la verifica del rispetto della soglia usuraria deve operarsianche con riferimento agli interessi moratori e non solo ai corrispettivi. Tale verifica deve essere operata distintamente per ciascuna categoria di interessi, data la diversa natura e funzione degli stessi, riferiti a basi di calcolo differenti (il tasso corrispettivo si applica, infatti, al capitale residuo al fine di determinare la quota di interessi della rata di ammortamento, mentre il tasso di mora si calcola sulla singola rata, nel caso in cui questa non sia pagata alla scadenza) ed in ragione del fatto che, in ipotesi di applicazione degli interessi moratori, questi ultimi si sostituiscono e non si sommano ai primi.

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Tribunale Roma, Sezione 17 civile Sentenza 20 febbraio 2019, n. 3924

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI ROMA

Sezione Diciasettesima civile

in persona del giudice Laura Centofanti ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 14546 del Ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2016, trattenuta in decisione sulle conclusioni formulate all’udienza del 24 ottobre 2018

TRA

(…), nata a P. A. (E.) il (…) e residente in T., C. P. n. 291, rappresentata e difesa dall’Avv. Ro.Pa., elettivamente domiciliata presso lo studio del medesimo in Torino, Corso (…);

– attrice –

E

(…) s.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede in R., via (…), rappresentata e difesa dall’Avv. Ma.Pe. e dall’avv. Gi.Ca. ed elettivamente domiciliato presso il loro studio, in Roma, Via (…);

– convenuta –

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con atto di citazione, ritualmente notificato, l’attrice conveniva in giudizio (…) s.p.a dinanzi al Tribunale di Roma, per sentir “in via principale: ex art. 1842 c.c.) con conseguente applicazione di tassi usurari spese e commissioni non dovute accertata la violazione delle norme imperative ex L. n. 108 del 1996 e segg., nonché disposizioni TUB (in particolare art. 117) e cod. civ. (art.1346 e segg.) e di ogni altra norma imperativa comportante forme di nullità rilevabile d’ufficio e di ogni altra forma di nullità/ annullabilità ulteriormente accertabile in relazione ai contratti bancari per cui è causa, pronunciare:

a) la gratuità della linea di credito, come concessa e la inidoneità ed invalidità del contratto bancario in oggetto a regolamentare la linea di credito ad esso appoggiata;

a) l’illegittimità dell’applicata capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi e l’illegittimità per gli altri motivi sopraindicati dei tassi passivi applicati (perché usurari ex art. 1815, II comma c.c.)

b) l’illegittimità dell’applicazione di tassi ultralegali non concordati in costanza di rapporto;

c) l’illegittimità dell’applicazione della commissione del massimo scoperto, perché non concordata e dei tassi extrafido, applicati ma non concordati, nonché dello ius variandi, dichiarando nulle ed inefficaci le variazioni avvenute in costanza di rapporto e non concordate;

accertare e dichiarare che la banca ha pattuito e applicato tassi usurari per cui a tale titolo nulla è dovuto per tutti i rapporti e, conseguentemente, a mezzo della espletanda CTU, procedere al ricalcolo su base annuale senza anatocismo alcuno, senza spese e commissioni dal sorgere del rapporto ad oggi e senza interessi ad alcun aggio, al fine di rideterminare i saldi conto alla data di recesso ovvero di citazione, per l’effetto, con l’emananda sentenza e alla luce delle risultanze dell’espletanda istruttoria, statuire come di Giustizia in ordine alla condanna dell’istituto bancario convenuto alla restituzione delle somme indebitamente percepite, per quanto attiene ai rapporti bancari da considerarsi effettivamente chiusi alla data del deposito della sentenza, con interessi e rivalutazioni della domanda al saldo previa compensazione tra quanto pagato in eccesso dall’attrice per le casuali dedotte in atti e in perizia e quanto asseritamente eventualmente dovuto alla banca alla data odierna, tenuto conto delle complessive violazioni, quantomeno, indicate in perizia.

Si tenga altresì presente che le somme da ristornare sono quantomeno pari a Euro. 30.729,16, somma che rappresenta ex lege quanto la (…) dovrà restituire all’ attrice, salvo ulteriori somme accertande in corso di causa, tenuto conto che tale rapporto risulta di fatto ad oggi chiuso – ovvero la banca non ne consente l’utilizzo e l’operatività, a quanto consta.

