo pari o superiore a trenta giorni);

3) sono nulle le (sole) clausole contrattuali stipulate in violazione delle suddette limitazioni;

4) la CMS (letteralmente le “commissioni comunque denominate che prevedono una remunerazione per la banca dipendente dall’effettiva durata di utilizzazione dei fondi da parte del cliente”) è rilevante, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, ai fini dell’applicazione tanto dell’art. 1815 cod. civ. che dell’art. 644 cod. pen..

Può pertanto dirsi che la norma, pure omettendo ogni definizione più puntuale della CMS, abbia effettuato una ricognizione dell’esistente con l’effetto sostanziale di sancire definitivamente la legittimità di siffatto onere e, per tale via, di sottrarla alle censure di legittimità sotto il profilo della mancanza di causa.

Successivamente, l’art. 6-bis del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201-Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici, convertito con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, (inserito in sede di conversione), ha introdotto nel T.U.B. l’art. 117-bis rubricato “Remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti” e, poi, a distanza ravvicinata, prima l’art. 27, co. 4, del D.L. 24 gennaio 2012, n. 1-Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività, convertito con modificazioni dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, ha abrogato il primo e il terzo comma dell’art. 2-bis del D.L. n. 185 del 2009 e a seguire l’art. 1, co. 1, del D.L. 24 marzo 2012, n. 29-Disposizioni urgenti recanti integrazioni al D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, e al D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, nonché modifiche alla L. 31 luglio 1997, n. 249, convertito, con modificazioni, in L. 18 maggio 2012, n. 62, ha novellato l’art. 117-bis T.U.B..

Infine, in attuazione di quanto disposto dall’art. 117-bis, co. IV, T.U.B., è stato approvato il D.M. 30 giugno 2012, n. 644-Disciplina della remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti in attuazione dell’articolo 117-bis del Testo unico bancario, entrato in vigore il successivo 1 luglio 2012.

Nella formulazione dell’art. 117-bis attualmente vigente – nel testo a decorrere dal 22 maggio 2012 – al primo comma vengono tipizzate le commissioni di affidamento (CA) per l’apertura di credito in conto corrente, al secondo comma sono disciplinate le commissioni applicabili in caso di sconfinamento; il terzo comma prevede la nullità delle clausole che prevedono oneri diversi e non conformi a quelli indicati nei primi due.

Il quarto comma, infine, attribuisce al CICR la competenza ad adottare disposizioni, anche di trasparenza, applicative dell’articolo e ad estendere il raggio di azione della norma a contratti ulteriori rispetto ad aperture di credito e conti correnti “per i quali si pongano analoghe esigenze di tutela del cliente”.

Conseguentemente, nel vigore della nuova disciplina, i contratti di apertura di credito possono prevedere, quali unici “oneri” per il cliente, da un lato, una commissione “omnicomprensiva’ (ma inferiore allo 0,5 per cento per trimestre), “calcolata in maniera proporzionata rispetto alla somma a disposizione del cliente e alla durata dell’affidamento”, dall’altro, un tasso di interesse debitore sulle somme utilizzate.

Secondo quanto previsto dall’art. 3, comma 2, lett. il), del D.M. 30 giugno 2012, n. 644 (del CICR) la commissione di affidamento si applica “sull’intera somma messa a disposizione del cliente in base al contratto”, e per il periodo in cui la stessa somma è messa a disposizione del cliente.

Inoltre, secondo un recente arresto della Corte di Cassazione a sezioni unite, “Con riferimento ai rapporti svoltisi, in tutto o in parte, nel periodo anteriore all’entrata in vigore delle disposizioni di cui all’art. 2 bis D.L. n. 185 del 2008, inserito dalla legge di conversione n. 2 del 2009, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia dell’usura presunta come determinato in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996, va effettuata la separata comparazione del tasso effettivo globale d’interesse praticato in concreto e della commissione di massimo scoperto (CMS) eventualmente applicata – intesa quale commissione calcolata in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento – rispettivamente con il tasso soglia e con la “CMS soglia”, calcolata aumentando della metà la percentuale della CMS media indicata nei decreti ministeriali emanati ai sensi dell’art. 2, comma 1, della predetta legge n. 108, compensandosi, poi, l’importo della eventuale eccedenza della CMS in concreto praticata, rispetto a quello della CMS rientrante nella soglia, con il “margine” degli interessi eventualmente residuo, pari alla differenza tra l’importo degli stessi rientrante nella soglia di legge e quello degli interessi in concreto praticati (cfr. Cass. civ. sez. un. n. 16303 del 20/6/2018).

