è proponibile la domanda di acquisto della proprietà immobiliare per usucapione nei confronti della curatela fallimentare, atteso il carattere di acquisto a titolo originario che, con essa, si intende far verificare, ed a ciò non risultando di ostacolo gli artt. 42 e 45 della legge fallimentare. La prima delle due disposizioni, infatti, limitandosi a porre il vincolo di indisponibilità sui beni del fallito – con equiparazione del fallimento al pignoramento – non può essere riferita a “fatti” acquisitivi di diritti reali tipici (che si assumono ) già compiuti e produttivi di effetti in capo al fallito. La seconda , a sua volta, avendo riguardo espressamente – in applicazione della stessa regola posta, per l’esecuzione individuale, dall’art. 2914 cod. civ. – alle condizioni di opponibilità, al fallimento, di “atti”, si rivela del tutto estranea all’ipotesi in esame, non essendo configurabile, a carico di chi agisca per conseguire l’accertamento dell’usucapione, alcun onere di pubblicità, posto che l’art. 2651 cod. civ.si limita a disporre al riguardo una forma di “trascrizione” (della sentenza e non anche della domanda) la quale e’ priva di effetti sostanziali e limitata a rendere più efficiente il sistema pubblicitario.

 

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Tribunale Trento, civile Sentenza 21 settembre 2018, n. 865

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Tribunale Ordinario di Trento

Contenzioso Ordinario CIVILE

Il Tribunale, nella persona del giudice unico Dott. Giuliana Segna

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al N. 2288/2016 R.G. promossa da:

(…) (c.f. (…)) e (…) (c.f. (…)), con il patrocinio degli avv. FR.SI. e , elettivamente domiciliati in VIA (…) 38100 TRENTO, presso il difensore avv. FR.SI.

ATTORI

contro:

FALLIMENTO (…) S.N.C. (C.F. (…)), con il patrocinio dell’avv. AM.MA. e elettivamente domiciliato in VIA (…) 38122 TRENTO presso lo studio dell’avv. AM.MA.

CONVENUTO

MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione dd. 31.5.2016 (…) e (…) hanno convenuto in giudizio il Fallimento (…) snc asserendo che (…), all’epoca legale rappresentante della società, nell’anno 1985 aveva messo a disposizione degli attori un appartamento ubicato sopra gli uffici della società, con l’intenzione di provvedere successivamente alla formale donazione di tale immobile.

Asserivano, pertanto, di aver posseduto tale appartamento a partire da tale data e chiedevano che fosse accertato l’intervenuto acquisto per usucapione della proprietà della pp.ed. (…) in PT (…) II C.C. Giustino.

Con comparsa dd. 23.9.2016 si è costituito il Fallimento (…) snc asserendo che legale rappresentante della società, poi fallita, era il signor (…), coniugato con la signora (…) (a sua volta socia illimitatamente responsabile), la quale era la sorella dell’attrice.

Ha precisato che, proprio in considerazione del rapporto di parentela, l’immobile in questione era stato concesso in godimento agli attori a titolo di comodato gratuito. Ha affermato che nel 2012 la (…) aveva affittato il ramo d’azienda alla (…) srl e che in tale contratto non era stato fatto alcun riferimento alla situazione di occupazione dell’immobile in questione (che pure era ricompreso nel contratto di affitto); ha affermato, inoltre, che a partire dal 2002 la società aveva concesso tale immobile come garanzia ipotecaria.

Ha asserito che gli attori non avevano mai versato tasse o imposte relative a tale appartamento, né avevano mai proposto opposizione avverso le due procedure esecutive immobiliari avviate nel corso del 2012 e che avevano interessato anche l’immobile in questione. Ha precisato, inoltre, che qualche anno prima gli attori avevano acquistato in Pinzolo un appartamento ad uso abitativo prima casa.

Ha, infine, asserito che la pretesa attorea non era opponibile al fallimento.

Ha chiesto, pertanto, che la domanda attorea fosse respinta.

La domanda attorea è infondata e va, pertanto, respinta.

