l’esonero dal rispetto delle distanze legali previsto dall’articolo 879, comma secondo, cod. civ. per le costruzioni a confine con piazze e vie pubbliche, va riferito anche alle costruzioni a confine delle strade di proprietà privata gravate da servitù pubbliche di passaggio, giacché il carattere pubblico della strada, rilevante ai fini dell’applicazione della norma citata, attiene più che alla proprietà del bene, piuttosto all’uso concreto di esso da parte della collettività.

Corte d’Appello Napoli, Sezione 2 civile Sentenza 7 febbraio 2019, n. 1111

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte d’appello di Napoli, seconda sezione civile, riunita in camera di consiglio in persona dei magistrati:

– dr. Giovanni de Crecchio – Presidente –

– dr. Sergio Gallo – Consigliere –

– dr.ssa Paola Martorana – Consigliere relatore –

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. R.G.3825/2013, riservata in decisione all’udienza del 10 ottobre 2018, con concessione alle parti del termine di sessanta giorni per il deposito delle comparse conclusionali e di venti giorni per il deposito delle memorie di replica e vertente

TRA

(…), rappresentato e difeso, in virtù di mandato a margine dell’atto di appello, dall’avv. Lu.La.

APPELLANTE

CONTRO

(…), rappresentato e difeso, in virtù di mandato a margine della comparsa di costituzione relativa al giudizio di appello, dagli avv. Da. e Pa.Fi.

APPELLATO

Ragioni di fatto e di diritto della decisione

1. Con sentenza n. 1320/2013, depositata il 30 aprile 2013, il tribunale di Nola ha rigettato la domanda proposta da (…), in qualità di nudo proprietario del fabbricato ad uso abitativo sito nel comune di Castello di Cisterna, alla via (…), riportato al NCEU al foglio (…), p.lla (…), volta a veder condannare il confinante (…) alla demolizione di un fabbricato situato ad una distanza dal confine, di circa quattro metri, inferiore a quella regolamentare prevista dalle norme urbanistiche locali.

Segnatamente, il Giudice di prime cure, dopo aver precisato che gli immobili oggetto di causa sono ubicati in (…) di (…), all’interno di una traversa di Corso Vittorio Emanuele denominata “traversa Napoli”, che ha una larghezza costante di quattro metri- traversa ricadente nella proprietà dei germani (…) e posta al confine con le proprietà di (…) e dell’attore (…)- ha precisato che, frontistante al fabbricato del convenuto, vi è un giardino senza costruzioni di proprietà dell’attore. Sulla scorta di tale premessa, pur avendo affermato, all’esito dell’espletata c.t.u., che la costruzione del convenuto è posta ad una distanza dal confine di 4 metri, inferiore alla distanza minima di 5,5 metri risultante dallo strumento urbanistico vigente all’epoca della realizzazione della costruzione, ha nondimeno ritenuto l’infondatezza della domanda di riduzione in pristino, evidenziando che nel programma di fabbricazione vigente all’epoca della realizzazione della costruzione del convenuto era espressamente prevista la possibilità di realizzare costruzioni sul confine, salvo che la nuova costruzione venisse a fronteggiare un fabbricato preesistente, posto a distanza minore di 10 metri, nel quale caso era inibita tale possibilità.

Pertanto, in virtù di tale previsione del programma di fabbricazione, dovevano trovare applicazione nella fattispecie gli artt. 873 e 875 del codice civile, con possibilità per il confinante di costruire a distanza dal confine inferiore a quella legale, salvo il diritto del proprietario frontistante di costruire in aderenza.

Il Giudice di prime cure, inoltre, ha ritenuto di non poter esaminare la difesa, sollevata dalla parte attrice in comparsa conclusionale, relativa all’impossibilità per il (…) di costruire in aderenza o in appoggio- per essere la striscia di terreno della larghezza di quattro metri, posta tra il fabbricato del convenuto e la proprietà dell’attore, gravata da servitù di passaggio costituita con atto per notar (…) del (…), rep.n.(…)- rilevando che l’allegazione di tale fatto impeditivo sarebbe potuta avvenire, al più, con la prima memoria di cui all’art. 183, quinto comma, c.p.c. ( nel testo anteriore alle modificazioni apportate con la L. n. 80 del 2005), “a prescindere da ogni considerazione in ordine alla mancata prova della dedotta servitù di passaggio, non avendo l’attore depositato il richiamato atto per notar (…) del (…)”.

