Sussistono, molteplici differenze tra il procacciatore d’affari e l’agente: innanzitutto nel contratto di agenzia, l’agente si obbliga a favorire, nell’interesse di una parte, la conclusione di contratti in una specifica area territoriale, nel procacciamento d’affari, invece, il procacciatore non assume alcuna obbligazione rispetto alla conclusione del contratto tra le parti, ma la sua attività consiste nel promuovere e segnalare al preponente eventuali clienti interessati ad un’opportunità commerciale. Così, in relazione al rapporto tra il procacciatore d’affari professionale e l’agente, il procacciatore svolge un’attività, caratterizzata dall’assenza di subordinazione e dalla mancanza di stabilità, consistente nella segnalazione di potenziali clienti e nella raccolta di proposte di contratto ovvero di ordini, senza intervenire nelle trattative per la conclusione dei contratti sicché il suo compito è limitato a mettere in contatto le parti su incarico di una di queste. Ove, invece, il procacciatore d’affari operi stabilmente con un determinato preponente, la disciplina del rapporto risulta assimilabile piuttosto al rapporto di agenzia.  Al fine di distinguere la figura dell’agente da quella del procacciatore si possono utilizzare una serie di indici per, ovvero, per l’agente: a) la presenza di un incarico avente ad oggetto l’attività di promozione per la conclusione di contratti di vendita, compensata con provvigioni; b) il conferimento di un incarico duraturo (ossia superiore al limite di trenta giorni previsto dall’art. 61 D.Lgs. 276/03 per configurare prestazioni occasionali); c) l’erogazione di provvigioni a scadenze trimestrali o comunque di periodicità sostanzialmente regolare; d) l’entità considerevole delle somme riconosciute al collaboratore, idonea a confermare l’esistenza di un rapporto complesso, riguardante una pluralità di affari; e) la causale delle fatture riferita al periodo mensile di collaborazione e non ad uno o più affari determinati; f) la fatturazione con numero progressivo; g) il conferimento di un incarico riferito a tutti i possibili affari e non già ad un singolo e determinato affare.

Tribunale|Bari|Sezione L|Civile|Sentenza|29 marzo 2023| n. 952

Data udienza 29 marzo 2023

TRIBUNALE DI BARI

SEZIONE LAVORO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Bari, in persona del giudice del lavoro dr.ssa Maria Procoli, ha pronunciato – la presente

SENTENZA CONTESTUALE

nella causa iscritta sul ruolo generale al num. 9711 R.G. 2014

tra

(…),

rappresentato e difeso dall’avv. (…)

Ricorrente

e

(…),

rappresentato e difeso dall’avv. (…)

Resistente

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO

Con ricorso depositato in data 18.7.2014 (…) esponeva: di avere esercitato attività di intermediazione commerciale per (…), titolare dell’omonima ditta individuale; di avere promosso – in qualità di sub-agente- la conclusione di contratti, per lo più riguardanti prodotti (…), su incarico della predetta ditta- sua sub-preponente- nella zona della Puglia; “che il rapporto de quo ha avuto inizio nell’anno 2002, come da convenzione dell’11 gennaio dello stesso anno che- seppur denominata contratto commerciale di procacciamento d’affari- dissimulava nella realtà un contratto diverso, nella sostanza di agenzia”; di essersi occupato di una gran mole di ordini relativi alla zona di operatività, nonché della redazione delle previsioni di vendita e del maneggio di denaro e che il rapporto instaurato aveva i caratteri della continuità e della stabilità; che detto rapporto di collaborazione era stato oggetto di ispezione da parte dell'(…) che, previa qualificazione in termini di agenzia, aveva accertato la inosservanza degli obblighi contributivi; di avere appreso in data 28.6.2013 -solo a seguito di comunicazione (…) di liquidazione dell’indennità di risoluzione rapporto – la cessazione del contratto; di non avere conseguito, per tutto l’anno 2013, alcuna provvigione per gli affari conclusi; di avere svolto con lealtà e buona fede l’incarico affidatogli promuovendo la conclusione dei contratti di vendita, anche dopo che la ditta preponente aveva unilateralmente comunicato all'(…) la cessazione del rapporto.

