il diritto spettante al cliente, a colui che gli succede a qualunque titolo o che subentra nell’amministrazione dei suoi beni, ad ottenere, a proprie spese, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, ivi compresi gli estratti conto, sancito dall’articolo 119, quarto comma, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, può essere esercitato in sede giudiziale attraverso l’istanza di cui all’articolo 210 c.p.c., in concorso dei presupposti previsti da tale disposizione, a condizione che detta documentazione sia stata precedentemente richiesta alla banca, che senza giustificazione non vi abbia ottemperato; la stessa documentazione non può essere acquisita in sede di consulenza tecnica d’ufficio contabile, ove essa abbia ad oggetto fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse.

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Corte d’Appello|Torino|Sezione 1|Civile|Sentenza|31 maggio 2022| n. 590

Data udienza 20 maggio 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI TORINO

SEZ. PRIMA CIVILE

Riunita in camera di consiglio nelle persone dei signori magistrati:

Dott. Emanuela Germano Cortese – Presidente

Dott. Tiziana Maccarrone – Consigliere

Dott. Roberta Bonaudi – Consigliere rel.

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 760/2020 R.G. promossa in grado d’appello con citazione notificata il 25.06.2020 da:

(…) S.N.C. (C.F. (…)), (…) (C.F. (…)), (…) (C.F. (…)), (…) (C.F. (…)), (…) (C.F. (…)), tutti rappresentati e difesi dall’Avv. El.Gn. (C.F. (…)) del Foro di Torino, come da procura del 09.06.2020 in calce al presente atto di citazione in appello, ed elettivamente domiciliati presso il suo studio sito in Torino, C.so (…) n. 146, il quale dichiara di voler ricevere tutte le comunicazioni di cancelleria ex art. 136 c.p.c. e ex art. 51 D.L. n. 112 del 2008 al numero di fax (…), oppure al seguente indirizzo PEC: (…);

– APPELLANTI –

contro

(…) SPA (già (…) S.P.A., già (…) S.P.A.) (Codice fiscale (…)), incorporante, con atto a rogito notaio (…) in data (…), repertorio n. (…), la (…) spa ((…) spa), difesa e rappresentata dall’avvocato Ri.Ar. (C.F. (…)) con studio in Cuneo, Piazza (…), il quale dichiara, ai sensi del secondo comma dell’articolo 176 c.p.c., di voler ricevere tutte le NOTIFICHE e le COMUNICAZIONI di cancelleria all’indirizzo P.E.C. (…)

– APPELLATA –

OGGETTO: contratti bancari

MOTIVI DELLA DECISIONE IN FATTO

1. Con atto di citazione notificato il 17.05.2016 la società (…) snc quale correntista e i signori (…), (…), (…) e (…) quali fideiussori convenivano in giudizio avanti al Tribunale di Cuneo la (…) spa (poi (…) spa) deducendo (la (…) snc) di avere in essere un rapporto di conto corrente affidato n. (…) in relazione al quale era stata prestata dagli altri attori garanzia personale. Premesso di non avere copia dei contratti e di averla chiesta alla Banca ex art. 119 Tub con Pec in data 11.01.2016 senza riscontro, lamentavano che la Banca avesse praticato tassi usurari (usura soggettiva e oggettiva), tassi ultralegali non pattuiti, avesse modificato unilateralmente le condizioni in modo illegittimo, avesse addebitato la CMS non correttamente pattuita e senza causa.

Producevano perizia di parte dalla quale emergeva l’addebito illegittimo di euro 163.248,31, di cui euro 82.177,23 per usura oggettiva, euro 80.625,46 per usura soggettiva ed euro 445,62 per anatocismo; in relazione a tale somma, corrisposta in eccesso, sollevavano eccezione di compensazione chiedendo la rideterminazione del corretto saldo.

Chiedevano inoltre la condanna della convenuta al risarcimento dei danni indicati prudentemente nella somma di euro 60.000,00 per lesione alla propria immagine professionale ulteriormente aggravata dalla segnalazione fatta dalla parte convenuta alla centrale rischi.

In via istruttoria instavano per l’ordine di esibizione dei contratti di apertura di credito, dei contratti di corrispondenza e di tutti gli estratti relativi ai rapporti di c/c indicati, se inevasa la istanza ex art. 119 TUB, e delle successive variazioni intercorse nel rapporto, nonché la nomina di CTU contabile al fine di accertare il rapporto di dare/avere tra le parti.

