Corte di Cassazione, Sezione 6 2 civile Ordinanza 10 maggio 2018, n. 11283
il rapporto di prestazione d’opera professionale postula il conferimento del relativo incarico in qualsiasi forma idonea a manifestare il consenso delle parti, sicche’, quando sia contestata la instaurazione di un siffatto rapporto, grava sull’attore l’onere di dimostrarne l’avvenuto conferimento, anche ricorrendo alla prova per presunzioni, mentre compete al giudice del merito valutare se gli elementi offerti, complessivamente considerati, siano in grado di fornire una valida prova presuntiva.
Corte di Cassazione, Sezione 6 2 civile Ordinanza 10 maggio 2018, n. 11283
Integrale
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente
Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere
Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27762/2016 proposto da:
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso il suo studio, rappresentata e difesa da se medesima;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS);
– intimata –
avverso la sentenza n. 970/2016 del TRIBUNALE di VITERBO, depositata il 15/09/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 01/02/2018 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.
FATTO E DIRITTO
Il Collegio preso atto che:
il Consigliere relatore dott. A. Scalisi ha proposto che la controversia in epigrafe fosse trattata in Camera di Consiglio non partecipata della Sesta Sezione Civile di questa Corte ritenendo: “Il ricorso infondato: il primo motivo e’ infondato perche’ il Tribunale di Viterbo ha ampiamente valutato i dati processuali acquisiti ed ha escluso, con valutazione di merito che la sig.ra (OMISSIS) avesse conferito un incarico per attivita’ stragiudiziale all’avv. (OMISSIS). Inammissibile il secondo motivo perche’ non riconducibile ad un’ipotesi di cui all’articolo 360 c.p.c., n. 5, cosi’ come modificato con Decreto Legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134.
La proposta del relatore e’ stata notificata alle parti.
Letti gli atti del procedimento dai quali risulta che:
1.- la sig.ra (OMISSIS), con atto di appello, ritualmente notificato alla controparte, impugnava la sentenza n. 808/2012 con la quale il Giudice di Pace di Civita Castellana aveva parzialmente accolto la domanda proposta dall’avv. (OMISSIS) e avente ad oggetto il compenso per l’attivita’ professionale presuntivamente svolta in favore di essa appellante.
Censurava il provvedimento nella parte in cui aveva ritenuto la fondatezza della avversa pretesa in violazione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato in quanto il giudice di prime cure aveva ritenuto sussistente un mandato per la fase stragiudiziale sulla base di un incarico orale, pur non avendo l’appellata in alcun modo dedotto tale – circostanza – e, dall’altro la contraddittorieta’ della motivazione, laddove aveva appunto ritenuto esistente l’incarico, sebbene da un lato le due parti per ammissione comune non si erano mai viste, avendo essa appellante avuto rapporti soltanto con l’avv. (OMISSIS) e, dall’altro in ragione di una errata valutazione delle dichiarazioni rese dai testi.
Nella resistenza dell’avv. (OMISSIS) e acquisito il fascicolo di primo grado, il Tribunale di Viterbo con sentenza n. 970 del 2016 accoglieva l’appello e condannava l’avv. (OMISSIS) a restituire quanto ricevuto in esecuzione della sentenza di primo grado e al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio. Secondo il Tribunale di Viterbo, a dispetto di quanto affermato dal giudice di primo grado, in realta’, non poteva in alcun modo ritenersi esistente un accordo orale tra le due parti processuali avente ad oggetto l’assistenza stragiudiziale, oggetto del giudizio. Le sig.re (OMISSIS) e – (OMISSIS), infatti, come – concordemente dichiarato in sede di interrogatorio formale nell’ambito del procedimento di primo grado, non si erano mai viste prime di allora. Se, allora, in linea di principio, e’ possibile il conferimento di un mandato professionale anche in assenza di un contatto fisico tra cliente e professionista, nella concreta fattispecie, tale eventualita’ era in contrasto con diversi elementi. Piuttosto, la sig.ra (OMISSIS) ha sempre sostenuto di aver conferito l’incarico al solo avv. (OMISSIS) ed incontrato fisicamente quest’ultimo, nello studio che i due professionisti condividevano e alla sola presenza dello stesso e del marito le consegnava la somma di Euro 1.700, cosi’ come emerso dalle dichiarazioni rese in sede testimoniale dallo stesso avv. (OMISSIS).
La cassazione di questa sentenza e’ stata chiesta dall’avv. (OMISSIS) con ricorso affidato a due motivi, illustrati con memoria. (OMISSIS), intimata in questa fase, non ha svolto attivita’ giudiziale.
