Il danno non patrimoniale da vacanza rovinata, secondo quanto espressamente previsto in attuazione della Direttiva n. 90/314/CEE, costituisce uno dei “casiprevisti dalla legge” nei quali, ai sensi dell’art. 2059 cod. civ., il pregiudizio non patrimoniale è risarcibile. Tuttavia, non ogni disagio patito dal turista legittima la domanda di risarcimento di tale pregiudizio non patrimoniale, ma solo quelli che – alla stregua dei generali precetti di correttezza e buona fede – superino una soglia minima di tolleranza, da valutarsi caso per caso, con apprezzamento di fatto del giudice di merito.La prova del danno non patrimoniale da “vacanza rovinata”, inteso come disagio psico-fisico conseguente alla mancata realizzazione, in tutto o in parte, della vacanza programmata, stabilendo che la stessa “è validamente fornita dal viaggiatore mediante dimostrazione dell’inadempimento del contratto di pacchetto turistico, non potendo formare oggetto di prova diretta gli stati psichici dell’attore, desumibili, peraltro, dalla mancata realizzazione della “finalità turistica” e dalla concreta realizzazione della “finalità turistica” e dalla concreta regolamentazione contrattuale delle attività e dei servizi prestati, essenziali alla realizzazione dello scopo vacanziero”.
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Tribunale|Roma|Sezione 17|Civile|Sentenza|22 giugno 2022| n. 9993
Data udienza 17 giugno 2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI ROMA
XVII SEZIONE CIVILE
in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Fausto Basile, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile di secondo grado iscritta al n. 75244 del R.G.A.C.C. dell’anno 2019, e vertente
tra
(…), rappresentata e difesa, giusta procura in atti, dall’Avv. Em.Pl., ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Via (…);
APPELLANTE
e
(…) INC., in persona dell’amministratore pro tempore, rappresentata e difesa, giusta procura in calce alla comparsa di costituzione e risposta, dall’Avv. Lu.Sa. ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma al Via (…);
APPELLATA
OGGETTO: risarcimento del danno da cancellazione e ritardo aereo.
FATTO E DIRITTO
Con atto di citazione ritualmente notificato a mezzo PEC in data 21/11/2019, (…) ha interposto appello avverso la sentenza n. 28490/19, resa il 16/10/2019, con la quale il G.d.P. di Roma ha rigettato la domanda dalla stessa proposta nei confronti di (…) Inc., con condanna alla refusione delle spese processuali. In primo grado (…) aveva dedotto:
– di aver concluso con (…) Inc. un contratto di trasporto da eseguirsi in data 30/07/2016 con i voli LH259, (…) e UA1714 sula tratta Milano – Francoforte – Huston – Managua (Nicaragua) (All. 1 del fascicolo di primo grado).
– il piano volo originario avrebbe dovuto essere il seguente: A) 30 luglio 2016 alle ore 09:40 Milano Malpensa – Francoforte volo Lufthansa n. 259 con arrivo lo stesso giorno alle ore 08:00, B) 30 luglio alle ore 13:45 Francoforte – Houston volo (…) n. 47 con arrivo lo stesso giorno alle ore 17:45, C) 30 luglio alle ore 21:20 Houston – Managua volo (…) n. 1714 con arrivo lo stesso giorno alle ore 23:35.
– arrivata a Francoforte, dove veniva effettuato il primo scalo, la (…) apprendeva che il volo (…) era stato cancellato.
– dopo molte ore di attesa al banco informazioni l’attrice in primo grado riusciva a farsi riproteggere su nuovi voli e precisamente: D) 31 luglio alle ore 17:10 Francoforte – Washington volo (…) n. (…) con arrivo lo stesso giorno alle ore 20:00, E) 1 agosto alle ore 12:45 Washington – Houston volo (…) n. (…) con arrivo lo stesso giorno alle ore 14:53, F) 1 agosto alle ore 18:35 Houston – Managua volo (…) n. (…) con arrivo lo stesso giorno alle ore 21:50;
– dopo una notte imprevista a Francoforte la stessa arrivava alla destinazione finale con un ritardo di oltre 46 ore;
– a causa del prolungato ritardo a destinazione finale del volo originariamente programmato, la (…) aveva perso due giorni di vacanza sacrificando le visite programmate dall’itinerario di viaggio della città di Managua e del Cerro Negro nonché la visita fissata nello scalo di Houston. Concludeva l’attrice in primo grado chiedendo la condanna della Compagnia aerea al pagamento della somma complessiva di Euro 1.847,84, di cui Euro 600,00 a titolo di compensazione pecuniaria, Euro 247,84 a titolo di danno patrimoniale (importo versato per il viaggio, diviso i giorni previsti di vacanza e moltiplicato per i giorni persi) ed Euro 1.000,00 a titolo di danno (morale) ulteriore per aver perso due giorni di viaggio già pagati.
