Ne consegue che, nel giudizio avente ad oggetto la richiesta di risarcimento del danno provocato da una cosa in custodia, il danneggiato deve dimostrare la relazione (di proprietà o di uso) intercorrente fra il convenuto e la res, il danno subito ed il rapporto di causalità fra la cosa e l’evento dannoso, mentre grava sul custode l’onere di fornire la prova liberatoria del caso fortuito, idonea a superare la presunzione iuris tantum prevista a suo carico, dimostrando che l’evento dannoso si è verificato per l’intervento di un fattore esterno (fatto del terzo o dello stesso danneggiato), imprevedibile, inevitabile ed eccezionale che abbia inciso, interrompendolo, sul nesso causale.

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Tribunale|Bari|Sezione 3|Civile|Sentenza|17 giugno 2022| n. 2427

Data udienza 16 giugno 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI BARI

TERZA SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice Onorario dott. Vincenzo Lullo ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 4444/2019 promossa da:

(…), elettivamente domiciliata in Bari-Carbonara, via (…), presso lo studio dell’Avv. Ni.Ab., che la rappresenta e difende, come da procura in atti.

Attrice

contro

(…) S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Bari, via (…), presso la sede legale della società, rappresentata e difesa dall’Avv. Ro.Fa., come da procura in atti.

Convenuta

e

Comune di Bari

Convenuto – contumace

FATTO E DIRITTO

Sentenza redatta ai sensi del novellato art. 132 c.p.c., come modificato dall’art. 45, comma 17,1.18 giugno 2009 n. 69, a decorrere dal 4 luglio 2009 (ex art. 58, comma 2, L. cit.).

Con atto di citazione notificato il 26.03.2019 (…) ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Bari l'(…) S.p.A. (…) e il Comune di Bari, chiedendo che fosse accertata la responsabilità dei convenuti per le infiltrazioni di acque luride (con conseguenti fenomeni di umidità) all’interno dei locali al piano seminterrato dell’immobile di sua proprietà sito in Bari-Carbonara, via Ospedalieri n. 10, e per l’effetto che i convenuti fossero condannati, solidalmente tra loro o in ragione delle rispettive quote di responsabilità, al pagamento della somma di Euro 6.103,50, oltre interessi legali dalla mora al soddisfo, a titolo di risarcimento dei danni, oltre che alla rifusione delle spese e competenze di lite.

Instaurato il contraddittorio, si è costituito in giudizio l'(…) S.p.A. il quale ha contestato la fondatezza della domanda attorea, sia sotto il profilo dell’an che del quantum debeatur, e ne ha chiesto il rigetto.

La causa, poi, nella dichiarata contumacia del Comune di Bari, è stata istruita con la produzione documentale offerta dalle parti e con la C.T.U.; all’esito è stata rimessa in sede decisoria all’udienza del 07.03.2022 con concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c..

La domanda risarcitoria proposta dall’attrice può essere intesa come rivolta a far valere la responsabilità oggettiva per danni da cose in custodia, cioè secondo il criterio di imputazione stabilito dall’art. 2051 c.c., il quale si fonda non su un comportamento o un’attività del custode, ma su una relazione, appunto di custodia, intercorrente fra la società convenuta e la cosa dalla quale è derivato il danno (cfr., per un caso analogo, riguardante gli impianti di fognatura gestiti dal soppresso Eaap, Cass. sez. III, 23.12.2003, n. 19773).

La norma di cui all’art. 2051 c.c., secondo la quale “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”, prevede una responsabilità presunta in capo al custode per i danni provocati dalla cosa che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.

Il fondamento della responsabilità prevista dalla norma anzidetta dev’essere, dunque, individuato nel dovere di custodia che grava sul soggetto (proprietario, usufruttuario, enfiteuta, conduttore) che, a qualsiasi titolo, ha un effettivo e non occasionale potere fisico sulla cosa in relazione all’obbligo di vigilare affinché la stessa non arrechi danni a terzi.

Ai fini del riconoscimento della responsabilità del custode non è necessario che la res sia intrinsecamente pericolosa, ma è sufficiente, perché possa essere riscontrato il rapporto di causalità fra la cosa ed il danno, che la cosa abbia una concreta potenzialità dannosa per sua connaturale forza dinamica o anche statica o per effetto di concause umane o naturali.

Ne consegue che, nel giudizio avente ad oggetto la richiesta di risarcimento del danno provocato da una cosa in custodia, il danneggiato deve dimostrare la relazione (di proprietà o di uso) intercorrente fra il convenuto e la res, il danno subito ed il rapporto di causalità fra la cosa e l’evento dannoso, mentre grava sul custode l’onere di fornire la prova liberatoria del caso fortuito, idonea a superare la presunzione iuris tantum prevista a suo carico, dimostrando che l’evento dannoso si è verificato per l’intervento di un fattore esterno (fatto del terzo o dello stesso danneggiato), imprevedibile, inevitabile ed eccezionale che abbia inciso, interrompendolo, sul nesso causale.