Quanto al mutuo ipotecario:

Accertare e dichiarare che (…) s.p.a. ha convenuto e pattuito interessi di mora usurari ed altresì anatocistici, perché comunque riferiti a interessi corrispettivi e comunque in misura non determinata chiaramente e quindi non dovuta, quindi con violazione sia delle norme ex L. n. 108 del 1996 e seguenti, art. 644 c.p., che art. 1346 e segg. cod. civ. e artt. 117 TUB e/ o altre ragioni di nullità’ per contrarietà e disapplicazione di norme imperative che il Giudice vorrà d’ufficio rilevare;

condannare (…) s.p.a. a favore di (…) alla restituzione di tutte le somme indebitamente percepite quale corrispettivo del mutuo, interessi e rivalutazione dalla domanda al saldo, previa compensazione con quanto eventualmente dovuto alla banca anche ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1241 cc tenuto conto della data dell’elaborato peritale allegato (3.7.2015) l’attrice vanterebbe un credito globale di Euro 23.554,07”.

Premetteva l’attrice di avere intrattenuto con la C.R., poi (…), filiale di T., agenzia 2, un rapporto di conto corrente e di apertura di credito in via chirografaria, dal 2011 al 2015, allo stato chiuso.

Deduceva che nel corso del rapporto la Banca avesse fatto illegittimamente applicazione di interessi anatocistici ed usurari, di commissioni di massimo scoperto e di spese in assenza di espressa convenzione in tal senso.

Esponeva di avere, altresì, stipulato con la banca un contratto di mutuo ipotecario, avente ad oggetto l’erogazione nei suoi confronti dell’importo di Euro 100.000, da restituirsi in 180 rate mensili al tasso fisso nominale del 5,75% e in ordine ad esso si doleva dell’indeterminatezza dei tassi pattuiti e della natura usuraria di essi, nonché del fenomeno anatocistico derivato nel corso del rapporto dalla previsione di un piano di ammortamento alla francese.

Si costituiva la parte convenuta, eccependo, in primo luogo, l’inammissibilità della domanda di ripetizione di somme formulata dall’attrice in relazione al rapporto di conto corrente ordinario n. (…) aperto il 31/05/2001, in quanto tuttora in essere.

Eccepiva, in secondo luogo, la prescrizione del diritto della attrice alla ripetizione di somme in ipotesi versate in suo favore, in epoca anteriore al 2005.

Ne merito contestava le doglianze dell’attrice in ordine alla legittimità degli addebiti operati sul conto corrente in relazione ai diversi profili dedotti.

Negava, altresì, la natura usuraria dei tassi di interesse pattuiti nel contratto di mutuo nonché l’indeterminatezza della misura degli interessi convenuta; contestava altresì la censura relativa all’effetto anatocistico che sarebbe derivato dall’applicazione del piano di ammortamento secondo il metodo “alla francese”.

Concludeva, pertanto, nei seguenti termini:

“In via preliminare: accertare e dichiarare l’inammissibilità della domanda di parte attrice di ripetizione, atteso che il conto corrente oggetto di causa ad oggi è ancora in essere; in via gradata, dichiarare prescritta, per i motivi meglio sopra esposti, la richiesta restitutoria quanto meno con riguardo al periodo antecedente il 14/09/2005; Nel merito, in via principale: respingere tutte le domande attoree; per l’effetto, confermare la legittimità degli addebiti effettuati dalla banca sul conto corrente oggetto di controversia, a titolo di interessi, competenze, spese, commissioni, e dichiarare che la (…) SpA nulla deve alla Sig.ra (…) a nessun titolo;…In ogni caso… con vittoria di spese…”.

Il giudizio era istruito mediante acquisizione dei documenti prodotti dalle parti; queste ultime precisavano le conclusioni all’udienza del 24 ottobre 2018, nella quale la causa era trattenuta in decisione e depositavano le comparse conclusionali e le memorie di replica nei termini assegnati.

Le domande formulate dall’attrice nei confronti della Banca attengono a due distinti rapporti intrattenuti dalla medesima con l’Istituto di credito: il rapporto di conto corrente n. 5162327 e il contratto di mutuo ipotecario stipulato con atto pubblico del 22 giugno 2007.

