Brevi cenni sulla sorte del contratto di assicurazione a seguito della dichiarazione di fallimento.
Il contratto di assicurazione è un contratto tipico, e trova la sua disciplina sia nel codice civile agli artt. 1882 – 1932 che in varie normative speciali tra cui il Codice delle assicurazioni private D. Lgs. n. 209/2005.
Stando all’ art. 1882 c.c. L’assicurazione è il contratto col quale l’assicuratore, verso pagamento di un premio , si obbliga a rivalere l’assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento attinente alla vita umana.
In caso di fallimento dell’assicurato trova applicazione l’art. 82 della legge fallimentare, secondo cui: “Il fallimento dell’assicurato non scioglie il contratto di assicurazione contro i danni, salvo patto contrario, e salva l’applicazione dell’articolo 1898 del codice civile se ne deriva un aggravamento del rischio.
Se il contratto continua, il credito dell’assicuratore per i premi non pagati deve essere soddisfatto integralmente, anche se la scadenza del premio e` anteriore alla dichiarazione di fallimento.”
In virtù di tale norma, che prevede una deroga all’art. 72 L.F. [1], il contratto di assicurazione può sciogliersi solo nelle seguenti ipotesi:
1. lo scioglimento sia stato previsto da apposita clausola c.d. “patto contrario”.
2. qualora ne derivi ex art. 1898 c.c. [2] un aggravamento del rischio da cui ne consegua un alterazione dell’equilibrio contrattuale.
Nel caso di scioglimento derivante da “patto contrario”, vi è chi ritiene che si verifichi autonomamente, secondo altri invece lo scioglimento opererebbe previa comunicazione del curatore, stando ad ulteriori interpreti invece tale clausola sarebbe implicitamente abrogata dalla comma 6 dell’art. 72 L.F.
Lo scioglimento ex art. 1898 c.c., avviene in quanto, il rischio è un elemento essenziale del contratto sia nella struttura che nella causa, e si basa sulla non trascurabile circostanza che il contratto sia pendente al momento della dichiarazione di fallimento senza che però sia stato integralmente adempiuto dalla parti.
In merito alla prosecuzione del rapporto, la Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 9676/2013, ha statuito che “La disciplina dettata dall’articolo 82 si palesa come speciale, e compiutamente intesa a disciplinare il contratto di assicurazione contro i danni nel rapporto con il fallimento, si da non consentire il richiamo alla disposizione di cui all’articolo 72 L.F., che il Fallimento fa valere come norma di carattere generale, perché non vi è alcuna lacuna da colmare, ne vi è la possibilità di interpretare l’articolo 82 postulando il richiamo alla facoltà del curatore ex articolo 72 L.F. di scelta tra subentro e scioglimento, per il quale la chiara formulazione della norma indicata non lascia spazio.” optando per l’inapplicabilità dall’art. 72 L.F. e quindi in definitiva per la continuazione automatica dello stesso.
Assicurazione per la R.C.A. e riflessi della dichiarazione di fallimento sulla procedure di risarcimento.
L’assicurazione per la responsabilità civile automobilistica (R.C.A.), trova un’apposita disciplina nel D. Lvo. n. 209/2005, e quindi vi è la necessità di coordinare quest’ultima con la disciplina detta dalla legge fallimentare.
Innanzitutto, l’eventuale fallimento dell’assicuratore trova un’apposita disciplina negli artt. 194 e 195 L.f. e negli artt. 293 e s.s. D. Lvo. n. 209/2005.
Per ciò che invece riguarda l’azione risarcitoria in caso di fallimento del responsabile civile assicurato vanno coordinate due norme, ovvero, l’art. 144 D. Lvo. n. 209/2005 [3] e l’art. 52 L.F. [4]
Stando all’art. 144 D. Lvo. n. 209/2005, il danneggiato ha azione diretta nei confronti dell’assicuratore e del responsabile civile per ottenere il risarcimento dei danni patiti, ma nel giudizio risarcitorio promosso contro la compagnia di assicurazione, il responsabile civile è litisconsorte necessario e quindi deve essere necessariamente citato in giudizio unitamente alla compagnia di assicurazione.
Stando invece, all’art. 52 L.F., qualsiasi pretesa, di carattere economico, vantata, nei confronti del fallimento, deve essere fatta valere attraverso lo speciale procedimento di accertamento del passivo previsto dalla legge fallimentare.
Si porrebbe quindi un problema di ordine sostanziale e processuale, in quanto, il danneggiato, non potrebbe esercitare l’azione diretta ex art. 144 D. Lvo. n. 205/2009, perché sarebbe impossibilitato, ai sensi dell’art. 52 L.F., a citare in giudizio il responsabile civile fallito, dovendo, proprio in virtù di tale ultima norma, far valere ogni diritto nei suoi confronti attraverso il procedimento di accertamento del passivo.