Si costituiva in primo grado la (…) Inc. chiedendo il rigetto della domanda. La censura mossa dall’odierno appellante alla sentenza impugnata n. 28490/19 consiste nel fatto che il Giudice di Pace di Roma avrebbe ingiustamente rigettato la domanda di condanna della Compagnia aerea al pagamento della compensazione pecuniaria a seguito della cancellazione del volo e del ritardo superiore a sei ore nell’arrivo a destinazione finale, nonché la domanda di risarcimento dell’ulteriore danno patrimoniale e non patrimoniale subito a causa del ritardo di 46 ore a destinazione finale, sul presupposto della mancanza al riguardo di “argomentazione specifica, corroborata da elementi oggettivi”.
Si è costituita nel presente grado di giudizio la (…) Inc. contestando:
– l’inammissibilità dell’appello, in quanto parte appellante non avrebbe indicato in maniera specifica le questioni e i punti contestati;
– la mancata allegazione di documenti da cui desumere i fatti dedotti, in particolare con riferimento agli elementi che proverebbero la cancellazione del volo, con conseguente impossibilità di rinvenire un eventuale e presunto inadempimento;
– l’assenza di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del vettore aereo con riferimento ai danni patrimoniali, in quanto i servizi e/o prestazioni di cui l’appellante chiede il risarcimento sarebbero estranei al contratto di trasporto.
All’udienza di prima comparizione delle parti del 25/06/2020 è stata disposta l’acquisizione del fascicolo di primo grado e la causa è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni. All’udienza del 23/07/2022, svolta mediante lo scambio di note di trattazione scritte, i procuratori delle parti hanno rassegnato le proprie conclusioni e la causa è stata trattenuta in decisione, previa assegnazione alle parti dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
L’appello è fondato e merita accoglimento nei limiti e per i motivi di seguito esposti. Preliminarmente, è infondata l’eccezione di inammissibilità dell’appello, sollevata da parte appellata.
Al riguardo, va osservato che l’atto di gravame risulta conforme al modello legale, consentendo di individuare con chiarezza, nei limiti del devoluto, le parti della sentenza gravata non condivise, le modifiche da apportare alla stessa, le circostanze che hanno asseritamente viziato la decisione e la decisività di esse in tal senso.
Con la riforma del 2012 – che, tra l’altro, ha modificato il primo comma dell’art. 342 c.p.c. ed ha introdotto l’art. 348 bis c.p.c. – il legislatore non ha trasformato il gravame in un atto corrispondente ad un modello formale, ma ha indicato ed imposto specifici requisiti, la cui sussistenza prescinde da una peculiare tecnica di redazione e deve essere verificata in concreto (Cass. SS.UU. 27199/2017). Ciò premesso, la doglianza relativa all’errata interpretazione e falsa applicazione dell’art. 31 della Convenzione di Montreal del 28/05/1999, in forza della quale il Giudice di Pace avrebbe rilevato la decadenza del termine per la presentazione del ricorso, è del tutto irrilevante in questa sede, in
quanto, nonostante le considerazioni svolte sul punto nella parte motiva, la pronuncia di primo grado non ha dichiarato l’inammissibilità della domanda svolta, ma si è pronunciata nel merito. Con riferimento agli altri motivi, questo Giudicante rileva l’erroneità della sentenza impugnata nel punto relativo alla ripartizione dell’onere probatorio circa la prova dell’inadempimento contrattuale di (…) Inc., ovvero dell’intervenuta cancellazione del volo inizialmente acquistato e del conseguente ritardo a destinazione.
Infatti, nel percorso argomentativo utilizzato, il Giudice di Pace ha travisato gli ordinari criteri di ripartizione dell’onere della prova in materia di azioni contrattuali, come regolati e ribaditi dalla normativa specialistica di settore.
