la donazione (art. 769 c.c.) è un contratto tipico a scopo di liberalità che non esaurisce la categoria dei contratti gratuiti in quanto ve ne sono diversi che, pur avendo ad oggetto un’attribuzione patrimoniale gratuita, sono privi del requisito della liberalità (cd. negozi gratuiti non donativi), e non esaurisce neppure la categoria dei negozi inter vivos caratterizzati dallo spirito di liberalità (si pensi alla disciplina di cui all’art. 770 c. 2 c.c. e alle liberalità atipiche o donazioni indirette ex art. 809 c.c.). Ciò che distingue il contratto di donazione dal negozio gratuito non donativo sta nel fatto che, mentre nella donazione (anche indiretta), l’attribuzione patrimoniale gratuita è animata da “spirito di liberalità” (art. 769 c.c.), cioè è “effettuata a titolo di mera e spontanea elargizione, fine a sé stessa”, nel negozio gratuito non donativo sussiste, in capo al disponente, un interesse patrimoniale (anche mediato) giuridicamente rilevante, che non costituisce un semplice motivo dell’attribuzione gratuita, ma integra la causa (in concreto) del negozio. In altri termini, mentre nella donazione, il disponente è spinto a erogare il beneficio per la realizzazione di una causa di liberalità che corrisponde a un interesse non patrimoniale (stima, riconoscenza, ecc.), nel contratto gratuito atipico, il trasferimento gratuito è giustificato da un interesse patrimoniale, suscettibile di apprezzamento in termini economici da parte del disponente stesso. La donazione (diretta) è un contratto necessariamente formale in quanto richiede, a pena di nullità, la forma dell’atto pubblico (art. 782 c.c.), da sottoscriversi alla presenza di testimoni ex art. 47, 48 L. n. 89 del 1913, salvo che si tratti di donazioni di beni mobili di modico valore ex art. 783 c.c.. Tale regola non opera per gli atti gratuiti che non costituiscono liberalità. Inoltre, la forma pubblica non è richiesta per le donazioni indirette (o liberalità atipiche), in forza del mancato richiamo all’art. 782 c.c. da parte dell’art. 809 c.c., né per le liberalità d’uso previste dall’art. 770 c. 2 c.c. (che non costituiscono donazione in senso stretto). Si ha donazione indiretta, infatti, quando le parti, per conseguire il risultato tipico della donazione contrattuale, cioè l’arricchimento del donatario e il depauperamento del donante, fanno ricorso a strumenti giuridici diversi dalla donazione, che ugualmente consentono di produrre, in via mediata, effetti economici di liberalità. L’ordine di bonifico, invece, comporta un trasferimento dal conto del disponente a quello del beneficiario eseguito dalla B. su ordine del titolare del conto stesso e produce il diretto ed immediato arricchimento del beneficiario donatario. Non c’è triangolazione in quanto la B. si limita a dare esecuzione ad un ordine impartitole dal titolare del conto ed il passaggio di ricchezza avviene direttamente dal disponente al beneficiario.

Tribunale|Verbania|Civile|Sentenza|12 aprile 2022| n. 160

Data udienza 11 aprile 2022

TRIBUNALE ORDINARIO DI VERBANIA

SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del giudice dr.ssa Rachele Olivero, ha pronunciato la presente

SENTENZA

nella causa civile NRG …/2020 promossa da:

Fallimento O. Srl (Cf. (…)), elettivamente domiciliato in…), Via…, presso lo studio dell’avv. …che lo rappresenta e difende per delega in atti;

attore

contro

G.N. (C.N.) e A.N. (Cf. (…)), elettivamente domiciliati in Milano, c.so…, presso lo studio dell’avv. …che li rappresenta e difende per delega in atti

convenuti;

Oggetto: nullità, simulazione e revocatoria ordinaria.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Le domande attoree hanno ad oggetto, in via principale, l’accertamento della nullità o dell’inefficacia per simulazione assoluta e, in via subordinata, la revocatoria dell'”atto di disposizione gratuito” del 30/06/2015, con il quale G.N. ha elargito al figlio A.N. la somma di Euro 900.000,00, mediante bonifico bancario recante la causale “donazione 18 compleanno” (cfr. doc. 17 fasc. att.), “al solo fine di sottrarre patrimonio alla garanzia dei creditori” (cfr. cit. p. 9, 10).

La causa è stata preceduta da un procedimento cautelare ex art. 671 c.c., all’esito del quale il Tribunale, ritenuta la sussistenza del fumus bonis iuris della domanda revocatoria e il periculum in mora, ha disposto il sequestro conservativo dei beni mobili, immobili e crediti di A.N., sino alla concorrenza di Euro 900.000,00 (cfr. ordinanza del 28/09/2020, confermata in sede di reclamo con ordinanza del 7/12/2020 – doc. 29, 30 fasc. att.).