In sostanza, il fallimento del responsabile civile comporterebbe l’improseguibilità di qualsiasi domanda di condanna sia nei suoi confronti, sia nei confronti del suo assicuratore, con conseguente devoluzione al tribunale fallimentare, mediante istanza di ammissione al passivo.
Tale situazione verrebbe quindi a compromettere il diritto del danneggiato ad ottenere il risarcimento dei danni da parte della compagnia di assicurazione, facendo quindi diventare tale credito risarcitorio un credito di natura concorsuale.
Tale situazione ha creato non pochi problemi di ordine pratico, a cui la Corte di Cassazione, in tempi alquanto recenti ha trovato una soluzione intermedia, che contempera, da un lato, l’esigenza di assicurare la maggior tutela possibile alle vittime di incidenti stradali, e dall’altro la previsione del litisconsorzio processuale necessario fra assicuratore ed assicurato col principio dell’attrazione nella procedura concorsuale delle pretese incidenti sulla massa.
La soluzione in definitiva prospettata dalla Corte di Cassazione [5] stabilisce che, quando sia stata proposta una domanda di risarcimento del danno da sinistro stradale nei confronti del responsabile civile e del suo assicuratore, in caso di fallimento del primo non vi è devoluzione al tribunale fallimentare, solo a condizione che il danneggiato rinunci ad ogni pretesa di carattere economico nei confronti del fallimento, ovvero dichiari formalmente che la richiesta condanna nei confronti del fallito deve intendersi eseguibile solo nell’ipotesi in cui questi dovesse ritornare in bonis.
Ciò perchè l’assenza di domande aventi ad oggetto pretese economiche nei confronti della procedura fallimentare non rende operante la vis attractiva della procedura, in quanto la pronuncia giudiziale non potrà incidere sulla massa e influire sulla par condicio creditorum.
Con tale soluzione, oltre a rispettare la condicio credito rum viene rispettata anche e soprattutto l’esigenza del litisconsorzio necessario nel giudizio di risarcimento tra responsabile civile e assicuratore che è volto per l’appunto a rafforzare la posizione processuale dell’assicuratore ai fini dell’opponibilità all’assicurato dell’accertamento della responsabilità.
[1] Articolo 72 L.F.
Se un contratto è ancora ineseguito o non compiutamente eseguito da entrambe le parti quando, nei confronti di una di esse, è dichiarato il fallimento, l’esecuzione del contratto, fatte salve le diverse disposizioni della presente Sezione, rimane sospesa fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara di subentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di sciogliersi dal medesimo, salvo che, nei contratti ad effetti reali, sia già avvenuto il trasferimento del diritto.
Il contraente può mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudice delegato un termine non superiore a sessanta giorni, decorso il quale il contratto si intende sciolto.
La disposizione di cui al primo comma si applica anche al contratto preliminare salvo quanto previsto nell’articolo 72 bis.
In caso di scioglimento, il contraente ha diritto di far valere nel passivo il credito conseguente al mancato adempimento, senza che gli sia dovuto risarcimento del danno.
L’azione di risoluzione del contratto promossa prima del fallimento nei confronti della parte inadempiente spiega i suoi effetti nei confronti del curatore, fatta salva, nei casi previsti, l’efficacia della trascrizione della domanda; se il contraente intende ottenere con la pronuncia di risoluzione la restituzione di una somma o di un bene, ovvero il risarcimento del danno, deve proporre la domanda secondo le disposizioni di cui al Capo V.
Sono inefficaci le clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dal fallimento.
In caso di scioglimento del contratto preliminare di vendita immobiliare trascritto ai sensi dell’articolo 2645 bis del codice civile, l’acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cui all’articolo 2775 bis del codice civile a condizione che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento.
Le disposizioni di cui al primo comma non si applicano al contratto preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’articolo 2645 bis del codice civile avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo destinato a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi parenti ed affini entro il terzo grado ovvero un immobile ad uso non abitativo destinato a costituire la sede principale dell’attività di impresa dell’acquirente.
[2] Articolo 1898 c.c.
Il contraente ha l’obbligo di dare immediato avviso all’assicuratore dei mutamenti che aggravano il rischio in modo tale che, se il nuovo stato di cose fosse esistito e fosse stato conosciuto dall’assicuratore al momento della conclusione del contratto, l’assicuratore non avrebbe consentito l’assicurazione o l’avrebbe consentita per un premi o più elevato .