2. Si costituiva la (…) spa eccependo in via preliminare la improcedibilità della domanda giudiziale per mancato esperimento del procedimento di mediazione nonché l’intervenuta prescrizione decennale del diritto alla ripetizione di quanto versato; nel merito chiedeva il rigetto delle domande per mancato assolvimento dell’onere della prova e per infondatezza degli assunti difensivi degli attori. Produceva, tra l’altro, il riscontro alla richiesta di controparte ex art. 119 Tub con la copia dei contratti allegati. In corso di giudizio interveniva la fusione per incorporazione di (…) in (…) s.p.a., la quale subentrava nei rapporti della prima.

3. Con sentenza n. 825/2019 pubblicata il 22/10/2019, non notificata, il Tribunale di Cuneo rigettava integralmente le domande degli attori che condannava, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di lite in favore della convenuta U. s.p.a., spese liquidate in complessivi euro 7.000,00 per compensi, oltre rimborso spese generali 15%, IVA e CPA come per legge.

3.1. Il Tribunale premetteva: (i) che gravava su parte attrice l’onere della prova in ordine alle doglianze sollevate sull’andamento del rapporto di conto corrente; (ii) che quindi parte attrice doveva produrre l’intera sequenza degli estratti conto dall’apertura del rapporto mentre nel caso di specie erano stati allegati alla perizia di parte solo parte degli estratti conto (dal 1 trimestre 2000 al 3 trimestre 2015); (iii) che era inammissibile l’istanza di ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. atteso che parte attrice non aveva coltivato la richiesta ex art. 119 Tub non corrispondendo i costi per il rilascio di copia della documentazione contabile offerta dalla Banca.

3.2. Nel merito, il Tribunale rilevava la genericità e lacunosità delle allegazioni.

In particolare osservava: (i) che la perizia di parte non soccorreva in punto usura oggettiva perché si basava su formule matematiche diverse da quelle di cui alle istruzioni della (…); (ii) che non era offerta alcuna prova dei presupposti dell’usura soggettiva; (iii) che quanto alla eccepita clausola di capitalizzazione trimestrale, la Banca aveva dimostrato l’avvenuto adeguamento della clausola di capitalizzazione con pari periodicità producendo il doc. 10 mentre per il periodo anteriore alla Delibera Cicr non erano stati prodotti gli estratti conto e per il periodo successivo al 1.01.2014 non era sussistente l’allegato divieto di anatocismo; (iv) che la contestazione relativa alla CMS era generica e apodittica.

4. Con atto di citazione notificato il 25.06.2020 proponevano appello la società (…) snc nonché i signori (…), (…), (…) e (…) chiedendo la riforma della sentenza nella parte in cui aveva affermato il mancato assolvimento dell’onere della prova in capo agli attori; ribadivano le doglianze in punto anatocismo, CMS, usura oggettiva e lamentavano l’omesso esame delle doglianze dei fideiussori. In via istruttoria instavano per l’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. e per l’espletamento di CTU contabile.

Con decreto 10.11.2020 la Corte disponeva che la prima udienza di comparizione si tenesse con trattazione scritta in ossequio alla normativa emergenziale per la prevenzione della diffusione del Covid-19.

In data 24.11.2020 si costituiva (…) spa chiedendo il rigetto dell’appello e, in via subordinata, riproponendo l’eccezione di prescrizione decennale già sollevata in primo grado.

Con ordinanza 16.12.2020 la Corte fissava per la precisazione delle conclusioni l’udienza del 1.02.2022 ore 10 della quale, con successivo Provv. in data 13 dicembre 2021, disponeva la trattazione scritta.

Per parte appellata precisava le conclusioni definitive (…) spa, dando atto che con atto a rogito Notaio (…) del (…), Rep. n. (…) e Racc. n. (…) aveva incorporato (…). Con ordinanza 2.02.2022 la Corte, viste le note depositate dalle parti con la precisazione delle conclusioni, assumeva la causa a decisione assegnando alle parti termine sino al 1 aprile 2022 per il deposito delle comparse conclusionali e successivo termine di 20 giorni per il deposito delle memorie di replica.

IN DIRITTO

– I Motivo. La deliberata violazione del diritto di difesa dell’appellante. L’omessa valutazione dell’istanza ex art. 119 TUB formulata dalla parte attrice e l’ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c.

