il danno all’immagine ed alla reputazione inteso come “danno conseguenza” non sussiste in re ipsa, dovendo essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento. Pertanto, la sua liquidazione deve essere compiuta dal giudice, con accertamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità, sulla base non di valutazioni astratte, bensì del concreto pregiudizio presumibilmente patito dalla vittima, per come da questa dedotto e dimostrato, anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, che siano fondate, però, su elementi indiziari diversi dal fatto in sé.

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Tribunale|Bari|Sezione 2|Civile|Sentenza|14 luglio 2022| n. 2856

Data udienza 13 luglio 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Bari – seconda sezione civile – nella persona del giudice Marisa Attollino, ha pronunciato la seguente

sentenza

nella causa civile iscritta al n. 10908 r.g.a.c. dell’anno 2015

tra

(…) s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t. (P.I. (…)), rappresentata e difesa dagli avv.ti Lu.Fi. e Vi.Pa., il primo domiciliatario, giusta procura in atti

– opponente e attrice in riconvenzionale –

e

(…) (P.I. (…)), in persona dell’omonimo titolare, rappresentata e difesa dall’avv. Fr.Di., domiciliatario, giusta procura in atti

– opposta e convenuta in riconvenzionale –

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

La presente sentenza è redatta in conformità al canone normativo dettato dal n. 4) del secondo comma dell’art. 132 c.p.c. secondo cui la motivazione deve limitarsi ad una concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, da riferire ai fatti rilevanti della causa ed alle ragioni giuridiche della decisione, deve altresì essere succinta e può fondarsi su precedenti conformi.

Con decreto ingiuntivo n. 2344/15 (R.G. n. 6180/15) emesso in data 18-21 maggio 2015, questo Tribunale ha ordinato alla (…) s.r.l. (oggi (…) s.p.a.) di pagare alla (…) la complessiva somma di Euro 23.540,41, oltre interessi come da domanda e spese, credito vantato dalla ricorrente a titolo di saldo del corrispettivo delle prestazioni rese quale agente di commercio della debitrice per il periodo da maggio a settembre 2014, così come provato dall’allegazione dalle fatture n. 14 e 15 del 2014 rimaste insolute.

Con atto di citazione ritualmente e tempestivamente notificato l’ingiunta ha proposto opposizione, eccependo preliminarmente l’incompetenza del giudice ordinario adito in favore della sezione lavoro ex art. 409, co. 3 c.p.c. e concludendo per l’annullamento del decreto opposto. Nel merito, dando ampiamente conto delle vicende che avevano dato vita al rapporto intercorso fra le parti, delle modalità con le quali esse erano giunte al conferimento dell’incarico e riferendo dell’inadempimento dell’agente, ne ha chiesto comunque la revoca, precisando peraltro che gli importi riportati nelle fatture azionate sarebbero esorbitanti rispetto a quanto pattuito.

In particolare l’opponente ha esposto che, quale impresa operante nel settore della promozione e commercializzazione di prodotti e servizi di telefonia nonché agente dell’operatore telefonico (…) NV, al fine di estendere la propria rete commerciale alla zona della Puglia e Basilicata, nei primi mesi del 2014 aveva iniziato a collaborare con (…) Lorenzo – all’epoca già attivo nel medesimo settore per la società Telecom Italia s.p.a., maggiore competitor della (…) -, il quale, insieme ad altri e con organizzazione già sperimentata per il ridetto operatore, avrebbe gestito la struttura adibita a subagenzia. Le parti avevano verbalmente convenuto che il subagente avrebbe ricevuto un rimborso spese forfettario mensile di Euro 1.500,00, un contributo forfettario mensile di Euro 2.000,00 per i costi di gestione/struttura e le provvigioni maturate in relazione agli affari procurati, oltre ad un compenso mensile supplementare condizionato al raggiungimento di specifici risultati di vendita. Ha quindi sostenuto che gli importi di cui alle fatture azionate con il ricorso monitorio non sarebbero stati congruenti rispetto a quanto concordato e ne ha contestato le singole voci, aggiungendo di aver già provveduto al pagamento delle fatture n. 11/2014 e n. 12/2014, a saldo delle somme richieste dalla controparte e a titolo di spese di gestione e di compenso fisso di Euro 1.500,00 mensili per i mesi di agosto e settembre 2014.