2. Avverso tale pronuncia, con atto di citazione consegnato all’ufficiale giudiziario per la notificazione il 20 settembre 2013, ha proposto appello (…), deducendo a sostegno tre articolati motivi.

3. Con comparsa depositata in data 5 dicembre 2013 (…) si è costituito in giudizio e ha chiesto il rigetto dell’appello.

4. E’ stato acquisito il fascicolo del giudizio di primo grado e non è stata svolta attività istruttoria.

5. L’appello è infondato e deve pertanto essere rigettato, per i motivi di seguito esposti.

6. Preliminarmente deve essere affermata, all’esito di verifica d’ufficio, la tempestività dell’appello, risultando rispettato il termine breve di decadenza di trenta giorni previsto dall’art. 325 c.p.c. atteso che la sentenza gravata, depositata il 30 aprile 2013, è stata notificata il 16 luglio 2013 e l’atto introduttivo del presente giudizio di appello risulta consegnato all’ufficiale giudiziario per la notificazione il 20 settembre 2013.

Al riguardo, va solo precisato che, in tema di impugnazioni, al termine di decadenza dal gravame la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale si applica – secondo il regime applicabile alla fattispecie in esame, antecedente alla modificazione di cui all’art. 16, comma 1, del D.L. n. 132 del 2014, conv., con modif. in L. n. 162 del 2014, ( Cass. Sez. 6 – 3, ordinanza n. 21674 del 19/09/2017)- non tenendo conto nel computo dei giorni compresi tra il primo agosto e il quindici settembre dell’anno di pubblicazione della sentenza impugnata.

7. Volgendo all’esame del merito dell’impugnazione, la stessa non può essere accolta, sebbene la motivazione della sentenza gravata, alla luce degli argomenti svolti dalla parte appellante nel secondo motivo di appello e della contrapposta prospettazione fornita dalla parte appellata, meriti di essere corretta nei termini che seguono.

8. Deve dunque essere in primo luogo esaminato, per ragioni di priorità logico giuridica, ed alla luce delle difese svolte sul punto da entrambe le parti in lite, il secondo motivo di appello.

Con tale motivo l’impugnante censura la sentenza gravata per aver ritenuto tardiva l’allegazione di una servitù di passaggio a carico della striscia di terreno, di proprietà di (…), posta tra il fabbricato dell’appellato e la proprietà dell’appellante, senza considerare che tale elemento di specificazione non integrava una modificazione della domanda, ma atteneva alla descrizione dello stato dei luoghi, desumibile anche dai rilievi fotografici allegati alla consulenza tecnica, da cui poteva inferirsi che tale striscia di terreno era destinata al passaggio e all’accesso in favore di unità immobiliari collocate nel prosieguo della traversa Napoli.

Da qui, l’impossibilità di occupare tale striscia di terreno per costruire in aderenza o in appoggio.

Quanto al titolo di tale servitù, l’appellante ha dedotto che la stessa rinviene la sua fonte nell’atto per notar (…) del (…), rep. n. (…), con cui si stabiliva che “..per dare accesso alla zona di terreno donata a G. rappresentata dalla particella (…) del foglio (…), viene costituita servitù di passaggio a favore della predetta zona, attraverso la quota donata a G. ( particella (…) del foglio (…)). Detta servitù viene esercitata su una striscia larga metri tre lungo il confine est ed in prolungamento del viale già esistente di accesso al fabbricato”.