1. Con il primo motivo, gli appellanti assumono che il comportamento della Banca in merito alla richiesta di esibizione della documentazione ex art. 119 TUB fu contrario alla buona fede contrattuale, atteso che la stessa aveva consegnato solamente la documentazione contrattuale e non anche gli estratti conto analitici subordinando la consegna di essi al pagamento di una somma di denaro, con comportamento contrario a buona fede. Ne consegue secondo la tesi difensiva degli appellanti la legittimità e ammissibilità dell’istanza di ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c..

2. Il motivo è infondato.

Va ricordato che, secondo la giurisprudenza di legittimità più recente che si condivide (Cassazione sez. 1 n. 24641 del 13.09.2021) il diritto spettante al cliente, a colui che gli succede a qualunque titolo o che subentra nell’amministrazione dei suoi beni, ad ottenere, a proprie spese, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, ivi compresi gli estratti conto, sancito dall’articolo 119, quarto comma, del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, può essere esercitato in sede giudiziale attraverso l’istanza di cui all’articolo 210 c.p.c., in concorso dei presupposti previsti da tale disposizione, a condizione che detta documentazione sia stata precedentemente richiesta alla banca, che senza giustificazione non vi abbia ottemperato; la stessa documentazione non può essere acquisita in sede di consulenza tecnica d’ufficio contabile, ove essa abbia ad oggetto fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse.

2.1. Nel caso in esame, a fronte della richiesta inviata via Pec il 5.02.2016 dal difensore degli attuali appellanti, la Banca il 4.03.2016 rispondeva (doc. 2 Banca) che si trattava di documentazione già di volta in volta inviata alla correntista; che a mente dell’art. 119 Tub erano disponibili gli estratti conto dal 1.01.2006, ossia dell’ultimo decennio e che la richiesta era onerosa da adempiere in ragione del gran numero di fotocopie da estrarre (n. 130 documenti per il rapporto n. (…); n. 60 per il rapporto n. (…); n. 6 per il rapporto (…); n. 16 per il rapporto n. (…); n. 115 per il rapporto n. (…) e n. 14 per il rapporto n. (…)); che il costo per l’estrazione di copia e il rilascio della stessa era di euro 1.090,00 al pagamento del quale la filiale di B. (…) D. avrebbe evaso la richiesta. Contestualmente, comunque, la Banca provvedeva ad allegare copia del contratto di conto corrente n. (…), di n. 9 aperture di credito, di n. 1 concessione di fido e di n. 3 fideiussioni.

Il comportamento della Banca risulta quindi legittimo alla luce del disposto dell’art. 119 Tub (Comunicazioni periodiche alla clientela) il quale prevede al comma 4 che Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione.

2.2. Non risulta che la correntista abbia contattato la Banca per ottenere il rilascio della documentazione anche, eventualmente, contestando l’eccessività dei costi calcolati, sì da poter lamentare l’illegittimità del comportamento dell’Istituto di Credito.

E tale omissione risulta coerente con la condotta processuale, atteso che parte attrice, pur essendone in possesso perché, appunto, allegate senza spese al riscontro alla richiesta ex art. 119 Tub, non produceva i contratti affermando di non averli avuti in consegna dalla Banca, mentre allegava perizia econometrica nella quale il perito dava atto di aver esaminato (e quindi avuto a disposizione) gli “estratti conto bancari relativi al conto corrente n. (…) dal 1 trimestre 2000 al 3 trimestre 2015”; ne consegue che il riscontro alla richiesta ex art. 119 Tub fu ignorato non perché non satisfattivo, ma perché irrilevante: per un verso con la citazione non furono poi utilizzati i documenti contrattuali consegnati dalla Banca e per altro verso gli attori avevano già evidentemente a disposizione gli estratti conto (quantomeno con riferimento al rapporto principale) per un periodo di tempo superiore anzi al decennio cui si riferisce l’obbligo di cui all’art. 119 Tub.

– II Motivo. Ancora sulla deliberata violazione del diritto alla difesa dell’appellante: l’errata pronuncia circa il rispetto dell’onere probatorio in capo alla parte attrice e la mancata disposizione della CTU.

1. Con il secondo motivo, gli appellanti censurano la sentenza di primo grado nella parte in cui ha argomentato in punto onere della prova e lamentano che non sia stata disposta una CTU contabile.