L’assicuratore può recedere dal contratto, dandone comunicazione per iscritto all’assicurato entro un mese dal giorno in cui ha ricevuto l’avviso o ha avuto in altro modo conoscenza dell’aggravamento del rischio.
Il recesso dell’assicuratore ha effetto immediato se l’aggravamento è tale che l’assicuratore non avrebbe consentito l’assicurazione; ha effetto dopo quindici giorni, se l’aggravamento del rischio è tale che per l’assicurazione sarebbe stato richiesto un premio maggiore.
Spettano all’assicuratore i premi relativi al periodo di assicurazione in corso al momento in cui è comunicata la dichiarazione di recesso.
Se il sinistro si verifica prima che siano trascorsi i termini per la comunicazione e per l’efficacia del recesso, l’assicuratore non risponde qualora l’aggravamento del rischio sia tale che egli non avrebbe consentito l’assicurazione se il nuovo stato di cose fosse esistito al momento del contratto; altrimenti la somma dovuta è ridotta, tenuto conto del rapporto tra il premio stabilito nel contratto e quello che sarebbe stato fissato se il maggiore rischio fosse esistito al tempo del contratto stesso.
[3] Art. 144 D. Lvo. n. 209/2005
Il danneggiato per sinistro causato dalla circolazione di un veicolo o di un natante, per i quali vi è obbligo di assicurazione, ha azione diretta per il risarcimento del danno nei confronti dell’impresa di assicurazione del responsabile civile, entro i limiti delle somme per le quali è stata stipulata l’assicurazione.
Per l’intero massimale di polizza l’impresa di assicurazione non può opporre al danneggiato eccezioni derivanti dal contratto, ne clausole che prevedano l’eventuale contributo dell’assicurato al risarcimento del danno. L’impresa di assicurazione ha tuttavia diritto di rivalsa verso l’assicurato nella misura in cui avrebbe avuto contrattualmente diritto di rifiutare o ridurre la propria prestazione.
Nel giudizio promosso contro l’impresa di assicurazione è chiamato anche il responsabile del danno.
L’azione diretta che spetta al danneggiato nei confronti dell’impresa di assicurazione è soggetta al termine di prescrizione cui sarebbe soggetta l’azione verso il responsabile.
[4] Art. 52 L.F.
Il fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito.
Ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o trattato ai sensi dell’articolo 111, primo comma, n. 1), nonché ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare, deve essere accertato secondo le norme stabilite dal Capo V, salvo diverse disposizioni della legge.
Le disposizioni del secondo comma si applicano anche ai crediti esentati dal divieto di cui all’articolo 51.
[5] Cassazione, Sentenza 8 gennaio 2016, n. 128. “Quando sia proposta una domanda di risarcimento del danno da sinistro stradale nei confronti del proprietario del veicolo che ha causato il danno e del suo assicuratore della responsabilità civile, il fallimento del primo comporta l’improseguibilità di qualsiasi domanda di condanna sia nei suoi confronti, sia nei confronti del suo assicuratore, con conseguente devoluzione al tribunale fallimentare, mediante istanza di ammissione al passivo, a meno che il danneggiato, dopo l’interruzione e la riassunzione del giudizio nei confronti della curatela, non rinunci ad ogni pretesa verso questa, ovvero dichiari formalmente che la richiesta condanna nei confronti del fallito debba intendersi eseguibile solo nell’ipotesi di ritorno “in bonis”. Conforme a Cassazione, Sentenza Sentenza 26 giugno 2012, n. 10640.
Cassazione, Sentenza 5 agosto 2011, n. 17035. “Nel sistema delineato dagli art. 52 e 95 legge fall., ogni pretesa a contenuto patrimoniale svolta nei confronti di un soggetto fallito deve essere azionata attraverso lo speciale procedimento endofallimentare dell’accertamento del passivo, da attivarsi avanti al tribunale fallimentare, essendo improcedibile ogni diversa azione, nè un’eccezione a tale principio può derivare dalla circostanza che la domanda proposta attenga ad un’azione che comporti il necessario intervento di più litisconsorti, come nella specie prospettato ex art. 23 della legge n. 990 del 1969 per il risarcimento dei danni da incidente stradale; pertanto, deve essere dichiarata inammissibile l’azione di condanna al risarcimento del danno derivante da circolazione stradale proposta nei confronti dell’assicuratore e del responsabile fallito, oltretutto citando la curatela, in quanto la parte danneggiata avrebbe dovuto, in alternativa alla sola domanda nei confronti del danneggiante (da proporsi con il rito fallimentare), astenersi da ogni conclusione nei suoi confronti o dichiarare l’intenzione di avvalersi di una eventuale condanna solo in esito al ritorno “in bonis”.