Nel caso di allegazione della simulazione relativa per interposizione fittizia di persona di un contratto necessitante la forma scritta “ad substantiam”, la dimostrazione della volontà delle parti di concludere un contratto diverso da quello apparente incontra non solo le normali limitazioni legali all’ammissibilità della prova testimoniale e per presunzioni, ma anche quella, più rigorosa, derivante dal disposto degli articoli 1414, secondo comma, e 2725 cod. civ., di provare la sussistenza dei requisiti di sostanza e forma del contratto diverso da quello apparentemente voluto e l’esistenza, quindi, di una controdichiarazione, dalla quale risulti l’intento comune dei contraenti di dare vita ad un contratto soggettivamente diverso da quello apparente. Di conseguenza, e con riferimento alla compravendita immobiliare, la controversia tra il preteso acquirente effettivo e l’apparente compratore non può essere risolta, fatta salva l’ipotesi di smarrimento incolpevole del relativo documento (articolo 2724, n. 3, cod. civ.), con la prova per testimoni o per presunzioni di un accordo simulatorio cui abbia aderito il venditore, e neppure, in assenza della controdichiarazione, tale prova può essere data con il deferimento o il riferimento del giuramento (articolo 2739, comma primo, cod. civ.), né tanto meno mediante l’interrogatorio formale, non potendo supplire la confessione, in cui si risolve la risposta positiva ai quesiti posti, alla mancanza dell’atto scritto.

 

Tribunale Firenze, Sezione 3 civile Sentenza 14 giugno 2018, n. 1798

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE

TERZA SEZIONE CIVILE

VERBALE DELLA CAUSA

tra

(…)

(…)

PARTE ATTRICE

e

(…) SRL

(…)

PARTE CONVENUTA

Oggi 14 giugno 2018 ad ore 13,17 innanzi al dott. Alessandro Ghelardini, sono comparsi:

l’avv. CA.MO. e l’avv. MA.Il. per (…) e (…)

l’avv. GR.DA. per (…) SRL

l’avv. IN.EL. per (…)

Il Giudice invita le parti alla discussione.

I procuratori delle parti discutono brevemente la causa, riportandosi agli atti.

L’avv. (…) evidenzia che come si evince dalle fatture e DDT depositati con la seconda memoria istruttoria (…), i lavori extracapitolato eseguiti dopo la stipula dell’atto notarile ammontano a Euro 18.489,05 come da conteggio che allega con indicazioni manoscritte circa i numeri degli allegati di riferimento.

Gli avv. Ca. e Ma. contestano le avverse deduzioni evidenziando che (…) nella comparsa di risposta aveva diversamente quantificato i lavori di cui sopra.

I difensori rinunciano a presenziare alla lettura della sentenza, allontanandosi.

Il Giudice all’esito della Camera di Consiglio pronuncia ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. la seguente dandone lettura.

SENTENZA

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con atto di citazione ritualmente notificato il Signor (…) e la Signora (…) hanno convenuto in giudizio la SRL (…) e il signor (…) in qualità di socio Amministratore della stessa, al fine di ottenere l’accertamento negativo del debito derivante dall’acquisto di un immobile sito nel Comune di (…), loc. Le F., avvenuto il 14 luglio 2006, e la condanna alla restituzione di n. 7 assegni bancari a suo tempo consegnati a garanzia al sig. (…), con conferma del sequestro giudiziario dei titoli, già concesso ante causam.

A sostegno della richiesta gli attori hanno evidenziato di aver integralmente pagato il prezzo convenuto, pari ad Euro 400.000,00; di aver emesso n. 7 assegni bancari in favore del sig. (…), amministratore della la società (…), per complessivi Euro 68.500,00, a titolo di garanzia del pagamento del prezzo; di non aver mai ricevuto la restituzione dei titoli, malgrado l’integrale pagamento; di aver chiesto ed ottenuto il sequestro giudiziario degli assegni; di non avere quindi più alcun debito nei confronti della convenuta.