2.- Ritiene che il ricorso sia infondato per le seguenti ragioni L’avv. (OMISSIS) lamenta:
a) Con il primo motivo di ricorso, la violazione del disposto di cui agli articoli 2229 e 2230 cod. civ. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Secondo la ricorrente, il Tribunale di Viterbo avrebbe errato nell’applicazione degli articoli 2229 e 2230 c.c., in virtu’ delle risultanze processuali che dimostrano in maniera palese l’esistenza del rapporto sottostante e l’attivita’ svolta dal professionista in unione con l’altro procuratore, in qualita’ di creditore solidale in forza di uno stesso mandato per il quale l’incarico e’ stato eseguito, congiuntamente, da entrambi i professionisti come provato e documentato.
b) Con il secondo motivo, l’omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa la posizione assunta dall’avv. (OMISSIS) in merito alla parcella con riferimento all’attivita’ svolta, quale punto decisivo della controversia. Sostiene la ricorrente che il Tribunale non avrebbe tenuto conto che il Giudice di Pace aveva riconosciuto un compenso di Euro 3.150,00 e detratto l’anticipo di Euro 1.700,00 residuava l’importo di Euro 1.450,00 che doveva essere versato a saldo dell’attivita’ svolta. Tale somma non sarebbe stata vantata dall’avv. (OMISSIS), essendo l’importo dovuto alla stessa quale creditore solidale per quell’attivita’ che in entrambi i gradi del giudizio non si e’ mai disconosciuta essere stata eseguita a favore della comune cliente. Detta somma non richiesta dalla (OMISSIS) anzi dalla stessa veniva riconosciuta alla (OMISSIS) per l’attivita’ effettivamente eseguita anche quale creditore solidale.
2.1.- Entrambi i motivi che per la loro connessione vanno esaminati congiuntamente sono infondati.
Secondo consolidato orientamento di questa Corte, il rapporto di prestazione d’opera professionale postula il conferimento del relativo incarico in qualsiasi forma idonea a manifestare il consenso delle parti, sicche’, quando sia contestata la instaurazione di un siffatto rapporto, grava sull’attore l’onere di dimostrarne l’avvenuto conferimento, anche ricorrendo alla prova per presunzioni, mentre compete al giudice del merito valutare se gli elementi offerti, complessivamente considerati, siano in grado di fornire una valida prova presuntiva; il risultato di tale accertamento, se adeguatamente e coerentemente motivato, si sottrae al sindacato di legittimita’, che e’, invece, ammissibile quando nella motivazione siano stati pretermessi, senza darne ragione, uno o piu’ fattori aventi, per condivisibili massime di esperienza, una oggettiva portata indiziante (per ultimo Cass. n. 1792/2017 e per alcuni aspetti cfr. Cass. 1462 del 2013)).
Ora, nel caso in esame, il Tribunale di Viterbo ha ampiamente valutato i dati processuali acquisiti ed ha escluso che la sig. (OMISSIS) avesse conferito un incarico per attivita’ stragiudiziale all’avv. (OMISSIS), ritenendo essenzialmente, oltre altre considerazioni, che non “(….) si comprenderebbe il motivo in base al quale la cliente di due professionisti che per altro condividevano lo steso studio, avesse conferito ad uno, incarico orale, e senza nemmeno contatto fisico e all’altro, invece, dopo un normale incontro, e addirittura (incarico) per iscritto (….).
2.2.- Assolutamente generico e’, poi, il rilievo della ricorrente (pag. 7 del ricorso) secondo cui la (OMISSIS) avrebbe rilasciato una procura ad litem ad entrambi gli avvocati (OMISSIS) e (OMISSIS) e questa sarebbe stata inserita come prova del rapporto nel fascicolo di parte attorea riconosciuta e non contestata dalla convenuta (OMISSIS) la cui esistenza e conferma del valore probatorio e’ indicata nella sentenza di primo grado, ma disattesa dal Giudice di appello” posto che la ricorrente, pur facendo riferimento (anzi fondando la propria censura) sulla procura ad litem, non riporta in questa sede (e lo avrebbe dovuto fare), il contenuto del documento cui si riferisce, non consentendo a questa Corte di prendere contezza dei profili essenziali della censura e dell’eventuale errore di valutazione della Corte di Appello (cfr. Cass. 1462/13; 3033/13).
2.3.- Piuttosto, il Tribunale di Viterbo, non solo non ha omesso di valutare ogni singolo elemento probatorio acquisito al giudizio ma ha, con un argomentare, logico e condivisibile, escluso che vi fosse in giudizio la prova che al (OMISSIS) fosse stato conferito un incarico professionale. D’altra parte, il rilievo dedotto dalla ricorrente (di aver richiesto la somma di Euro 1,450,00 come riconosciuta dal Giudice di Pace quale saldo del compenso dell’attivita’ professionale non mai richiesta dall’avv. (OMISSIS), anzi da questo riconosciuta alla (OMISSIS)) non integrerebbe un’ipotesi di presunzione di conferimento di incarico, neppure semplice, dato che quella richiesta non dimostra che un incarico professionale fosse stato conferito anche alla (OMISSIS) e, soprattutto, essendo stato dimostrato che l’incarico di che trattasi era stato conferito al solo collega di studio dello stesso, cioe’ all’avv. (OMISSIS). La richiesta della somma di cui si dice in mancanza di un incarico professionale e’, al contrario, una richiesta infondata, indipendentemente dal fatto che quella somma, sia pure dovuta dalla (OMISSIS), non sia stata richiesta dall’avv. (OMISSIS).
In definitiva, il ricorso va rigettato. Non sussistono i presupposti per la liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione. Il Collegio da’ atto che, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; da’ atto che, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.