Nel costituirsi in giudizio la Banca ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità della domanda di ripetizione di indebito proposta dall’attrice in relazione al rapporto di conto corrente, sul presupposto che quest’ultimo fosse ancora in essere.

Nella successiva memoria 183 co. 6 n. 1 c.p.c., l’attrice ha sostenuto che la domanda di ripetizione fosse limitata ai rapporti che risultassero chiusi alla data della pronuncia della sentenza, senza neppure contestare la deduzione della controparte relativa all’attualità del rapporto. La circostanza che quest’ultimo fosse ancora in essere è stata del resto documentata dalla convenuta che ha prodotto in atti un estratto conto alla data del 30 aprile 2016, dal quale era dato trarre riscontro della stessa.

Ritiene il giudicante che la domanda non possa trovare accoglimento, in quanto avente ad oggetto le rimesse effettuate su conto corrente ancora aperto e quindi non qualificabili come pagamenti suscettibili di ripetizione.

In relazione al rapporto di conto corrente, in ogni caso, l’attrice ha proposto anche domanda di accertamento, sostenendo l’illegittimità degli addebiti operati dalla Banca in forza della capitalizzazione degli interessi passivi, di interessi ultralegali non convenuti, di interessi usurari, di commissioni di massimo scoperto.

Tali domande si ritengono ammissibili, in quanto proposte con funzione strumentale alla rideterminazione del saldo del conto corrente alla data della citazione.

Si richiama, sul punto, l’orientamento condivisibile della Corte di legittimità, secondo il quale

“In tema di conto corrente bancario, l’assenza di rimesse solutorie eseguite dal correntista non esclude l’interesse di questi all’accertamento giudiziale, prima della chiusura del conto, della nullità delle clausole anatocistiche e dell’entità del saldo parziale ricalcolato, depurato delle appostazioni illegittime, con ripetizione delle somme illecitamente riscosse dalla banca, atteso che tale interesse mira al conseguimento di un risultato utile, giuridicamente apprezzabile e non attingibile senza la pronuncia del giudice, consistente nell’esclusione, per il futuro, di annotazioni illegittime, nel ripristino di una maggiore estensione dell’affidamento concessogli e nella riduzione dell’importo che la banca, una volta rielaborato il saldo, potrà pretendere alla cessazione del rapporto” (Cass., Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 21646 del 05/09/2018).

Nel merito le domande si ritengono, però, infondate.

In primo luogo, la capitalizzazione degli interessi passivi ed attivi è stata convenuta tra le parti in conformità con i criteri previsti nella deliberazione CICR del 9 febbraio 2000, con pari periodicità, come è dato desumere dall’esame del contratto prodotto in atti da entrambe le parti, quindi, operata in modo legittimo; quanto alle doglianze in ordine all’applicazione di tassi di interessi indeterminati e superiori ai tassi soglia di riferimento le stesse sono del tutto generiche, non essendo stata compiuta alcuna specificazione sia dei tassi applicati che dei tassi soglia in ipotesi superati, sicché ancor prima che infondate si ritengono inammissibili.

In ogni caso la fondatezza di tali rilievi, come anche della deduzione in merito all’applicazione di commissioni di massimo scoperto non potrebbe ritenersi provata, avendo omesso l’attrice la produzione in atti degli estratti conto completi relativi a tutto il periodo di svolgimento del rapporto: sono, infatti, stati prodotti i soli estratti dall’apertura del conto fino al 2005 (peraltro neppure completi, dato che in relazione ad alcuni periodi sono stati prodotti i soli scalari), mentre nessun documento è stato prodotto in relazione ai movimenti intervenuti in data successiva fino alla notifica della citazione.

Per tale ragione, non si sarebbe comunque potuti pervenire alla rideterminazione del saldo del rapporto.

Con riferimento al rapporto di mutuo, l’attrice ha dedotto che fossero stati convenuti in contratto interessi in misura superiore alla soglia prevista dalla normativa anti-usura vigente nel periodo di riferimento, fondando l’assunto sul presupposto che dovesse procedersi, ai fini della individuazione del tasso effettivamente applicato al debitore in ipotesi di ritardo nell’adempimento, a sommarsi il tasso di mora a quello corrispettivo convenuto in contratto: ciò in ragione della previsione che il tasso moratorio dovesse computarsi sull’intero importo della rata scaduta, comprensivo degli interessi corrispettivi.

