In ordine al momento di decorrenza del termine di prescrizione ordinario dell’azione di riduzione, si osserva quanto segue. Si sono avvicendati nella giurisprudenza di legittimità due orientamenti contrapposti in ordine a tale questione: il più risalente fa decorrere il termine di prescrizione dell’azione di riduzione del legittimario dalla data di apertura della successione (Cass. 4230/1987, 11809/1997), mentre l’orientamento succedutosi ha individuato tale momento, per le sole successioni testamentarie, nella data di pubblicazione del testamento perché soltanto da tale momento, che determina una presunzione iuris tantum di conoscenza delle disposizioni lesive, i legittimari sono in condizione di fare valere il loro diritto e richiedere la riduzione delle disposizioni lesive della propria quota di riserva, atteso che da tale data, salvo prova contraria, sono a conoscenza della lesione (Cass. sent. 5920/1999). Nella sentenza a Sezioni Unite n. 20644/2004, il Giudice della nomofilachia ha aperto ad una terza via, individuando il dies a quo del termine decennale di prescrizione dell’azione di riduzione, limitatamente ai casi di lesioni operate da disposizioni testamentarie, dalla data di accettazione dell’eredità da parte del chiamato in base a disposizioni testamentarie lesive della legittima, ma esclude expressis verbis che, ove la lesione derivi dalle donazioni fatte in vita da de cuius, tale principio possa trovare applicazione, poiché in tali casi, come nel caso di cui si tratta, il termine di prescrizione non può che decorrere dalla data di apertura della successione, dato che in quel momento emerge l’insufficienza del relictum a garantire al legittimario il soddisfacimento della quota di riserva.

Tribunale|Firenze|Sezione 4|Civile|Sentenza|23 maggio 2023| n. 1546

Data udienza 17 maggio 2023

TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE

SEZIONE QUARTA CIVILE

Il Tribunale, in persona del collegio composto dai seguenti magistrati:

Dott.ssa Giuseppina Guttadauro – Presidente

Dott. Roberto Monteverde – Giudice

Dott.ssa Federica Samà – Giudice rel. est.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. r.g. …/2020 promossa da:

A.B., rappresentato e difeso dall’Avv. …

ATTORE

contro

A.B. e S.B., rappresentati e difesi dall’avv. ….

CONVENUTI

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.Con atto di citazione ritualmente notificato A.B. ha convenuto in giudizio dinanzi l’intestato Tribunale di Firenze i figli A.B. e S.B. chiedendo nel merito la dichiarazione di illegittimità dell’atto di liberalità posto in essere dal sig. G.B. in data 28.06.2005 per lesione della propria quota di riserva ex art. 542 c.c. (oltre a quella riservata al sig. A.B. ed alla sig.ra C.B.) e per l’effetto la riduzione della donazione medesima nella misura necessaria alla reintegra delle quote legittime pregiudicate, con condanna in solido dei convenuti alla restituzione in suo favore, in tutto o in parte, degli immobili posti in L. a S. Via A. D. nn. C. 37, 35, 43, 39 e 41, identificati al N.C.E.U. nel foglio (…), part. (…) sub (…), (…), (…), (…), oltre dalla particella (…), di mq 380, quanto all’area ad uso giardino limitrofa tergalmente e lateralmente all’appartamento per civile abitazione con accesso dal civico n. 37 e ciò in forza della successione del padre G.B. prima e di quella della madre C.B. poi; in ipotesi, ha chiesto la dichiarazione di illegittimità dell’atto di liberalità in questione con condanna solidale dei convenuti alla reintegra della quota di legittima spettante all’attore A.B., pari ad almeno ¼ della massa ereditaria e cioè ad almeno Euro.347.390,93, o quella maggiore o minore somma che sarà ritenuta di giustizia, oltre interessi legali di mora dall’apertura della successione all’effettivo soddisfacimento. In via istruttoria l’attore ha chiesto l’ammissione di CTU volta alla stima dei beni costituenti il patrimonio ereditario del sig. G.B. qualora non fosse stata ritenuta sufficiente quella già espletata nell’ambito del giudizio R.G. 2106/2007 e versata in atti.