Tanto premesso, (…), adiva il giudice del lavoro presso il Tribunale di Bari al fine di sentire: dichiarare che il rapporto di agenzia sorto inter partes l’ 11.1.2002 fosse cessato per fatto del preponente in data 28.6.2013; condannare il (…), nella predetta qualità, al pagamento delle provvigioni maturate per l’anno 2013, nonché delle differenze spettanti a titolo di indennità di risoluzione del rapporto (FIRR), pari ad euro 2.283,79, come pure a corrispondergli le ulteriori somme di euro 15.319,18 e di euro 6.305,53, rispettivamente a titolo di indennità suppletiva di clientela e di indennità sostituiva del preavviso; il tutto con vittoria delle spese di lite. Resisteva (…), contestando, nel merito, la fondatezza della domanda ed, in ogni caso, la quantificazione degli importi.

Premesso che – come risultava dallo stesso nomen iuris del contratto – la reale natura del rapporto era quella di procacciatore d’affari, il convenuto deduceva che la risoluzione del rapporto fosse avvenuta su iniziativa esclusiva del ricorrente, il quale, anzi, era tenuto a corrispondergli la indennità di preavviso.

In particolare deduceva il (…) che il (…) – diversamente da quanto da questi asserito- non era venuto a conoscenza, nel febbraio 2014, della cessazione del rapporto di collaborazione con la della nota dell'(…) di liquidazione del FIRR, posto che egli stesso, a mezzo mail, gli aveva comunicato la propria volontà di recedere unilateralmente ed in tronco da rapporto.

Quindi, il (…) ha spiegato domanda riconvenzionale per sentir condannare il ricorrente al pagamento dell’indennità di preavviso delle provvigioni maturate nell’anno 2012, calcolata in euro 3.081,00.

La causa è stata istruita con l’interrogatorio formale delle parti che con l’escussione dei testi (…). All’odierna udienza la causa è stata discussa e decisa.

Si premette che la presente sentenza è redatta ai sensi dell’articolo 118, comma 1, disp. att. c.p.c. e tratterà le sole questioni giuridiche e fattuali ritenute rilevanti ai fini della decisione, in quanto idonea a definire il giudizio, in applicazione del principio della c.d. “ragione più liquida” (Cass., Sez. Un., 08/05/2014, n. 9936).

Ritiene questo giudice che, effettivamente, come sostenuto dal (…), il contratto stipulato con il (…) in data 11.1.2002 e denominato “contratto commerciale di procacciamento d’affari”, (all. n. 1 del fascicolo di parte ricorrente), a prescindere dal nomen iuris – che, come ha più volte affermato la Cassazione, “…non è vincolante per il giudice ed è comunque sempre superabile in presenza di effettive, univoche, diverse modalità di esenzione della prestazione…” (Cass. ordinanza n. 5253 del 25.2.2021) ” – vada qualificato, anche alla luce delle caratteristiche della attività di collaborazione svolta dal ricorrente, quale contratto di agenzia e, come tale, regolato dagli artt.1742 c.c. e segg., nelle formulazioni ratione temporis applicabili.

E se il contratto di procacciamento può essere definito atipico, in quanto non risulta oggetto di specifica norma di legge, l’art. 1742 del c.c. definisce quello di agenzia come il contratto con cui “…una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata…”; sicché, già può dirsi che caratteristica dell’agenzia è la stabilità dell’incarico e che, quindi, il contratto di agenzia è un contratto di durata, di regola, a tempo indeterminato.

D’altronde sussistono, come pure ha messo in luce la giurisprudenza, molteplici differenze tra il procacciatore d’affari e l’agente: innanzitutto nel contratto di agenzia, l’agente si obbliga a favorire, nell’interesse di una parte, la conclusione di contratti in una specifica area territoriale, nel procacciamento d’affari, invece, il procacciatore non assume alcuna obbligazione rispetto alla conclusione del contratto tra le parti, ma la sua attività consiste nel promuovere e segnalare al preponente eventuali clienti interessati ad un’opportunità commerciale.