Ha, quindi, provveduto a produrre, nel presente grado di giudizio, il precitato atto di donazione, costitutivo del diritto reale in re aliena, invocando l’orientamento giurisprudenziale che, in casi analoghi, esclude l’operatività del principio di prevenzione e aggiungendo, alla pag. 22 dell’atto di appello, che al caso di specie risulta inapplicabile l’art. 879, comma 2, c.c., atteso che la traversa Napoli risulta essere una strada “cieca”, percorsa soltanto da chi necessita di accedere alle abitazioni che sulla stessa hanno le rispettive entrate.

In ordine a tale ultimo profilo, la parte appellata, mentre nella comparsa di costituzione – relativa al presente grado di appello- ha dedotto che ” se si dovesse ritenere quella divisoria esistente una strada pubblica le distanze sarebbero ancora diverse”, dichiarando di proporre tale questione “in via di eccezione subordinata”, ha, poi, in comparsa conclusionale, aggiunto che “di certo quella che controparte definisce servitù di passaggio è strada aperta al pubblico transito, dal che, tra l’altro, la diversa regolamentazione dei distacchi tra fabbricati dovendosi applicare le distanze dalla sede stradale. Infatti la stradina denominata Traversa Napoli è censita nello stradario comunale come “traversa privata gravata da servitù di uso pubblico ai sensi dell’art. 825 del codice civile”.

Tanto precisato in ordine alla prospettazione fornita dalle parti, va in prima battuta evidenziato che al presente giudizio di impugnazione, introdotto con atto di citazione consegnato all’ufficiale giudiziario per la notificazione il 20 settembre 2013, è applicabile ratione temporis l’art. 345, ultimo comma, del c.p.c., nella formulazione risultante per effetto delle modificazioni apportate dall’art. 54 D.L. n. 83 del 2012, convertito nella L. n. 134 del 2012, e che si applica ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione a far data dall’11 settembre 2012, come, per l’appunto, nel caso in esame.

Alla stregua della previsione normativa applicabile, pertanto, nel presente giudizio di appello ” non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti, salvo che la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile. Può sempre deferirsi il giuramento decisorio” ( art. 345, ultimo coma, c.p.c.).

Sulla scorta di tale dato normativo- essendo pacifico che, come affermato dal Giudice di prime cure, nel giudizio di primo grado non era stato prodotto il titolo costitutivo della servitù dedotta dalla parte appellante, e non avendo la parte impugnante né dedotto né tantomeno dimostrato di non aver potuto produrre nel precedente grado, per una causa ad essa non imputabile, l’atto di donazione del 1971 – il predetto documento non può essere utilizzato ai fini della decisione.

Peraltro, l’appellante ha pure dedotto che, a prescindere dalla mancata produzione del titolo costitutivo della servitù di passaggio, il Giudice di prime cure avrebbe dovuto nondimeno rilevare – sulla scorta dell’esame dello stato dei luoghi risultante dalla consulenza tecnica, ed in particolare dai rilievi fotografici alla stessa allegati – l’adibizione della strada in questione al passaggio ed all’accesso alle unità immobiliari di loro proprietà ad opera dei confinanti e, per l’effetto, escludere l’applicabilità del principio di prevenzione.

Orbene, è vero, in linea di principio che, qualora l’attore abbia dedotto la realizzazione della costruzione a distanza inferiore a quella legale (fatto costitutivo), la verifica relativa alla possibile operatività o meno del principio della prevenzione, inerendo alla sussistenza degli elementi costitutivi del diritto azionato, ha ad oggetto fatti rilevabili d’ufficio dal Giudice – evidentemente alla stregua delle allegazioni e delle prove acquisite – non vertendosi in materia di eccezioni e controeccezioni riservate alle parti o di esercizio di diritti potestativi. ( cfr. Cass. n. 12353/2010; nonché, in tema di prevenzione, Cass. sez. II n.29374 del 28.12.2011; nonché, in esatti termini, Cass. sez. II, n.9913 del 19.4.2017).