2.Si costituivano in giudizio i convenuti S. e A.B. eccependo in via preliminare l’eccezione di prescrizione del diritto ad accettare l’eredità, anche in data 16.6.2016 allorché l’attore aveva sottoscritto l’atto pubblico, l’eccezione di prescrizione dell’azione di riduzione e in subordine contestando nel merito la domanda attorea in quanto infondata in fatto ed in diritto, sia nell’an che nel quantum debeatur.

Preliminarmente i convenuti hanno eccepito l’avvenuta rinuncia da parte del sig. A.B. all’eredità del padre, G.B., con conseguente carenza del presupposto della legittimazione attiva necessaria ai fini dell’esperimento della presente azione, circostanza che i medesimi evincono dalla sentenza del Tribunale di Firenze n. ../2017 (pag. 8 doc. 11 parte attrice, laddove viene affermato che “…Tanto premesso in merito alla determinazione della massa ereditaria, ai fini del calcolo della quota riservata al legittimario B.A. non può essere accolta la deduzione dell’attore nella parte in cui valuta la sua quota pari ad 1/3 in ragione dell’asserita espansione della sua quota in conseguenza della rinuncia all’eredità fatta dal fratello B.A. (padre dei due figli S. e A.). Ed invero, secondo quanto statuito dalla Suprema Corte, il fenomeno della rappresentazione (art. 467 c.c.) – per il quale, nelle ipotesi di cui all’art. 468 dello stesso codice, i discendenti legittimi o naturali subentrano nel luogo e nel grado del loro ascendente in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l’eredità – si verifica anche nel caso in cui tale ascendente rinunci all’eredità, giacché la regola secondo cui, in caso di rinunzia, l’eredità si devolve a coloro ai quali spetterebbe ove il rinunziante mancasse fa salvo il diritto di rappresentazione (Cass. Sez. III, Sentenza n. 4948 del 20/08/1980).)”

Dunque, secondo i convenuti l’accettazione dell’eredità del padre da parte di A.B. con atto del 16.06.2016 non avrebbe alcuna rilevanza poiché il diritto all’accettazione, a tale data, risultava essere già prescritto in quanto G.B. era deceduto il 14.07.2005 ossia undici anni prima dell’atto di accettazione posto in essere dall’odierno attore. Relativamente all’azione di riduzione i convenuti hanno eccepito che la stessa sia ormai prescritta per decorso del termine decennale, posto che nel 2007 l’azione di riduzione era stata tempestivamente esercitata solo dalla signora C.B. e dal signor A.B.. I convenuti hanno inoltre rilevato che l’esperimento di tale azione da parte della sig.ra B. non potrebbe avere in alcun modo rilevanza nei confronti dell’odierno attore poiché l’effetto interruttivo dell’azione opera solo a favore di chi ha agito; ed ancora, hanno rilevato che l’azione di riduzione esercitata quale erede del soggetto legittimario è infondata per insussistenza dei presupposti in quanto il diritto all’azione è trasmissibile agli eredi ai sensi dell’art. 557 c.c. fintanto che non si sia estinto per rinuncia del legittimario o per prescrizione, e nel caso di specie la signora B. ha rinunciato alla domanda ex art. 306 c.p.c. con idoneo atto depositato.

In secondo luogo, i convenuti hanno formulato eccezione riconvenzionale di compensazione per le somme di cui il signor A.B. sarebbe debitore in virtù del decreto del Tribunale di Firenze del 28.03.2017 emesso nel procedimento R.G.V.G. n. 1179/2015. In particolare, i convenuti hanno rappresentato che il signor B. è tenuto a versare in loro favore la somma di Euro 1.200,00 mensili a titolo di mantenimento, ma che ad eccezione di alcune occasioni non avrebbe mai corrisposto.

Tanto premesso i convenuti hanno chiesto in via preliminare l’accertamento e la dichiarazione della rinuncia all’eredità e quindi il difetto di legittimazione attiva del signor A.B. nonché dell’intervenuta prescrizione dell’azione di riduzione. Nel merito hanno chiesto il rigetto delle domande formulate da parte attrice in quanto infondate; in via subordinata, in caso di accoglimento anche parziale delle domande formulate da parte attrice hanno chiesto la compensazione delle somme eventualmente dovute all’attore con le somme dovute da quest’ultimo pari all’importo 72.800,00 oltre rivalutazione ISTAT, con condanna ai sensi dell’arto 96 c.p.c., vittoria di spese, funzioni e onorari di lite del presente giudizio.

