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Sull’inapplicabilita’ della legge predetta quanto alla cd. usura oggettiva, per l’applicazione di interessi asseritamente eccedenti il tasso soglia rilevati a mente della L. n. 108 del 1996, articolo 2 invero, si e’ formato il giudicato interno, una volta che, nel giudizio d’appello, l’appellante ha fatto valere l’usura soggettiva, non contestando egli la statuizione del primo giudice in punto di inapplicabilita’ ratione temporis della legge predetta.
Infatti, proprio l’avere l’appellante eccepito detta forma particolare di usura, la quale presuppone la liceita’ degli interessi, riconducendo la fattispecie al reato di usura soggettiva (o in concreto), che prescinde dalla comparazione fra il TEG applicato dall’intermediario e il tasso soglia come sopra rilevato, palesa la formazione del giudicato interno sul punto.
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Corte di Cassazione, Sezione 1 civile Ordinanza 16 febbraio 2018, n. 3911
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMBROSIO Annamaria – Presidente
Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere
Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 6436/2014 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) S.p.a., nella qualita’ di mandataria di (OMISSIS) S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 47/2013 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 25/01/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/10/2017 dal cons. NAZZICONE LOREDANA;
lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale CAPASSO LUCIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 25 gennaio 2013, la Corte d’appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza del Tribunale della stessa citta’, ha compensato per tre quarti le spese di primo grado, ponendole per il residuo a carico della (OMISSIS) s.p.a., per il resto confermando la sentenza di primo grado che, revocato decreto ingiuntivo, aveva condannato il Passino a pagare alla banca la minor somma di Euro 30.711,66, rispetto all’originaria pretesa monitoria di Euro 35.941,58, la quale non teneva conto di alcuni versamenti effettuati dal soggetto finanziato.
La corte territoriale ha ritenuto, per quanto ancora rileva, che: a) e’ tardiva e generica, in quanto proposta in termini del tutto ipotetici, l’allegazione, operata solo nel giudizio d’appello, di violazione delle norme sulla trasparenza, variazione in peius delle condizioni dei prestiti e misura dei tassi, senza previa comunicazione al cliente; b) correttamente il tribunale ha ritenuto che la L. n. 108 del 1996 resta inapplicabile nel caso di specie, essendo stati stipulati i tre contratti di finanziamento prima della sua entrata in vigore; c) il mutuatario ha dedotto, nell’atto di citazione in opposizione, unicamente la violazione della L. 7 marzo 1996, n. 108 sul tasso usurario, non avendo invece mai operato un riferimento alla cd. usura finanziaria soggettiva, su cui verte, invece, l’atto di appello; d) non sussiste prova dell’assunto, secondo cui la banca si sarebbe approfittata della situazione di bisogno del cliente, al fine della sussistenza del delitto di usura, anzi esistendo elementi probatori in contrario.
Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Passino, sulla base di quattro motivi. Resiste l’istituto con controricorso.
Il ricorrente ha depositato la memoria di cui all’articolo 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Il ricorso propone quattro motivi, che possono essere come di seguito riassunti:
1) violazione degli articoli 342 e 345 c.p.c., avendo la corte territoriale operato un’erronea dichiarazione di tardivita’ e genericita’ della domanda in appello, quanto alle norme sulla trasparenza e la misura dei tassi, invece gia’ contestati in primo grado;
2) violazione dell’articolo 345 c.p.c. e vizio di omesso esame, in relazione alla dichiarata novita’ della domanda di accertamento dell’usurarieta’ della misura dei tassi degli interessi corrispettivi;
3) violazione dell’articolo 345 c.p.c., nonche’ violazione dell’articolo 644 c.p., comma 3, articolo 1421 c.c. e articolo 1815 c.c., comma 2, L. n. 108 del 1996, articolo 101 c.p.c., comma 2, per avere ritenuto dedotta solo in appello la cd. usura soggettiva e confermato l’inapplicabilita’ della legge antiusura, mentre gli ultimi due contratti erano ancora in corso di esecuzione al momento della sua entrata in vigore; inoltre, l’articolo 644 c.p., comma 3, non richiede piu’ l’elemento dell’approfittamento ed era rilevabile d’ufficio la nullita’ dei tassi per usura soggettiva, di cui a tale disposizione;
4) violazione degli articoli 112 e 113 c.p.c., articolo 1815 c.c., comma 2, articolo 101 c.p.c., comma 2, e della L. n. 108 del 1996, per avere erroneamente ritenuto insussistente lo stato di difficolta’ del cliente.