Del pari, è astrattamente e senz’altro condivisibile, il principio, richiamato a sostegno del secondo motivo di gravame, secondo cui, in tema di costruzioni sulla zona di confine, la scelta offerta al preveniente dal combinato disposto degli artt. 873, 874, 875, 877 cod. civ. (costruzione sul confine ovvero con distacco legale dal confine o a distanza inferiore al distacco legale) è subordinata alla possibilità, per il vicino, di esercitare, a sua volta, nella prima e nella terza ipotesi, il diritto di costruire in appoggio o in aderenza al muro del preveniente, con la conseguenza che la predetta facoltà deve essere negata al preveniente se, in forza di particolari vincoli nascenti da negozio privato, come ad esempio una servitù, non sia possibile al vicino spingere il proprio fabbricato sino a quello del preveniente.

In questo caso, è il preveniente che deve rispettare il distacco legale dal confine e che si espone al rischio, nel caso di costruzione a distanza inferiore, di essere costretto dal vicino ad arretrare la sua costruzione fino a raggiungere la prescritta distanza legale dal confine ( Cass. sez. II, sentenza n.3769 del 20.4.1996, nella specie, si è ritenuto inoperante il principio della prevenzione per l’esistenza di una servitù di passaggio che veniva esercitata su una striscia di terreno contigua al confine e che impediva al prevenuto di avanzare la sua costruzione fino a quella del preveniente, posta a distanza illegale)”.

Nondimeno, tali rilievi nella fattispecie non giovano all’impugnante, imponendosi, nell’ambito del devolutum – alla luce delle difese svolte dalla parte appellante e degli argomenti difensivi prospettati dalla parte appellata, a confutazione del secondo motivo di impugnazione – una rivalutazione dello stato dei luoghi, che tenga conto dell’effettiva destinazione della strada in questione.

Invero, già nel giudizio di primo grado, il convenuto C.A., prospettando la questione relativa all’applicabilità dell’art.879, 2 comma, c.c., versava in atti , all’udienza del 9 luglio 2009 (come si evince dal relativo verbale di causa), oltre alla sentenza n.1286/2008, del Tribunale di Nola – resa in analogo giudizio tra l’odierno appellante e altro confinante- certificazione comunale relativa alla (…) via N., in riscontro alla richiesta formulata da C.S. il 27 marzo 2009, con cui “vista la delibera (…) n.132 del 15.10.2001 con la quale si denominavano le strade e le traverse del territorio comunale, tra le quali la traversa Napoli era contraddistinta quale traversa privata;

vista la delibera di (…) n.121 del 30.7.2008 con la quale si deliberava la volontà di esercitare sulle strade, di cui all’elenco allegato a detta delibera ( tra cui rientrava anche la traversa Napoli), una servitù di uso pubblico ai sensi e per gli effetti dell’art.825 del codice civile”, si attestava “che la traversa Napoli è traversa privata ed a partire dal 30.7.2008 è soggetta a servitù di uso pubblico come da delibera di (…) n.121/2008”.

Trattasi di allegazione e di produzione documentale che deve senz’altro ritenersi tempestiva, in ragione della sopravvenuta adozione, in corso di causa – e quando ormai erano decorsi i termini per le deduzioni istruttorie – della Delib. n. 121 del 2008, da cui espressamente risulta l’assoggettamento della strada in oggetto a servitù di uso pubblico.

Tale documento, peraltro, per quanto sopra argomentato in ordine alle difese svolte dalla stessa parte appellante, è volto a comprovare un fatto impeditivo senz’altro rilevabile d’ufficio, e quindi costituente oggetto di un’eccezione proponibile per la prima volta anche in appello, ai sensi dell’art. 345, 2 comma, c.p.c. alla luce del principio, già richiamato ( Cass. sez. II, n.9913 del 19.4.2017), alla cui stregua “in tema di “negatoria servitutis” avente ad oggetto la violazione delle disposizioni in materia di distanze tra fondi finitimi, conseguente all’erezione di un muro sulla linea di mezzeria di un fosso che separa due terreni, la deduzione concernente la natura demaniale del fosso stesso integra una mera difesa, rilevabile d’ufficio, inerendo alla sussistenza degli elementi costitutivi del diritto azionato, sicché, ove sollevata in appello, la relativa eccezione non è tardiva, ostando l’art. 345, comma 2, c.p.c. alla proposizione delle sole eccezioni in senso stretto”. ( il sottolineato è dell’estensore della presente sentenza).