3. Dopo l’esperimento della procedura di mediazione obbligatoria conclusasi con esito negativo, la causa è stata istruita mediante i documenti prodotti dalle parti e a scioglimento della riserva assunta all’udienza del 4.10.2021, con ordinanza del 5.10.2021, il Giudice, ritenuto superfluo ogni ulteriore approfondimento istruttorio ha ritenuto la causa matura per la decisione assegnando alle parti i termini per il deposito di note conclusive.

4. Rileva il Collegio che l’eccezione di prescrizione dell’azione di riduzione, tempestivamente sollevata dai convenuti, appare fondata.

4.1. Invece, l’attore ha proposto un’azione di riduzione della donazione disposta in vita dal padre, in favore dei suoi figli, odierni convenuti.

In data 14.07.2005 era deceduto G.B., padre di A. e A.B. e marito di C.B.. Il de cuius aveva donato in data 28.06.2005, con atto di donazione a rogito del Notaio L., riservandosi i diritti di usufrutto vitalizio, in favore dei nipoti allora minorenni A. e S.B., figli dell’odierno attore, la nuda proprietà delle unità immobiliari poste nel Comune di…, via D. nn. cc. 37, 35, 43, 39 e 41 descritte in citazione. La donazione era stata accettata dai genitori dei beneficiari, tra cui l’odierno attore A.B., il quale, pertanto, poteva dirsi a conoscenza delle disposizioni donative del padre e delle conseguenze che tali disposizioni avrebbero comportato sull’entità dell’asse ereditario alla morte del genitore.

In data 21.04.2005, ovvero in data di qualche mese antecedente, G.B., padre dell’odierno attore, aveva redatto testamento olografo, pubblicato il (…), a cura del Notaio C.S., Rep. N. (…), Fascicolo n. 4175, con il quale, revocando ogni precedente disposizione testamentaria, aveva nominato sua erede universale la moglie C.B., aveva legato la nuda proprietà di vani 4, posta in L. a S. Via L. n. 179 compreso il box auto, al figlio A., aveva legato la nuda proprietà della quota parte di sua spettanza – l’altra quota parte apparteneva alla moglie – sull’appartamento posto nel comune di B. Via dei M. (lotto C/4 n. 119 piano primo) ai suoi due nipoti A. e S.B. e agli eventuali nascituri loro fratelli o sorelle. Il de cuius aveva specificato, inoltre, di aver donato periodicamente a suo figlio A., in conto di legittima, denari per un totale di Lire 170.000.000 affinché lo stesso potesse acquistare la quota parte del 50% dell’appartamento di sua proprietà posto in L. a S., località La L., oltre che complessive Lire 50.000.000 affinché potesse acquistare l’appartamento di sua proprietà posto in C. F., Via B. dei Ta. via n. 1, tutto senza averlo mai dispensato dalla collazione né dalla imputazione ex se. Ancora, aveva legato gli oggetti preziosi ed i monili di sua proprietà ai suoi nipoti nati e nascituri, lasciando tutti gli altri beni di sua proprietà alla moglie C.B., nominandola comunque usufruttuaria di tutti i suddetti beni e di quelli che avessero fatto parte del suo patrimonio al momento della sua morte.

4.2. L’azione intrapresa dall’odierno attore -pacificamente soggetta al termine di prescrizione ordinario (vedi Cass Sentenza n. 5731/1988) – è stata introdotta nel 2020, a distanza di oltre dieci anni dall’apertura della successione.

In ordine al momento di decorrenza del termine di prescrizione ordinario dell’azione di riduzione, si osserva quanto segue.

Si sono avvicendati nella giurisprudenza di legittimità due orientamenti contrapposti in ordine a tale questione: il più risalente fa decorrere il termine di prescrizione dell’azione di riduzione del legittimario dalla data di apertura della successione (Cass. 4230/1987, 11809/1997), mentre l’orientamento succedutosi ha individuato tale momento, per le sole successioni testamentarie, nella data di pubblicazione del testamento perché soltanto da tale momento, che determina una presunzione iuris tantum di conoscenza delle disposizioni lesive, i legittimari sono in condizione di fare valere il loro diritto e richiedere la riduzione delle disposizioni lesive della propria quota di riserva, atteso che da tale data, salvo prova contraria, sono a conoscenza della lesione (Cass. sent. 5920/1999).