A fondamento delle proprie domande, parte attrice ha premesso:

– che la società O. è stata costituita in forma di Spa, con atto notarile del 3/08/2007, dai soci G.N. (quota 20%), G.L.M. (quota 40%) e P.P.M. (quota 40%); dopodiché, in data 9/06/2010, è stata deliberata la trasformazione in Srl (cfr. doc. 3 fasc. att.);

– che la compagine sociale ha subito i seguenti cambiamenti: in data 18/12/2014, ognuno dei tre soci ha ceduto a G.G., in quel momento amministratore unico, una quota pari al 33,33% del capitale sociale; in data 21/09/2015, G.N. ha ceduto la sua intera quota di partecipazione nella O. Srl al padre E.N.;

– che G.N. ha svolto il ruolo di amministratore della società dal 20/08/2007 al 4/07/2011, in particolare: “dal 20 agosto 2007 al 28 settembre 2010 con ruolo di amministratore delegato con ogni e più ampio potere sia di ordinaria che di straordinaria amministrazione e, successivamente, dal 29 settembre 2009 al 4 luglio 2011 con medesima carica, con tutti i poteri per statuto spettanti al C.d.A., ad eccezione delle attribuzioni non delegabili a norma di legge e di statuto, con l’esclusione del potere di assumere e licenziare dipendenti di ogni ordine e grado e di esercitare il potere direttivo e disciplinare nei confronti di tutto il personale dipendente; con espressa esclusione altresì delle mansioni esercitate in qualità di dirigente, così come espressamente disciplinare dal contratto di lavoro in essere tra O. S.p.a. e lo stesso Signor G.N., mansioni che sono esercitate sotto la direzione del presidente del C.d.A.” (cfr. cit. p. 2);

– che successivamente G.N. (unitamente ai soci M.) ha continuato a svolgere il ruolo di amministratore di fatto della società fino alla dichiarazione di fallimento, pronunciata dal Tribunale di Verbania in data 23/09/2015 (cfr. doc. 1 fasc. att.), su istanza del Pubblico Ministero (cfr. doc. 5 fasc. att.), formulata all’esito degli accertamenti della Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Verbania da cui è emerso che “sono stati sistematicamente falsificati i bilanci, quanto meno a partire dall’anno 2012, per dissimulare l’intera perdita del capitale sociale verificatasi, al più tardi, nel 2012 stesso” (cfr. cit. p. 3);

– che tra le cause che hanno determinato il dissesto della società -illustrate nella Relazione ex art. 33 L. Fall., già depositata in Procura e agli atti della procedura fallimentare dal Curatore dr. F.R. (cfr. doc.6 fasc. att.)- si devono annoverare una serie di condotte distrattive poste in essere (anche) da G.N., quale amministratore di fatto della società, elencate da p. 3 a p. 6 della citazione;

– che il Gip presso il Tribunale di Verbania ha emesso nei confronti di G.N. (nonché nei confronti dei soci M. e nei confronti, altresì, degli amministratori formali e “prestanome”, G.G. e C.B.) l’ordinanza cautelare n. 46/2017 del 16/08/2017 (cfr. doc. 12 fasc. att.), con la quale ha disposto, a carico di G.N., le misure della custodia cautelare in carcere e il sequestro preventivo per equivalente per la complessiva somma di Euro 5.961.622,98, corrispondente al profitto conseguito dai reati contestati, da eseguirsi su tutti i beni mobili e immobili di proprietà o comproprietà di G.N.;

– che tale ordinanza è stata confermata, in sede di riesame, dal Tribunale di Torino in data 21/09/2017 (cfr. doc. 13 fasc. att.);

– che il passivo fallimentare ad oggi accertato ammonta a Euro 14.975.448,23 (cfr. doc. 14 fasc. att.), somma che dovrà essere incrementata degli interessi sui crediti ammessi in privilegio (pari ad Euro 14.497.854,15, gran parte dei quali vantati dall’Erario e dall’Inps -i principali creditori del Fallimento O.-), oltre ai costi e alle spese prededucibili; pertanto, il passivo fallimentare risulta ampiamente superiore ad Euro 15.000.000,00;

– che la Curatela si è costituita parte civile nel procedimento penale n. …/2015 R.G.N.R. e n. …/2015 R.G. pendente avanti il Tribunale di Verbania (cfr. doc. 15 fasc. att.), chiedendo il risarcimento del danno subito, quantificato in Euro 15.000.000,00;

– che, “anche sottraendo dal passivo accertato l’attivo realizzato, pari ad Euro 1.195.809,55 e l’attivo presumibile da realizzare, quantificato dal curatore in Euro 31.771,64 (doc. n. 16), deve senz’altro considerarsi che le somme confiscate non potranno in ogni caso risarcire l’ingentissimo danno causato (anche) dal Signor G.N. ai creditori sociali” (cfr. cit. p. 9);

– che, nel corso del dibattimento (cfr. verbale udienza 1/10/2019, esame imputato p. 48 e ss. – doc. 18 fasc. att.), è emerso che, in data 30/06/2015, cioè lo stesso giorno in cui la Polizia Tributaria ha concluso la sua verifica a carico della O. Srl e ha redatto il relativo verbale (cfr. doc. 4 fasc. att.), G.N. ha effettuato un’elargizione di denaro pari a Euro 900.000,00 in favore del figlio A.N., mediante un bonifico bancario recante la causale “donazione 18 compleanno” (cfr. doc. 17 fasc. ric.).

