Le controversie in tema di liquidazione dei compensi dovuti agli avvocati per l’opera prestata nei giudizi davanti al tribunale, ai sensi della L. 13 giugno 1942, n. 794, articoli 28, 29 e 30 rientrano fra quelle da trattare in composizione collegiale, in base alla riserva prevista per i procedimenti in camera di consiglio dall’articolo 50-bis c.p.c., comma 2, come peraltro confermato dal Decreto Legislativo 1 settembre 2011, n. 150, articolo 14, comma 2, per i procedimenti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso”; nonche’ della sentenza della Corte costituzionale n. 65 del 2014, che ha dichiarato infondata la questione di legittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 3 e articolo 14, comma 2, in riferimento all’articolo 76 Cost., nella parte in cui rispettivamente prevedono, per i procedimenti in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti degli avvocati, la competenza del tribunale in composizione collegiale e l’inconvertibilita’ nel rito ordinario. In particolare, in quest’ultima pronuncia il giudice delle leggi ha chiarito che il Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 14 in attuazione della Legge Delega n. 69, articolo 54, comma 4, lettera a), (che prescriveva che rimanessero “fermi i criteri di competenza, nonche’ i criteri di composizione dell’organo giudicante, previsti dalla legislazione vigente”), ha ricondotto i procedimenti in materia di liquidazione degli onorari di avvocato al modello dei procedimenti sommari di cognizione, modello al quale ha apportato alcuni adattamenti. In particolare, dopo avere previsto una particolare disciplina della competenza per territorio, l’articolo 14, comma 2, dispone che “Il Tribunale decide in composizione collegiale.

Corte di Cassazione|Sezione 2|Civile|Sentenza|18 settembre 2019| n. 23259

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente

Dott. SANGIORGIO Maria Rosaria – rel. Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28161-2015 proposto da:

(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliate in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che le rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS), rappresentato e difeso da se medesimo ex articolo 86 c.p.c. elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 412/2015 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE, depositata il 26/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/04/2019 dal Consigliere Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CELESTE ALBERTO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

uditi gli Avvocati (OMISSIS), difensori dei ricorrenti che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato (OMISSIS) difensore di se stesso che ha chiesto l’inammissibilita’ del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con ricorso ex articolo 702-bis c.p.c. l’avv. (OMISSIS) convenne in giudizio (OMISSIS) e (OMISSIS), esponendo di averle assistite in numerosi procedimenti giudiziari dal marzo 2007 al febbraio 2012, e di non aver ricevuto alcun compenso per tale attivita’.

Le predette si costituirono in giudizio contestando la quantificazione del compenso richiesto dal ricorrente, assumendo di aver versato al professionista una somma complessiva anche superiore a quella da lui richiesta, e rilevando che costui non aveva prodotto il parere di congruita’ del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Udine.

Aggiunsero, tra l’altro, che le questioni trattate dal legale erano ripetitive e prive di aspetti giuridici complessi, e che era stata applicata in modo non corretto la maggiorazione di cui al Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, articolo 5, comma 4, in ogni sub procedimento ed in quelli riuniti, anziche’ in un’unica occasione.

Il Tribunale di Udine in composizione monocratica, disposto il mutamento del rito, e istruita la causa documentalmente, condanno’ la (OMISSIS) al pagamento in favore dell’attore dell’importo di Euro 17222,90 oltre ad interessi legali dal 9 marzo 2012, ed entrambe le convenute al pagamento della ulteriore somma di Euro 128253,75 oltre ad interessi legali sempre dal 9 marzo 2012.

2. – Con sentenza depositata il 26 giugno 2015 la Corte d’appello di Trieste ha rigettato il gravame proposto dalla (OMISSIS) e dalla (OMISSIS).

Il giudice di secondo grado ha anzitutto disatteso la censura fondata sulla pretesa nullita’ della sentenza impugnata per essere stata emessa dal tribunale in composizione monocratica anziche’ collegiale, rilevando che l’appellato si era avvalso del procedimento sommario di cui all’articolo 702 c.p.c., convertito nel rito ordinario dal Tribunale.

Ha poi rilevato la Corte che le contestazioni svolte dalle appellanti erano superate dalle convenzioni di incarico concluse tra le stesse ed il difensore, che provavano la esistenza di un accordo tra le parti sulle modalita’ di determinazione del compenso per gli affari da trattare, e con la specificazione che esse avrebbero trovato applicazione anche per ulteriori incarichi.