Nella sentenza a Sezioni Unite n. 20644/2004, il Giudice della nomofilachia ha aperto ad una terza via, individuando il dies a quo del termine decennale di prescrizione dell’azione di riduzione, limitatamente ai casi di lesioni operate da disposizioni testamentarie, dalla data di accettazione dell’eredità da parte del chiamato in base a disposizioni testamentarie lesive della legittima, ma esclude expressis verbis che, ove la lesione derivi dalle donazioni fatte in vita da de cuius, tale principio possa trovare applicazione, poiché in tali casi, come nel caso di cui si tratta, il termine di prescrizione non può che decorrere dalla data di apertura della successione, dato che in quel momento emerge l’insufficienza del relictum a garantire al legittimario il soddisfacimento della quota di riserva.

Nel caso in esame, il dies a quo non può che individuarsi nella data del 14 Luglio 2005, nel corso del quale il de cuius aveva tanto redatto il testamento olografo, pubblicato nel medesimo anno, quanto operato la donazione in vita in favore dei nipoti, accettata dall’odierno attore come poc’anzi evidenziato. Sin dall’anno 2005 l’attore era a conoscenza delle disposizioni donative e testamentarie del padre.

Pertanto, la dichiarazione di accettazione dell’eredità del padre G.B. in data (…) con atto ai rogiti del notaio A.L., registrato a Prato il 4.07.2016 sarebbe tardiva e non avrebbe potuto avere alcun effetto interruttivo della prescrizione.

Parte convenuta ha eccepito la rinuncia all’eredità paterna dell’odierno attore, quale fatto estintivo della pretesa e ha dedotto, a sostegno, un passaggio motivazionale della sentenza nr. 2097/2017 emessa dal Tribunale di Firenze- di cui in seguito di tratterà più diffusamente- in cui si fa menzione di ciò per la determinazione della quota di riserva del legittimario. Non ha, però, prodotto la prova della rinuncia dell’eredità dell’attore, laddove la rinuncia è un atto giuridico unilaterale, mediante il quale il chiamato all’eredità dismette il suo diritto di accettarla. Il compimento dell’atto determina la perdita del diritto all’eredità e il rinunciante è considerato come se non fosse stato mai chiamato, nel momento in cui si verifichi l’acquisto dell’eredità da parte di altri chiamati. La rinuncia richiede la forma scritta ad substantiam. (Cass 37927/2022).

Ma, come sopra già evidenziato, il Collegio non può non rilevare la tardività dell’accettazione d’eredità.

Seguendo un distinto percorso logico-giuridico, sulla base delle allegazioni e delle produzioni documentali in atti, dalla lettura del testamento olografo – le cui disposizioni paiono riguardare l’intero asse patrimoniale- il testatore parrebbe aver estromesso totalmente dal proprio testamento il figlio, odierno attore. Parte attrice non ha dedotto l’esistenza di altri e distinti beni patrimoniali ricompresi nell’asse al momento dell’apertura della successione.

E’ principio, ormai, consolidato quello secondo cui il legittimario totalmente pretermesso, proprio perché escluso dalla successione, non acquista per il solo fatto dell’apertura della successione, ovvero per il solo fatto della morte del “de cuius”, la qualità di erede, né la titolarità dei beni ad altri attribuiti, potendo conseguire i suoi diritti solo dopo l’utile esperimento delle azioni di riduzione o di annullamento del testamento, e quindi dopo il riconoscimento dei suoi diritti di legittimario (Cass. ord. nr. 2914/2020). Ne consegue che non potrebbe pervenirsi ad alcuna accettazione d’eredità da parte del legittimario totalmente pretermesso.