La più recente giurisprudenza in materia, infatti, tende ad individuare nella fattispecie prevista dall’art. 2051 c.c. un’ipotesi di responsabilità oggettiva in virtù della quale è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno arrecato, non assumendo rilievo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, giacchè funzione della norma è quella di imputare oggettivamente la responsabilità al soggetto che, rivestendo la qualità di custode, è in grado di controllare le modalità d’uso e di conservazione della cosa e di prevenire i rischi ad essa inerenti.

Da ciò consegue, in definitiva, che sul danneggiato incombe la prova del nesso eziologico tra la res e l’evento lesivo, mentre sul custode grava la prova liberatoria costituita dall’allegazione e dimostrazione dell’esistenza di un fattore esterno (caso fortuito, fatto del terzo, forza maggiore), idoneo a interrompere il nesso causale.

Nella specie, in base ai suesposti rilievi, è fuor di dubbio che l'(…) S.p.A. pur non essendo titolare del diritto di proprietà della condotta fognaria, sia nondimeno il soggetto tenuto per legge alla sua manutenzione e custodia.

Il Ctu, in esito agli accertamenti eseguiti sulla rete fognaria antistante i locali interrati di proprietà dell’attrice, ha accertato e riferito, nelle sue conclusioni, quanto segue:

“All’interno del locale di proprietà Mininni si sono riscontrate macchie e alterazione degli strati pittorici e alterazione della pavimentazione.

I fenomeni riscontrati sono danni tipici di fenomeni infiltrativi dovuti a frequenti allagamenti del locale a carico di acque reflue miste ad acque piovane. Si è provveduto a redigere computo metrico estimativo al fine di stimare gli importi relativi all’esecuzione delle lavorazioni utili alla rimozione dei danni il cui totale ammonta a 5.639,65 Euro, oltre IVA.

I danni rilevati e suddescritti sono strettamente correlati alle rotture emerse durante la video ispezione del tronco fogna che insiste su via degli Ospedalieri. Infatti durante il manifestarsi di eventi piovosi di particolare importanza, può accadere che il tronco fogna vada in pressione e attraverso le rotture e le alterazioni riscontrate sullo stesso in fase di videoispezione, l’acqua fuoriesca dalle condotte e raggiunga l’involucro edilizio di proprietà dell’attrice, infiltrandosi all’interno del locale” (così testualmente nella relazione del C.T.U. depositata in data 05.01.2021).

Pertanto, alla luce delle risultanze istruttorie ben può ritenersi che le cause delle infiltrazioni siano da ascriversi esclusivamente all'(…) S.p.A. ai sensi dell’art. 2051 c.c., dovendosi invece escludere profili di concorso colposo di terzi soggetti e/o enti, attesa la dipendenza causale degli eventi dannosi dall’inadeguatezza strutturale e funzionale dell’impianto e da un risalente deficit manutentivo certamente non imputabile all’attrice, né al Comune di Bari.

In ordine al quantum debeatur l’ausiliare del giudice, previo analitico computo metrico estimativo, ha determinato in Euro 5.639,65, al netto dell’Iva, l’importo complessivo della spesa occorrente per ripristinare le condizioni del locale danneggiato.

L’anzidetta somma – trattandosi di debito di valore – dev’essere rivalutata dall’epoca dell’accertamento consulenziale all’attualità, il cui risultato, trattandosi di operazione meramente aritmetica, ben può essere rimessa direttamente alle parti.

La regolamentazione delle spese della fase cautelare e del giudizio di merito, liquidate in dispositivo, soggiace al criterio della soccombenza nel rapporto fra l’attore e la società obbligata.

P.Q.M.

II Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

1) Accoglie la domanda e, per l’effetto, condanna l'(…) S.p.A. al risarcimento dei danni, in favore della parte attrice nella misura di Euro 5.639,65, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria;

2) Condanna l'(…) S.p.A. al pagamento in favore della parte attrice delle spese processuali liquidandole in Euro 422,50 per esborsi ed in Euro 3.000,00 per compenso professionale, oltre rimborso spese generali 15% ed oneri previdenziali e fiscali di legge;

3) Pone le spese delle C.T.U., come da decreti di liquidazione in atti, definitivamente a carico dell'(…) spa.

Così deciso in Bari il 16 giugno 2022.

Depositata in Cancelleria il 17 giugno 2022.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.