Ciò premesso, parte attrice ha chiesto, in via principale, di “accertare e dichiarare la nullità dell’atto di disposizione gratuito” del 30/06/2015 (cfr. cit. p. 10):

– ex art. 782 c.c., trattandosi di una donazione, di valore non modico, stipulata in assenza di un atto pubblico e senza la presenza dei testimoni ex art. 47, 48 L. n. 89 del 1913 (cfr. cit. p. 11-14);

– ovvero ex art. 1418 c.c.,

– comma 2, trattandosi di un contratto privo di causa -dovendosi “escludere la sussistenza dell’animus donandi” al momento dell’elargizione di denaro (secondo l’attore, infatti, l’intento di G.N. non era quello di effettuare “un regalo per il diciottesimo compleanno del figlio (nato il (…), un mese prima circa rispetto alla donazione de qua), bensì quello di spogliarsi di tutte le sostanze liquide personali, facilmente e rapidamente aggredibili, sottraendole alla disponibilità dei creditori”)- o comunque avente causa o motivi illeciti (ex art. 1345 c.c.), posto che l’unico fine di G.N. era quello di “sottrarre dalla disponibilità dei creditori la garanzia costituita dal patrimonio liquido” (cfr. cit. p. 14-16);

– oppure comma 1, trattandosi di un contratto volto a realizzare un risultato vietato dalla legge, in violazione della “norma imperativa dettata dall’art. 11, comma 1 D.Lgs. n. 74 del 10 marzo 2000, che sanziona le condotte di donazione fraudolenta” (cfr. cit. p. 15).

In via principale alternativa, parte attrice ha chiesto di accertare ex art. 1414 c.c. la simulazione assoluta dell’atto dispositivo del 30/06/2015, sostenendo che tale elargizione, apparentemente fondata sulla causa di liberalità, sarebbe in realtà priva di animus donandi ed anche di volontà traslativa, stante l’intenzione di G.N. “di conservare intatta la proprietà del denaro trasferito disponendone, all’occorrenza, mediante l’esercizio dell’autorità paterna nei confronti del giovanissimo figlio” (cfr. cit. p. 23).

In via subordinata, parte attrice ha esperito l’azione revocatoria ex art. 2901 c.c., al fine di sentire dichiarare l’inefficacia, nei propri confronti, della citata elargizione di Euro 900.000,00, sostenendo che, attraverso tale atto dispositivo, G.N. si sarebbe spogliato del proprio patrimonio liquido, pregiudicando le ragioni creditorie del Fallimento O. Srl, titolare di un credito risarcitorio nei confronti di G.N., derivante dagli atti di mala gestio posti in essere da quest’ultimo (unitamente a G.L.M. e P.P.M.) ai danni della O. Srl, di cui era amministratore di fatto.

G.N. e A.N., costituendosi, hanno preliminarmente eccepito l’inammissibilità della domanda attorea ex art. 2901 c.c. per carenza di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c..

Nel merito, i convenuti hanno chiesto il rigetto delle domande attoree.

In particolare, con riguardo alle cause di nullità invocate dal Fallimento O. Srl, i convenuti:

– hanno sostenuto l’inapplicabilità dell’art. 782 c.c. all’atto disposizione del 30/06/2015, trattandosi di una donazione indiretta (art. 809 c.c.), con la quale G.N., animato da spirito di liberalità, ha inteso arricchire il figlio A.N. attribuendogli “le somme necessarie per acquistare titoli e azioni bancarie” (cfr. comp. risp. p. 44);

– hanno negato qualsivoglia intento fraudolento sotteso all’operazione del 30/06/2015;

– hanno escluso che l’elargizione del 30/06/2015, realizzata da G.N. in favore di A.N., possa aver integrato il reato di cui all’art. 11 c. 1 D.Lgs. n. 74 del 2000 (sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte), atteso che tale fattispecie penale può essere contestata solo ai debitori d’imposta e, “nel caso di specie, il contribuente gravato dell’obbligazione societaria era solo ed esclusivamente la società O. e, al più, il legale rappresentante dell’epoca ovvero il firmatario della dichiarazione fiscale, e quindi mai ed in nessun caso G.N. che tali qualità mai ha rivestito” (cfr. comp. risp. p. 58).

I convenuti hanno, inoltre, contestato la simulazione invocata dall’attore, osservando come la fuoruscita di denaro dal patrimonio di G.N. fosse effettivamente voluta dallo stesso, allo scopo di consentire al figlio A.N. di “intraprendere un percorso di investimento nel mercato borsistico” (cfr. comp. risp. p. 46).

Da ultimo, i convenuti hanno contestato la sussistenza dei presupposti fondanti la revocatoria ex art. 2901 c.c., eccependo:

– l’inesistenza di un diritto di credito, o comunque di una valida ragione di credito, in capo al Fallimento O. Srl nei confronti di G.N.;

– l’insussistenza dell’eventus damni, dovendosi tener conto della capienza patrimoniale anche degli altri debitori (G.L.M. e P.P.M.), nei cui confronti il Fallimento O. Srl ha già ottenuto una provvisionale;

– l’insussistenza del presupposto soggettivo della revocatoria sia con riferimento a G.N. sia con riferimento a A.N..

In via riconvenzionale subordinata, per il caso in cui il Tribunale dovesse pronunciare la nullità della donazione del 30/06/2015, i convenuti hanno chiesto di convertire ex art. 1424 c.c. la donazione nulla in un contratto di mandato senza rappresentanza; in quest’ottica, “l’apertura del conto corrente e l’acquisto dei titoli, eseguito da A.N. in qualità di mandatario, devono essere imputate direttamente a G.N., quale mandante, pur in assenza di un atto di trasferimento, sin dal momento dell’atto gestorio da individuarsi -da ultimo- nel trasferimento della domma di denaro di Euro 900.000,00 sul c/c del figlio acceso presso la B.I.S. S.p.a.” (cfr. comp. risp. p. 57).