4.3 L’attore ha poi aggiunto, anche al fine di difendersi dall’eccezione di prescrizione dell’azione di parte convenuta, che con atto di citazione notificato in data 30.01.2007, la madre C.B. per il tramite del proprio Amministratore di Sostegno, Avv. S.S., aveva introdotto nei confronti dei propri nipoti A. e S.B. l’azione per riduzione di donazione ex art. 555 c.c. innanzi al Tribunale di Firenze con numero di R.G. 2106/2007. Nel suddetto procedimento aveva proposto intervento ai sensi dell’art. 105 c.p.c. il fratello A.B., manifestando interesse all’azione di riduzione e lamentando altresì la violazione della propria quota di eredità riservata ex art. 542 c.c. in ragione della donazione a favore dei nipoti, oltre ad associarsi alla richiesta della signora B. di reintegra della quota legittima spettante alla medesima.

In corso di causa l’Amministratore di Sostegno dell’attrice B. aveva manifestato la volontà dell’amministrata di rinunciare alla domanda e agli atti processuali ex art. 306 c.p.c.; la rinuncia veniva accettata dai convenuti con conseguente declaratoria dell’estinzione del giudizio limitatamente al rapporto processuale tra la parte attrice signora B. ed i signori A. e S.B., per cui rimaneva in vita il rapporto processuale tra l’interveniente volontario A.B. e le parti convenute.

In data 10.05.2013 era deceduta la madre C.B. e l’interventore A.B. aveva introdotto l’azione di riduzione, questa volta ai sensi dell’art. 557 c.c. quale erede legittimario. La causa veniva iscritta presso il Tribunale di Firenze al n. di R.G. …/2013 ed in ragione della connessione soggettiva ed oggettiva tra le cause veniva riunita a quella già pendente davanti al medesimo Tribunale al n. di R.G. 2106/2007.

All’esito di tale giudizio, con sentenza n. …/2017 il Tribunale di Firenze aveva condannato i convenuti A.B. e G.G., in qualità di esercenti la responsabilità genitoriale su A. e S.B., al pagamento della somma di Euro 65.893,10 in favore di A.B. a titolo di reintegrazione della legittima lesa a seguito dell’apertura della successione del signor G.B..

Secondo l’assunto attoreo, da quanto sopra premesso deriva che quanto meno il diritto dell’attore non può essere considerato prescritto, almeno per la parte di sua spettanza derivante dalla successione della propria madre, apertasi il 10/05/2013, data del decesso della Sig.ra C.B..

Invero, l’azione di riduzione, pur essendo un’azione personale proponibile soltanto dal legittimario, allorché quest’ultimo non l’abbia esercitata né vi abbia rinunziato può essere fatta valere dai suoi eredi o aventi causa, cioè da coloro ai quali il relativo diritto sia stato trasmesso dopo l’apertura della successione.

La legittimazione degli eredi del legittimario trova, pertanto, fondamento nella natura patrimoniale dell’azione in parola, il cui carattere personale, come è stato precisato dalla giurisprudenza, non incide sulla trasmissibilità del diritto, ma esclusivamente sull’accertamento della lesione e della sua entità, che non deve farsi con riferimento alla quota complessiva riservata a favore di tutti i coeredi legittimari, bensì solo alla quota di colui che si ritiene leso (Cass. 26254/2008).

Di conseguenza, l’erede subentra nella titolarità dell’azione di riduzione spettante al suo dante causa nella medesima posizione che competeva a quest’ultimo, anche in relazione alla decorrenza dei termini di prescrizione.

Nella sentenza proprio dall’attore richiamata nr. 2096/2017 adottata il 14 Giugno 2017 dal Tribunale di Firenze nel procedimento incardinato dapprima dalla madre e nel corso del quale vi era stato l’intervento volontario di A.B., il Collegio giudicante ha accertato che l’attrice C.B. avesse manifestato una inequivoca volontà abdicativa dell’azione di riduzione: “… In primo luogo, benché l’estinzione del processo sia avvenuta nelle forme di cui all’art. 306 c.p.c., l’atto di rinuncia in questione, così come redatto dall’Amministratore di Sostegno, sottende, sul piano contenutistico, l’inequivoca volontà di rinunciare non solo al rapporto processuale ma al rapporto sostanziale discendente dalla titolarità attiva del diritto alla riduzione, al pari, sul piano contenutistico, di una vera e propria rinunzia alla domanda (e non solo agli atti processuali). Ed, invero, in tale atto lo stesso Amministratore di Sostegno giustifica la rinuncia agli atti in ragione di quanto accertato dal decreto n. 4836 del 23.05.2008, con cui il Giudice Tutelare ha ritenuto la Sig.ra B., nell’occasione in cui era stata interpellata, consapevole della causa di riduzione in atto e in grado di valutare le problematiche economiche ed ereditarie, manifestando la volontà che i beni donati dal marito fossero goduti dai nipoti. Tale comportamento tenuto dalla diretta interessata è stato ritenuto dallo stesso Amministratore manifestazione tacita della volontà di rinunciare all’azione di riduzione in quanto incompatibile con la volontà di far valere i diritti alla reintegrazione.

