Nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilita’ conseguita dal promissario acquirente si fonda sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori; pertanto la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, e’ qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile ad usucapionem, salvo la dimostrazione di un’intervenuta interversio possessionis nei modi previsti dall’articolo 1141 c.c.

Corte di Cassazione|Sezione 6 2|Civile|Ordinanza|30 maggio 2022| n. 17458

Data udienza 20 gennaio 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso 4188-2021 proposto da:

(OMISSIS), in persona dell’amministratore di sostegno del sig. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SRL, in persona del Curatore pro tempore, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3458/2020 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/07/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non partecipata del 20/01/2022 dal Consigliere Annamaria Casadonte.

RILEVATO

che:

– (OMISSIS), in persona dell’amministratore di sostegno (OMISSIS), impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Roma che ha respinto il di lui gravame nei confronti della sentenza del Tribunale di Roma di rigetto della domanda di accertamento dell’intervenuto acquisto per usucapione dei terreni siti in Roma e asseritamente posseduti da oltre vent’anni da parte del medesimo (OMISSIS);

– per quel che qui ancora rileva, la Corte territoriale, con sentenza 7301/2014, pubblicata in data 14/7/2020, pur riconoscendo che il fallimento della societa’ proprietaria dei terreni oggetto della domanda di usucapione non interrompe il decorso del termine ventennale, ha escluso che nel caso di specie fossero stati provati i requisiti per la richiesta declaratoria;

– in particolare, il giudice del gravame ha rilevato che (OMISSIS) aveva dedotto di avere conseguito la disponibilita’ del bene in oggetto in virtu’ del subentro in un contratto preliminare di compravendita stipulato in data (OMISSIS) con (OMISSIS), con la conseguenza che, come ritenuto dalla costante giurisprudenza di legittimita’ (cfr. Cass. sez. un. n. 7930 del 2008), la relazione instaurata con il bene andava inquadrata nell’ambito della detenzione qualificata e non del possesso utile ad usucapionem, salva la dimostrazione dell’intervenuta interversio possesionis;

– la Corte territoriale ha tuttavia accertato che, nel caso in esame, le prove articolate erano risultate inidonee a tal fine, essendo tese a provare elementi di fatto compatibili con l’animus detinendi;

– (OMISSIS) ha proposto tempestivo ricorso per la cassazione della predetta sentenza e affidato a due motivi, illustrato da memoria, cui resiste il (OMISSIS).

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo si contesta l’omessa valutazione dei requisiti del possesso necessari ai fini dell’accoglimento della domanda di intervenuta usucapione ai sensi degli articoli 1140 e 1158 c.c.;

– il motivo e’ inammissibile ai sensi dell’articolo 360 bis c.p.c. (cfr. Cass. sez. Un. 7155/2017);

– costituisce orientamento giurisprudenziale consolidato quello per cui nella promessa di vendita, quando viene convenuta la consegna del bene prima della stipula del contratto definitivo, non si verifica un’anticipazione degli effetti traslativi, in quanto la disponibilita’ conseguita dal promissario acquirente si fonda sull’esistenza di un contratto di comodato funzionalmente collegato al contratto preliminare, produttivo di effetti meramente obbligatori; pertanto la relazione con la cosa, da parte del promissario acquirente, e’ qualificabile esclusivamente come detenzione qualificata e non come possesso utile ad usucapionem, salvo la dimostrazione di un’intervenuta interversio possessionis nei modi previsti dall’articolo 1141 c.c. (cfr. Cass., Sez. Un. 7930/2008; Cass. 5211/2016);

– nel caso in esame, la Corte d’appello ha applicato il suddetto orientamento, effettuando un accertamento di merito – appunto, in ordine alla validita’ degli eventi dedotti dalla parte al fine di accertare se, nella concreta fattispecie, ricorrano, o meno, gli estremi del possesso idoneo ad usucapire – incensurabile in sede di legittimita’, ove, come nella specie, congruamente motivato ed immune da vizi giuridici (cfr. Cass., n. 356/2017, Cass., n. 11410/2010; Cass., 4035/2007);

– con il secondo motivo si censura la mancata ammissione del ricorrente alla prova del possesso utile ai fini dell’usucapione;

– la censura e’ inammissibile;

– nel ricorso per cassazione, il vizio di violazione e falsa applicazione della legge di cui all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, giusta disposto di cui all’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 4, deve essere, a pena d’inammissibilita’, dedotto mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimita’ o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito alla S.C. di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione (cfr. Cass. n. 1435 del 2013; id. Cass. n. 27568 del 2017);

– il motivo proposto, pur astrattamente denunciando la violazione dell’articolo 24 Cost., tende in concreto a sollecitare una rivalutazione del merito della causa, vietata in sede di legittimita’, atteso che le prove articolate dal (OMISSIS) sono state valutate dalla corte territoriale e ritenute inidonee a dimostrare l’asserita interversione del possesso;

– il ricorso e’ inammissibile e, in applicazione del principio di soccombenza, parte ricorrente e’ tenuta alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente nella misura liquidata in dispositivo;

– sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1-quater – da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e dichiara il ricorrente tenuto al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in Euro 2.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori come per legge.

Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del cit. articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

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