Così, in relazione al rapporto tra il procacciatore d’affari professionale e l’agente, la Corte di cassazione, a sezioni unite, dopo aver evidenziato che il procacciatore “…svolge un’attività, caratterizzata dall’assenza di subordinazione e dalla mancanza di stabilità, consistente nella segnalazione di potenziali clienti e nella raccolta di proposte di contratto ovvero di ordini, senza intervenire nelle trattative per la conclusione dei contratti.” sicché “Il suo compito è limitato a mettere in contatto le parti su incarico di una di queste”, ha affermato che “Ove, invece, il procacciatore d’affari operi stabilmente con un determinato preponente, la disciplina del rapporto risulta assimilabile piuttosto al rapporto di agenzia…” (Cass. sez. unite 19161/2017). In sintesi, sulla base di queste differenze, la Giurisprudenza ha individuato una serie di indici per distinguere la figura dell’agente da quella del procacciatore (sent. n. 3667/2019 Corte appello sez. lav. -Roma), ovvero, per l’agente:

a) la presenza di un incarico avente ad oggetto l’attività di promozione per la conclusione di contratti di vendita, compensata con provvigioni;

b) il conferimento di un incarico duraturo (ossia superiore al limite di trenta giorni previsto dall’art. 61 D.Lgs. 276/03 per configurare prestazioni occasionali);

c) l’erogazione di provvigioni a scadenze trimestrali o comunque di periodicità sostanzialmente regolare;

d) l’entità considerevole delle somme riconosciute al collaboratore, idonea a confermare l’esistenza di un rapporto complesso, riguardante una pluralità di affari;

e) la causale delle fatture riferita al periodo mensile di collaborazione e non ad uno o più affari determinati;

f) la fatturazione con numero progressivo;

g) il conferimento di un incarico riferito a tutti i possibili affari e non già ad un singolo e determinato affare.

Orbene facendo applicazione dei suddetti principi, come si è anticipato, si giunge a qualificare il rapporto sorto tra le parti in data 11.1.2002 come rapporto di agenzia e non di procacciamento d’affari, già per il carattere duraturo dell’incarico (vd. clausola 7 del contratto laddove è prevista una durata a tempo indeterminato), per la limitazione dell’attività ad una zona determinata, la regione Puglia (vd. clausola n.2 del contratto) e per il fatto, non ultimo per importanza, risultante documentalmente, che il (…) riceveva le provvigioni a scadenze trimestrale (vd. all. n. 2 del fascicolo di parte resistente, da cui si evincono gli importi erogati in favore del (…) a scadenze periodiche).

Tanto premesso, le domande del (…) sono infondate.

Quanto alla domanda di pagamento delle provvigioni ritiene questo giudice che difetti del tutto la prova del credito.

Premesso che per provvigione si intende il compenso, espresso in percentuale, che spetta all’agente per aver concluso l’affare grazie al proprio intervento, e che il primo comma dell’art. 1748 c.c., stabilisce che l’agente “Per tutti gli affari conclusi durante il contratto ha diritto alla provvigione quando l’operazione è stata conclusa per effetto del suo intervento”, la giurisprudenza, anche di legittimità, ha affermato, che l’agente che chieda il pagamento delle provvigioni “… ha l’onere di provare che gli affari da lui promossi sono andati a buon fine o che il mancato pagamento sia dovuto a fatto imputabile al preponente, essendo il buon fine dell’affare un fatto costitutivo del diritto alla provvigione…” (Cass. sent. 25023/2013).

Orbene, nella specie, come ha eccepito tempestivamente parte resistente (pagina 11 del proprio atto di costituzione) difetta già l’allegazione, prima ancora della prova, della indicazione degli affari andati a buon fine nel 2013 e per i quali il (…) lamenta il mancato pagamento delle provvigioni, né gli stessi sono indicati, seppure genericamente, con riferimento al valore economico e ai clienti. D’altronde sono insufficienti ai fini probatori le fatture allegate dal (…) al proprio fascicolo di parte, prodotte in copia e molte delle quali anche compilate in maniera incompleta, trattandosi di documenti fiscali, a formazione unilaterale, e di provenienza della stessa parte creditrice.

Prima di esaminare le altre voci di credito azionate dal (…), in particolare quelle relative alla indennità sostituiva del preavviso e alla indennità suppletiva di clientela, è opportuno soffermarsi sulle modalità con cui è avvenuta la cessazione del rapporto di agenzia per cui è causa. Nel caso di specie, il (…) ha dedotto che la cessazione della collaborazione sorta l’11.1.2002 fosse da attribuirsi al recesso del preponente, avvenuto in data 28.6.2013, e che esso stesso ricorrente aveva appreso tale circostanza solo a seguito della comunicazione in data 7.2.2014 (vd. allegato 8 fascicolo del ricorrente) da parte di (…) di procedere alla liquidazione del FIRR. Orbene, tale assunto del ricorrente, è smentito documentalmente.