Ha elencato le somme già corrisposte al (…) (compresa quella di Euro 5.000,00 quale contributo start up del complessivo importo stanziato da (…) per la campagna promozionale denominata “(…)” diretta a supportare le agenzie che fossero state in grado di estendere la rete commerciale alle regioni del sud Italia), ha dato conto dei dissidi sorti in conseguenza del mancato raggiungimento dei risultati programmati e ha precisato che con lettera del 1 ottobre 2014 il (…) aveva comunicato il proprio recesso, così causandole gravissimi danni legati agli esborsi inutilmente sostenuti, alle perdite subite per il drastico calo delle commesse, all’azzeramento della rete commerciale locale e alla perdita di chances (quale quella di aspirare all’inserimento nel gruppo degli (…) di (…) o di percepire il premio complessivo della campagna “(…)” pari ad Euro 40.000, 00 dei quali solo Euro 25.000,00 sarebbero spettanti al (…)); ha anche lamentato il pregiudizio alla propria immagine commerciale del quale ha chiesto adeguato ristoro.

Ha concluso ritenendo che nulla sarebbe più dovuto alla controparte; piuttosto, in via riconvenzionale, ha richiesto la condanna del (…) al risarcimento del danno arrecatole in conseguenza dell’improvviso recesso, quantificato complessivamente nella somma non inferiore ad Euro 100.000,00.

Si è costituito l’opposto insistendo nella conferma del decreto ingiuntivo, previo rigetto dell’avversa opposizione, con vittoria delle spese processuali da liquidare in favore del procuratore antistatario. In via subordinata ha chiesto di accertare l’esistenza delle prestazioni indicate nella documentazione in atti, quantificando il relativo valore anche a mezzo C.T.U. e condannando l’opponente al pagamento della maggiore o minor somma accertata.

Rigettata la richiesta di provvisoria esecuzione ex art. 648 c.p.c., la causa è stata istruita con la C.T.U. contabile della Dott.ssa (…) ed è conclusivamente giunta per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 22.03.2022 (svolta a trattazione scritta) in cui è stata trattenuta in decisione con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e repliche. Preliminarmente deve intendersi abbandonata l’eccezione di incompetenza per materia del giudice adito in favore della sezione lavoro; sul punto va rilevato che la mancata riproposizione, in sede di precisazione delle conclusioni definitive, di un’eccezione in precedenza formulata, implica presuntivamente l’abbandono o rinuncia dell’eccezione medesima, quando difetti una sua stretta connessione con altre istanze espressamente avanzate in detta sede e comunque debba escludersi un comportamento processuale della parte idoneo ad evidenziare la volontà di mantenere ferma la precedente deduzione (Cass. Civ. Ord. n. 22887/2019, Cass. Civ. sent. n. 16840/2013).

Ad ogni modo l’eccezione non è fondata alla luce dei principi reiteratamente affermati dalla Suprema Corte secondo cui “in materia di rapporti di agenzia, ove l’agente abbia organizzato la propria attività di collaborazione in forma di società, anche di persone, o, comunque, si avvalga di una autonoma struttura imprenditoriale (come peraltro è incontestatamente nella fattispecie) , non è ravvisabile un rapporto di lavoro coordinato e continuativo ai sensi dell’art. 409, comma 1, n. 3, c.p.c., con conseguente insussistenza della competenza del giudice del lavoro” (Cass. 8940/2011).

Del resto deve ritenersi ininfluente la circostanza che l’opposta abbia intrattenuto rapporti unicamente con il (…), in quanto “non è il rapporto eventualmente fiduciario nei confronti del preponente a caratterizzare il requisito della prevalente attività personale richiesta dall’art. 409 n. 3 c.p.c., quanto piuttosto la prevalenza dell’attività personale in relazione alla struttura imprenditoriale dell’attività di agenzia” (cfr., Trib. Bari sez. II 18.2.2011, n. 606, in Giurisprudenzabarese.it 2011 e DeJure.it) e “la prevalenza dell’attività personale, richiesta dall’art. 409 n. 3r c.p.c., per devolvere le controversie in materia di rapporto di agenzia alla competenza funzionale del giudice del lavoro, va misurata in rapporto all’attività complessiva dell’agenzia ed alla sua struttura imprenditoriale e non come responsabilità personale e rapporto fiduciario nei confronti del preponente, elementi che sussistono nei rapporti commerciali tra imprenditori” (Cass. 18040/2007, cit.).