Nella specie, dal contratto di conto corrente in atti risulta che le commissioni sono state pattuite in conformità della normativa vigente all’epoca della stipulazione del contratto e non vi è idonea allegazione e prova dell’applicazione di commissioni in violazione del contratto o della legge, pertanto la loro applicazione si sottrae alle doglianze attoree.

Non ricorrono, inoltre, i presupposti dell’usura soggettiva, mancando la prova dello stato di bisogno della correntista e dell’approfittamento da parte della banca, né ricorre la sproporzione dei tassi di interesse pattuiti rispetto alle condizioni economiche della società attrice.

Parimenti infondata è la doglianza attorea concernente la capitalizzazione trimestrale degli interessi per asserita violazione della L. n. 342 del 1999, che prescrive la forma scritta della pattuizione in ordine all’anatocismo, e della Delib. del 9 febbraio 2000 del CICR.

Premesso che nella fattispecie vengono in rilievo rapporti contrattuali stipulati in data successiva all’entrata in vigore della Del.CICR del 22 aprile 2000, l’art. 8, n. 2) delle condizioni generali del citato contratto di conto corrente prevede, in conformità della citata delibera, la regolamentazione dei rapporti di dare/avere tra le parti con identica periodicità trimestrale: trattasi, quindi, di una clausola contrattuale conforme al disposto della Del.CICR del 9 febbraio 2000, che prevede la validità ed efficacia delle clausole contrattuali che, in materia di interessi, prevedono l’identica periodicità della loro capitalizzazione con riferimento agli interessi attivi e passivi.

Non vi è prova, inoltre, che sia stata applicata, da parte della banca, la capitalizzazione trimestrale degli interessi a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 147 del 2013, quindi, a prescindere dalla questione dell’applicabilità della citata normativa al rapporto controverso, la relativa domanda attorea di accertamento della nullità parziale del contratto è infondata.

E’ appena il caso di osservare che, nei rapporti bancari in conto corrente, il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione dell’indebito è tenuto a fornire la prova sia degli avvenuti pagamenti che della mancanza, rispetto ad essi, di una valida “causa debendi”, sicché il medesimo ha l’onere di documentare l’andamento del rapporto con la produzione di tutti quegli estratti conto che evidenziano le singole rimesse suscettibili di ripetizione in quanto riferite a somme non dovute (cfr. Cass. civ. n. 24948 del 23/10/2017: nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che aveva condannato la banca alla restituzione al correntista delle somme indebitamente trattenute, nonostante la produzione in giudizio soltanto di una parte degli estratti conto in cui erano state annotate le rimesse oggetto della domanda di ripetizione).

In tal senso è stato altresì ritenuto che l’onere probatorio gravante, a norma dell’art. 2697 c.c., su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l’estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto “fatti negativi”, in quanto la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo; tuttavia, in tal caso la relativa prova può esser data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, od anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo (cfr. Cass. civ. n. 9201 del 7/5/2015).

Venendo al caso di specie, gli attori non hanno specificamente allegato è comprovato la misura della ripetizione degli interessi applicata a far tempo dal 1/1/2014.

E’, quindi, infondata la domanda di nullità parziale dei rapporti inter partes, cui consegue l’infondatezza delle consequenziali domande risarcitorie attoree.

La S.p.A. (…) chiede, in via riconvenzionale, la condanna degli attori al pagamento della somma di Euro 74.556,70, oltre agli interessi convenzionali dal dovuto al saldo, quale saldo debitore a carico della s.r.l. (…) del conto corrente n. (…).

La domanda è fondata.

In tema di prova dell’adempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento (cfr., ex plurimis, Cass. sez. un. 30.10.2001, n. 13.533).

Con particolare riferimento ai rapporti di conto corrente bancario, l’estratto conto comunicato dalla banca al debitore principale e dal medesimo non impugnato nel termine di cui all’art. 1832 c.c., assume carattere di incontestabilità, sicché è idoneo a fungere da mezzo di prova anche nel successivo giudizio contenzioso instaurato nei confronti del fideiussore.