In particolare, gli appellanti osservano: (i) che parte attrice aveva prodotto tutta la documentazione contrattuale comprensiva di contratto di conto corrente e successive aperture di credito, nonché tutta la documentazione contabile comprensiva degli estratti scalari per il periodo successivo al 1 trimestre 2000; (ii) che la CTU in materia bancaria non è mai esplorativa (Cass. Civ. Sez. I, Sentenza n. 5091/16); (iii) che la produzione dell’intera serie degli estratti scalari avrebbe consentito al CTU di svolgere i suoi accertamenti; (iv) che la produzione parziale degli scalari (dal 1 trimestre 2000) non poteva comportare il rigetto della domanda (Cass. civ. n. 11543/2019).

2. Il motivo è infondato.

2.1. In diritto è vero che, come dedotto dagli appellanti, la mancata produzione integrale degli estratti conto dal sorgere del rapporto alla domanda (o alla chiusura) non impedisce l’accertamento del corretto andamento e saldo del conto corrente, ma limita soltanto l’ambito temporale di tale accertamento (vedi Cassazione sez. 6-1 ord. n. 22387 del 5.08.2021: Nei rapporti bancari di conto corrente, ove alla domanda principale diretta al pagamento del saldo del rapporto, proposta dalla banca in via monitoria, si contrapponga la domanda riconvenzionale del correntista di accertamento del saldo e di ripetizione dell’indebito, formulata in sede di opposizione ex art. 645 c.p.c., ciascuna delle parti è onerata della prova delle operazioni da cui si origina il saldo. In particolare, la mancata documentazione di una parte delle movimentazioni del conto, il cui saldo sia a debito del correntista, non esclude una definizione del rapporto di dare e avere fondata sugli estratti conto prodotti da una certa data in poi; sicché, ove manchi la prova delle movimentazioni del conto occorse nel periodo iniziale del rapporto, il correntista non potrà aspirare ad un rigetto della domanda di pagamento della banca, ma, nel contempo, quest’ultima non potrà invocare, in proprio favore, l’addebito della posta iniziale del primo degli estratti conto prodotti).

2.2. In fatto, tuttavia, va precisato che, difformemente da quanto affermato nell’appello, i contratti sono stati versati in atti dalla Banca e non dagli attori e, soprattutto, che gli estratti conto prodotti sono soltanto quelli scalari, mancando gli analitici (salvo che per il terzo trimestre 2015); in particolare, risultano prodotte le pagine degli estratti conto contenenti gli “elementi per il conteggio delle competenze” e l’indicazione delle “spese di gestione e tenuta conto” (pagine che risultano pacificamente inserite in una più ampia documentazione perché riportano una numerazione intermedia: es. pagina 3 di 24, pagina 4 di 20, senza che siano state versate in atti le altre pagine).

2.3. La Corte intende sul punto dar continuità alla propria costante giurisprudenza secondo la solo la produzione degli estratti conto, a partire dalla data di apertura del contratto di conto corrente sino alla data della domanda o di chiusura del conto, consente di pervenire – attraverso l’integrale ricostruzione dei rapporti di dare avere tra le parti e con la corretta applicazione del tasso di interesse – alla corretta determinazione dell’eventuale credito del correntista e alla quantificazione degli importi da espungere sul conto; né può ritenersi che per la determinazione del saldo del conto siano sufficienti gli estratti conto scalari in quanto essi rappresentano soltanto i conteggi degli interessi attivi e passivi ma non consentono, di per sé, di individuare le operazioni che hanno determinato le annotazioni degli interessi e di ricostruire, in siffatto modo, esattamente tutti i movimenti effettuati nell’arco del tempo. Gli estratti conto scalari consentono, solo ed esclusivamente, una ricostruzione sintetica del rapporto di conto corrente, che – a sua volta – non consente il raggiungimento di un preciso risultato contabile, ma conduce solo a risultati approssimativi, inidonei al calcolo dell’esatto ammontare del conto” (Corte Appello di Torino, sent. 26.10.2018 – proc. n. 872/2017 – Pres. S., Est. M.; in precedenza, nello stesso senso, Corte Appello di Torino, sent. 18.09.2015 – Pres. G., Est. G.; vedi anche Corte Appello Milano 22 ottobre 2019, n. 4252: “i conti a scalare sono documenti riepilogativi del calcolo delle competenze che vengono contabilizzate sul conto corrente. Il riassunto a scalare contiene la sequenza dei saldi (positivi e negativi) ottenuta raggruppando tutte le operazioni con uguale valuta, sicché dalla sequenza non è dato desumere l’importo capitale per il giorno esatto di valuta, elemento che è invece possibile estrapolare avendo a disposizione gli estratti conto completi del rapporto. La mancata produzione degli estratti conto da parte dell’appellata non consente, pertanto, di ritenere adempiuto l’onere probatorio sulla stessa incombente”).

L’estratto conto analitico (che fornisce informazioni sulla data contabile dell’operazione, sulla data valuta della stessa, sul singolo movimento in accredito o addebito) è corredato dal riassunto a scalare nel quale i saldi in valuta delle singole operazioni sono ordinati cronologicamente e sugli stessi vengono calcolati gli interessi debitori o creditori; gli scalari sono pertanto documenti riepilogativi del calcolo delle competenze che vengono contabilizzate sul conto corrente; i dati che emergono dagli stessi sono il saldo per valuta, i giorni in cui detto saldo è rimasto invariato e i numeri creditori/debitori (che si ottengono moltiplicando il saldo negativo per il numero di giorni in cui esso è rimasto invariato); la sequenza dei saldi si ottiene raggruppando tutte le operazioni di eguale valuta, sicché dalla sequenza non è dato desumere l’importo capitale per giorno esatto di valuta, elemento che invece è possibile estrapolare dagli estratti conto analitici; nel consegue che il risultato degli interessi debitori applicati in un determinato periodo si fonda sulla media dei tassi applicati in un determinato periodo senza consentire il calcolo delle singole rimesse effettuate, la loro imputazione e l’interessi in concreto applicato, né consente di estrapolare la data e consistenza delle singole rimesse effettuate e delle quali si chiede la rideterminazione (e/o la ripetizione), rideterminazione che esige la conoscenza dei dati relativi alle singole operazioni in entrata o uscita (data e ammontare).

Va dunque ribadito che gli elementi costitutivi dell’indebito oggettivo sono (a) l’assenza di causa debendi nonché (b) l’avvenuta esecuzione della prestazione non dovuta, mancando la quale non può essere ripetuto alcunché. Nella materia oggetto di causa, quindi, l’indebito non si esaurisce nell’addebito – da parte della banca- sul conto corrente di poste illegittime, ma presuppone che a fronte di esso il cliente abbia eseguito la prestazione accreditando il proprio conto in misura corrispondente, In altri termini, se l’illegittimo addebito da parte della banca costituisce una componente dell’indebito, la relativa domanda ha ad oggetto immediato le rimesse con le quali viene eseguita da parte del cliente una prestazione non dovuta e di cui questi intende ottenere la restituzione. L’eccezione di prescrizione ha, poi, il medesimo oggetto deducendosi con essa la preclusione, per effetto del decorso del tempo, della loro ripetizione.

Ne consegue innanzitutto che la possibilità tecnica di conteggiare, sulla base degli estratti conto scalati, gli interessi anatocistici addebitati non è, quindi, determinante ai fini che ora interessano venendo in tal modo ad essere integrato uno solo degli elementi costitutivi dell’indebito ed il relativo accertamento si basa comunque su di un procedimento di tipo ricostruttivo e non su dati contabili sufficientemente certi in ordine alle operazioni registrate sul conto corrente nel corso del suo svolgimento. Analogamente, quanto all’impossibilità di identificare le singole rimesse in base agli estratti scalari debbono valere non solo in relazione all’eccezione di prescrizione, ma anche alla domanda di indebito avendo i rispettivi accertamenti ed il rispettivo onere probatorio (a carico della banca quanto alla prescrizione, del cliente quanto alla ripetizione) sostanzialmente il medesimo presupposto (l’effettuazione delle rimesse) ancorché a differenti fini e non potendo l’onere della prova essere ritenuto assolto, in entrambi i casi, sulla sola base di un mero indizio dell’effettuazione di una rimessa privo per di più del relativo importo. (Corte appello Torino, sent. n. 181 del 29.01.2019).

2.3. Ciò considerato, non è esperibile alcuna consulenza perché non è possibile procedere ad una rielaborazione del saldo del conto corrente che tenga conto eventualmente delle invalidità e nullità dedotte dagli attori, le cui affermazioni sono rimaste prive di supporto probatorio, come ritenuto dal Tribunale.