Nel merito deve innanzitutto rilevarsi che non è in contestazione tra le parti la sussistenza del rapporto di agenzia, pacificamente posto a base delle reciproche richieste ed eccezioni, ma il corretto adempimento delle prestazioni e, conseguentemente, sia il quantum debeatur, sia la responsabilità risarcitoria per l’assunto inadempimento dell’agente. Tuttavia il negozio non è stato stipulato in forma scritta, né v’è prova certa del contenuto delle obbligazioni assunte se non nei limiti di quanto concordemente ammesso dalle parti (sul punto la prova orale offerta è stata ritenta superflua), tanto la controversia si è incentrata sulla ricostruzione dei rapporti di dare-avere, che hanno trovato chiarimento nella consulenza tecnica redatta dal perito incaricato. Con riferimento al primo quesito posto al consulente, chiamato ad accertare “se ed entro quale misura le voci riportate nelle fatture azionate dal creditore trovino rispondenza nelle specifiche pattuizioni e giustificazione documentale nelle produzioni di parte opposta”, lo stesso, sulla base delle specifiche che accompagnano alcune delle precedenti fatture emesse dalla (…) (fatture nn. 6, 7, 8), ha confermato che per la voce “costi di struttura” è stata anche in precedenza riconosciuta la somma di Euro 2.000,00 mensili, mentre il compenso è stato già liquidato in Euro 1.500,00 mensili, “oltre le provvigioni maturate in relazione agli affari direttamente procurati in base agli accordi ed al compenso supplementare (a punti)”.

Dunque, sebbene sul punto l’opposto, attore in senso sostanziale, non abbia allegato alcunché in ordine allo specifico contenuto del contratto di agenzia, dalla ricostruzione dei crediti operata dal consulente è risultato che l'(…) del (…) aveva maturato, così come in precedenza riconosciuto dalla committente e ricostruito nel proprio atto di opposizione, un credito di complessivi Euro 7.155,00, di cui Euro 4.000,00 per contributo mensile a titolo di concorso parziale delle spese sostenute da (…) (Euro 2.000, 00 sia per agosto che per settembre), Euro 3.000,00 a titolo di compenso fisso (Euro 1.500,00 x 2) ed Euro 155,00 per le provvigioni maturate nel mese di agosto 2014.

Inoltre il consulente, rispondendo al secondo quesito, ha verificato che i pagamenti provati dalla opponente non sono da imputare alle fatture azionate. Ha infatti spiegato che gli stessi “non sono da un punto di vista meramente contabile imputabili alle fatture di cui al ricorso per ingiunzione, ma risultano, invece, esattamente corrispondenti agli importi delle precedenti fatture 6-7-8-11-12” (ved. pag. 18 elaborato peritale).

L’opposto, su cui gravava l’onere della prova, non ha offerto altre prove a sostegno dei crediti azionati in sede monitoria sicché, anche solo per l’accertata riduzione quantitativa delle sue pretese, il decreto ingiuntivo andrebbe revocato. Ma la revoca si giustifica anche per l’accoglimento, seppur parziale, della domanda riconvenzionale azionata dalla opponente, avente ad oggetto sia la restituzione del contributo di Euro 5.000,00 versato dalla (…) alla (…) (e da questa girato al (…) in acconto) quale anticipo dell’eventuale premio complessivo di Euro 40.000,00 che l’opponente, per il tramite dell'(…), avrebbe ottenuto se fossero stati raggiunti gli obiettivi prefissati dalla campagna incentivante “(…)”, sia il ristoro dei danni patiti, consistenti essenzialmente nel lucro cessante (Euro 15.000,00 per la perdita della quota parte dell’incentivo della campagna “(…)” che la (…) avrebbe potuto ottenere dalla (…) nel caso in cui l’opposta avesse raggiunto gli obiettivi richiesti, Euro 60.000,00 per la mancata percezione degli incentivi legati al piano “(…)” e calcolati su determinati bonus anch’essi legati alla produttività, e altra somma valutabile equitativamente per danno all’immagine commerciale, per aver dovuto giustificare alla (…) l’insuccesso del progetto di sviluppo in Puglia).

Giova da subito evidenziare che non v’è alcuna prova del lamentato danno all’immagine o del fatto che gli incentivi non fossero stati conseguiti a causa del recesso formalizzato dall’agente, giacché è intuibile che normalmente gli stessi siano legati ad eventi (ed essenzialmente alla capacità di vendita dell’agente) non prevedibili a priori e dei quali non può aversi certezza che si sarebbero realizzati nemmeno nel caso in cui l’agente avesse continuato ad operare sul mercato per conto della opponente.