Va, preliminarmente, rilevato come la domanda proposta dagli attori sia astrattamente ammissibile; invero, (sentenza n. 13184 del 26/11/1999) “è proponibile la domanda di acquisto della proprietà immobiliare per usucapione nei confronti della curatela fallimentare, atteso il carattere di acquisto a titolo originario che, con essa, si intende far verificare, ed a ciò non risultando di ostacolo gli artt. 42 e 45 della legge fallimentare. La prima delle due disposizioni, infatti, limitandosi a porre il vincolo di indisponibilità sui beni del fallito – con equiparazione del fallimento al pignoramento – non può essere riferita a “fatti” acquisitivi di diritti reali tipici (che si assumono ) già compiuti e produttivi di effetti in capo al fallito. La seconda , a sua volta, avendo riguardo espressamente – in applicazione della stessa regola posta, per l’esecuzione individuale, dall’art. 2914 cod. civ. – alle condizioni di opponibilità, al fallimento, di “atti”, si rivela del tutto estranea all’ipotesi in esame, non essendo configurabile, a carico di chi agisca per conseguire l’accertamento dell’usucapione, alcun onere di pubblicità, posto che l’art. 2651 cod. civ.si limita a disporre al riguardo una forma di “trascrizione” (della sentenza e non anche della domanda) la quale e’ priva di effetti sostanziali e limitata a rendere più efficiente il sistema pubblicitario”.

La pretesa attorea, tuttavia, è infondata nel merito.

Invero, gli stessi attori hanno dedotto di aver acquisito la possibilità di utilizzare ed abitare l’appartamento in questione in seguito ad un atto dispositivo volontario posto in essere dal proprietario, il quale lo avrebbe messo a loro disposizione in vista del perfezionamento di una futura donazione (atto di citazione: “nell’anno 1985 la società (…) snc…ha messo a disposizione…”; capitolo n. 1 della seconda memoria ex art. 183 c.p.c.).

Si rileva, al riguardo, (sentenza n.622 del 22/01/1994) che “la presunzione di possesso utile “ad usucapionem” di cui all’art. 1141 cod. civ. non opera quando la relazione con la cosa consegua non ad un atto volontario di apprensione, ma ad un atto o ad un fatto del proprietario – possessore, poiché l’attività del soggetto che dispone della cosa (configurabile come semplice detenzione o precario) non corrisponde all’esercizio di un diritto reale, non essendo svolta in opposizione al proprietario”.

Poco credibile è, tra l’altro, il fatto che il godimento si fosse fondato su una ipotetica volontà donativa, considerato che tale atto non risulta essersi mai perfezionato e che di tale volontà non vi è alcuna traccia negli atti e nelle delibere societarie (senza considerare che un atto di liberalità di tal genere si sarebbe posto in contrasto con l’oggetto sociale e lo scopo di lucro che deve essere perseguito dalla società e avrebbe potuto comportare una responsabilità degli amministratori che lo avessero compiuto).

Ed un’ulteriore conferma del fatto che – come dedotto dal convenuto – l’appartamento in questione fosse, in realtà, stato concesso in godimento agli attori a titolo di comodato gratuito deriva delle dichiarazioni rese dal signor (…), originario legale rappresentante della società poi fallita: invero, lo stesso, in occasione del sopralluogo effettuato dal geom. (…) (incaricato, quale ctu, di provvedere alla stima dei beni immobili pignorati nella procedura esecutiva RG 263/12) aveva dichiarato al ctu che l’appartamento al piano superiore del capannone era oggetto di un comodato d’uso gratuito a favore di alcuni parenti (doc.14 prodotto dal convenuto con la seconda memoria ex art. 183 c.p.c.).

Si tratta di un elemento di prova che può essere utilizzato e che può concorrere anch’esso alla formazione del convincimento del giudice (sentenza n. 14652 del 27/08/2012: “il consulente tecnico d’ufficio, nell’espletamento del mandato ricevuto, può chiedere informazioni a terzi ed alle parti per l’accertamento dei fatti collegati con l’oggetto dell’incarico, senza bisogno di una preventiva autorizzazione del giudice, potendo tali informazioni, di cui siano indicate le fonti in modo da permetterne il controllo delle parti, concorrere, con le altre risultanze di causa, alla formazione del convincimento del giudice; il c.t.u., in quanto ausiliario del giudice, ha la qualità di pubblico ufficiale e, pertanto, il verbale redatto, il quale attesta che a lui sono state rese le succitate informazioni, fa fede fino a querela di falso”).