Sono assorbiti conseguentemente i motivi di appello relativi al merito delle doglianze sollevate in primo grado (L’errata valutazione della eccezione sollevata dalla parte attrice sul conto corrente de quo in ordine all’illegittimità dell’anatocismo. L’errata valutazione circa la nullità della clausola relativa alle CMS per indeterminatezza dell’oggetto. L’errata interpretazione in ordine alla violazione della L. n. 108 del 1996: pattuizione e applicazione di interessi usurari. Inapplicabilità dei principi espressi nella sentenza Cass. Sez. Unite n. 24675/17); tali profili non sono esaminati nel merito in quanto -a causa della carenza documentale- non è neppure dimostrato che vi siano stati, nel corso del rapporto bancario, addebiti per tali causali e che detti addebiti siano stati illegittimi -per la misura e/o le modalità di conteggio -.

Le domande vanno quindi respinte, come ritenuto dal giudice di primo grado.

Spese

Le spese di lite sono poste a carico di parte appellante in base al principio di soccombenza.

Il valore della controversia è indeterminato medio, atteso che, come da ultimo affermato dalla Cassazione (vedi sez. 1 ord. n. 10984 del 26.04.2021), per la determinazione dello scaglione degli onorari di avvocato ai fini della liquidazione delle spese di lite da porre a carico della parte soccombente ai sensi dell’art. 91 c.p.c., il parametro di riferimento è costituito dal valore della causa, determinato a norma del codice di procedura civile e, quindi, in tema di obbligazioni pecuniarie, dalla somma pretesa con la domanda di pagamento. Per il codice di rito, infatti, nell’ambito delle disposizioni sulla competenza del giudice, il valore della causa “si determina dalla domanda” (art. 10 c.p.c.), secondo le disposizioni successive, dove, con riguardo alle cause relative a somme di danaro, si precisa che “il valore si determina in base alla somma indicata … dall’attore” (art. 14 c.p.c.).

A tali previsioni opera duplice rinvio l’art. 5 D.M. n. 140 del 2012 (nella specie applicabile), secondo cui, ai fini della liquidazione del compenso del difensore, “il valore della controversia è determinato a norma del codice di procedura civile”, aggiungendosi che si ha riguardo, “nei giudizi per pagamento di somme, anche a titolo di danno, alla somma attribuita alla parte vincitrice e non alla somma domandata”. In caso di rigetto della domanda, il valore si determina con riferimento alla somma domandata; e quando l’attore non abbia affatto operato nell’atto di citazione una individuazione certa del danno richiesto, ma abbia solo indicato un valore orientativo, però rimesso alla successiva indagine ed accertamento giudiziale, il quale sia del tutto mancato in ragione del rigetto della domanda o, addirittura, della conclusione in rito del giudizio, allora la causa resta indeterminabile, ai fini della liquidazione dell’onorario predetto. Nel caso di specie, né nell’atto di citazione di primo grado né nell’appello è stato indicato l’importo oggetto di accertamento di addebiti non dovuti, importo rimesso alla invocata CTU.

Tenuto conto delle tariffe vigenti, della non particolare complessità delle questioni sottoposte alla Corte e dell’attività svolta dalle parti (senza svolgimento di attività istruttoria), le stesse si liquidano in euro 8.066,00 di cui euro 2.398,00 per la fase di studio, euro 1.585 per la fase introduttiva ed euro 4.083,00 per la fase decisoria, oltre spese generali al 15%, CPA e IVA di legge. Sussistono altresì i presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 perché la parte appellante sia dichiarata tenuta al versamento di ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari all’importo dovuto per lo stesso titolo e la stessa impugnazione.

P.Q.M.

definitivamente pronunciando nella causa civile DI APPELLO iscritta al n. 760,20 R.G. promossa dalla società (…) snc e dai signori (…), (…), (…) e (…) nei confronti di (…) spa (ora (…) spa) ogni diversa istanza, eccezione e deduzione reiette, così decide:

1) Respinge l’appello proposto dalla società (…) snc e dai signori (…), (…), (…) e (…) avverso la sentenza n. 825/19 pubblicata il 22.10.2019 del Tribunale di Cuneo;

2) Condanna gli appellanti in solido tra loro al rimborso delle spese di lite del grado in favore di parte appellata che liquida in complessivi euro 8.066,00 oltre spese generali nella misura del 15%, CPA e IVA di legge.

3) dichiara la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002 perché la parte appellante sia dichiarata tenuta al versamento di ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari all’importo dovuto per lo stesso titolo e la stessa impugnazione.

Così deciso in Torino il 20 maggio 2022.

Depositata in Cancelleria il 31 maggio 2022.

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Avv. Umberto Davide

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