Quanto al primo occorre rammentare che, come da principio consolidato dalla giurisprudenza di legittimità, “il danno all’immagine ed alla reputazioner inteso come “danno conseguenza”r non sussiste in re ipsa, dovendo essere allegato e provato da chi ne domanda il risarcimento. Pertanto, la sua liquidazione deve essere compiuta dal giudice, con accertamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità, sulla base non di valutazioni astratte, bensì del concreto pregiudizio presumibilmente patito dalla vittima, per come da questa dedotto e dimostrato, anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, che siano fondate, però, su elementi indiziari diversi dal fatto in sé” (Cassazione civile sez. lav., 08/02/2021, n.2968).

Sennonché di tanto non v’è alcun riscontro nei documenti prodotti dalla (…) e nemmeno nelle prove orali che l’interessata avrebbe articolato a sostegno delle proprie domande, in quanto non sarebbe allegato e provato un assunto mutamento in peius dei rapporti con la (…) e tantomeno incidenze negative sulla platea della clientela.

Relativamente alla perdita di chances va, invece, ribadito che le potenzialità economiche legate alle campagne di incentivi lanciate dalla (…) non appaiono direttamente dipendenti dal recesso del (…), ben potendo accadere che l’agente, pur proseguendo nel rapporto, non riuscisse comunque a procacciare il giusto quantitativo di affari per sforare la soglia richiesta dalla compagnia telefonica.

Alla luce delle considerazioni svolte, del deficit di prova delle specifiche condizioni contrattuali, convenute verbalmente, e sulla scorta della ricostruzione offerta dal c.t.u., la opponente ha diritto unicamente alla restituzione della somma di Euro 5.000,00 così come sopra indicata, ma non anche al recupero di Euro 1.218,00 quali provvigioni pagate nella fattura n. 7 per il mese di aprile in assenza del raggiungimento del target dei punti previsto dall’incentivo (…) e di Euro 5.180,07 stimata dal c.t.u. sul totale delle fatture emesse e già onorate; trattasi di compensi che secondo il c.t.u. non risulterebbero pattuiti, ma che la (…) non ha nemmeno specificamente chiesto in restituzione. L’opposizione va dunque accolta per quanto di ragione, con revoca del decreto ingiuntivo e condanna dell’opponente al pagamento in favore dell’opposto della somma di Euro 2.155,00 pari alla differenza fra quanto ancora dovuto dalla (…) all’agente per i mesi di agosto e settembre 2014 (Euro 7.155,00) e quanto da quest’ultimo, invece, indebitamente incassato quale acconto del programma “(…)” (Euro 5.000,00); trattandosi di debito di valuta la somma va maggiorata dei soli interessi al tasso legale dalla domanda (28 ottobre 2014, ossia dalla della richiesta stragiudiziale) all’effettivo soddisfo.

La soccombenza reciproca giustifica la compensazione fra le parti delle spese processuali, comprese quelle di c.t.u., essenziale per ricostruire i difficili rapporti economici fra le parti in assenza di un accordo scritto.

P.Q.M.

Il Giudice del Tribunale di Bari – seconda sezione civile, definitivamente pronunciando sulla opposizione a decreto ingiuntivo n. 2344/2015 emesso dal Tribunale di Bari in data 18 – 21 maggio 2015, proposta con atto di citazione notificato il 03.06.2015 dalla società (…) s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., nei confronti della (…), in persona dell’omonimo titolare, nonché sulle domande riconvenzionali avanzate dalla (…) s.p.a., ogni contraria istanza ed eccezione disattesa, così provvede:

1. accoglie l’opposizione per quanto di ragione e per l’effetto revoca il d.i. n. 2344/15 (R.G. n. 6180/15) emesso dal G.U. del Tribunale di Bari il 18-21.05.2015;

2. condanna l’opponente al pagamento in favore dell’opposta della somma di Euro 2.155,00, oltre interessi al tasso legale dalla domanda (28 ottobre 2014) all’integrale soddisfo;

3. Compensa tra le parti ogni spesa processuale, compresi gli oneri di c.t.u..

Così deciso in Bari il 13 luglio 2022.

Depositata in Cancelleria il 14 luglio 2022.

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Avv. Umberto Davide

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