Com’è noto, chi agisce per l’adempimento, la risoluzione e/o il risarcimento del danno da inadempimento contrattuale ha soltanto l’onere di allegare l’inadempimento dell’altra parte, spettando poi al debitore l’onere di dimostrare di aver adempiuto esattamente all’obbligazione su di esso gravante, ovvero di non avervi potuto adempiere per fatto a lui non imputabile. Tale ripartizione dell’onere probatorio non è derogata dalla normativa europea e pattizia in materia di responsabilità del vettore aereo per ritardo o cancellazione del volo, dovendo il trasportato provare soltanto la fonte, negoziale o legale, del suo diritto ed il contestuale termine di scadenza mediante la mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il vettore convenuto è gravato dell’onere della prova dall’esatto adempimento.
Analogo criterio di riparto dell’onere della prova si applica al caso in cui il debitore convenuto per l’adempimento, la risoluzione o il risarcimento del danno si avvalga, a sua volta, dell’eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. Risultando, in tal caso, invertiti i ruoli delle parti in lite, il debitore eccipiente si può limitare ad allegare l’altrui inadempimento ed il creditore agente ha l’onere di dimostrare il proprio esatto adempimento, ovvero la non ancora intervenuta scadenza dell’obbligazione.
In applicazione di tali principi al contratto di trasporto aereo internazionale di persone, regolato dalla Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 e dal Regolamento CE n. 261 del 2004, la S.C. ha difatti stabilito che “il passeggero che agisce per il risarcimento del danno cagionato dal negato imbarco, dalla cancellazione (inadempimento) o dal ritardato arrivo dell’aeromobile rispetto all’orario previsto (inesatto adempimento), deve fornire la prova dell’esistenza del contratto di trasporto (ossia produrre il titolo o il biglietto di viaggio o altra prova equipollente) ed unicamente allegare l’inadempimento del vettore, spettando a quest’ultimo dimostrare l’esatto adempimento della prestazione ovvero l’imputabilità dell’inadempimento a caso fortuito o forza maggiore ovvero ancora il contenimento del ritardo entro le soglie di rilevanza fissate dall’art. 6, comma 1, del Regolamento CE n. 261 del 2004” (Cass. ord. n. 1584/2018).
Alla stregua di quanto sopra, va rilevato come, nel caso di specie, (…) Inc. non abbia adempiuto all’onere probatorio su di essa gravante nella misura in cui non ha provato il regolare svolgimento del volo di cui il trasportato ha allegato la cancellazione, né che il ritardo a destinazione finale sia stato contenuto entro le soglie di rilevanza fissate dell’art. 6, co. 1, del Reg. CE n. 261/2004.
Conseguentemente, non avendo il vettore neppure provato che la cancellazione del volo e il ritardo a destinazione finale siano dipesi da circostanze eccezionali a lui non imputabili, vanno riconosciuti la responsabilità della Compagnia aerea e il conseguente diritto del passeggero, odierno appellante, al pagamento della compensazione pecuniaria prevista dal Reg. CE n. 261/2004, oltre all’eventuale risarcimento del danno.
Le fattispecie della cancellazione e del ritardo del volo aereo, quale causa di responsabilità della Compagnia aerea nei confronti del passeggero, sono innanzitutto disciplinate dal Regolamento Comunitario (CE) n. 261/2004 dell’11/2/2004, che ha istituito “Regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione e di ritardo prolungato”.
La Corte di Giustizia della Comunità Europea ha equiparato, ai fini del riconoscimento del diritto alla compensazione pecuniaria, il ritardo superiore alle soglie di rilevanza fissate dall’art. 6 del Reg. cit. alla cancellazione del volo, (Sentenza del 19 novembre 2009, C. n. 402/07, Sturgeon ed altri c. Air France SA,).
Pertanto, in base al combinato disposto agli artt. 6 e 7 del suddetto Regolamento, in caso di ritardo:
a) di due o più ore per tutte le tratte aeree pari o inferiori a 1.500 km;
b) di tre o più ore per tutte le tratte aeree intracomunitarie superiori a 1.500 km e per tutte le altre tratte aeree comprese tra 1.500 e 3.500 km;
c) di quattro o più ore per tutte le altre tratte aeree che non rientrano nei casi di cui alle lettere a) o b);
il vettore operativo è tenuto a corrispondere ai passeggeri la compensazione pecuniaria pari a:
a) 250 EUR per tutte le tratte aeree inferiori o pari a 1.500 chilometri;
b) 400 EUR per tutte le tratte aeree intracomunitarie superiori a 1.500 chilometri e per tutte le altre tratte comprese tra 1.500 e 3.500 chilometri;
c) 600 EUR per le tratte aeree che non rientrano nelle lettere a) o b).