(…) SRL, regolarmente costituita in giudizio, ha resistito alla domanda, di cui ha chiesto il rigetto. La stessa ha eccepito la simulazione relativa del prezzo dichiarato nel rogito, avendo le parti convenuto in realtà il prezzo di Euro 540.000,00 e non quello di Euro 400.000,00 dichiarato in atto; ha aggiunto di essere rimasta creditrice dell’importo complessivo di Euro 72.728,80, di cui Euro 20.000,00 a saldo prezzo, ed il residuo a titolo di corrispettivo per forniture e l’esecuzione di lavori extra capitolato, dei quali Euro 4.228.80 per lavori richiesti ed eseguiti successivamente al rogito; ha eccepito l’inammissibilità della richiesta di conferma dell’ordinanza di sequestro, trattandosi di questione estranea al giudizio di merito.

In via riconvenzionale (…) ha chiesto poi la condanna degli attori al pagamento di Euro 72.728,80 per i titoli sopra indicati.

(…), regolarmente costituito in giudizio, ha chiesto in via preliminare la declaratoria di inefficacia dell’ordinanza cautelare di sequestro giudiziario ante causam nei suoi confronti, dichiarandosi terzo ed estraneo dalla vicenda. Ha aggiunto di non essere stato neanche a conoscenza dell’emissione dei titoli a suo nome. Nel merito ha ribadito le posizione e le richieste avanzate da (…) SRL. Assumendo la natura strumentale del giudizio, ha chiesto la condanna degli attori ai sensi dell’art. 96, co. 1 e 3 c.p.c.

Dopo lo scambio delle memorie ex art. 183 c.p.c., all’udienza del 12 ottobre 2017 è stata avanzata proposta conciliativa giudiziale della lite prevedendo, ad integrale definizione, il pagamento a carico degli attori in favore della (…) SRL di Euro 5.000,00 con il trattenimento dei titoli sequestrati da parte degli attori.

Le parti convenute non hanno accettato la proposta conciliativa.

La causa è stata istruita documentalmente.

All’udienza del 18 gennaio 2018 parte attrice ha precisato le conclusioni, sostanzialmente replicando quelle già prese, ma non quella di conferma dell’ordinanza cautelare ante causam. Le parti convenute si sono riportate agli atti introduttivi.

È stata disposta la discussione orale della causa ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., cui si è proceduto in data odierna.

In tale sede (…) ha allegato che il credito per lavori extra successivi alla data del rogito ammonta ad Euro 18.489,05.

1) Sul credito di Euro 20.000,00 a titolo di saldo del prezzo pattuito

La richiesta di parte convenuta (…) va respinta.

Come già argomentato da questo giudicante con l’ordinanza 6.10.2016, che ha disposto il sequestro giudiziario degli assegni, che non è stata reclamata e su cui è calato quindi giudicato cautelare, a nulla rileva che la simulazione parziale del prezzo sia stata ammessa dagli attori. Trattandosi di contratto formale (compravendita immobiliare) anche la pattuizione relativa al prezzo effettivo, in quanto elemento essenziale del contratto, deve infatti risultare “ab substantiam” da atto scritto.

Sul punto è doveroso in questa sede dare atto che la questione in passato ha ricevuto diversa soluzione in giurisprudenza, ma che la stessa è stata da tempo chiarita autorevolmente da Cass. SSUU n. 7246/2007, nel cui solco si sono inserite numerose pronunce successive del giudice di legittimità (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 21442 del 19/10/2010 e Sez. 2, Sentenza n. 3234 del 18/02/2015).