Tali contegni sostanziali tenuti dalla Sig.ra B., a giustificazione del successivo comportamento processuale di rinuncia agli atti, sono, altresì, avvalorati dalla dichiarazione dalla stessa sottoscritta in data 29.07.2005, con cui la signora deceduta, dichiarando di essere nel pieno delle sue volontà, manifestava contrarietà alla prosecuzione della causa promossa contro i nipoti così dichiarando: “… con riferimento al testamento redatto da mio marito G.B. ed alle sue disposizioni in lui contenute, e all’atto di donazione del 28.06.2005, con cui mio marito G.B. ha disposto in vita dei suoi averi, manifesto espressamente ed irrevocabilmente la mia più ampia acquiescenza e accettazione dichiarando di nulla volere e potere opporre”. Prive di pregio pertanto devono ritenersi le deduzione dell’attore/interveniente volontario ex art. 105 c.p.c. laddove diffida della genuinità della volontà manifestata nel suddetto atto dalla Sig.ra B. atteso che, da un lato, gli esiti delle certificazioni mediche disposte dallo stesso Giudice Tutelare hanno evidenziato che la signora “appare abbastanza consapevole della situazione in atto e quindi appare al momento di questa valutazione in grado di esprimere la propria volontà” e, dall’altro lato, lo stesso Giudice Tutelare, nelle due occasioni in cui ha interpellato la signora personalmente, ha accertato la consapevole volontà della deceduta affinché i beni donati fossero goduti dai nipoti. Tali elementi probatori rendono pertanto evidente la volontà della Sig.ra B. di rinunciare a far valere il proprio diritto potestativo sotteso all’esercizio dell’azione di riduzione, a prescindere dalla forma processuale con cui si è esplicata tale manifestazione”.

Pertanto, l’odierno attore, erede della madre B., è subentrato nella medesima posizione della sua dante causa che aveva rinunciato alla domanda di riduzione.

Per tali motivi, non appaiono condivisibili gli assunti attorei e la domanda va pertanto respinta.

5. Rimane assorbita l’eccezione riconvenzionale di compensazione di parte convenuta, dato che con l’eccezione riconvenzionale, pur deducendo fatti modificativi, estintivi o impeditivi, che potrebbero costituire oggetto di un’autonoma domanda in un giudizio separato, la parte si è limitata a chiedere la reiezione della pretesa avversaria, totalmente o anche solo parzialmente, al fine di beneficiare di una condanna ridotta (Cass. sent. 4233/2012).

6.Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate secondo i parametri del D.M. n. 147 del 2022 per le fasi svolte secondo i parametri medi, ad eccezione della fase istruttoria- nella quale le parti hanno articolato le sole memorie istruttorie- da liquidarsi secondo i parametri minimi.

Non ricorrono i presupposti dell’elemento soggettivo per la pronuncia ex art. 96 c.p.c. richiesta da parte convenuta.

P.Q.M.

Il Tribunale di Firenze, definitivamente pronunciando, ogni diversa e contraria domanda ed eccezione disattesa o assorbita, così provvede:

1. Respinge la domanda attorea;

2. Condanna l’attore a rifondere le spese di lite in favore di parte convenuta, che liquida in Euro 11.268, oltre i.v.a., c.p.a. come per legge.

Si dispone che in caso di riproduzione del presente provvedimento vengano omesse le generalità e i dati identificativi dei soggetti interessati.

Così deciso in Firenze, il 17 maggio 2023.

Depositata in Cancelleria il 23 maggio 2023.

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Avv. Umberto Davide

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