Ai sensi dell’art. 5 par. 3, del Reg. cit. “il vettore aereo operativo non è tenuto a pagare una compensazione pecuniaria a norma dell’articolo 7, se può dimostrare che la cancellazione del volo (o il ritardo oltre le soglie di rilevanza fissate dall’art. 6) è dovuta a circostanze eccezionali che non si sarebbero comunque potute evitare anche se fossero state adottate tutte le misure del caso “. Ciò posto, stante il ritardo a destinazione di circa 46 ore del volo in riprotezione su tratta aera intercomunitaria superiore ai 3.500 km e non avendo il vettore operativo fornito la prova liberatoria di cui all’art. 5 par. 3, cit., è dovuta al passeggero la compensazione pecuniaria nella misura di Euro 600,00.
Quanto alla domanda di risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, si osserva quanto segue.
In tema di risarcimento dei danni conseguenti all’inadempimento del contratto di trasporto aereo internazionale da parte del vettore, vanno innanzitutto chiariti i rapporti tra il Reg. CE 261/ 2002 in tema di compensazione e assistenza dei passeggeri in caso di cancellazione o di ritardo del volo e la Convenzione di Montreal del 28.5.1999, in tema di trasporto aereo internazionale.
Il contratto di trasporto aereo internazionale trovava la propria disciplina nell’art. 18, 1 e 2 comma, della Convenzione di Varsavia del 12/10/1929, successivamente modificata dal Protocollo dell’Aja del 28/9/1955, resa esecutiva in Italia con Legge n. 1832/1962, ulteriormente modificata ed integrata dal Protocollo di Montreal del 1975, ratificato dall’Italia con Legge 43/1981, entrato in vigore in campo internazionale e quindi anche in Italia il 14/6/1998.
Successivamente è intervenuta la Convenzione di Montreal del 28/5/1999, per l’unificazione di alcune regole relative al trasporto aereo internazionale, ratificata dall’Italia il 10/1/2004 e quindi applicabile alla fattispecie in esame.
In base all’art. 19 della Convenzione di Montreal, rubricato “Ritardo”, il vettore aereo non è responsabile “se prova che esso o suoi incaricati hanno adottato tutte le misure necessarie e possibili, secondo la normale diligenza, per evitare il danno oppure che era loro impossibile adottarle”.
Ai sensi del successivo art. 22, nel trasporto di persone, in caso di danno da ritardo, così come specificato all’art. 19, la responsabilità del vettore è limitata alla somma di 4.150 diritti speciali di prelievo per passeggero (pari oggi a circa 4.860.46 euro).
Con riguardo alla distinta materia della “compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato”, qualora si tratti di voli in partenza da un aeroporto situato nel territorio di uno Stato membro soggetto alle disposizioni del Trattato UE, assume rilievo anche il Regolamento CE n. 261/2004, entrato in vigore in data 17/2/2005.