Come è stato in quella sede argomentato “il fatto che il contratto simulato non sia nullo o annullabile, ma soltanto inefficace tra le parti non giustifica la conclusione che il contratto dissimulato, il quale è destinato ad avere effetto tra le parti, non debba avere i requisiti di forma necessari per la validità dello stesso, secondo quanto espressamente stabilito dall’art. 1414 cod. civ., comma 2. Né si potrebbe sostenere che il requisito di forma sarebbe soddisfatto dal negozio simulato. Una tesi analoga era stata sostenuta da questa S.C. anche in tema di interposizione fittizia, ma è stata successivamente abbandonata (cfr. sent. 22 aprile 1986 n. 2816; 22 novembre 1979 n. 6074), in base alla considerazione che l’interposizione deve risultare anch’essa da un patto rivestito della forma solenne. Né, con riferimento specifico al problema della prova del prezzo, si potrebbe sostenere che la prova per testimoni sarebbe destinata ad integrare soltanto un elemento negoziale per il quale il requisito di forma è soddisfatto dal contratto simulato. È facile osservare che il prezzo è un elemento essenziale della vendita, per cui anch’esso deve risultare per iscritto e per intero quando per tale contratto è prevista la forma scritta ad substantiam, non essendo sufficiente che quest’ultima sussista in relazione alla manifestazione di volontà di vendere e di acquistare”. Pertanto “La pattuizione con cui le parti di una compravendita immobiliare abbiano convenuto un prezzo diverso da quello indicato nell’atto scritto, soggiace, tra le stesse parti, alle limitazioni della prova testimoniale stabilite dall’art. 2722 cod. civ., avendo la prova ad oggetto un elemento essenziale del contratto che deve risultare per iscritto”.

E’ stato quindi precisato che l’atto scritto se richiesto ad substantiam non può essere surrogato neanche dalla confessione della parte. Invero, “Nel caso di allegazione della simulazione relativa per interposizione fittizia di persona di un contratto necessitante la forma scritta “ad substantiam”, la dimostrazione della volontà delle parti di concludere un contratto diverso da quello apparente incontra non solo le normali limitazioni legali all’ammissibilità della prova testimoniale e per presunzioni, ma anche quella, più rigorosa, derivante dal disposto degli articoli 1414, secondo comma, e 2725 cod. civ., di provare la sussistenza dei requisiti di sostanza e forma del contratto diverso da quello apparentemente voluto e l’esistenza, quindi, di una controdichiarazione, dalla quale risulti l’intento comune dei contraenti di dare vita ad un contratto soggettivamente diverso da quello apparente. Di conseguenza, e con riferimento alla compravendita immobiliare, la controversia tra il preteso acquirente effettivo e l’apparente compratore non può essere risolta, fatta salva l’ipotesi di smarrimento incolpevole del relativo documento (articolo 2724, n. 3, cod. civ.), con la prova per testimoni o per presunzioni di un accordo simulatorio cui abbia aderito il venditore, e neppure, in assenza della controdichiarazione, tale prova può essere data con il deferimento o il riferimento del giuramento (articolo 2739, comma primo, cod. civ.), né tanto meno mediante l’interrogatorio formale, non potendo supplire la confessione, in cui si risolve la risposta positiva ai quesiti posti, alla mancanza dell’atto scritto” (Cass. Sez 2 Sentenza n. 4071 del 19/02/2008 e Sez. 3 Sentenza n. 21822 del 25/10/2010).

Da tale orientamento, ormai consolidato, non appare lecito discostarsi, anche perché la parte convenuta, da un lato, non ha reclamato il citato provvedimento cautelare, in linea con esso, dall’altro, non ha addotto alcuna ragione nuova o diversa idonea a consentire una rivalutazione della suddetta problematica.

Tanto premesso in diritto, poiché le parti non hanno fornito alcuna prova documentale del suddetto accordo simulatorio sul prezzo, la relativa allegazione deve essere disattesa.

Non risulta quindi valido accordo dissimulato circa l’effettivo prezzo della compravendita.

La pretesa a saldo va quindi respinta, essendo documentale l’integrale saldo del prezzo della compravendita da parte degli acquirenti.