Con la memoria ex art. 183 c. 6 n. 1 c.p.c., l’attore, preso atto della domanda riconvenzionale subordinata dei convenuti, ha chiesto al Tribunale, in via subordinata rispetto alle domande formulate in citazione, di accertare la simulazione relativa della donazione del 30/06/2015, in quanto dissimulante un contratto di mandato senza rappresentanza, con la conseguenza che l’importo di Euro 900.000,00 (o i titoli acquistati con tali somme) apparterrebbe in via esclusiva a G.N..

Con la memoria ex art. 183 c. 6 n. 2 c.p.c., i convenuti hanno contestato la domanda attorea di accertamento della simulazione relativa, in quanto integrante un’inammissibile mutatio libelli.

Con ordinanza in data 21/06/2021, ritenuta la natura documentale della vertenza, è stata fissata udienza di precisazione delle conclusioni, ove sono stati concessi alle parti i termini ex art. 190 c.p.c..

In sede di comparsa conclusionale, i convenuti, da un lato, si sono riportati alle argomentazioni di cui alla comparsa di risposta, dall’altro lato, hanno parzialmente mutato le proprie difese.

In particolare, rispetto all’azione di nullità e di simulazione assoluta, i convenuti hanno dichiarato di condividere le considerazioni e conclusioni di cui alle ordinanze cautelari del 28/09/2020 e 7/12/2020 (cfr. doc. 29, 30 fasc. att.), che hanno qualificato l’atto dispositivo del 30/06/2015 quale atto gratuito in frode ai creditori, escludendo conseguentemente la ricorrenza di profili di nullità e simulazione assoluta.

Rispetto all’azione revocatoria, invece, i convenuti hanno sollevato eccezione di prescrizione quinquennale ex art. 2903 c.c., sostenendo che, risalendo l’atto dispositivo al 30/06/2015, l’azione si sarebbe prescritta il 30/06/2020, atteso che il ricorso per sequestro conservativo è stato depositato solo in data 4/08/2020 e non potendo operare la sospensione straordinaria dei termini di prescrizione e decadenza prevista dalla normativa emergenziale per Covid 19.

A fronte di tale eccezione, parte attrice, in sede di memoria di replica, ha eccepito l’intervenuta decadenza dall’eccezione di prescrizione, non essendo stata proposta dai convenuti nei termini preclusivi di cui all’art. 166 c.p.c. (seppur precedentemente discussa nella fase cautelare).

Nel corso del giudizio, è stato definito il procedimento penale a carico (anche) di G.N., il quale è stato condannato per plurimi reati di bancarotta, falso in bilancio, reati tributari e fiscali, commessi ai danni della O. Srl, in qualità di amministratore di fatto (in concorso con P.P.M. e G.L.M.). In punto statuizioni civili, G.N. è stato condannato (unitamente a L.M.) “al risarcimento del danno subito dalla parte civile Fallimento O. srl, da liquidare in separata sede ed alla rifusione delle spese di costituzione di parte civile” (cfr. sentenza del Tribunale di Verbania n. 394/2020 – doc. 31, 24 fasc. att.).

2. Al fine di vagliare le plurime domande articolate da parte attrice con riferimento all'”atto di disposizione gratuito” del 30/06/2015 (cfr. cit. p. 10), occorre preliminarmente qualificare tale atto, tenuto conto che il nomen iuris utilizzato dalle parti (“donazione”, come si evince dalla causale del bonifico), pur costituendo un elemento da tenere in considerazione, non esime il giudicante dall’accertamento dell’effettiva natura giuridica del negozio.

2.1. In punto di diritto, va premesso che la donazione (art. 769 c.c.) è un contratto tipico a scopo di liberalità che non esaurisce la categoria dei contratti gratuiti in quanto ve ne sono diversi che, pur avendo ad oggetto un’attribuzione patrimoniale gratuita, sono privi del requisito della liberalità (cd. negozi gratuiti non donativi), e non esaurisce neppure la categoria dei negozi inter vivos caratterizzati dallo spirito di liberalità (si pensi alla disciplina di cui all’art. 770 c. 2 c.c. e alle liberalità atipiche o donazioni indirette ex art. 809 c.c.).

Ciò che distingue il contratto di donazione dal negozio gratuito non donativo sta nel fatto che, mentre nella donazione (anche indiretta), l’attribuzione patrimoniale gratuita è animata da “spirito di liberalità” (art. 769 c.c.), cioè è “effettuata a titolo di mera e spontanea elargizione, fine a sé stessa” (cfr. Cass. 21781/2008), nel negozio gratuito non donativo sussiste, in capo al disponente, un interesse patrimoniale (anche mediato) giuridicamente rilevante, che non costituisce un semplice motivo dell’attribuzione gratuita, ma integra la causa (in concreto) del negozio.

In altri termini, mentre nella donazione, il disponente è spinto a erogare il beneficio per la realizzazione di una causa di liberalità che corrisponde a un interesse non patrimoniale (stima, riconoscenza, ecc.), nel contratto gratuito atipico, il trasferimento gratuito è giustificato da un interesse patrimoniale, suscettibile di apprezzamento in termini economici da parte del disponente stesso.

La donazione (diretta) è un contratto necessariamente formale in quanto richiede, a pena di nullità, la forma dell’atto pubblico (art. 782 c.c.), da sottoscriversi alla presenza di testimoni ex art. 47, 48 L. n. 89 del 1913, salvo che si tratti di donazioni di beni mobili di modico valore ex art. 783 c.c..