In particolare, poi, in ordine alle singole contestazioni, per cio’ che ancora rileva nella presente sede, quanto alla maggiorazione di onorario applicata dall’appellato per due volte in alcune parcelle, la Corte di merito ha osservato che la maggiorazione e’ espressamente prevista dal Decreto Ministeriale n. 127 del 2004, articolo 5, comma 4, e si giustifica con il maggiore impegno richiesto all’avvocato, mentre nessuna duplicazione del compenso sarebbe ravvisabile nei giudizi di impugnazione innanzi alla Corte d’appello di Trieste, redatti separatamente ed in tempi diversi, tanto da dar luogo a due giudizi inizialmente autonomi e poi riuniti dopo la revoca del mandato all’appellato.

Non condivisibile, secondo la Corte di merito, e’ l’assunto secondo il quale il compenso non spetterebbe al difensore nel caso di esito giudiziario non positivo.

Al riguardo la Corte ha osservato che si tratta di obbligazione di mezzi e non di risultato, e che nel caso specifico non e’ stata esercitata azione di responsabilita’ in relazione all’attivita’ svolta dal legale.

Donde l’obbligo del pagamento del compenso all’avvocato anche per le pratiche non ancora concluse.

Quanto all’asserita estinzione del credito dell’appellato, la Corte di merito ha fatto valere la presunzione di onerosita’ ex articolo 2233 c.c. per le prestazioni rese dal difensore, non vinta dalla prova contraria.

L’imputazione dei pagamenti non e’ stata fatta dalle appellanti, che ne avevano facolta’, al momento del pagamento, e quindi le stesse non potevano farlo tardivamente e senza l’adesione del creditore. Nella specie l’imputazione era stata fatta ex articolo 1195 c.c. dall’avv. (OMISSIS), che aveva imputato i pagamenti a prestazioni gia’ svolte in data antecedente al credito esposto nelle parcelle azionate in giudizio.

In ordine, poi, alla censura relativa alla liquidazione delle spese effettuata secondo i criteri di cui al Decreto Ministeriale n. 140 del 2012, la Corte di merito ha ritenuto corretta detta liquidazione, essendo stata l’attivita’ difensiva ultimata nel vigore del richiamato Decreto Ministeriale n. 140 del 2012.

Con ordinanza del 28 luglio 2015 e’ stata disposta la correzione di un errore materiale contenuto nel dispositivo della predetta sentenza, in cui non era stato indicato l’importo della liquidazione delle spese del grado, pari a complessivi Euro 7642,00.

Per la cassazione di tale sentenza ricorrono (OMISSIS) e (OMISSIS) sulla base di sei motivi. Resiste con controricorso (OMISSIS). Nell’imminenza della udienza pubblica le parti hanno depositato memorie.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- I primi due motivi di ricorso – illustrati congiuntamente per la connessione logico-giuridica che li avvince, e che, per la medesima ragione, saranno del pari esaminati congiuntamente – deducono, rispettivamente ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione degli articoli 702-bis, 702-ter c.p.c. e del Decreto Legislativo n. 1650 del 2011, articolo 14 in relazione alla L. n. 794 del 1942, articoli 28, 29 e 30, articolo articolo 50-bis c.p.c., comma 2 e articolo 161 c.p.c.

Avrebbe errato il giudice di prime cure nel disporre il mutamento del rito, con passaggio da quello sommario a quello ordinario, avuto riguardo alla necessita’ di ulteriore ed approfondita istruttoria, senza pero’ rimettere la causa al collegio, ma limitandosi a concedere alle parti i termini di cui all’articolo 183 c.p.c., comma 6, ed a fissare l’udienza innanzi a se’ per l’ammissione delle istanze istruttorie, poi respinte.

A sua volta, la Corte d’appello avrebbe erroneamente rigettato il relativo motivo di gravame, avente ad oggetto la nullita’ della sentenza di primo grado, non tenendo conto che il Tribunale aveva disapplicato l’articolo 50-bis c.p.c., comma 2, definendo la causa in sede monocratica pur non essendo competente a deciderla, ai sensi del Decreto Legislativo n. 50 del 2011, articolo 14 per essere invece competente il Tribunale in composizione collegiale in ordine ai giudizi aventi ad oggetto il compenso dell’avvocato che agisca in via ordinaria o ai sensi dell’articolo 28 Legge Professionale Forense.

2.- Le censure sono meritevoli di accoglimento.