Invero, ritiene il giudicante che debba condividersi l’orientamento che si sta affermando come prevalente nella giurisprudenza di merito, secondo il quale – fermo il principio reiteratamente sancito dalla Corte di Cassazione, per cui debba operarsi la verifica del rispetto della soglia usuraria anche con riferimento agli interessi moratori e non solo ai corrispettivi (cfr. tra tutte Cass. 350/2013) – tale verifica debba essere operata distintamente per ciascuna categoria di interessi, data la diversa natura e funzione degli stessi, riferiti a basi di calcolo differenti (il tasso corrispettivo si applica, infatti, al capitale residuo al fine di determinare la quota di interessi della rata di ammortamento, mentre il tasso di mora si calcola sulla singola rata, nel caso in cui questa non sia pagata alla scadenza) ed in ragione del fatto che, in ipotesi di applicazione degli interessi moratori, questi ultimi si sostituiscono e non si sommano ai primi (si richiamano in senso conforme, tra le numerose altre (cfr. tra le altre, Tribunale di Roma, sentenza n. 10662, del 25 maggio 2016, Tribunale di Milano, sentenza n. 2363, dell’8 marzo 2016).

Né può ritenersi, di per sé, illegittima la pattuizione contrattuale secondo la quale gli interessi moratori dovessero computarsi sull’intera rata scaduta comprensiva della quota di interessi corrispettivi: l’art. 3 della Del.CICR del 9 febbraio 2000 (efficace dal 22.4.2000) dettata in attuazione del testo dell’art. 120 TUB, vigente al momento di conclusione del contratto, in relazione ai finanziamenti con piano di rimborso rateale, stabiliva che “nelle operazioni di finanziamento per le quali è previsto che il rimborso del prestito avvenga mediante il pagamento di rate con scadenze temporali predefinite, in caso di inadempimento del debitore, l’importo complessivamente dovuto alla scadenza di ciascuna rata può, se contrattualmente stabilito, produrre interessi a decorrere dalla data di scadenza e sino al momento del pagamento. Su questi interessi non è consentita la capitalizzazione periodica”.

Del resto anche il testo dell’art. 120 TUB nella versione attualmente vigente prevede l’applicabilità degli interessi di mora non solo sulla sorte capitale ma anche sugli interessi maturati divenuti esigibili.

Quanto all’ulteriore motivo di doglianza, avente ad oggetto il presunto effetto anatocistico che sarebbe derivato nel computo degli interessi nel contratto di mutuo dalla previsione di un piano di ammortamento del finanziamento secondo il metodo cd. “alla francese”, si ritiene, dal pari, lo stesso infondato, dato che l’anatocismo si configura quando siano computati interessi sugli interessi scaduti, mentre nessuna capitalizzazione di interessi si verifica nell’ipotesi in questione.

In conformità all’orientamento prevalente della giurisprudenza di merito, si ritiene, infatti, che debba escludersi che la previsione di un piano di ammortamento con rata costante e rimborso graduale del capitale implichi l’applicazione di interessi anatocistici, giacché gli interessi sul capitale in un dato periodo non si sommano al capitale: al contrario, sono calcolati sul solo capitale residuo e alla scadenza della rata non vengono capitalizzati, ma sono pagati in quota interessi con la rata di rimborso del mutuo.

Per tali ragioni anche le domande proposte dall’attrice in relazione al mutuo debbono essere respinte.

In ragione della soccombenza la parte attrice va, infine, condannata al pagamento delle spese del procedimento in favore della parte convenuta; queste ultime si liquidano complessivamente in Euro 7.254, per compensi professionali (Euro 1.620, per la fase di studio, Euro 1.147 per la fase introduttiva, Euro 1.720, per la fase istruttoria, Euro 2.767, per la fase decisoria), oltre spese forfetarie nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.

P.Q.M.

Il Tribunale, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, così decide:

– respinge le domande proposte dalla parte attrice;

– condanna la parte attrice al pagamento nei confronti della convenuta delle spese del procedimento, che liquida in complessivo Euro 7.254, per compensi professionali, oltre spese forfetarie nella misura del 15%, IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Roma il 19 febbraio 2019.

Depositata in Cancelleria il 20 febbraio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.