Tale regola non opera per gli atti gratuiti che non costituiscono liberalità. Inoltre, la forma pubblica non è richiesta per le donazioni indirette (o liberalità atipiche), in forza del mancato richiamo all’art. 782 c.c. da parte dell’art. 809 c.c., né per le liberalità d’uso previste dall’art. 770 c. 2 c.c. (che non costituiscono donazione in senso stretto).

2.2. Nel caso di specie, occorre chiedersi se l’atto dispositivo gratuito del 30/06/2015 debba essere qualificato come donazione diretta di denaro, donazione indiretta di titoli azionari (come sostenuto dai convenuti nella comparsa di risposta) ovvero negozio gratuito interessato (in fronde ai creditori), come affermato nelle ordinanze cautelari del 28/09/2020 e 7/12/2020 (cfr. doc. 29, 30 fasc. att.) e sostenuto dai convenuti in comparsa conclusionale.

2.2.1. La tesi della donazione indiretta (o liberalità atipica) non può trovare accoglimento. Si ha donazione indiretta, infatti, quando le parti, per conseguire il risultato tipico della donazione contrattuale, cioè l’arricchimento del donatario e il depauperamento del donante, fanno ricorso a strumenti giuridici diversi dalla donazione, che ugualmente consentono di produrre, in via mediata, effetti economici di liberalità. L’ordine di bonifico, invece, comporta un trasferimento dal conto del disponente a quello del beneficiario eseguito dalla B. su ordine del titolare del conto stesso e produce il diretto ed immediato arricchimento del beneficiario donatario. Non c’è triangolazione in quanto la B. si limita a dare esecuzione ad un ordine impartitole dal titolare del conto ed il passaggio di ricchezza avviene direttamente dal disponente al beneficiario (cfr. Cass. Su 18725/2017, la quale ha affermato che “il trasferimento per spirito di liberalità di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli del beneficiante a quello del beneficiario realizzato a mezzo banca, attraverso l’esecuzione di un ordine di bancogiro impartito dal disponente, non rientra tra le donazioni indirette, configura una donazione tipica ad esecuzione indiretta”)

2.2.2. Deve, invece, essere accolta la tesi dell’atto dispositivo gratuito non liberale, dovendosi tenere conto delle finalità penetrate nel tessuto negoziale, analizzando il dato sostanziale, cioè gli interessi in concreto perseguiti da G.N. con l’elargizione di Euro 900.000,00 in favore del figlio.

Le risultanze di causa, infatti, dimostrano la presenza di un interesse patrimoniale di G.N. sotteso all’atto dispositivo del 30/06/2015, consistente nella volontà dello stesso di frustare le aspettative dei propri creditori (sottraendo una cospicua somma di denaro alla garanzia patrimoniale generica ex art. 2740 c.c.), come ampliamente e correttamente argomentato dal Giudice della cautela (cfr. ordinanza del 28/09/2020 – doc. 29 fasc. att.), le cui considerazioni e conclusioni sono state condivise anche dai convenuti, in sede di comparsa conclusionale.

In particolare, lo scopo distrattivo emerge:

– dalla tempistica dell’adozione dell’atto dispositivo, atteso che il bonifico è stato eseguito da G.N. in coincidenza con la conclusione della verifica compiuta dalla Guardia di Finanza di Verbania nei confronti della O. Srl (cfr. doc. 4 fasc. att.) e dopo che era stata notificata a tale società l’istanza di fallimento (cfr. doc. 5 fasc. att.), cioè in un momento in cui G.N. era senz’altro consapevole della possibilità che gli venissero contestate condotte di mala gestio ai danni della O. Srl;

– dall’assoluta eccezionalità del “regalo di compleanno” (realizzato peraltro con un ritardo di un mese rispetto al giorno del compleanno di A.N.), tenuto conto:

– del patrimonio residuo di G.N., così come ricostruito dal Fallimento O. Srl da p. 12 a p. 13 dell’atto di citazione (cfr. doc. 19-25, 41, 42 fasc. att.) – ricostruzione non contestata dai convenuti-;

– del fatto che lo stesso G.N., nell’ambito del procedimento penale, ha dichiarato che la somma bonificata è stata il “frutto dei 35 anni di lavoro … più una buona gestione del portafoglio azionario” (cfr. verbale udienza 1/10/2019, esame imputato pag. 53 – doc. 18 fasc. att.).

La sussistenza di un interesse patrimoniale distrattivo porta a qualificare l’atto dispositivo del 30/06/2016 quale atto gratuito interessato che non integra donazione (stante l’assenza di liberalità) e, dunque, non richiede la forma pubblica.

3. Ciò premesso in punto qualificazione giuridica, il Tribunale ritiene che debbano essere rigettate le domande attoree di nullità, atteso che:

– la regola della forma pubblica a pena di nullità ex art. 782 c.c. non opera per i negozi gratuiti che non costituiscono liberalità come l’atto dispositivo del 30/06/2015;