2) Sul credito di Euro 48.500,00 a titolo di corrispettivo per forniture e lavori extra capitolato eseguiti sull’immobile prima del rogito della compravendita

Anche sotto tale profilo la richiesta di parte convenuta va respinta.

I lavori eseguiti dalla (…) antecedentemente al rogito notarile, siano pur essi da considerarsi extra capitolato, sono da ritenersi infatti completamente saldati, essendo stato interamente pagato il prezzo pattuito della compravendita.

D’altra parte, deve ritenersi che il prezzo dichiarato in atto fosse senz’altro ricomprensivo di ogni miglioria e/o opera di personalizzazione eseguita sull’immobile sino alla data del rogito.

Ciò non solo perché “la vendita è convenuta nello stato di fatto in cui attualmente si trovano”, e quindi a lavori eseguiti, ma anche perché nel contratto notarile nulla è detto circa la debenza di somme a diverso titolo a favore della venditrice. Ove l’immobile in conseguenza delle migliorie apportate avesse visto aumentare il suo valore rispetto a quello originariamente convenuto, le parti ne avrebbero certamente tenuto conto indicando nell’atto un prezzo corrispondentemente maggiorato.

3) Il credito di Euro 4.228,80 richiesto a titolo di corrispettivo per i lavori extra capitolato eseguiti dopo il rogito della compravendita. Le maggiori somme richieste all’odierna udienza.

Va premesso che solo in sede di discussione orale ex art. 281 sexies c.p.c. (…) ha allegato di aver maturato a tale titolo un credito di Euro 18.489,05.

Nella comparsa di costituzione e risposta la stessa aveva infatti quantificato tale voce di credito nel minore importo di Euro 4.228,00.

Nessuna rettifica è stata poi effettuata in sede di prima memoria ex art. 183, VI co. c.p.c., atto che non è stato depositato da (…), né nelle successive memorie istruttorie.

Irrilevante è poi che dalla documentazione allegata con la seconda memoria emerga la esecuzione di lavori dopo la stipula del rogito per importo superiore a quello indicato nella comparsa.

Anche a ritenere che la produzione di documenti da cui risulta una certa circostanza equivalga ad allegazione della circostanza stessa, trattasi infatti di deduzione chiaramente tardiva, esaurendosi il potere assertivo della parte con la prima memoria ex art. 183 c.p.c.

La seconda memoria infatti può essere utilizzate dalle parti esclusivamente per replicare alle domande ed eccezioni nuove di controparte, per proporre le domande ed eccezioni ad esse consequenziali, ovvero per avanzare istanze istruttorie a prova diretta.

Poiché gli attori in sede di prima udienza e di prima memoria ex art. 183 c.p.c. non hanno avanzato domande o sollevato eccezioni nuove, ne segue che nessuna nuova attività difensiva poteva essere ritualmente effettuata con la seconda memoria citata.

Ne segue l’inammissibilità della domanda come oggi precisata, in quanto nuova.

Quanto al residuo credito, la richiesta di condanna al pagamento è fondata.

Dall’atto di compravendita non risulta infatti che (…), quale parte venditrice, si fosse obbligata a completare ovvero ad eseguire lavori da ritenersi compresi nel prezzo indicato.

Ne segue che le attività successivamente poste in essere vanno necessariamente compensate a parte.

Circa la quantificazione del credito non si pongono particolari questioni, per la assenza di contestazioni specifiche.

Gli attori vanno quindi condannati al pagamento dell’importo di Euro 4.228,80.

Su tale importo sono dovuti interessi legali, come richiesto.

Tanto premesso, è necessario chiarire quale sia il tasso di interesse “legale” in concreto applicabile.