Come chiarito dalle Sezioni Unite di questa Corte, a seguito dell’introduzione del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 14 la controversia di cui alla L. n. 794 del 1942, articolo 28 come sostituito dal citato D.Lgs., puo’ essere introdotta:

a) o con un ricorso ai sensi dell’articolo 702-bis, c.p.c., che da’ luogo ad un procedimento sommario “speciale”, disciplinato dal combinato disposto dell’articolo 14 e degli articoli 3 e 4 citato Decreto Legislativo n. e dunque dalle norme degli articoli 702-bis c.p.c. e segg., salve le deroghe previste dalle dette disposizioni del Decreto Legislativo n.;

b) o con il procedimento per decreto ingiuntivo ai sensi degli articoli 633 c.p.c. e segg., l’opposizione avverso il quale si propone con ricorso ai sensi dell’articolo 702-bis c.p.c. e segg. ed e’ disciplinata come sub a), ferma restando l’applicazione delle norme speciali che dopo l’opposizione esprimono la permanenza della tutela privilegiata del creditore e segnatamente degli articoli 648, 649 e 653 c.p.c. (quest’ultimo da applicarsi in combinato disposto con l’articolo 14, u.c.). Resta, invece, esclusa la possibilita’ di introdurre l’azione sia con il rito di cognizione ordinaria e sia con quello del procedimento sommario ordinario codicistico, di cui agli articoli 702-bis c.p.c. e segg..

La controversia di cui si tratta, tanto se introdotta con ricorso ai sensi dell’articolo 702-bis c.p.c., quanto se introdotta con il procedimento per decreto ingiuntivo, resta soggetta al rito indicato dal Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 14 (Cass., S.U., sent. n. 4485 del 2018; conf. Cass., Sez. II, sent. n. 26778 del 2018).

Il richiamato articolo 14, comma 2 dispone che il Tribunale decida tali controversie in composizione collegiale.

Cosi’ illustrato il quadro normativo in subiecta materia, si rileva che l’errore in cui e’ incorso nella specie il Tribunale di Udine in composizione monocratica, cui l’avv. (OMISSIS) si era rivolto con ricorso ex articolo 702-bis c.p.c., e’ consistito nel disporre il mutamento del rito, con passaggio da quello sommario al rito ordinario in ragione della complessita’ della istruttoria da compiere, applicando le regole di tale ultimo rito, ed assegnando percio’ i termini di cui all’articolo 183 c.p.c. e fissando l’udienza davanti a se’.

La Corte di merito, anziche’ emendare l’errore, accogliendo il motivo di gravame delle appellanti che lamentavano la nullita’ della sentenza di primo grado in quanto decisa dal Tribunale in composizione monocratica anziche’ collegiale, ha giudicato corretta la procedura seguita dal Tribunale, ritenendo erroneamente, alla stregua del citato orientamento giurisprudenziale – che il Decreto Legislativo n. 150 del 2011 abbia modificato il solo procedimento speciale camerale di cui alla L. n. 749 del 1942, articolo 28 e segg. lasciando inalterati i tradizionali strumenti ordinari di tutela utilizzabili dal difensore in alternativa a detto procedimento speciale, ed indicando come tali il procedimento ordinario di cognizione, quello sommario ai sensi dell’articolo 702-bis c.p.c. ed il procedimento di ingiunzione ex articolo 633 c.p.c., disciplinati dalle regole ordinarie del processo di cognizione e da quelle del procedimento sommario previste dal codice di rito.

La Corte di merito ha, cosi’, pretermesso la considerazione delle modifiche apportate dal richiamato il Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 14 al procedimento relativo alle controversie in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti di avvocato, regolate dal rito sommario di cognizione e caratterizzate della previsione della competenza in capo al tribunale in composizione collegiale.

Il giudice di secondo grado si e’ fatto invero carico delle pronunce richiamate dalle appellanti, ed, in particolare, della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 12609 del 2012, la quale ha affermato che

“Le controversie in tema di liquidazione dei compensi dovuti agli avvocati per l’opera prestata nei giudizi davanti al tribunale, ai sensi della L. 13 giugno 1942, n. 794, articoli 28, 29 e 30 rientrano fra quelle da trattare in composizione collegiale, in base alla riserva prevista per i procedimenti in camera di consiglio dall’articolo 50-bis c.p.c., comma 2, come peraltro confermato dal Decreto Legislativo 1 settembre 2011, n. 150, articolo 14, comma 2, per i procedimenti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso”; nonche’ della sentenza della Corte costituzionale n. 65 del 2014, che ha dichiarato infondata la questione di legittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 3 e articolo 14, comma 2, in riferimento all’articolo 76 Cost., nella parte in cui rispettivamente prevedono, per i procedimenti in materia di liquidazione degli onorari e dei diritti degli avvocati, la competenza del tribunale in composizione collegiale e l’inconvertibilita’ nel rito ordinario. In particolare, in quest’ultima pronuncia il giudice delle leggi ha chiarito che il Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 14 in attuazione della Legge Delega n. 69, articolo 54, comma 4, lettera a), (che prescriveva che rimanessero “fermi i criteri di competenza, nonche’ i criteri di composizione dell’organo giudicante, previsti dalla legislazione vigente”), ha ricondotto i procedimenti in materia di liquidazione degli onorari di avvocato al modello dei procedimenti sommari di cognizione, modello al quale ha apportato alcuni adattamenti. In particolare, dopo avere previsto una particolare disciplina della competenza per territorio, l’articolo 14, comma 2, dispone che “Il Tribunale decide in composizione collegiale”.