– l’atto dispositivo gratuito del 30/06/2015 non può dirsi privo di causa, tenuto conto che il trasferimento monetario realizzato da G.N. era giustificato da uno specifico interesse patrimoniale (frustare le aspettative dei creditori del disponente), né la causa e i motivi sottesi all’atto possono ritenersi illeciti; l’illeceità della causa o dei motivi, infatti, sussiste quando il negozio persegue finalità vietate dall’ordinamento poiché contrarie (o elusive) a norme imperative o ai principi dell’ordine pubblico o del buon costume (art. 1343-1345 c.c.), fattispecie distinte rispetto a quella del negozio finalizzato a recare pregiudizio ai creditori (cfr. Cass. 8600/2003: “Il negozio in frode alla legge è quello che persegue una finalità vietata in assoluto dall’ordinamento in quanto contraria a norma imperativa o ai principi dell’ordine pubblico o del buon costume ovvero perché diretta ad eludere una norma imperativa. L’intento di recare pregiudizio ad altri soggetti non rientra di per sé nella descritta fattispecie, sia perché il negozio in frode alla legge è ipotesi del tutto distinta da quella del negozio in frode ai terzi, sia perché non si rinviene nell’ordinamento una norma che stabilisca in via generale, come per il primo tipo di contratto, l’invalidità del contratto stipulato in frode ai terzi, ai quali ultimi, invece, l’ordinamento accorda rimedi specifici, correlati alle varie ipotesi di pregiudizio che essi possano risentire dall’altrui attività negoziale”);

– la contrarietà dell’atto dispositivo gratuito del 30/06/2015 alla norma penale di cui all’art. 11 c. 1 D.Lgs. n. 74 del 2000 (che punisce “chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva”) risulta solo allegata dall’attore senza essere stata effettivamente dimostrata.

4. Va altresì rigettata la domanda attorea ex art. 1414 c.c., atteso che l’atto dispositivo del 30/06/2015 era effettivamente voluto dal disponente e non simulato.

E invero deve ritenersi non configurabile la simulazione allorquando lo scopo precipuo dell’atto è proprio quello di far uscire i beni trasferiti dal patrimonio del disponente, costituente garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c., per sottrarlo all’aggressione dei creditori. Infatti, è proprio l’uscita dal patrimonio del debitore ciò che consente al disponente di evitare l’aggressione dei creditori.

In questo caso, dunque, l’effetto dell’uscita dal patrimonio di G.N. è proprio l’effetto voluto con l’atto dispositivo gratuito di cui è causa, sicché esso non può dirsi simulato, bensì effettivamente voluto e perseguito.

5. Per quanto concerne l’azione revocatoria ex art. 2901 c.c., promossa da parte attrice in via subordinata, va affrontata, preliminarmente, l’eccezione di carenza di interesse ad agire sollevata dai conventi, secondo i quali “l’atto di disposizione del patrimonio compiuto da G.N., non essendo stato eseguito in pendenza del giudizio di accertamento del credito paventato dal Fallimento, non può accedere alla tutela conservativa richiesta da parte attrice” (cfr. comp. risp. p. 43).

In particolare, i convenuti hanno affermato che non vi sarebbe interesse ex art. 100 c.p.c. all’azione qui promossa e delibata poiché la Suprema Corte a Sezioni Unite, con la sentenza 9440/2004, avrebbe escluso la possibilità di ottenere la tutela revocatoria, con riferimento ai crediti litigiosi derivanti da illecito, nell’ipotesi in cui l’atto dispositivo (nel caso di specie risalente al 30/06/2015) sia antecedente rispetto alla pendenza del giudizio di accertamento del credito medesimo (la costituzione di parte civile del Fallimento O. Srl nel processo penale è stata notificata a G.N. in data 13/03/2018).

L’eccezione è infondata e, pertanto, va disattesa poiché la ricorrenza dell’interesse ex art. 100 c.p.c. non deve essere valutata in concreto, bensì in astratto sulla base della mera qualificazione della domanda; ciò significa che l’interesse ad agire sussiste quando l’azione esercitata è astrattamente idonea a tutelare l’interesse fatto valere, a prescindere dalla concreta possibilità di accoglimento (cfr. Cass. 4984/2001 e, in senso conforme, Cass. 3060/2002; Cass. 13485/2014). Senza contare che la sentenza citata dai conventi (cfr. Cass. Su 9440/2004) non afferma affatto il principio di diritto estrapolato dagli stessi.

6. Sempre in via preliminare, occorre affrontare l’eccezione di prescrizione dell’azione revocatoria sollevata dai convenuti in comparsa conclusionale ex art. 2903 c.c., a fronte della quale parte attrice ha eccepito l’intervenuta decadenza.

L’eccezione attorea di decadenza dei convenuti dall’eccezione di prescrizione è fondata, atteso che la prescrizione, in quanto eccezione in senso stretto, doveva essere proposta nei termini preclusivi indicati dagli artt. 166 c.p.c. (che prevede l’obbligo per la parte convenuta di costituirsi entro il termine di venti giorni prima dell’udienza di comparizione fissata nell’atto di citazione) e 167 c. 2 c.p.c. (che prevede l’obbligo, per la convenuta, a pena di decadenza, di proporre nella comparsa di risposta le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio).

Pertanto, alla luce delle preclusioni derivanti dal combinato disposto degli artt. 166 e 167 c.p.c., deve essere dichiarata la decadenza dall’eccezione di prescrizione sollevata dai convenuti in comparsa conclusionale.

Irrilevante è, infatti, la circostanza che l’eccezione di prescrizione fosse stata sollevata nell’ambito del procedimento ex art. 671 c.c., tenuto conto che il procedimento cautelare è autonomo e distinto dal giudizio di merito (volto a acclarare definitivamente l’esistenza del diritto sottoposto a cautela), sicché l’eccezione di prescrizione sollevata in fase cautelare non può ritenersi automaticamente proposta nella fase di merito, dovendo al contrario essere oggetto di una specifica allegazione.