Tale disciplina normativa è integrata dalle pronunce della Corte di Giustizia Europea, secondo la quale “il danno suscettibile di risarcimento, ai sensi dell’art. 12 del regolamento n. 261/2004, può essere un danno di natura non solo materiale, ma anche morale. (…) Per contro, a titolo di risarcimento supplementare, sulla base dell’art. 12 del regolamento n. 261/2004, il giudice nazionale non può condannare un vettore aereo a rimborsare ai passeggeri, il cui volo ha subito un ritardo oppure è stato cancellato, le spese che questi ultimi hanno dovuto sostenere a causa dell’inadempimento da parte di tale vettore aereo degli obblighi di sostegno (rimborso del biglietto o imbarco su un volo alternativo per la destinazione finale, assunzione a proprio carico delle spese di trasferimento dall’aeroporto di arrivo all’aeroporto inizialmente previsto) e di assistenza (rimborso delle spese di ristorazione, sistemazione in albergo e comunicazione) ad esso incombenti in virtù degli artt. 8 e 9 di detto regolamento. (…) Infatti, le domande dei passeggeri aerei fondate sui diritti ad essi conferiti dal citato regolamento, come quelli enunciati dagli artt. 8 e 9 di quest’ultimo, non si possono considerare come rientranti in un risarcimento “supplementare” nell’accezione accolta al punto 38 della presente sentenza. (…)
Tuttavia, quando un vettore viene meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli artt. 8 e 9 del regolamento n. 261/2004, i passeggeri aerei possono legittimamente far valere un diritto al risarcimento sulla base degli elementi di cui ai citati articoli’ (sentenza del 13 ottobre 2011, causa C-83/10). Più recentemente, la stessa Corte di Giustizia (sentenza del 23/10/2012, nelle causa riunite C-581/10 e C-629-10) ha chiarito il rapporto esistente tra il diritto alla compensazione pecuniaria, fondato sull’articolo 7 del Reg. n. 261/2004 – cui possono avere diritto i passeggeri dei voli cancellati o quelli che (in applicazione della citata sentenza del 19/11/2009 nelle cause C 402/07 e C 432/07) giungono alla loro destinazione finale tre ore o più dopo l’orario di arrivo originariamente previsto dal vettore aereo – e il diritto al risarcimento del danno da ritardo, previsto all’articolo 19 della Convenzione di Montreal, tenuto conto dell’esclusione – ai sensi dell’articolo 29, seconda frase, della medesima Convenzione – della riparazione a titolo non risarcitorio. Sul punto, la Corte di Giustizia ha ritenuto che non vi sia alcuna incompatibilità tra i due istituti, trattandosi di due forme di tutela complementari, ma tra loro diverse e compatibili. L’articolo 19 della Convenzione di Montreal, infatti, implica che il danno derivi da un ritardo, che sussista un nesso di causalità tra il ritardo e il danno e che il danno sia individualizzato in ragione dei diversi tipi di pregiudizi subiti dai vari passeggeri.
Al contrario, la perdita di tempo compensata dal Regolamento comunitario non costituisce, di per sé, un danno derivante da ritardo, ma “costituisce un disagio al pari di altri disagi inerenti alle situazioni di negato imbarco, di cancellazione del volo e di ritardo prolungato che accompagnano tali situazioni, come l’assenza di comodità o il fatto di essere temporaneamente privati di mezzi di comunicazione normalmente disponibili”.
Un’altra differenza tra le due normative riguarda il fatto che la perdita di tempo è subita in modo identico da tutti i passeggeri di voli ritardati e, di conseguenza, è possibile porvi rimedio mediante una misura standardizzata, senza che sia necessario procedere ad una qualsivoglia valutazione della situazione individuale di ciascun passeggero coinvolto, cosicché siffatta misura può essere applicata immediatamente.
Altresì, non sussiste necessariamente un nesso di causalità tra il ritardo effettivo, da un lato, e la perdita di tempo considerata come rilevante per stabilire la sussistenza del diritto alla compensazione pecuniaria ai sensi del Regolamento n. 261/2004 o per calcolare l’importo di quest’ultima, dall’altro.
Infatti, il particolare obbligo di compensazione pecuniaria, imposto dal Reg. n. 261/2004, non risulta da qualsiasi ritardo effettivo, ma deriva solo da quello che comporta una perdita di tempo pari o superiore a tre ore rispetto all’orario di arrivo originariamente previsto. Infine, la CGUE ha altresì precisato che, date le differenze tra i presupposti e le condizioni previsti dalle due normative, l’obbligo di compensazione pecuniaria derivante dal regolamento n. 261/2004 è complementare all’articolo 29 della Convenzione di Montreal: da ciò deriva la facoltà, in capo ai passeggeri coinvolti, di instaurare comunque una causa diretta a ottenere il risarcimento del danno su base individuale alle condizioni di cui alla Convenzione di Montreal.
Applicati i principi e le norme innanzi indicate alla fattispecie in esame, va osservato che l’odierna appellante ha chiesto il risarcimento tanto del danno patrimoniale per la perdita di due giorni di vacanza, quanto di quello non patrimoniale da vacanza rovinata.
Ciò posto, è fondata e provata la domanda di risarcimento del danno patrimoniale corrispondente al costo delle due giornate del viaggio organizzato con un terzo tour operator non godute a causa del ritardo aereo de quibus.