2. – I primi due motivi e parzialmente il terzo, da trattare congiuntamente in quanto intimamente connessi, sono infondati.
Essi, invero, non colgono nel segno, laddove ingiustificatamente lamentano che la sentenza impugnata abbia ritenuto la domanda di accertamento della violazione delle norme sulla trasparenza bancaria nuova, oltre che carente del requisito della specificita’, nonche’ la novita’ della domanda di accertamento della cd. usura soggettiva, avendo l’opponente in primo grado chiesto unicamente l’applicazione della L. n. 108 del 1996.
Inoltre, neppure la censura relativa alla genericita’ della contestazione in appello coglie nel segno: posto che, in tema di giudizio d’appello – che non e’ un iudicium novum, ma una revisio prioris instantiae – il requisito della specificita’ dei motivi dettato dall’articolo 342 c.p.c. nel testo, applicabile ratione temporis, anteriore alle modifiche apportategli dal Decreto Legge n. 83 del 2012, articolo 54, comma 1, lettera a, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012), esige che, alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, vengano contrapposte quelle dell’appellante, volte ad incrinarne il fondamento logico giuridico, cio’ risolvendosi in una valutazione del fatto processuale che impone una verifica in concreto, ispirata ad un principio di simmetria e condotta alla luce del raffronto tra la motivazione del provvedimento appellato e la formulazione dell’atto di gravame (Cass. 23 febbraio 2017, n. 4695, fra le tante).
Il ricorrente, invero, non censuro’ il punto della decisione di primo grado, laddove si affermava l’inapplicabilita’ della L. n. 108 del 1996, assumendo in maniera apodittica la violazione dell’articolo 644 c.p., comma 3.
Dal suo canto, la censura di “omesso esame di fatto decisivo” e’ inammissibile, non rientrando quella proposta nella fattispecie dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5.
3. – In relazione al terzo motivo, la deduzione di violazione di legge, per avere la corte del merito condiviso il convincimento del giudice di primo grado circa l’inapplicabilita’ della legge antiusura ai contratti pregressi – mentre, in sede di legittimita’, il ricorrente sostiene che gli ultimi due contratti erano ancora in corso di esecuzione al momento dell’entrata in vigore della L. n. 108 del 1996 – e’ inammissibile.
Sull’inapplicabilita’ della legge predetta quanto alla cd. usura oggettiva, per l’applicazione di interessi asseritamente eccedenti il tasso soglia rilevati a mente della L. n. 108 del 1996, articolo 2 invero, si e’ formato il giudicato interno, una volta che, nel giudizio d’appello, l’appellante ha fatto valere l’usura soggettiva, non contestando egli la statuizione del primo giudice in punto di inapplicabilita’ ratione temporis della legge predetta.
Infatti, proprio l’avere l’appellante eccepito detta forma particolare di usura, la quale presuppone la liceita’ degli interessi, riconducendo la fattispecie al reato di usura soggettiva (o in concreto), che prescinde dalla comparazione fra il TEG applicato dall’intermediario e il tasso soglia come sopra rilevato, palesa la formazione del giudicato interno sul punto.
4. – Il quarto motivo e’ inammissibile, involgendo un giudizio sul fatto, dal momento che, pur deducendo violazione di legge, sotto l’egida di tale vizio il ricorso intende riproporre una riconsiderazione della vicenda concreta, rimessa all’insindacabile discrezionalita’ del giudice del merito.
5. – Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, ivi compresi Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie al 15% ed agli accessori di legge.
Da’ atto che sussistono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater.