nel caso di danni derivanti da incidenti stradali tra veicoli ed animali selvatici (ipotesi invero statisticamente molto frequente, nel tipo di contenzioso in esame), non puo’ ritenersi sufficiente – ai fini dell’applicabilita’ del criterio di imputazione della responsabilita’ di cui all’articolo 2052 c.c. – la sola dimostrazione della presenza dell’animale sulla carreggiata e neanche che si sia verificato l’impatto tra l’animale ed il veicolo, in quanto, poiche’ al danneggiato spetta di provare che la condotta dell’animale sia stata la “causa” del danno e poiche’, ai sensi dell’articolo 2054 c.c., comma 1, in caso di incidenti stradali il conducente del veicolo e’ comunque onerato della prova di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, quest’ultimo – per ottenere l’integrale risarcimento del danno che allega di aver subito – dovra’ anche allegare e dimostrare l’esatta dinamica del sinistro, dalla quale emerga che egli aveva nella specie adottato ogni opportuna cautela nella propria condotta di guida (cautela da valutare con particolare rigore in caso di circolazione in aree in cui fosse segnalata o comunque nota la possibile presenza di animali selvatici) e che la condotta dell’animale selvatico abbia avuto effettivamente ed in concreto un carattere di tale imprevedibilita’ ed irrazionalita’ per cui – nonostante ogni cautela – non sarebbe stato comunque possibile evitare l’impatto, di modo che essa possa effettivamente ritenersi causa esclusiva (o quanto meno concorrente) del danno.

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Corte di Cassazione|Sezione 6 3|Civile|Ordinanza|14 ottobre 2022| n. 30294

Data udienza 13 settembre 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Presidente

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere

Dott. Spa ZIANI Paolo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 10327 del ruolo generale dell’anno 2021, proposto da:

(OMISSIS), (C.F.: (OMISSIS)), (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)), rappresentati e difesi dall’avvocato (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));

– ricorrenti –

nei confronti di:

REGIONE MARCHE, (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Presidente, legale rappresentante pro tempore rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));

PROVINCIA DI PESARO E URBINO (P.I.: (OMISSIS)), in persona del Segretario Generale, legale rappresentante pro tempore rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS));

– controricorrenti –

e

(OMISSIS) S.p.A., (gia’ (OMISSIS) S.p.A.) (P.I.: (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Ancona n. 101/2021, pubblicata in data 2 febbraio 2021 (che si assume notificata in data 5 febbraio 2021);

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in data 13 settembre 2022 dal consigliere Augusto Tatangelo.

FATTI DI CAUSA

(OMISSIS) e (OMISSIS) hanno agito in giudizio nei confronti della Provincia di Pesaro-Urbino per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito della collisione con un animale selvatico del motociclo di proprieta’ della (OMISSIS), condotto dal (OMISSIS), avvenuta sulla (OMISSIS). L’ente provinciale convenuto ha chiamato in causa la Regione Marche, sostenendo che fosse quest’ultimo il soggetto dotato di legittimazione passiva ed eventualmente responsabile, sul piano sostanziale, per i danni lamentati dagli attori, nonche’ la propria compagnia assicuratrice della responsabilita’ civile, (OMISSIS) S.p.A. (poi divenuta (OMISSIS) S.p.A.) per essere eventualmente garantito in caso di soccombenza. La domanda e’ stata rigettata dal Tribunale di Pesaro, con condanna degli attori al pagamento delle spese processuali.

La Corte di Appello di Ancona ha confermato la decisione di primo grado.

Ricorrono il (OMISSIS) e la (OMISSIS), sulla base di due motivi. Resistono con distinti controricorsi la Regione Marche e la Provincia di Pesaro e Urbino.

Non ha svolto attivita’ difensiva in questa sede l’altra intimata. E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli articoli 375, 376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile/manifestamente infondato.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto e’ stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

Sono state depositate memorie ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., comma 2.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione degli articoli 2052, 2697, 2735 e 2729 c.c., e articolo 116 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”.

I ricorrenti sostengono, nella sostanza, che la corte di appello avrebbe “sussunto male la fattispecie nella norma applicando l’articolo 2043 c.c., anziche’ l’articolo 2052 c.c., come da recente arresto giurisprudenziale (Cass. n. 7969/2020)” e che, se invece fosse stato applicato il corretto criterio di imputazione della responsabilita’, gli elementi di prova forniti sarebbero stati sufficienti a giustificare l’accoglimento delle domande proposte, mentre l’applicazione dell’articolo 2043 c.c., si risolveva in una “non corretta inversione dell’onere della prova a carico di parte attrice sull’an debeatur”.

1.1 Il motivo e’ manifestamente infondato.

E’ opportuno premettere che effettivamente, in materia di danni causati dalla fauna selvatica, e’ stato di recente puntualizzato l’indirizzo di questa Corte con alcune pronunzie della Terza Sezione Civile (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7969 del 20/04/2020, Rv. 657572 – 01-02-03; Sez. 3, Sentenza n. 8384 del 29/04/2020; Sez. 3, Sentenza n. 8385 del 29/04/2020; conf., successivamente: Sez. 3, Ordinanza n. 13848 del 06/07/2020, Rv. 658298 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 20997 del 02/10/2020, Rv. 659153 – 01; nonche’, non massimate: Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 18085 del 31/08/2020; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 18087 del 31/08/2020; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19101 del 15/09/2020; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 25466 del 12/11/2020; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3023 del 09/02/2021; cfr. anche Sez. 3, Ordinanza n. 25280 del 11/11/2020), nelle quali sono stati affermati i seguenti principi di diritto:

“i danni cagionati dalla fauna selvatica sono risarcibili dalla P.A. a norma dell’articolo 2052 c.c., giacche’, da un lato, il criterio di imputazione della responsabilita’ previsto da tale disposizione si fonda non sul dovere di custodia, ma sulla proprieta’ o, comunque, sull’utilizzazione dell’animale e, dall’altro, le specie selvatiche protette ai sensi della L. n. 157 del 1992, rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate alla cura e alla gestione di soggetti pubblici in funzione della tutela generale dell’ambiente e dell’ecosistema”;

“nell’azione di risarcimento del danno cagionato da animali selvatici a norma dell’articolo 2052 c.c., la legittimazione passiva spetta in via esclusiva alla Regione, in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico, nonche’ delle funzioni amministrative di programmazione, di coordinamento e di controllo delle attivita’ di tutela e gestione della fauna selvatica, anche se eventualmente svolte – per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari – da altri enti; la Regione puo’ rivalersi (anche mediante chiamata in causa nello stesso giudizio promosso dal danneggiato) nei confronti degli enti ai quali sarebbe in concreto spettata, nell’esercizio di funzioni proprie o delegate, l’adozione delle misure che avrebbero dovuto impedire il danno”.

“in materia di danni da fauna selvatica a norma dell’articolo 2052 c.c., grava sul danneggiato l’onere di dimostrare il nesso eziologico tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo, mentre spetta alla Regione fornire la prova liberatoria del caso fortuito, dimostrando che la condotta dell’animale si e’ posta del tutto al di fuori della propria sfera di controllo, come causa autonoma, eccezionale, imprevedibile o, comunque, non evitabile neanche mediante l’adozione delle piu’ adeguate e diligenti misure – concretamente esigibili in relazione alla situazione di fatto e compatibili con la funzione di protezione dell’ambiente e dell’ecosistema – di gestione e controllo del patrimonio faunistico e di cautela per i terzi”.

1.2 Sebbene il Collegio intenda dare continuita’ a tali principi di diritto, occorre rilevare non solo che la decisione impugnata e’ espressamente fondata sul contrario principio in base al quale i danni provocati dalla fauna selvatica sono risarcibili esclusivamente sulla base delle disposizioni generali in tema di condotta colposa lesiva, cioe’ ai sensi dell’articolo 2043 c.c., non quindi ai sensi dell’articolo 2052 c.c., (o sulla base di altre ipotesi di speciale imputazione della responsabilita’ stessa), ma addirittura che, come espressamente chiarito nella pronuncia di secondo grado (cfr. pag. 2 della decisione impugnata), gli stessi attori avevano specificamente invocato esclusivamente l’indicato titolo generale di responsabilita’, a fondamento delle domande avanzate, e non quello speciale di cui all’articolo 2052 c.c..

Emerge, inoltre, che lo stesso giudice di primo grado aveva espressamente escluso l’applicabilita’ alla fattispecie dello speciale criterio di imputazione della responsabilita’ di cui all’articolo 2052 c.c., affermando la risarcibilita’ dei danni causati dalla fauna selvatica esclusivamente ai sensi dell’articolo 2043 c.c., e, sulla base di tale assunto in diritto, aveva rigettato le domande degli attori, ritenendo non sussistenti e/o comunque non sufficientemente provati i relativi presupposti.

In sede di appello, peraltro, gli attori non avevano modificato il titolo di attribuzione della responsabilita’ civile invocato a sostegno delle loro domande, ne’ contestato la statuizione di primo grado sotto il profilo indicato, confermando quindi l’originaria impostazione della loro prospettazione, fondata sull’allegazione di una responsabilita’ per colpa delle amministrazioni convenute esclusivamente ai sensi dell’articolo 2043 c.c..

La Corte d’appello ha, a sua volta, espressamente confermato e ribadito tale impostazione (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata) e, sulla base di essa, ha rigettato il gravame, ritenendo non sufficientemente provata una specifica condotta colposa degli enti convenuti causalmente rilevante in relazione all’incidente per cui e’ causa.

1.3 I ricorrenti non contestano, nella presente sede, che il titolo di responsabilita’ che essi stessi avevano invocato a fondamento delle domande proposte fosse esclusivamente quello generale di cui all’articolo 2043 c.c., e non quello speciale di cui all’articolo 2052 c.c., (il che, del resto, trova piena conferma nel contenuto dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado e di quello di appello).

Con il presente ricorso, essi deducono invece la violazione, da parte dei giudici di merito, dell’articolo 2052 c.c., sostenendo, nella sostanza, che questi ultimi avrebbero potuto e dovuto riqualificare di ufficio le domande da loro proposte, sebbene le stesse fossero state avanzate dichiaratamente ai sensi dell’articolo 2043 c.c., in quanto i fatti dedotti a loro fondamento avrebbero potuto e dovuto essere inquadrati nell’ambito delle previsioni di cui all’indicata disposizione speciale.

1.4 Orbene, oltre ad essere pacifico che la questione di diritto della eventuale applicabilita’ alla fattispecie del criterio speciale di imputazione della responsabilita’ di cui all’articolo 2052 c.c., non e’ mai stata sollevata nel corso del giudizio di merito, si deve rilevare che nel ricorso, in violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6, non vi e’ neanche un adeguato e specifico richiamo al contenuto dell’atto di citazione introduttivo del giudizio di primo grado, che consenta di verificare se effettivamente fossero stati in quella sede dedotti tutti i fatti costitutivi della fattispecie di attribuzione della responsabilita’ di cui all’articolo 2052 c.c., ne’ risulta che tali fatti siano stati in concreto accertati o, quanto meno, possano considerarsi pacifici, in quanto non contestati. Anzi, per quanto emerge dagli atti, sull’affermazione dell’esclusiva applicabilita’, nella specie, del criterio generale di imputazione della responsabilita’ di cui all’articolo 2043 c.c. – e non di quello speciale di cui all’articolo 2052 c.c. – deve addirittura ritenersi formato il giudicato interno ed essa, per quanto non conforme a diritto (per le ragioni piu’ sopra esposte), per cui la stessa non puo’ essere rimessa in discussione nella presente sede.

1.5 Pare opportuno sottolineare, in proposito, che il giudicato si determina su una statuizione minima della sentenza, costituita dalla sequenza fatto, norma ed effetto, suscettibile di acquisire autonoma efficacia decisoria nell’ambito della controversia (cfr., ex multis: Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 12202 del 16/05/2017, Rv. 644289 – 01; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 24783 del 08/10/2018, Rv. 650927 – 01; Sez. 2, Ordinanza n. 10760 del 17/04/2019, Rv. 653408 – 01): la statuizione sull’applicabilita’ o meno, alla fattispecie concreta dedotta in giudizio a fondamento di una domanda risarcitoria, della disciplina generale di imputazione della responsabilita’ di cui all’articolo 2043 c.c., in luogo di quella speciale di cui all’articolo 2052 c.c., costituisce, quindi, certamente un capo autonomo della sentenza, come tale suscettibile di formare oggetto di giudicato, anche interno, risolvendo una questione controversa, avente una propria individualita’ ed autonomia, si’ da integrare astrattamente una decisione del tutto indipendente, e cio’ anche considerando che la domanda giudiziale di risarcimento del danno ai sensi dell’articolo 2052 c.c., e’ fondata su fatti costitutivi diversi da quelli del generale illecito aquiliano (cfr., in proposito, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 726 del 16/01/2006, Rv. 590567 – 01; conf., sui principi generali in tema di statuizioni idonee al giudicato: Sez. 3, Sentenza n. 23747 del 17/09/2008, Rv. 604510 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 4732 del 23/03/2012, Rv. 622176 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 21566 del 18/09/2017, Rv. 645411 – 02; Sez. 1, Ordinanza n. 40276 del 15/12/2021, Rv. 663548 – 01).

Nella specie, il giudicato interno sull’applicabilita’ esclusiva alla fattispecie concreta del criterio generale di imputazione della responsabilita’ di cui all’articolo 2043 c.c., (e non, quindi, di quello speciale di cui all’articolo 2052 c.c.) deve ritenersi formato gia’ a seguito della decisione di primo grado che, anche sulla base dell’espresso richiamo effettuato dalle parti attrici a tale titolo di responsabilita’, peraltro in conformita’ all’indirizzo all’epoca prevalente nella giurisprudenza, ha deciso la controversia sulla base di quel criterio (escludendo l’applicabilita’ degli altri criteri legali di imputazione della responsabilita’ astrattamente ipotizzabili), senza peraltro che lo stesso fosse oggetto di specifiche censure in sede di gravame.

1.6 In ogni caso, anche al di la’ del rilevato giudicato interno (che costituisce, peraltro, rilievo assorbente), le censure proposte nella presente sede si risolvono comunque nella prospet-tazione di una questione giuridica nuova, che richiede accertamenti di fatto, il che non e’ consentito nel giudizio di legittimita’ (giurisprudenza pacifica di questa Corte: cfr., ex multis: Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 32804 del 13/12/2019, Rv. 656036 01: “qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimita’, onde non incorrere nell’inammissibilita’ per novita’ della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare “ex actis” la veridicita’ di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa”; conf.: Sez. 2, Ordinanza n. 2038 del 24/01/2019, Rv. 652251 – 02; Sez. 2, Sentenza n. 20694 del 09/08/2018, Rv. 650009 – 01; Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 15430 del 13/06/2018, Rv. 649332 – 01; Sez. L, Sentenza n. 20518 del 28/07/2008, Rv. 604230 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 28480 del 22/12/2005, Rv. 585743 – 01).

E’ opportuno chiarire in proposito che, come espressamente precisato nei precedenti gia’ richiamati di questa Corte (ed invocati dai ricorrenti a sostegno della presente impugnazione), con i quali si e’ affermata l’applicabilita’ dell’articolo 2052 c.c., alle ipotesi di danni causati dalla fauna selvatica, “nel caso di danni derivanti da incidenti stradali tra veicoli ed animali selvatici (ipotesi invero statisticamente molto frequente, nel tipo di contenzioso in esame), non puo’ ritenersi sufficiente – ai fini dell’applicabilita’ del criterio di imputazione della responsabilita’ di cui all’articolo 2052 c.c. – la sola dimostrazione della presenza dell’animale sulla carreggiata e neanche che si sia verificato l’impatto tra l’animale ed il veicolo, in quanto, poiche’ al danneggiato spetta di provare che la condotta dell’animale sia stata la “causa” del danno e poiche’, ai sensi dell’articolo 2054 c.c., comma 1, in caso di incidenti stradali il conducente del veicolo e’ comunque onerato della prova di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, quest’ultimo – per ottenere l’integrale risarcimento del danno che allega di aver subito – dovra’ anche allegare e dimostrare l’esatta dinamica del sinistro, dalla quale emerga che egli aveva nella specie adottato ogni opportuna cautela nella propria condotta di guida (cautela da valutare con particolare rigore in caso di circolazione in aree in cui fosse segnalata o comunque nota la possibile presenza di animali selvatici) e che la condotta dell’animale selvatico abbia avuto effettivamente ed in concreto un carattere di tale imprevedibilita’ ed irrazionalita’ per cui – nonostante ogni cautela – non sarebbe stato comunque possibile evitare l’impatto, di modo che essa possa effettivamente ritenersi causa esclusiva (o quanto meno concorrente) del danno” (cfr. Cass., Sez. 3, Sentenza n. 7969 del 20/04/2020, in motivazione, al paragrafo 6.1).

E’ d’altronde evidente, anche in linea generale, che i fatti da accertare ai fini dell’affermazione della responsabilita’ civile generale per colpa di cui all’articolo 2043 c.c., e quelli da accertare ai fini dell’affermazione della speciale ipotesi di imputazione della responsabilita’ di cui all’articolo 2052 c.c., sono diversi (e altrettanto e’ a dirsi con riguardo all’altro criterio speciale di imputazione della responsabilita’ di cui all’articolo 2051 c.c., che peraltro non puo’ in nessun caso venire in rilievo con riguardo ai danni provocati dagli animali selvatici, avendo ad oggetto solo i danni provocati da cose).

Nella specie, il giudizio di merito ha avuto ad oggetto solo l’accertamento dei fatti rilevanti ai fini della attribuzione agli enti convenuti della responsabilita’ generale per colpa di cui all’articolo 2043 c.c. (accertamento concluso in senso negativo), cioe’ i fatti dedotti dagli attori a sostegno della loro domanda, fondata esclusivamente su tale disposizione.

Non puo’ quindi ritenersi, almeno in termini assoluti, che, sulla base dei medesimi fatti accertati ai fini della valutazione del titolo di responsabilita’ di cui all’articolo 2043 c.c., si potesse giungere ad affermare la responsabilita’ degli stessi enti convenuti anche in forza del criterio speciale di imputazione della responsabilita’ di cui all’articolo 2052 c.c..

A tal fine, i ricorrenti avrebbero avuto quanto meno l’onere di richiamare nel ricorso, in modo espresso, puntuale e specifico, il preciso contenuto dell’atto introduttivo del giudizio (direttamente, mediante trascrizione dei passaggi rilevanti, ovvero indirettamente, mediante indicazione specifica degli stessi passaggi nell’ambito del relativo documento), onde consentire a questa Corte di valutare se le allegazioni in fatto in esso prospettate fossero tali da poter sostenere, in astratto, anche l’imputazione della responsabilita’ a carico degli enti convenuti ai sensi dell’articolo 2052 c.c., nonche’ di richiamare gli atti del giudizio di merito dai quali potesse desumersi che tali allegazioni di fatto non fossero state contestate dalle controparti costituite, ovvero fossero state in qualche modo oggetto di specifici accertamenti in sede probatoria.

Cio’ non e’ adeguatamente avvenuto, in violazione dell’articolo 366 c.p.c., comma 1, n. 6.

Il motivo di ricorso in esame deve, pertanto, ritenersi (oltre che manifestamente infondato, come gia’ visto) anche inammissibile, perche’ le censure poste a suo fondamento riguardano questioni di diritto avanzate per la prima volta solo in sede di legittimita’ e implicanti la necessita’ di accertamenti di fatto.

2. Con il secondo motivo si denunzia “Violazione degli articoli 91 e 92 c.p.c., in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”.

Il motivo e’ inammissibile.

La Corte d’appello ha correttamente applicato il disposto dell’articolo 91 c.p.c., secondo il quale la parte soccombente va condannata al rimborso delle spese in favore di quella vittoriosa (cd. principio di soccombenza): non vi e’ dubbio, infatti, che la soccombenza delle parti attrici sia stata integrale.

Del resto, la facolta’ di disporre la compensazione delle spese processuali tra le parti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il quale non e’ tenuto a dare ragione con una espressa motivazione del mancato uso di tale sua facolta’, con la conseguenza che la pronuncia di condanna alle spese, anche se adottata senza prendere in esame l’eventualita’ di una compensazione, non puo’ essere censurata in cassazione, neppure sotto il profilo della mancanza di motivazione (cfr. Cass., Sez. U, Sentenza n. 14989 del 15/07/2005, Rv. 582306 – 01; conf., in precedenza: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 851 del 01/03/1977, Rv. 384463 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 1898 del 11/02/2002, Rv. 552178 – 01; Sez. L, Sentenza n. 10861 del 24/07/2002, Rv. 556171 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 10009 del 24/06/2003, Rv. 564510 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 17692 del 28/11/2003, Rv. 572524 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 6756 del 06/04/2004, Rv. 571882 – 01; successivamente: Sez. 3, Sentenza n. 22541 del 20/10/2006, Rv. 592581 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 28492 del 22/12/2005, Rv. 585748 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 7607 del 31/03/2006, Rv. 590664 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26912 del 26/11/2020, Rv. 659925 – 01).

E’ appena il caso di osservare, comunque, che le incertezze giurisprudenziali sul regime da applicare ai danni causati dagli animali selvatici non hanno avuto alcun rilievo ai fini della decisione della causa in sede di merito, non risultando in realta’ controversa la relativa questione in quella sede, come gia’ chiarito, ma essendo stata essa posta esclusivamente per la prima volta in sede di legittimita’.

3. Il ricorso e’ rigettato.

Le spese del giudizio di legittimita’ possono essere integralmente compensate tra tutte le parti, sussistendo motivi sufficienti a tal fine, in considerazione delle oggettive incertezze applicative e, comunque, del recente mutamento di indirizzo nella giurisprudenza di questa stessa Corte, in ordine alle questioni di diritto (oggetto del ricorso per cassazione) in tema di responsabilita’ per i danni causati dagli animali selvatici.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilita’ o improcedibilita’ dell’impugnazione) di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte:

rigetta il ricorso;

dichiara integralmente compensate tra tutte le parti le spese del giudizio di legittimita’.

Si da’ atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilita’ o improcedibilita’ dell’impugnazione) di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012 n. 228, articolo 1, comma 17, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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Avv. Umberto Davide

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