7. Nel merito, i cui presupposti fondanti la revocatoria ex art. 2901 c.c. sono: l’esistenza di un diritto di credito, o comunque di una valida ragione di credito, in capo al promotore dell’azione; l’esistenza di un atto di disposizione patrimoniale pregiudizievole delle ragioni creditorie, in quanto determinante una modificazione giuridico-economica della situazione patrimoniale del debitore (eventus damni); un determinato atteggiamento soggettivo del debitore, ossia, se l’atto di disposizione è successivo al sorgere del credito, la conoscenza del pregiudizio che l’atto arreca alle ragioni creditorie (scientia damni) e, quando si tratta di atti a titolo oneroso, anche del terzo (partecipatio fraudis); se l’atto di disposizione è anteriore al sorgere del credito, la dolosa preordinazione del debitore finalizzata ad arrecare pregiudizio al creditore e, quando si tratta di atti a titolo oneroso, anche del terzo.

In applicazione dei suesposti principi, nel caso di specie, la domanda attorea deve essere accolta, sussistendo tutti i requisiti di legge per la revocatoria ex art. 2901 c.c..

7.1. Sussiste, in primo luogo, una valida ragione di credito in capo agli attori.

Al riguardo va evidenziato, in via generale, come l’art. 2901 c.c. abbia accolto una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità. Ne consegue che anche il credito eventuale, nella veste di credito litigioso, è idoneo a determinare -sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione in separato giudizio sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito- l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore (cfr. Cass. Su 9440/2004 n. 9440; a seguire, in senso conforme Cass. 1893/2012, Cass. 23208/2016, Cass. 4212/2020).

Nel caso di specie, la ragione del credito risarcitorio invocato dal Fallimento O. Srl -già connotata da una sufficiente parvenza di fondatezza al momento dell’instaurazione del giudizio cautelare (si veda la puntuale ricostruzione di cui all’ordinanza del 28/09/2020, p. 10-19 – doc. 29 fasc. att.)- ha trovato ulteriore conferma nella sentenza penale emessa in corso di causa dal Tribunale di Verbania n. 394/2020, che ha condannato G.N. per plurimi reati, riconoscendone la portata dannosa per il Fallimento O. Srl. La sentenza contiene, infatti, la condanna generica di G.N. (e L.M.) “al risarcimento del danno subito dalla parte civile Fallimento O. srl, da liquidare in separata sede” (cfr. doc. 31, 24 fasc. att.), con la precisazione che ciò che viene rinviato al separato giudizio è soltanto l’accertamento in concreto del danno nella sua determinazione quantitativa, mentre l’esistenza del fatto illecito e della sua potenzialità dannosa devono ritenersi accertati (cfr. Cass. 21326/2018), a prescindere dal fatto che non sia stata concessa una provvisionale.

7.2. Sussiste, altresì, il requisito oggettivo dell’eventus damni.

In ordine a tale requisito, va osservato che non è richiesta, a fondamento dell’azione revocatoria ordinaria, la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una modificazione qualitativa di esso. Tale rilevanza quantitativa e/o qualitativa dell’atto di disposizione deve essere provata dal creditore che agisce in revocatoria, mentre è onere del debitore, per sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che le sue residualità patrimoniali sono tali da soddisfare le ragioni del creditore, con conseguente insussistenza dell’eventus damni (cfr. Cass. 1902/2015, Id. 1896/2012, 7767/2007).

Nel caso in esame, la rilevanza della modificazione del patrimonio del convenuto G.N., per effetto dell’atto dispositivo del 30/06/2015, emerge:

– dal rilevantissimo importo della disposizione patrimoniale di cui si chiede la revoca (Euro 900.000,00);

– dalla scarsa consistenza del patrimonio residuo di G.N. (a fronte ai debiti verso il Fallimento O. Srl il cui passivo ammonta a circa Euro 15.000.000,00), così come ricostruito da parte attrice da p. 12 a p. 13 dell’atto di citazione (cfr. doc. 19-25, 41, 42 fasc. att.); trattasi di terreni e di un fabbricato rurale privi di valore economico, della quota indivisa di 60/100 dell’abitazione di Arizzano -immobile conferito in un fondo patrimoniale e gravato da ipoteca volontaria a garanzia di un mutuo fondiario rimborsato solamente parzialmente-, di talune quote di partecipazione societarie prive di valore economico poiché relative a società sottoposte a procedure concorsuali o cessate ovvero di entità irrisoria, di un’imbarcazione i cui costi di mantenimento e rimessaggio risultano superiori rispetto al valore di mercato; tale ricostruzione non è stata contestata dai convenuti che non hanno indicato ulteriori poste patrimoniali capienti, limitandosi genericamente a richiamare la capienza patrimoniale degli altri condebitori, rimasta priva di prova.

Inoltre, tutti i beni sopra descritti, nonché gli ulteriori beni dei condebitori del Fallimento O. Srl sono stati attinti dalla confisca ex art. 12 bis D.Lgs. n. 74 del 2000, con contestuale attribuzione dei beni stessi allo Stato, in conseguenza della commissione di reati tributari (cfr. doc. 12 pagg. 169-175, doc. 34 e doc. n. 40 fasc. att).

Deve, dunque, affermarsi la sussistenza di un effettivo eventus damni.

7.3. Sussiste, infine, il requisito soggettivo richiesto dalla legge, la cui prova, come più volte chiarito dalla Suprema Corte, può essere fornita, trattandosi di un atteggiamento soggettivo, mediante presunzioni (cfr. Cass. 2748/2005; Cass 13330/2004; Cass. 11916/2001; Cass. 7452/2000).