Risulta, invece, che il rapporto d’agenzia cessò ben prima e per effetto della mail inviata dall’agente e ricevuta dal preponente in data 24.6.2013 (vd. all. 4 del fascicolo di parte resistente), con cui il (…) manifestava la propria volontà di chiudere unilateralmente la collaborazione commerciale con il (…), e di poter così incassare il FIRR dall'(…). (vd. mail 19.11.2013 all. 5 del fascicolo di parte resistente).

Quanto alle ragioni del recesso, non v’è alcun elemento per ricondurlo ad una giusta causa; il (…) stesso, nella predetta mail, non indica le motivazioni sottese alla propria scelta e, tanto meno, lamenta alcun inadempimento della controparte.

In conclusione, a parere di questo giudice, il rapporto di agenzia si è concluso per volontà dell’agente, senza che ricorra alcuna ipotesi di giusta causa.

D’altronde il suddetto convincimento non è smentito in alcun modo dalle risultanze della prova orale, in quanto i testimoni nulla hanno dichiarato circa le modalità di cessazione del rapporto d’agenzia e si sono, piuttosto, soffermati sul contenuto dell’attività svolta dal (…), finalizzata, come è stato messo in evidenza, alla conclusione degli affari; caratteristica questa che conferma la qualificazione del rapporto in termini di contratto d’agenzia.

Di riflesso l’assenza di una giusta causa di recesso, come si è detto, riconducibile alla volontà unilaterale del ricorrente, comporta che le domande aventi ad oggetto l’indennità suppletiva di clientela (vd. 2 comma art. 1751 c.c.) e la indennità sostituiva di preavviso (vd. comma 2 art. 1750 c.c.) siano respinte.

Ed invero l’art.1751 c.c. comma 2, recita che “l’indennità non è dovuta quando l’agente recede dal contratto, a meno che il recesso sia giustificato da circostanze attribuibili al preponente o da circostanze attribuibili all’agente, quali età, infermità o malattia, per le quali non può più essergli ragionevolmente chiesta la prosecuzione dell’attività”.

Quanto poi all’indennità sostituiva di preavviso, l’articolo 1750 c.c., comma 2, prevede che “se il contratto di agenzia è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto stesso dandone preavviso all’altra entro un termine stabilito”.

Ne deriva che non c’è il presupposto fondante per riconoscere in favore del (…) l’indennità sostituiva di preavviso che, in questo caso, spetta al preponente.

Consegue, per le ragioni esposte, che va, invece, accolta la domanda riconvenzionale.

È l’agente che, recedendo in tronco, è tenuto a corrispondere al (…) l’indennità sostitutiva del preavviso.

Quindi il (…) – che alcuna contestazione ha mosso alla quantificazione degli importi – va condannato al pagamento, in favore del (…), della somma di euro 3.081,00, oltre accessori come per legge.

In ultimo, pure, va respinta la domanda avente ad oggetto le differenze a titolo di indennità di risoluzione del rapporto, poiché il soggetto legittimato al pagamento non è il preponente e, quindi, nel caso di specie il (…), ma l'(…).

Concludendo, vanno rigettate le domande proposte dal (…) ed, invece, questi, per effetto dell’accoglimento della domanda riconvenzionale, va condannato al pagamento, in favore del (…), della somma di euro 3.081,00, oltre accessori come per legge. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da (…) nei confronti di (…), con ricorso depositato il 18.7.2014, e sulla relativa domanda riconvenzionale, così provvede:

– rigetta la domanda principale;

– accoglie la domanda riconvenzionale e, per l’effetto, condanna (…) al pagamento in favore di (…) della somma di euro 3.081,00 oltre accessori come per legge;

– condanna il (…) al pagamento in distrazione delle spese processuali che liquida in euro 3.800,00, oltre accessori di legge e di tariffa.

Così deciso in Bari, il 29 marzo 2023.

Depositata in Cancelleria il 29 marzo 2023.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.