Nella medesima udienza del 9 luglio 2009, poi, l’odierna parte appellante, come accennato, versava in atti sentenza n.1286/2008, resa dal Tribunale di Nola in controversia per larghi versi analoga a quella che ci occupa – intercorsa tra l’odierno appellante e C.A.- in cui si evidenziava, sulla scorta delle risultanze peritali, che la Traversa Napoli, sulla cui natura le parti controvertono anche nel presente giudizio, poteva senz’altro ritenersi “una strada pubblica”, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 879 del codice civile, risultando “gravata da decenni di una chiara servitù di uso pubblico”.

Il Comune, infatti, secondo quanto emergeva dagli atti di quel giudizio, non solo le aveva attribuito una specifica denominazione, ma aveva altresì apposto sul percorso dei numeri civici; deponeva in tal senso, del resto, anche la conformazione strutturale del tracciato, il quale era da sempre stato aperto su Via Vittorio Emanuele, sfociando direttamente su tale arteria principale della città, con conseguente applicabilità della presunzione di demanialità stabilita dall’art. 22 della L. n. 2248 del 1865, all. F.

Trattasi di risultanze la cui valenza indiziaria è senz’altro apprezzabile ai fini della decisione, alla luce del principio, ripetutamente affermato dalla Suprema Corte, secondo cui il giudice civile, in assenza di divieti di legge, può formare il proprio convincimento anche in base a prove atipiche come quelle raccolte in un altro giudizio tra le stesse o tra altre parti, delle quali la sentenza ivi pronunciata costituisce documentazione ( Cass.Sez. L, Sentenza n. 4652 del 25/02/2011; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 840 del 20/01/2015; Cass. Sez. 1 – , Ordinanza n. 25067 del 10/10/2018).

Tali accertamenti, del resto, sono ampiamente conformi a quelli eseguiti, in altro giudizio di appello, intercorso tra C.S. ed il medesimo (…), e conclusosi con la sentenza della Corte d’appello di Napoli n.5544/2018, versata in atti dalla parte appellata unitamente alla memoria di replica.

In tale giudizio, all’esito della consulenza tecnica di secondo grado, è stata acquisita la precitata Delib. n. 121 del 30 luglio 2008 (allegata dalla difesa di (…) alla comparsa conclusionale depositata in data 25 ottobre 2018) – su cui si fonda l’attestazione sopra menzionata, prodotta nel presente giudizio già in primo grado- da cui si evince che la Traversa Napoli è inclusa nella toponomastica cittadina, è sede di servizi e sottoservizi pubblici ed assoggettata al passaggio e all’uso ad opera di una collettività indeterminata di persone.

In virtù dell’attestazione prodotta nel giudizio di primo grado, quale documento comprovante una situazione sopravvenuta, e cioè l’adozione della Delib. n. 121 del 2008 ad opera del Comune di Castello di Cisterna, può senz’altro ritenersi che la traversa in questione sia gravata da servitù di uso pubblico.

Infatti, se è vero che l’iscrizione di una strada nell’elenco delle vie pubbliche o gravate da uso pubblico riveste funzione puramente dichiarativa della pretesa del comune, la stessa pone senz’altro una presunzione di pubblicità dell’uso, superabile con la prova contraria della natura della strada e dell’inesistenza di un diritto di godimento da parte della collettività mediante un’azione negatoria di servitù. (Cass. Sez. U, Sentenza n. 26897 del 23/12/2016; Cass. Sez. U, Ordinanza n. 1624 del 27/01/2010)

Prova contraria che la parte appellante, che pure ha preso posizione sul punto alla pag. 22 dell’atto di appello, non ha chiesto in alcun modo di fornire, limitandosi ad affermare che la strada in questione è una strada cieca ( evenienza ritenuta irrilevante da Cass. n. 6006 del 2008, in fattispecie del tutto analoga a quella in esame) e, in memoria di replica, che è una “traversa privata”- circostanza per quanto si dirà non dirimente ai fini del decidere – in cui è “semplicemente ed esclusivamente praticato il servizio di smaltimento dei rifiuti prodotti dagli immobili che vi insistono e la consegna della posta”.