Nel caso di specie, il requisito soggettivo richiesto è quello della cd. scientia damni in capo al disponente, tenuto conto della gratuità dell’atto di dispositivo del 30/06/2015 e del fatto che, contrariamente a quanto sostenuto dai convenuti, il credito risarcitorio invocato dall’attore è sorto anteriormente rispetto all’atto di cui si chiede la revoca: il credito risarcitorio, infatti, sorge al momento del fatto illecito; dunque, nel caso di specie, deve essere collocato negli anni 2012-2014, periodo in cui sono state poste in essere le condotte di mala gestio da parte (anche) di G.N., come emerso nell’ambito del procedimento penale.

Ciò premesso, gli elementi che lasciano ragionevolmente presumere la consapevolezza di G.N. del pregiudizio patrimoniale recato dall’atto dispositivo gratuito del 30/06/2015 sono quelli già esposti al paragrafo 2.2.2.; in particolare: la tempistica dell’adozione dell’atto dispositivo, in coincidenza con l’emergere dei risultati della verifica compiuta dalla Guardia di Finanza di Verbania nei confronti della O. Srl (cfr. doc. 4 fasc. att.) e dopo che era stata notificata a tale società l’istanza di fallimento (cfr. doc. 5 fasc. att.); il rilevantissimo importo dell’elargizione monetaria a fronte della scarsa consistenza patrimoniale residua di G.N. (così come ricostruita dal Fallimento O. Srl da p. 12 a p. 13 dell’atto di citazione e non contestata dai convenuti).

7.4. Sulla base dei motivi esposti devono, pertanto, ritenersi sussistenti tutti i presupposti di legge di cui all’art. 2901 c.c. e, conseguentemente, deve essere accolta la domanda revocatoria attorea. Per l’effetto, va dichiarato inefficace, nei confronti dell’attore, l’atto dispositivo gratuito del 30/06/2015.

8. Le spese di lite seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e devono essere liquidate – con riferimento ai valori medi della tabella di riferimento ex Dm. 55/2014 modificato dal D.M n. 37 del 2018 (rispetto allo scaglione fino da Euro 520.000,01 a 1.000.000,00, stante l’entità economica della ragione di credito alla cui tutela l’azione revocatoria oggetto di causa è diretta – cfr. Cass. 10089/2014) – nei seguenti importi:

– per il procedimento cautelare ante causam (RG …/2020), Euro 14.567,00 per compensi, oltre a Euro 1.742,21 per spese documentate (Euro 1.686,00 per Cu, Euro 27,00 marca e Euro 29,21 per spese di notifica), oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, Iva se dovuta e Cpa come per legge;

– per il procedimento di reclamo (RG …/2020), Euro 14.567,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, Iva se dovuta e Cpa come per legge;

– per il presente procedimento di merito, Euro 27.804,00 per compensi e Euro 1.721,96 per spese documentate (Euro 1.686,00 per Cu, Euro 27,00 marca e Euro 8,96 per spese di notifica), oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, Iva se dovuta e Cpa come per legge.

Non può essere concesso l’aumento del compenso ex art. 4 c. 2 D.M. n. 55 del 2014 richiesto da parte attrice nella nota spesa, tenuto conto che il difensore di parte attrice ha assistito un unico soggetto (Fallimento O. Srl).

P.Q.M.

Definitivamente pronunciando,

respinta ogni diversa istanza, eccezione, deduzione,

dichiara inefficace, nei confronti del Fallimento O. Srl, l’atto di disposizione gratuito del 30/06/2015, con il quale G.N. ha trasferito a A.N. la somma di Euro 900.000,00, mediante bonifico bancario dal conto corrente acceso presso I.S.P. Spa n. 3849/0000/15006186 (di cui era intestatario G.N.) al conto corrente acceso presso I.S.P. Spa n. 3849/1000/4357 (di cui era intestatario A.N.), recante la causale “donazione 18 compleanno”;

condanna G.N. e A.N., in solido, a rimborsare al Fallimento O. Srl le spese di lite, che liquida nei seguenti importi:

– per il procedimento cautelare ante causam (RG ../2020): Euro 16.309,21 (di cui Euro 14.567,00 per compensi e Euro 1.742,21 per spese documentate), oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, Iva se dovuta e Cpa come per legge;

– per il procedimento di reclamo (RG …/2020): Euro 14.567,00, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, Iva se dovuta e Cpa come per legge;

– per la presente fase di merito: Euro 29.525,96 (di cui Euro 27.804,00 per compensi e Euro 1.721,96 per spese documentate), oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, Iva se dovuta e Cpa come per legge.

Così deciso in Verbania il 11 aprile 2022.

Depositata in Cancelleria 12 aprile 2022.

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Avv. Umberto Davide

Fare un ottimo lavoro: questo è il mio lavoro! Su tutte, è indubbiamente, la frase, che meglio mi rappresenta. Esercitare la professione di Avvocato, costituisce per me, al tempo stesso, motivo di orgoglio, nonchè costante occasione di crescita personale, in quanto stimola costantemente le mie capacità intellettuali. Essere efficiente, concreto e soprattutto pratico, nell’affrontare le sfide professionali, offrendo e garantendo, al tempo stesso, a tutti coloro che assisto, una soluzione adatta e soprattutto sostenibile, alle questioni che mi presentano e mi affidano, questo è il mio impegno.