Non colgono infatti nel segno le contestazioni sollevate dall’odierna appellata circa la mancata prova del danno patrimoniale subito dal passeggero.
In realtà, l’appellante ha prodotto in atti copia del programma del viaggio in Nicaragua organizzato con il tour operator Viaggi nel Mondo nel quale sono indicati la durata e il costo del viaggio.
Pertanto, avendo il ritardo aereo imputabile alla (…) comportato la perdita, da parte della (…), di due giorni del programmato viaggio in Nicaragua, la Compagnia aerea è tenuta al risarcimento del corrispondente danno patrimoniale mediante il pagamento dell’importo di Euro 247,84 corrispondente al costo di due giorni di vacanza, così come calcolato dall’appellante. Per quanto riguarda la richiesta di risarcimento del danno non patrimoniale per il disagio subito dall’odierna appellante a causa della perdita della coincidenza a Houston e del ritardo di quarantasei ore con il quale è giunta alla destinazione finale di Managua (Nicaragua), va innanzitutto chiarito che, nella fattispecie in esame, non avendo la medesima appellante acquistato un pacchetto turistico “tutto compreso”, ma soltanto i biglietti del trasporto aereo a/r Milano Malpensa – Managua (Nicaragua), non si applicano le norme dell’attuale Codice del Turismo e, conseguentemente, quelle in materia di risarcibilità del c.d. danno da vacanza rovinata. Il danno non patrimoniale riguarda, pertanto, il mero pregiudizio morale subito dagli stessi passeggeri a causa del ritardo aereo per cui è causa.
Ciò premesso, con riferimento alla domanda di risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 2059 cc., va ricordato che, secondo l’indirizzo restrittivo adottato dalla Suprema Corte con le note sentenze rese dalle Sezioni Unite, n. 26972-5/08, il danno non patrimoniale è risarcibile anche in caso di inadempimento contrattuale nei soli casi “previsti dalla legge”; e cioè, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 cod. civ.:
(a) quando il fatto illecito sia astrattamente configurabile come reato; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di qualsiasi interesse della persona tutelato dall’ordinamento, ancorché privo di rilevanza costituzionale;
(b) quando ricorra una delle fattispecie in cui la legge espressamente consente il ristoro del danno non patrimoniale anche al di fuori di una ipotesi di reato (ad es., nel caso di illecito trattamento dei dati personali o di violazione delle norme che vietano la discriminazione razziale); in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione dei soli interessi della persona che il legislatore ha inteso tutelare attraverso la norma attributiva del diritto al risarcimento (quali, rispettivamente, quello alla riservatezza od a non subire discriminazioni);
(c) quando il fatto illecito abbia violato in modo grave diritti inviolabili della persona, come tali oggetto di tutela costituzionale; in tal caso la vittima avrà diritto al risarcimento del danno non patrimoniale scaturente dalla lesione di tali interessi, che, al contrario delle prime due ipotesi, non sono individuati “ex ante” dalla legge, ma dovranno essere selezionati caso per caso dal giudice.
In quest’ultimo caso, l’unico applicabile alla fattispecie in esame, “il diritto deve essere inciso oltre una certa soglia minima, cagionando un pregiudizio serio. La lesione deve eccedere una certa soglia di offensività, rendendo il pregiudizio tanto serio da essere meritevole di tutela in un sistema che impone un grado minimo di tolleranza. Il filtro della gravità della lesione e della serietà del danno attua il bilanciamento tra il principio di solidarietà verso la vittima, e quello di tolleranza, con la conseguenza che il risarcimento del danno non patrimoniale è dovuto solo nel caso in cui sia superato il livello di tollerabilità ed il pregiudizio non sia futile. Pregiudizi connotati da futilità ogni persona inserita nel complesso contesto sociale li deve accettare in virtù del dovere della tolleranza che la convivenza impone (art. 2 Cost.).
Tale orientamento è stato successivamente confermato da Cass. 11.5.2012, n. 7256, in tema di danno da vacanza rovinata – che, come innanzi detto, non trova ingresso nel caso di specie – secondo la quale “il danno non patrimoniale da vacanza rovinata, secondo quanto espressamente previsto in attuazione della Direttiva n. 90/314/CEE, costituisce uno dei “casiprevisti dalla legge” nei quali, ai sensi dell’art. 2059 cod. civ., il pregiudizio non patrimoniale è risarcibile. Tuttavia, non ogni disagio patito dal turista legittima la domanda di risarcimento di tale pregiudizio non patrimoniale, ma solo quelli che – alla stregua dei generali precetti di correttezza e buona fede – superino una soglia minima di tolleranza, da valutarsi caso per caso, con apprezzamento di fatto del giudice di merito”.