Inidonea allo scopo, invero, appare la richiesta di rimessione della causa sul ruolo – contenuta negli scritti conclusionali- al fine dell’espletamento di un’ulteriore consulenza tecnica d’ufficio che, alla luce delle risultanze processuali acquisite fin dal giudizio di primo grado, comporterebbe, in funzione sostitutiva dell’onere di prova contraria da cui è gravata la parte appellante, esclusivamente un ingiustificato allungamento dei tempi processuali.

L’applicabilità alla fattispecie dell’art.879, comma secondo, deriva dunque dal principio, ripetutamente affermato dalla giurisprudenza della Suprema Corte, secondo cui

“l’esonero dal rispetto delle distanze legali previsto dall’articolo 879, comma secondo, cod. civ. per le costruzioni a confine con piazze e vie pubbliche, va riferito anche alle costruzioni a confine delle strade di proprietà privata gravate da servitù pubbliche di passaggio, giacché il carattere pubblico della strada, rilevante ai fini dell’applicazione della norma citata, attiene più che alla proprietà del bene, piuttosto all’uso concreto di esso da parte della collettività”. ( Cass. Sez. 2, Sentenza n. 6006 del 05/03/2008; nonché, più di recente, Cass. sez. 2 – , Ordinanza n. 27364 del 29/10/2018).

Infine, si ritiene che la citata delibera debba senz’altro spiegare effetti nella presente fattispecie, sebbene intervenuta successivamente sia alla realizzazione della costruzione ad opera dell’appellato che all’introduzione del giudizio di primo grado, contenendo una classificazione – peraltro ricognitiva di uno stato di fatto preesistente- che determina un trattamento di miglior favore di cui necessariamente tener conto. ( cfr. tra le altre, Cass. sez. II, n.18119 del 26.7.2013).

Conclusivamente, dovendo farsi applicazione dell’art. 879, 2 comma, del codice civile, alla cui stregua ” alle costruzioni che si fanno in confine con le piazze e le vie pubbliche non si applicano le norme sulle distanze”, la domanda di riduzione in pristino formulata dalla parte appellante non può che essere disattesa, sia pure per ragioni diverse da quelle ritenute dal Giudice di prime cure.

9. Per effetto della statuizione che precede, devono infine ritenersi assorbiti gli ulteriori motivi di appello, inerenti l’inapplicabilità del principio di prevenzione in favore del convenuto e l’infondatezza dell’eccezione di usucapione sollevata dal (…) nel giudizio di primo grado, e non esaminata dal Tribunale.

10. Dal rigetto dell’appello consegue la condanna dell’appellante (…), soccombente, alla refusione delle spese di lite relative al presente grado di giudizio in favore dell’appellato (…) che, in applicazione dei parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014, si liquidano come da dispositivo che segue.

11. Essendo stato rigettato l’appello, deve darsi atto del ricorso dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (comma inserito dall’art. 1, comma 17, della L. 24 dicembre 2012, n. 228 ed applicabile ai procedimenti iniziati dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore di tale legge) per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il presente giudizio, a carico della parte appellante.

P.Q.M.

la Corte di Appello di Napoli – seconda sezione civile, definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto e tra le parti ivi indicate, avverso la sentenza del Tribunale di Nola n.1320/2013, così provvede:

1) Rigetta l’appello e per l’effetto conferma la sentenza appellata;

2) Condanna l’appellante (…) alla refusione delle spese relative al presente grado di giudizio in favore dell’appellato (…), che liquida nell’importo di Euro 6.615,00 per compenso professionale, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA, come per legge, con attribuzione agli avv. Da.Fi. e Pa.Fi., dichiaratisi anticipatari;

3) dà atto del ricorso dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il presente procedimento, a carico della parte appellante.

Così deciso in Napoli il 23 gennaio 2019.

Depositata in Cancelleria il 27 febbraio 2019.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.