Si osserva che con il D.L. n. 132 del 12 settembre 2014, convertito con modificazioni dalla L. n. 162 del 10 novembre 2014, il legislatore ha infatti stabilito che in materia di obbligazioni pecuniarie (artt. 1277 e ss. c.c.), in mancanza di una determinazione delle parti, si applica il saggio di interessi previsto per i ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali, e cioè quello di cui al D.Lgs. n. 231 del 2002 (tasso BCE maggiorato di 8 punti percentuali) con decorrenza dall’inizio del procedimento di cognizione ordinario, ovvero da quando la causa sia deferita ad arbitri.

Trattasi di disposizione che mira chiaramente a disincentivare le tattiche dilatorie del debitore di somme di denaro nel processo, e che sotto tale profilo si pone in linea con la stessa ratio già perseguita in generale dal D.Lgs. n. 231 del 2002 in materia di ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali. Ovvio che il nuovo tasso maggiorato, che in concreto è superiore attualmente di oltre sette punti rispetto al tasso ordinario, costituisce a tutti gli effetti vero e proprio tasso legale.

Tale disciplina, ex art. 17 III co. del D.L. menzionato, si applica per le cause instaurate a partire dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione, e quindi ai procedimenti iniziati a decorrere dal 11.12.2014 (la legge è infatti entrata in vigore l’11.11.2014), come nella fattispecie (Il deposito dell’atto di citazione è del 12.05.2015). Alla luce di tale quadro normativo, il nuovo tasso di interesse rappresenta per le obbligazioni pecuniarie il parametro di riferimento per effettuare il computo degli interessi, ogniqualvolta ricorrano in fatto le condizioni di sua applicabilità e per il periodo di pendenza del processo.

Ciò posto in linea di diritto occorre domandarsi se sia consentito al giudice, cui sia chiesta genericamente la condanna del convenuto al pagamento degli interessi sul capitale, senza altra specificazione o rinvio all’art. 1284 IV co. c.c., liquidare gli stessi secondo tale disposizione, ovvero se la relativa decisione sia, in ipotesi, viziata per extra/ultra petita ai sensi dell’art. 112 c.p.c.

Ad avviso del giudicante, come già affermato in analoghe pronunce agevolmente reperibili on line, la risposta corretta è la prima. Ed invero, secondo la giurisprudenza prevalente “in tema di obbligazioni pecuniarie, costituiscono “interessi legali” non soltanto quelli stabiliti dall’art. 1284 c.c., ma anche qualsiasi interesse che, ancorché in misura diversa, sia previsto dalla legge” (Cass., civ. Sez. II, sent. n. 11187 del 2012). Ne consegue che, stante l’ambito di operatività e la natura speciale della normativa in questione (applicabile ogni qualvolta sia proposta domanda giudiziale e per tutta la durata del procedimento), il giudice è tenuto, pur a fronte di una domanda genericamente volta ad ottenere la condanna al pagamento degli interessi legali, senza altra specificazione, ad individuare la disciplina degli interessi concretamente applicabile alla fattispecie. Trattasi di un’operazione di qualificazione giuridica della domanda di esclusiva pertinenza dell’autorità giudicante, da orientare secondo il parametro lex specialis derogat lex generali.

Ove il procedimento abbia ad oggetto una obbligazione pecuniaria, a fronte di una richiesta di pagamento anche degli interessi legali, senza ulteriori specificazioni, gli interessi applicabili saranno quindi quelli “maggiorati” di cui al combinato disposto di cui agli artt. 1284 IV co. c.c. e D.Lgs. n. 231 del 2002.

In questo senso, del resto, si era altresì espressa in passato la Suprema Corte, laddove ha più volte addebitato gli interessi non al tasso legale ordinariamente previsto, ma a quello disciplinato dalla normativa speciale in concreto applicabile, a fronte di istanza generica degli “interessi legali”, senza ulteriore specificazione (si veda ex multis Cassazione civile, sez. II, 14/02/2002, n. 2149; Cassazione civile, sez. II, 04/07/2012, n. 11187).