Gli “estratti-conto di chiusura”, ai fini di cui all’art. 1832, 2 comma, c.c., sono le comunicazioni al cliente sulla situazione finale del conto, inviate dalla banca non solo allo scioglimento del rapporto, ma anche alle scadenze periodiche contrattualmente previste, quando non si limitino a contenere l’indicazione del saldo, con il calcolo delle spese e degli interessi, ma portino anche un preciso riferimento alle partite di dare ed avere che hanno condotto a quel risultato: inoltre, ai fini indicati, la riproduzione di tutte le partite contabili non è necessaria quando l’estratto conto finale faccia seguito e richiami espressamente precedenti estratti parziali, inviati al cliente con l’indicazione di tutte le operazioni afferenti il relativo periodo (in quanto, in detta situazione, viene ugualmente soddisfatta l’esigenza di porre il cliente medesimo in condizione di riscontrare ogni eventuale vizio incidente sul saldo finale), essendo, in tal caso, sufficiente, affinché decorra il termine semestrale di decadenza di cui all’art. 1832 c.c., che l’estratto conto relativo alla liquidazione di chiusura dia al correntista la comunicazione del saldo definitivo riflettente il periodo considerato, comprensivo delle spese e degli interessi (cfr. Cass. civ. n. 2802 del 5 febbraio 2009).

Infatti può considerarsi provato il saldo finale di ciascun estratto conto, quando il destinatario del medesimo non abbia mosso tempestivi rilievi circa l’eventuale omissione del conto precedente, cui l’ultimo estratto faccia anche implicito riferimento per il saldo iniziale (cfr. Cass. civ. n. 817 del 19/01/2016).

D’altra parte, per ciò che concerne la mancata contestazione degli estratti conto, l’approvazione dell’estratto-conto rende incontestabili soltanto le registrazioni a debito e credito nella loro realtà contabile, ma non anche l’efficacia e la validità dei rapporti sostanziali (cfr. Cass. civ. n. 23974 del 25/11/2010).

Nella specie, premesso quanto sopra esposto circa l’infondatezza delle domande attoree e delle relative doglianze circa il rapporto di conto corrente controverso, la banca ha adempiuto l’onere probatorio a suo carico, avendo versato in atti il contratto di conto corrente sopra descritto stipulato con la s.r.l. (…), nonché il contratto di fideiussione sottoscritto da (…), (…) e (…), mentre questi ultimi non hanno provato il pagamento delle somme dovute alla Banca, né altra causa di estinzione della relativa obbligazione in qualità di garanti.

In conclusione, (…), (…) e (…) devono essere condannati al pagamento in favore della S.p.A. (…) della somma di Euro 74.556,70, oltre agli interessi convenzionali dal dovuto al saldo.

E’ improponibile, invece, la domanda proposta nei confronti della s.r.l. (…), dichiarata fallita nelle more del giudizio e non essendo stato riassunto il processo nei suoi confronti. Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

visto l’art. 281-quinquies c.p.c.;

il Tribunale di Roma, definitivamente pronunziando sulle domande proposte con atto di citazione notificato in data 24/3/2014 dalla s.r.l. (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, nonché da (…), (…) e (…) avverso la S.p.A. (…), in persona del legale rappresentante pro tempore, processo riassunto in seguito al fallimento della s.r.l. (…) da (…), (…) e (…) avverso la S.p.A. (…), contrariis reiectis:

RIGETTA le domande proposte da (…), (…) e (…) avverso la S.p.A. (…);

DICHIARA tenuti e, per l’effetto, condanna (…), (…) e (…) al pagamento in favore della S.p.A. (…) della somma di Euro 74.556,70, oltre agli interessi convenzionali dal dovuto al saldo;

DICHIARA l’estinzione del giudizio nei confronti della curatela della s.r.l. (…);

CONDANNA (…), (…) e (…) al pagamento in favore della S.p.A. (…) delle spese processuali, che liquida in Euro 7.800,00 per compenso professionale, oltre al 15% per spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma il 2 gennaio 2019.

Depositata in Cancelleria il 2 gennaio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.