L’articolo 50-bis c.p.c., inserito dal Decreto Legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, articolo 56 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado), impone al Tribunale di giudicare in composizione collegiale nei procedimenti in camera di consiglio, disciplinati dall’articolo 737 c.p.c. e segg..

Inoltre, lo svolgimento in camera di consiglio dei procedimenti di liquidazione degli onorari forensi era gia’ espressamente previsto dalla L. n. 794 del 1942, articolo 29.

Dal riconoscimento della natura camerale dei procedimenti di liquidazione degli onorari nel periodo precedente alla riforma introdotta dalla L. n. 51 del 1998 discende pertanto, ai sensi dell’articolo 50-bis c.p.c., la composizione collegiale dell’organo giudicante.

Sicche’ osserva la Corte costituzionale – nell’affermare la collegialita’ del giudicante, il Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 14, comma 2, non fa che ribadire quei criteri che erano gia’ propri del previgente modello processuale.

D’altra parte, con riferimento alla esclusione della convertibilita’ del rito, il giudice delle leggi ha rilevato che la norma in esame costituisce immediata applicazione del criterio direttivo di cui alla L. n. 69 del 2009, articolo 54, comma 4, lettera b), n. 2), il quale – nel ricondurre al modello del procedimento sommario quelli nei quali sono prevalenti caratteri di semplificazione della trattazione o dell’istruzione della causa – afferma che resta “esclusa per tali procedimenti la possibilita’ di conversione nel rito ordinario”.

Il divieto di conversione del rito e’ stabilito dal Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 3, comma 1, per le controversie regolate dal rito sommario di cognizione; conseguentemente la caducazione di tale divieto, riferita ai soli procedimenti di liquidazione degli onorari forensi, costituirebbe un’eccezione rispetto al modello procedimentale prescelto dal medesimo Decreto Legislativo n. 150 del 2011.

Ebbene, la Corte d’appello di Trieste, nel farsi carico, come dianzi sottolineato, delle richiamate pronunce, ne ha escluso la pertinenza al caso in esame, per essersi l’appellato avvalso non gia’ del procedimento speciale di cui alla L. n. 749 del 1992, articoli 28 e ss. ma del procedimento sommario di cui all’articolo 702-bis c.p.c., convertito dal Tribunale nel rito ordinario. L’errore che si annida nel percorso argomentativo della Corte e’ proprio quello di negare l’effetto innovativo della disciplina recata dal Decreto Legislativo n. 150 del 2011, articolo 14 nei confronti di tutti i procedimenti in materia di liquidazione degli onorari di avvocato, ricondotti al modello dei procedimenti sommari di cognizione, integrato dalla nuova disciplina speciale.

Ne deriva la nullita’ – non rilevata dalla Corte d’appello – della sentenza emessa dal giudice di primo grado, al quale la causa va rimessa ai sensi dell’articolo 383 c.p.c., comma 3, perche’ la esamini facendo corretta applicazione delle regole di procedura enunciate sub 2.

3. – Resta assorbito dall’accoglimento dei primi due motivi di ricorso l’esame delle altre censure, relative all’errore procedurale commesso dall’avv. (OMISSIS) in relazione alla individuazione del legittimato passivo all’azione promossa per conto delle ricorrenti, al mancato esame della eccezione di compensazione, alla nullita’ del decreto di correzione di errore materiale con riguardo alla determinazione delle spese legali del giudizio, ed alla carenza di motivazione della condanna al pagamento da parte delle ricorrenti del doppio contributo.

4. – Conclusivamente, devono essere accolti il primo ed il secondo motivo del ricorso, con assorbimento degli altri. La sentenza impugnata deve essere cassata e la causa rinviata, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Udine in diversa composizione collegiale.

P.Q.M.

La Corte accoglie i primi due motivi, assorbiti gli altri. Cassa e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, al Tribunale di Udine in diversa composizione collegiale.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.