In tali casi è stato sempre escluso che il riconoscimento degli interessi previsti dalla norma speciale integrasse violazione della decisione ai sensi dell’art. 112 c.p.c.

Deve quindi sul punto concludersi che la liquidazione degli interessi “maggiorati” non è subordinata alla specifica richiesta del creditore, essendo sul punto sufficiente una mera domanda di pagamento degli interessi legali.

Alla luce di quanto sopra, gli interessi legali “maggiorati” spettano per il periodo successivo alla proposizione della domanda giudiziale (art. 1284, IV co. c.c.) e quindi dal 21.3.2017.

Nulla per il pregresso in difetto di costituzione in mora stragiudiziale.

Va corrispondentemente disattesa la domanda di accertamento negativo proposta dagli attori.

4) Sulla richiesta attorea di restituzione dei titoli

Alla luce delle considerazioni avanzate, avendo gli attori completamente corrisposto la somma individuata per l’acquisto dell’immobile, i n. 7 assegni, rilasciati a suo tempo a titolo di garanzia per il pagamento del prezzo, devono essere a loro definitivamente restituiti.

5) Sulla posizione di (…)

(…) ha chiesto l’estromissione dal processo, ritenendosi estraneo alla vicenda di cui è causa, ed ha eccepito il difetto di legittimazione passiva, in quanto al tempo in cui si sono verificati i fatti non rivestiva la carica di socio amministratore. Ha aggiunto di non aver mai avuto la disponibilità degli assegni oggetto di causa.

La richiesta deve essere disattesa, in quanto la sua citazione in causa era giustificata dalla circostanza, in sé assorbente, che egli era il primo prenditore degli assegni, in quanto emessi a suo favore, e pertanto soggetto senz’altro controinteressato rispetto alla domanda attorea di accertamento negativo e di restituzione.

Incidentalmente è solo il caso di rilevare la scarsa verosimiglianza delle deduzioni difensive effettuate, dirette ad accreditare la tesi della sua estraneità ai fatti. Ciò in ragione della circostanza che egli era comunque socio della (…) e legato da stretto rapporto parentale con l’amministratore della società (fratello).

Ove lo stesso fosse stato effettivamente estraneo ai fatti non si comprenderebbe perché l’amministratore di (…) avrebbe chiesto ed ottenuto l’emissione degli assegni a nome del di lui fratello.

6) La richiesta di condanna degli attori ai sensi dell’art. 96, co.1 e 3 c.p.c.

La richiesta va disattesa, non ravvisandosi alcuna strumentalità nell’azione proposta a suo carico dagli attori. Sul punto si richiama quanto sopra argomentato.

7) Spese di lite

In ragione del limitato accoglimento della pretesa creditoria e dell’accertamento di un credito di entità nettamente inferiore a quanto richiesto in via riconvenzionale, si giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite. Ciò anche per l’atteggiamento processuale di (…), che non ha aderito alla proposta conciliativa dell’Ufficio, che presupponeva un esito della lite analogo a quello di cui al presente provvedimento, così comportando la necessaria prosecuzione della lite con conseguenziali lungaggini e maggiori costi processuali.

Considerata la contiguità della posizione (…), si giustifica la compensazione anche nei confronti del medesimo.

P.Q.M.

Visto l’art. 281 sexies c.p.c.

Il Tribunale di Firenze, sezione terza civile in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza reietta:

1. CONDANNA il Signor (…) e la Signora (…) in solido al pagamento in favore della (…) SRL di Euro 4.228,80, oltre interessi legali ex art. 1284, 4 comma, c.c., come da parte motiva;

2. DICHIARA il diritto di (…) e (…) alla restituzione dei titoli oggetto di causa, dando atto che gli stessi sono già nella materiale disponibilità dei medesimi;

3. COMPENSA integralmente le spese di lite.

Così deciso in Firenze il 14 giugno 2018.

Depositata in Cancelleria il 14 giugno 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.