Le circostanze e gli elementi di prova dedotti dagli attori non consentono, inoltre, di affermare che gli stessi abbiano posto in essere – successivamente – quei comportamenti necessari ad integrare degli atti di impossessamento.

Invero (sentenza n. 12493 del 04/12/1995) “l’attività svolta su una cosa per tolleranza di chi ha la facoltà di impedirla non costituisce, ai sensi dell’art. 1144 cod. civ., una situazione possessoria, di guisa che colui che la esercita non può giovarsi della presunzione di possesso utile “ad usucapionem”, di cui all’art. 1141, comma primo, cod. civ., che non opera quando la relazione con la cosa non consegua ad un atto volontario di apprensione, potendo il detentore non qualificato, per mancanza di titolo alla detenzione, divenire possessore soltanto se compia un atto di impossessamento e cioè un’attività materiale che, sconfinando nella sfera giuridica altrui, abbia determinato un rapporto con la cosa corrispondente all’esercizio di un diritto reale”; sentenza n. 7271 del 12/05/2003).

Tale non può essere la mera circostanza che i coniugi (…) abbiano avuto per molti anni la residenza presso tale appartamento ed abbiano provveduto, nel corso degli anni, al pagamento delle spese (quali quelle relative alle utenze telefoniche ed alla tassa rifiuti) in quanto è del tutto normale che il detentore paghi gli oneri e le utenze relative al suo godimento dell’immobile.

E’, tra l’altro, pacifico che le imposte gravanti su tale appartamento siano sempre state pagate dalla società.

Non può essere, inoltre, trascurato il fatto che gli attori nel 2014 (e quindi in un’epoca in cui avrebbe dovuto essere già maturata la pretesa usucapione) abbiano acquistato un immobile ad uso abitativo sito in (…) dichiarando espressamente che si trattava di acquisto della prima casa (e che, quindi, gli stessi non erano proprietari di altro appartamento).

Infine, la lunga durata temporale di tale godimento non è idonea ad escludere l’esistenza di una tolleranza in considerazione dei rapporti familiari esistenti tra gli attori e il legale rappresentante della società poi fallita (invero quest’ultimo era il Sig. (…), coniugato con (…) – anch’ella socia illimitatamente responsabile della Snc (…) – sorella dell’attrice).

Invero, “al fine di stabilire se la relazione di fatto con il bene costituisca una situazione di possesso ovvero di semplice detenzione dovuta a mera tolleranza di chi potrebbe opporvisi, come tale inidonea, ai sensi dell’art. 1144 cod. civ., a fondare la domanda di usucapione, la circostanza che l’attività svolta sul bene abbia avuto durata non transitoria e sia stata di non modesta entità, cui normalmente può attribuirsi il valore di elemento presuntivo per escludere che vi sia stata tolleranza, è destinata a perdere tale efficacia nel caso in cui i rapporti tra le parti siano caratterizzati da vincoli particolari, quali quelli di parentela o di società, in forza di un apprezzamento di fatto demandato al giudice di merito” (sentenza n. 9661 del 27/04/2006).

Per tali motivi la domanda attorea deve essere respinta.

Le spese seguono la soccombenza e vanno così liquidate:

fase studio: Euro 1.620,00;

fase introduttiva: Euro 1.147,00;

fase istruttoria: Euro 1.720,00;

fase decisionale: Euro 2.767,00;

totale: Euro 7.254,00 per compensi oltre iva, cnpa e 15% ex art. 2 D.M. n. 55 del 2014.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza disattesa o assorbita, così provvede:

1. Rigetta la domanda attorea;

2. Condanna gli attori a rimborsare al convenuto le spese di lite, che si liquidano in Euro 7.254,00 per compensi oltre iva, cnpa e 15% ex art. 2 D.M. n. 55 del 2014.

Così deciso in Trento il 20 settembre 2018.

Depositata in Cancelleria il 21 settembre 2018.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.