La stessa decisione si è pronunciata sul tema della prova del danno non patrimoniale da “vacanza rovinata”, inteso come disagio psico-fisico conseguente alla mancata realizzazione, in tutto o in parte, della vacanza programmata, stabilendo che la stessa “è validamente fornita dal viaggiatore mediante dimostrazione dell’inadempimento del contratto di pacchetto turistico, non potendo formare oggetto di prova diretta gli stati psichici dell’attore, desumibili, peraltro, dalla mancata realizzazione della “finalità turistica” e dalla concreta realizzazione della “finalità turistica” e dalla concreta regolamentazione contrattuale delle attività e dei servizi prestati, essenziali alla realizzazione dello scopo vacanziero”.
Alla stregua di quanto esposto, il Tribunale, valutati complessivamente tutti gli elementi emersi dall’istruttoria documentale svolta, ritiene che l’odierna appellante abbia sufficientemente dimostrato l’ulteriore pregiudizio morale ed esistenziale patito a causa dello stress e della stanchezza psicofisica accumulata in seguito al ritardo di quarantasei ore con il quale la passeggera ha raggiunto la destinazione finale del viaggio di andata Milano Malpensa – Managua (Nicaragua), nonché in seguito alla perdita della coincidenza del volo a Houston e, soprattutto, alla decurtazione di due giornate rispetto alla programmata vacanza in Nicaragua della durata di soli venti giorni (dal 30 luglio al 20 agosto 2016, cfr. operativo dei voli a/r).
In considerazione di ciò, deve ritenersi che i disagi subiti dall’appellante superano quella soglia della gravità della lesione e della serietà del pregiudizio, quale parametro fissato dalla giurisprudenza di legittimità ai fini della risarcibilità del danno non patrimoniale da inadempimento contrattuale, e vanno pertanto risarciti dal contraente inadempiente.
Riguardo alla quantificazione del danno, una volta apprezzati, nella cornice dei dati conoscitivi acquisiti agli atti di causa, tutti gli elementi di fatto rilevanti nel caso in esame, quali la gravità del ritardo, l’attesa e le complicazioni arrecate al programma di viaggio intercontinentale, il costo del trasporto aereo e la durata del soggiorno in Nicaragua dei passeggeri, il Giudicante ritiene equo quantificare all’attualità in Euro 500,00 il danno non patrimoniale subito dall’appellante, al cui risarcimento va condannata la Compagnia aerea appellata.
In conclusione, previa riforma della sentenza del Giudice di Pace di Roma n. 28490/19, in accoglimento della domanda, l’appellata (…) Inc. va condannata al pagamento in favore dell’appellante della complessiva somma di Euro 1.347,00 (di cui, Euro 600,00 a titolo di compensazione pecuniaria; Euro 247,84 a titolo di danno patrimoniale ed Euro 500,00 a titolo di danno non patrimoniale), oltre agli interessi legali dal fatto al saldo effettivo. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo, secondo i parametri minimi previsti dal D.M. n. 55/2014 per lo scaglione di valore di riferimento.
P.Q.M.
Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando, disattesa o assorbita ogni altra domanda ed eccezione, così provvede:
1) in parziale accoglimento dell’appello, previa riforma della sentenza del Giudice di Pace di Roma n. 28490/19 depositata in data 16/10/2019, condanna la (…) Inc. al pagamento in favore di (…) Federica, della complessiva somma di 1.347,00, oltre agli interessi legali dal fatto al saldo effettivo, per le causali di cui in narrativa;
2) condanna la (…) Inc. alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio in favore di (…) Federica, che liquida, quanto al primo grado, in Euro 98,00 per esborsi ed Euro 671,00 per compenso professionale e, quanto al secondo grado, in Euro 147,00 per esborsi ed Euro 1.378,00 per compenso professionale, oltre in entrambi i casi al rimborso forfettario delle spese generali, IVA e CPA.
Così deciso in Roma il 17 giugno 2022.
Depositata in Cancelleria il 22 giugno 2022.
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